Avevi
deciso per entrambi e questo non era giusto. Ti eri sposato, mi avevi
persino
scelto come testimone, costringendomi ad assistere a quella messinscena.
Il suo sì, il tuo sì,
il vostro bacio, i sorrisi
che vi scambiavate, le vostre mani intrecciate, tutto mi uccideva, tu
sapevi mi
stesse uccidendo, ma non te ne curavi, mi avevi voluto lì,
in ogni caso. Non ti importava se avessi dovuto
trattenere le lacrime per tutta la cerimonia, non ti importava se le
mie mani
tremassero talmente tanto da non riuscire a tenere in mano il microfono
al
momento del discorso, non ti importava neppure che la mia voce
mancasse, che
evitassi di guardarti negli occhi.
Io non
sapevo mentire, non ero capace di leggere spensieratamente quel bel
discorso
che mi ero preparato pieno di "il mio amico" o "una volta mi
disse" e ancora "mi parlava sempre di te" rivolgendomi alla tua
sposa.
La vedevo
muoversi tra gli invitati come una regina, circondata da fieri sorrisi,
complimenti insensati e sguardi commossi. Come la odiavo, quanto mi
sarebbe
piaciuto stringere le mani intorno al suo collo fino a vedere la luce
abbandonare i suoi occhi, accompagnarla a terra e lasciarla lì,
morta e fredda. Scacciavo questi pensieri e, ogni volta
che mi si avvicinava, le sorridevo, tentando di evitare il tuo sguardo
che mi
cercava ovunque.
Perché continuavi? Perché non la smettevi di
stuzzicarmi? Avevi scelto la tua strada solo da poche ore e già
ti tiravi indietro.
Solo
Leonard sapeva, solo lui conosceva tutto. Era la mia unica speranza di
sopravvivenza, l'unica persona che conosceva il mio dolore, solo lui
poteva
salvarmi, nonostante fossi già spacciato.
-Come
stai?- mi aveva chiesto, porgendomi un calice con dello champagne
dentro.
-Guardalo,
sembra quasi felice.- ti indicai con il bicchiere, ingurgitando
velocemente il
contenuto.
Poi tu lo
feci, di nuovo, la baciasti, cercando il mio sguardo. Un bacio dolce da
parte
sua, scontato per te, tanti applausi, tante risate, anche la tua.
Strappai
il bicchiere di mano a Leonard e, non appena ti voltasti a sorridere a
qualcun
altro, esprimendo tutta la tua gioia, tracannai anche quello.
-Se vuoi
andiamo via. Luke capirà.- mi propose lui, vedendo il
mio disagio, nonché il mio astio contro la donna
che si premetteva di toccarti.
-No,
voglio rimanere. Preferisco vedere e sopportare piuttosto che andare
via e immaginare.
Sarebbe peggio, molto peggio.- storsi il naso sentendo lo champagne
infiammarmi
il petto.
Leonard
sospirò e tutto procedette come
previsto.
Cerimonia
perfetta, sposi perfetti, invitati perfetti, cibo perfetto, regali
perfetti,
vestiti perfetti, foto perfette. Tutto perfetto. Ma d'altronde era così
che volevi, era così che avevi deciso: volevi una
vita perfetta, una vita semplice, senza complicazioni, senza lotte, ma
lo
capivo. Eri debole, lo eri sempre stato, pensavo avrei potuto
cambiarti, pensavo
di poterti dare coraggio, pensavo saresti stato disposto a lottare per
me, per
noi. Ma mi sbagliavo, ovviamente, io mi sbagliavo sempre su di te.
-Bel
matrimonio...- mi avevi poi detto, senza nemmeno guardarmi alla fine
della
cerimonia, quando eravamo rimasti solo noi due in quella sala
decisamente
troppo pomposa.
Io avevo
ricambiato l'indifferenza, annuendo silenziosamente.
-Elise ha
prenotato in un albergo di lusso, lo odio, odio questo genere di cose.
Avrei
preferito andare a casa, ma lei ci teneva.- continuasti, sembrava ci
provassi
proprio gusto nel girare il coltello nella piaga.
Sentii la
mani prudere e mi girò la testa, come mi succedeva
spesso quando ero frustrato, ma ormai non ci facevo più caso.
-Ci
tenevi a ricordarmi che te la scoperai proprio stanotte e la notte
successiva e
quella dopo ancora?- urlai quasi, fortunatamente non c'era nessuno,
altrimenti
sarei stato preso per pazzo, ma in quel momento non mi sarebbe
importato.
Ti
odiavo, ti odiavo con tutto me stesso.
-No..
Volevo solo..- tentasti, ma ero troppo abbattuto per lasciarti finire,
per
sentire la tua voce.
-Non
importa. Lo sapevo già, in ogni caso.- continuai,
prima di voltarti le spalle e muovere qualche passo.
Tu non
facesti nulla, non mi fermasti, non mi dicesti nemmeno un misero
"aspetta". Niente di niente, solo silenzio, ma non mi sorpresi. Eri
così tu, evitavi tutto, avevi evitato
anche di amarmi, figuriamoci litigare.
Me ne
andai così da quel matrimonio, fiacco,
annoiato e con un enorme vuoto, che solo tu avresti potuto colmare, ma
tu non
c'eri e non ci saresti stato mai più, non come io avrei
voluto
almeno.
Il tempo
passò, ci sentivamo poco. Tu eri
sempre di fretta, io sempre freddo e il nostro rapporto si lacerò
totalmente. Non ci vedemmo più; mi invitasti una volta ad
una cena, non venni, c'era
anche lei. Avevo appena superato gli istinti omicidi nei suoi
confronti, vederla
stringerti la mano con la fede al dito, la fede che io avrei dovuto
portare,
non avrebbe aiutato.
Ti
evitavo, ti evitavo perché ti odiavo; ti odiavo perché
mi facevi stare male; mi facevi stare male perché ti amavo;
ti amavo perché
avevo bisogno di te; avevo bisogno di te perché
ti amavo.
Poi un
giorno non potei farne a meno, non potei evitare di rispondere al
telefono. Un
momento di fretta in cui non ebbi memoria di controllare il numero
sullo
schermo e risposi.
-Vorrei
conoscessi mio figlio.- avevi detto.
Un'altra
pugnalata. Mi avevi invitato in ospedale, non ero venuto, mi era morto
il
gatto, non potevo di certo lasciarlo solo a casa. Eppure tu non capivi,
ti
ostinavi a tenermi attaccato a te, non volevi andassi via, non me lo
permettevi.
Volevo
dirti di no, inventare una scusa, ma sentire la tua voce, dopo tutto
quel tempo
mi aveva confuso le idee e risposi un vago "va bene", fingendomi
entusiasta.
Sentii di
nuovo la tua voce, quella che amavo, la voce del Luke felice, la tua
voce roca,
ma calda e eccitante.
Chiusi
con una scusa, ma era tardi non avevo scampo, dovevo vederti. Vedervi:
te e tuo
figlio, e tua moglie, ovviamente.
Suonai il
campanello, ero il ritardo.
Fa che non ci siano, fa che sia
tardi.
Ma le mie
preghiere non furono ascoltate, mi accogliesti in casa tua. Eri
bellissimo e la
tua visione mi bloccò per diverso tempo, ridevi
dandomi pacche sulla schiena e cercando di riportarmi alla realtà,
ma con te io non potevo mai stare con i piedi per terra.
Lei non
c'era e improvvisamente mi sentii molto meglio, mi rilassai, ripresi a
scherzare con te come facevamo un tempo. Mi sembrò
di essere tornato indietro nel tempo, molto indietro. Quando ridevamo
insieme
di ogni cosa, quando poi mi abbracciavi sussurrando "ma sei proprio
scemo!". Dio, quanto mi mancavi.
Ma dovevo
reprimere i ricordi, altrimenti mi avrebbero soffocato, bastavi tu a
togliermi
il fiato.
-Quel
giorno, il giorno del matrimonio, io pensavo a te, quando la baciavo.-
esordisti.
Il cuore
cominciò a battere troppo forte, non
riuscii a parlare, né a respirare. Stavi parlando
di noi, non potevo sopportarlo, dovevo fermarti.
-Luke, é...- cominciai, ma non mi uscii di bocca nient'altro.
-Io ho
pensato a te quando ho detto sì. Io volevo dirlo a te, solo
a
te.- i tuoi occhi erano seri, non traspariva nessuna emozione, mi
scrutavi, ma
allo stesso tempo coglievo dolcezza nel tuo sguardo, qualcosa che non
avresti
potuto nasconde.
-È tardi.- sospirai, abbassando lo sguardo.
-Volevo
lo sapessi.- posasti una mano sulla mia gamba, sentii il calore della
tua pelle
attraverso i jeans e cominciai a respirare affannosamente, fissando
dapprima la
tua mano, poi i tuoi occhi, fissi sui miei.
-Nel caso
ti fosse passato per la mente il malato pensiero che io non ti ami..-
continuasti, inchiodando maggiormente i miei occhi.
Sorrisi
mestamente, cercando di recuperare lucidità.
-Io ti
amo, tu no. Io ti amo perché ho sopportato tutto in
silenzio, da sempre, sopportato per entrambi.- presi un respiro e
abbassai lo
sguardo, non avrei avuto il coraggio necessario per dirtelo,
guardandoti negli
occhi. -Tu hai preferito infliggermi dolore piuttosto che starmi
accanto,
piuttosto che proteggermi.- sentii gli occhi pizzicare e interruppi il
contatto, ritraendo velocemente la gambe e lasciando ricadere sul vuoto
la tua
mano.
-Mi
dispiace.- avevi sussurrato.
-Credo
dispiaccia più a me.- sorrisi ancora. Mi
ostinavo a nascondere il dolore, ero abituato ad essere forte e dovevo
continuare ad esserlo, nonostante mi fossi spogliato dei miei pensieri
più intimi sotto i tuoi occhi.
-Volevo comunque
ci fossi tu all'altare, con me.- continuasti, catturando con un dito
una
lacrima che era scesa sul mio volto.
-L'amore
della mia vita..- era un soffio, accompagnato dalla tua voce. Ti
avvicinasti,
fino a far sfiorare i nostri nasi, dischiudesti le labbra e sentii il
tuo
respiro caldo e profumato sul viso.
-Eri
l'amore della mia vita e ho lascito che mi sfuggissi.- pronunciasti
queste
parole per poi posare le tue labbra sulle mie solo per qualche secondo.
Dovevo
rifiutarti, spingerti indietro, picchiarti e andare via, ma non ne
avevo la
forza.
Ero
stanco di non averti, di non toccarti.
Poggiai
una mano sul tuo petto, sentendo il tuo cuore battere.
-Tu sei
scappato.- aggiunsi, lasciandoti catturare con le labbra un'altra lacrima.
-Eri l'amore
della mia vita e ho avuto paura.- soffiasti contro il mio collo.
-È tardi per i ripensamenti.- sussurrai, cercando nuovamente
la tue labbra che mi concessero un ultimo bacio.
-È tardi per dirti che ti amo?- poche parole che mi fecero
scoppiare in lacrime.
Scossi la
testa, alludendo ad un timido no, che non avevo la forza di pronunciare.
-Bene, ti
amo.- prendesti il mio viso tra le mani e mi cullasti, come non facevi
da anni.
Per la
prima volta mi considerai uno stupido. Stupido perché non
ero riuscito a convincerti, stupido perché ti avevo lasciato
andare. Eri solo debole, tutto qui. Se
solo ti avessi fatto ragionare, se solo fossi stato poco più
forte e paziente, non ci sarebbe stato bisogno di
incontrare tuo figlio, lo avrei conosciuto fin troppo bene, sarebbe
stato anche
mio, sarebbe stato nostro.
Ciao a tutti! È una delle
prime storie che pubblico, fatemi
sapere che ne pensate se vi va, mi farebbe molto piacere. Vi ringrazio
in ogni
caso, anche se leggete silenziosamente, spero vi piaccia. Alla
prossima!
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