Lo
Scatolone.
C'era uno scatolone color acquamarina, in soffitta.
Brian preferiva evitare di pensare all'esistenza di quella stupida
scatola, tendeva a dirottare i suoi pensieri altrove. Preferiva pensare
alla musica, alla band, alla sua casa, ai suoi amici... ma quella
scatola non poteva proprio stare nella sua mente.
C'era uno scatolone color acquamarina, in soffitta, uno scatolone
saturo di ricordi che Brian preferiva ignorare, perché
riviverli faceva male.
*
Successe un pomeriggio di fine ottobre: fuori pioveva e Brian era
sdraiato sul suo vecchio divano, immerso fino al collo nei suoi stessi
pensieri. Perché sì, Brian Haner pensava. Forse
anche troppo. Avrebbe preferito smettere di pensare, eppure non ci
riusciva: c'erano frasi che scorrevano nella sua mente; alcune
scivolavano via in un battito di ciglia, altre si ripetevano, ruotando
incessanti come mantra indefiniti provenienti da un passato che Brian
preferiva ignorare anziché rivivere.
Sospirò, passandosi una mano sulla faccia.
Appoggiò le dita sulle palpebre chiuse dei suoi occhi,
cercando di scacciare l'immagine di quello scatolone, del giorno in cui
lo aveva riempito e schiaffato in soffitta, come per proibirsi di
pensare a ciò che era successo, come se questo bastasse per
cancellare l'accaduto e far tornare indietro il tempo.
Il ragazzo scosse la testa, sistemandosi seduto. Osservò la
parete davanti a lui, con aria persa, continuando a ripensare a quei
giorni nel silenzio di quella casa vuota. Era così
maledettamente fredda,
silenziosa da far schifo, vuota
da far male.
Brian scosse la testa, serrando bene gli occhi. Non doveva pensarci,
perché quei ricordi facevano solamente male. Aveva impiegato
così tanto tempo per rimuoverli dalla sua mente,
perché ora tornavano? Perché?
Il ragazzo sospirò, mentre quei perché vagavano
nella sua mente alla ricerca di risposte che non sarebbero mai
arrivate. Pensare troppo lo portava sempre a farsi domande alle quali
non avrebbe potuto dare risposte, e forse era questo che gli dava
più fastidio: non avere risposte. O forse le risposte
c'erano, ma lui non riusciva mai a trovarle.
Forse perché, in genere, non era lui che aveva tutte le
risposte. Lui aveva le domande stupide, quelle domande nate dal troppo
pensare. C'era un'altra persona che aveva tutte le risposte. Aveva
sempre una risposta per tutto, lui.
Brian sospirò e si alzò, dirigendosi verso la
soffitta. Doveva riaprire lo scatolone, cercare le sue risposte da
solo, ora che lui non poteva più dargliele. Gli sarebbe
piaciuto chiamarlo, solo per esporgli tutte le sue domande e per
ricevere risposte. Gli sarebbe piaciuto chiamarlo per dirgli che gli
voleva bene. Gli sarebbe piaciuto chiamarlo e basta.
Salire i gradini che portavano alla soffitta fu più
complicato di quanto Brian poteva immaginare: ci mise quasi dieci
minuti per salirli. Si sentiva spaventato all'idea di aprire quello
scatolone, e spesso ebbe voglia di tornare indietro e di dimenticare
tutto, ma ormai era lì, e non poteva tornare indietro:
doveva guardare indietro, trovare le risposte.
Brian riuscì a raggiungere l'ingresso della soffitta.
C'erano ragnatele e polvere ovunque, l'aria era così
rarefatta che il ragazzo si sentì mancare il respiro, ma
nonostante ciò riuscì comunque a raggiungere quel
maledetto scatolone. C'era moltissima polvere lì sopra,
così tanta che Brian quasi non riuscì a leggere
la parola che aveva scritto lui stesso, quasi un anno prima, sul
coperchio della scatola.
"Jimmy".
Solo Jimmy. Brian si sentì punto sul vivo, come se qualcuno
avesse infilato uno spillo nel suo cuore, per poi spingerlo fino in
fondo. C'erano così tanti spilli sul cuore di Brian che
quasi non riusciva a respirare, se ci pensava. Brutti ricordi che
avevano assunto la forma di spilli, pronti a pungerlo ogni singola
volta che si addentrava troppo in profondità nel
dimenticatoio della sua mente. E lo spillo che riguardava Jimmy era
cresciuto, con il passare del tempo, fino a trasformarsi in uno
stiletto. Un grosso stiletto che ora stava penetrando nel cuore di
Brian, e non voleva saperne di uscire.
- I bei ricordi sono i
peggiori per me, sai? Mi ricordano di cose stupende che ci sono state e
non si ripeteranno mai più. Mi uccidono dentro, anche
più di quelli brutti -
- E allora non
ricordare! -
- Già, hai
ragione, non dovrei... Passami una birra, ho voglia di festeggiare! -
- Per cosa? -
- Non lo so, festeggiare
e basta! -
Il ragazzo prese lo scatolone tra le braccia con delicatezza, come se
temesse che andasse distrutto. Forse sarebbe stato meglio distruggerlo,
quello schifosissimo scatolone, cancellare tutte le sue preoccupazioni,
tutto il dolore... cancellare i bei ricordi, cancellare Jimmy.
Brian scosse la testa, uscendo finalmente da quella soffitta
opprimente, per poi tornare in soggiorno. Si sistemò sul
divano e appoggiò lo scatolone davanti a sé, per
poi fissarlo in silenzio. Era un cazzo di scatolone acquamarina,
perché ne era così terrorizzato?
Perché conteneva ricordi,
troppi, tanti ricordi.
I ricordi non portano mai a niente di buono. Dovrebbero esistere le
avvertenze, un cartellino informativo che ci dica esattamente come
stanno le cose. "Ehy,
aprendo questo ricordo di certo lui non tornerà da te,
perché con lei sta meglio", "Attenzione: l'uso di questo
ricordo potrebbe provocare un forte dolore emotivo, quindi mettilo da
parte, non ti serve", "Non
hai bisogno di aprire questo ricordo, fidati di me. Fa male e basta".
E invece no, non esiste alcuna avvertenza, nessun campanello d'allarme
che ci dica esattamente cosa succederà una volta aperto
quello stupidissimo ricordo. E così noi cominciamo ad
aprire. Apriamo, apriamo, apriamo e apriamo, quasi senza renderci
conto, e poi ci ritroviamo con mille cicatrici sanguinanti da ricucire
faticosamente. E non possiamo neanche non ricordare, perché
è un processo automatico: pensi, ricordi e stai male. E
l'unico modo per evitare di ricordare sarebbe smettere di pensare, ma a
volte è quasi impossibile farlo.
E tutto questo Brian lo sapeva, ma non gli importava, perché
era giunto il momento di ricordare. Lo sentiva dentro,
perché cancellare quello scatolone non cancellava
ciò che era successo.
Il ragazzo sollevò il coperchio di quello scatolone con
lentezza, e sospirò.
C'erano tante cose, lì dentro. Polaroid, testi di canzoni
scritti dalla stessa mano di Jimmy, con quella sua scrittura
confusionaria e caotica che nessuno riusciva mai a decifrare, lui
escluso. C'era una bottiglia di Jack Daniels della quale Brian si
ricordava perfettamente, c'era una bacchetta spezzata
precisamente in due, un cappello nero. C'erano così tanti
ricordi che Brian si sentì quasi scoppiare.
- Rev, secondo te...
secondo te perché viviamo? -
Jimmy smise di far
roteare le bacchette tra le sue dita, ed alzò lo sguardo su
Brian. Era sdraiato sulla sua cuccetta, nel tour bus. Matt, Zacky e
Johnny erano da qualche parte a far baldoria, mentre Jimmy si era
ritirato lì con Brian perché quest'ultimo si era
sentito male.
- Non lo so... per
vivere? -
- Dai, cazzo, deve
esserci un motivo! - esclamò Brian, ancora mezzo sbronzo, e
Jimmy sorrise, perché era veramente adorabile in quei
momenti.
Valutò se
fosse il caso di dirglielo o meno, ma alla fine rinunciò.
- Brian, non deve
esserci sempre un motivo per tutto, sai? Se ti metti a cercare cose del
genere, va a finire che non vivrai mai. Il senso della vita
è vivere, punto -
Brian alzò lo
sguardo su Jimmy e sorrise. Fu un sorriso leggero ma comunque dolce, e
Jimmy sorrise a sua volta.
- Ti voglio bene, Jimmy
- sussurrò, e gli occhi di Jimmy brillarono un po' di
più.
- Te ne voglio anche io,
Brian -
Brian non seppe come, ma cominciò a piangere.
Così, senza motivo, perché non deve esserci sempre un
motivo per tutto. Ora capiva ciò che Jimmy gli
aveva detto: non c'era un motivo, non c'era bisogno di una risposta ai
suoi perché. Aveva preso lo scatolone perché
voleva ricordare e basta, perché Jimmy meritava di essere
ricordato.
E gli mancava. Gli
mancava da morire.
Certe volte si svegliava nel cuore della notte, sudato e stralunato,
reduce dall'ennesimo incubo, e avrebbe semplicemente voluto chiamare
Jimmy e raccontargli tutto, magari beccarsi anche qualche insulto
perché "diavolo
cane, Gates, non puoi chiamarmi alle tre di mattina per un motivo
così coglione!", ma poi sapeva che lo avrebbe
ascoltato, perché Jimmy ascoltava sempre.
Ma quando poi prendeva in mano il telefono e componeva il numero, si
ricordava che Jimmy non c'era più, e sprofondava. In cosa,
di preciso, non lo sapeva nemmeno lui: c'era solo freddo e vuoto,
lì dentro, e lui ci sprofondava, ci cadeva. E faceva male da
morire.
A volte chiamava a vuoto il numero di Jimmy, solo per sentirsi dire da
quella maledetta voce pre registrata che "il numero da lei selezionato
non esiste". Ma Jimmy esisteva, cazzo, esisteva da
sempre... però non in quel modo. Jimmy continuava ad
esserci, ma in un altro modo. Un modo che faceva male da morire.
Brian prese in mano una parte di quella bacchetta spezzata a
metà. Ricordava bene com'era successo: Jimmy l'aveva
involontariamente spezzata sulla schiena di Matt, in una notte
indefinita. Erano tutti e due ubriachi fradici e Jimmy aveva
semplicemente usato Matt come batteria, ma aveva picchiato troppo forte
e crash,
la bacchetta si era rotta in due. L'ematoma sulla schiena di Matt era
rimasto lì per quasi un anno, e lui aveva recuperato le
bacchette come "cimeli
preziosi", inconsapevole che lo sarebbero diventati
davvero.
Scansò il berretto nero, e individuò uno degli
oggetti più preziosi di tutti: un quarantacinque giri dei
Pantera, uno dei primi della band. Brian lo prese in mano e
sospirò, asciugandosi le guance bagnate. Quel quarantacinque
giri... aveva visto Jimmy in un negozio di dischi, la prima volta.
Avevano preso entrambi quel quarantacinque giri dallo scaffale,
insieme. Era l'ultimo, e Jimmy lo aveva lasciato a lui con un sorriso. "Tienilo pure, ne
prenderò uno un'altra volta!", gli aveva detto,
per poi andarsene.
Brian sospirò, socchiudendo gli occhi. Avrebbe voluto
piombare in casa di Jimmy e dirgli "Ehy,
cazzone, guarda che ho ritrovato!", per poi tirare fuori
il disco ed ascoltarlo insieme al suo migliore amico, nel suo
soggiorno, bevendo una birra insieme. Gli sarebbe bastato anche solo
stare lì con lui, sentire la sua voce un'ultima volta e
abbracciarlo così forte da mozzargli il respiro. Ripetergli
che gli voleva bene e che non lo avrebbe mai dimenticato, ripeterglielo
all'infinito, ma non poteva fare né l'una né
l'altra cosa.
Poteva solamente ricordare.
E faceva male.
Faceva male da morire.
- Jimmy? -
- Uhm? -
- Tu... pensi che
esistano le coincidenze? -
Jimmy sorrise - Queste
domande filosofiche me le fai solo quando sei ubriaco perso, eh? -
- Sei ubriaco anche tu -
Jimmy scoppiò
a ridere, scuotendo la testa.
- Sì, ma io
reggo l'alcool molto meglio di te, Gates -
Brian sorrise, chiudendo
gli occhi. Sentì il suo povero stomaco rivoltarsi, ed ebbe
quasi l'impressione di vomitare, ma la sensazione svanì
presto.
- Rispondi alla domanda
-
- No. Se certe cose
accadono, accadono per un motivo. Non possono esserci le coincidenze -
- Quindi c'è
un motivo se ci siamo incontrati? -
- Certo! -
- Sai qual'è?
-
- Ovviamente - sul viso
di Jimmy si dipinse l'ennesimo sorriso - Sono qui per prendermi cura di
te quando sei così ubriaco da non reggerti nemmeno in piedi!
-
Brian scosse la testa,
cercando di dare un pugno in faccia al ragazzo, che però si
scansò prontamente.
- Hai ragione, stronzo -
sibilò lui, per poi sorridere - L'alcool lo reggi molto
meglio tu -
Scoppiarono a ridere
insieme, senza motivo.
Due cretini sulla sabbia
dorata di Huntington Beach, ubriachi, con la testa tra le nuvole e
tanti sogni in tasca che in quel momento sembravano leggeri come l'aria
e pesanti come il piombo.
Due amici,
semplicemente.
Angolo Autrice.
No, okay. Potete anche crocifiggermi, se volete.
Ho riempito questa specie di shot con talmente tante menate filosofiche
che potete anche rifiutarvi di leggerle, ecco. E' che Jimmy me lo sono
sempre immaginata un po' così: cazzone tutto il tempo, ma
anche pieno di risposte. Non è facile avere una risposta a
ogni domanda, ma secondo me Jimmy ci riusciva.
Okay, la smetto, la smetto!
Non so che dire... Beh, l'idea dello scatolone dei ricordi ce l'ho da
sempre, e mi piace particolarmente.
Non c'è altro!
Ringrazio i miei soliti cinque angeli che mi rendono la vita
più sopportabile!
E... boh, spero che vi piaccia!
Un bacione,
_Cris
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