Questa
roba dovrebbe essere la logica, si fa per dire, continuazione di
quell'altra boiata che è "Glucosio"e seconda parte della serie "Molecole di genio". E' altrettanto poco
verosimile e
quasi altrettanto scema che quell'altra, quindi se state cercando una lettura
intelligente e plausibile è davvero, davvero meglio che
andiate da
un'altra parte. Se invece state solo cercando di far passare un quarto
d'ora, avanti per di qua.
Cloruro
di sodio
Tony
non riusciva a capacitarsi di quanto Steve l'avesse fregato.
L'aveva infinocchiato alla grande, ragazzi,
soltanto perché
aveva quell'espressione così quieta e dolente di
rassegnazione e
quello sguardo che sembrava dire “non importa, amico mio, lo
capisco” e lui in qualche modo assurdo e del tutto contro la
sua
stessa volontà, perdendo il controllo momentaneo delle
sinapsi,
aveva parlato prima di poterselo impedire.
“ E
va bene, Cap, vengo al pranzo di Natale dello SHIELD.”
Era
assurdo che un tizio grosso come Steve Rogers riuscisse talvolta a
sviluppare una somiglianza tanto sbalorditiva con un micetto
abbandonato sotto la pioggia - in effetti era lo stesso con Thor,
forse c'era qualcosa nei geni degli omoni biondi e pompati che
determinava questa caratteristica e lui doveva proporre a Bruce di
aiutarlo a studiare il loro DNA, per svelare quale segmento genetico
corrispondesse a una tale qualità. Sarebbe stata una
scoperta di
portata incredibile - il Nobel, finalmente.
Era
riuscito a resistere fino alla sera prima, anche se Steve aveva
passato tutta la settimana a ipotizzare che magari poteva unirsi a
lui, Clint e Natasha per le celebrazioni al quartier generale.
All'inizio, Tony aveva semplicemente riso.
“ C'è
veramente un pranzo natalizio dello SHIELD?” aveva chiesto
incredulo, senza riuscire in nessun modo a immaginare la segretissima
base addobbata con festoni colorati e lucine intermittenti.
“ Di
solito hanno tacchino ripieno e panettone italiano,” lo aveva
informato Clint di sfuggita, stringendosi nelle spalle. “E
spumante.”
“ Fury
lo permette?” aveva insistito lui, perplesso.
“ Gli
alcolici gassati gli danno alla testa,” era stata la pronta
risposta di Natasha, mormorata con tono formale.
“ Mezzo
bicchiere e parte per la tangente,” aveva spiegato Clint
annuendo.
“A quel punto non si oppone più a nulla. Tre anni
fa siamo persino
riusciti a fargli cantare Jingle Bells.”
Era
stato allora che, senza nessuna valida ragione, il cervello di Tony
aveva partorito un'immagine di cui lui avrebbe volentieri fatto a
meno, disturbato profondamente nell'intimo dall'idea di Fury con una
barba bianca posticcia che esclamava “ho ho ho!” e,
beh, non ci aveva
quasi dormito, in effetti. Soltanto dopo un alka-seltzer e uno shot
di vodka, non necessariamente in quest'ordine, era riuscito a calmare
i crampi allo stomaco.
Non
voleva assistere a niente di simile, aveva deciso, ma senza calcolare
il fattore Steve.
In
realtà, Tony sapeva che Steve insisteva non soltanto per il
piacere
di avere la sua compagnia il giorno di Natale, ma anche
perché era
in pensiero per lui. L'anno prima lui e Pepper avevano fatto pranzo a
Malibu, invitando Rhodey e Happy, e c'erano state molte risate, una
quantità indecente di bottiglie di champagne francese e un
incidente
di cui nessuno aveva più voluto parlare con la glassa del
dolce, e
Tony si era divertito, anche se la sua parte preferita era iniziata
dopo che i suoi due amici se n'erano andati a smaltire la sbronza
lasciandolo solo con la sua donna. Poteva essere che avesse accennato
alla cosa con entusiasmo, quando si era ritrovato con gli Avengers il
26.
Ma
Pepper non c'era, quell'anno, perché avevano deciso che
fosse meglio
non vedersi per un po', prendere tempo per capire cosa volessero
davvero, e a Tony non piaceva il fatto il modo in cui diceva che
l'avevano deciso, l'aveva deciso lei; lui
era perfettamente capace di prendersi le responsabilità
delle sue
innumerevoli e incalcolabili decisioni ad cazzum ma non di quelle che
non aveva preso e no, era quasi certo che non c'entrasse nulla
quell'episodio delle due bottiglie di bourbon e delle due ragazze
discinte della festa di beneficenza per il Ringraziamento.
Comunque,
era questo che preoccupava Steve. Lui aveva tentato di fargli capire
che non c'era motivo di stare in pensiero e che avrebbe sopportato
benissimo la giornata anche rimanendo alla torre a lavorare al Mark
IX. Tony non era mai stato un fan accanito del Natale,
perché tutte
quelle luci, quella carta colorata e quell'allegria forzata lo
avevano sempre messo a disagio – c'era stato un tempo,
quand'era
piccolo e c'era sua madre, in cui la sera della vigilia andava a
letto trepidante, col cuore incastrato in gola per l'aspettativa, ma
lei era morta e il Natale era diventato un giorno spento in cui tutti
festeggiavano con le loro famiglie e lui no, perché suo
padre
rimaneva in ufficio o in laboratorio e la maggior parte del tempo non
si ricordava nemmeno del Natale, non ci faceva caso, e Tony aveva
smesso di badarci anche lui, fino a quando era stato un uomo adulto e
Rhodey e Pepper l'avevano costretto a festeggiare suo malgrado.
Comunque
era andato tutto bene e Tony era riuscito a svicolare con classe per
tutta la settimana. Questo, fino alla sera delle lucine colorate, il
22 dicembre. A quel punto era andato un po' in confusione anche se la
Sirenetta non c'entrava nulla e Loki nemmeno, per nessuna ragione,
assolutamente, era stato solo molto strano andare in un centro
commerciale con un alieno e si era sentito tanto Elliot con E.T. e
così, durante la cena, soltanto perché era
distratto e stava
domandandosi se Loki non avesse fame o se preferisse evitarli
perché
l'avevano mandato all'ipermercato con un tranello – ed era
demenziale, in effetti, cercare di fregare uno che era conosciuto sul
loro pianeta come il dio dell'inganno – quando Steve aveva
detto
che di certo, se fosse andato anche lui allo SHIELD l'atmosfera
sarebbe stata più rilassante, Tony aveva meccanicamente
mormorato
“vedremo”.
L'inizio
della fine.
Così,
ora era la mattina del 25 dicembre e lui la sera prima aveva
capitolato, sconfitto da una specie di Ken superdotato con il
costumino a stelle e strisce, ed era al bancone del suo bar a
servirsi un Martini ghiacciato sistemandosi il nodo della cravatta,
mentre aspettava che i suoi tre compagni di team lo raggiungessero
per partire. Aveva voluto vestirsi normalmente – non vedeva
il
punto di indossare un completo quando la maggior parte delle altre
persone presenti al pranzo sarebbero state inguainate nelle tute
dello SHIELD – ma Steve aveva insistito sul fatto che loro
erano
degli invitati e che era Natale e che era una tradizione e che lui
non poteva, per l'amor di Dio, indossare una maglietta degli Iron
Maiden in un'occasione del genere.
Così,
Tony si era cambiato senza protestare. Ormai, comunque, era
incastrato.
Fu
mentre si ribadiva mentalmente quella tetra conclusione che vide
comparire Bruce con la giacca addosso e la borsa da medico in mano.
“ Dottor
Banner,” gli sorrise ampiamente, prima di aggrottare la
fronte.
“Dove te ne vai?”
Bruce
accennò a sua volta un sorriso, infilandosi in testa un
berretto di
lana.
“ Harlem.
Ho un pranzo di volontariato in ospedale.”
“ Cosa?”
chiese Tony. Questo sembrava esattamente il genere di cosa poco
divertente che poteva fare Bruce. sì. Era proprio il suo
stile.
Quello
abbassò la testa con uno sguardo sfuggente, e si
stropicciò la mano
sul naso.
“ Sì,
c'è, mh, questa associazione medica di volontariato che
organizza
cose del genere. Gli ospedali sono sempre scoperti durante le
festività e il personale è ridotto,
così...”
“ Ad
Harlem?” ripeté Tony stancamente.
“ Sì.”
“ Bruce.
Bruce. Bruce,” esclamò lui
avvicinandosi con solerzia, per lui era Tony Stark e non poteva
permettere a un caro amico di rovinarsi la giornata in quel modo.
Gli poggiò la mano sulla spalla. “So che ti senti
in colpa per
aver quasi raso al suolo il quartiere ma, mh, Bruce, guarda noi. Io
sono responsabile di un numero difficilmente calcolabile di morti. Ma
non per questo oggi eviterò di brindare,” e
cercò di farla passare
per una cosa brillante sorridendo ampiamente, ma non era sicuro di
poter suonare davvero convincente. “Oppure, prendi
Loki... Aspetta.”
Si
interruppe di scatto, irrigidendosi. Aveva dato per scontato che
Bruce sarebbe rimasto all'Avengers Tower perché aveva detto
di voler
portare avanti certe sue analisi, durante il periodo delle feste,
nemici permettendo - perché sì, il
Natale istituzionalmente attirava non solo un alto numero di
tentativi di suicidio ma anche una quantità
insospettabilmente alta
di exploit di supercattivi che volevano conquistare il mondo,
probabilmente perché infastiditi da tanta allegria invernale
di cui
loro poveri orfanelli non avevano goduto da bambini o stronzate del
genere.
“ Bruce,
se tu esci, Loki rimane qui da solo?”
“ Mh-mh,”
confermò Bruce, guardando nervosamente l'ora. “Ha
detto che
intende approfittare della quiete per qualcosa che vuole fare in
laboratorio. Spero che 'qualcosa' non significhi 'far collassare New
York su se stessa',” spiegò con tono rapido,
frettoloso.
“ Credevo
saresti rimasto con lui,” borbottò Tony,
rifiutando di tenere
conto del fatto che la cosa lo stesse disturbando.
“ E'
un problema?” intervenne Clint accigliandosi. Era appena
entrato,
in divisa regolamentare, e li osservava circospetto. “Non
è la
prima volta che rimane alla torre da solo. L'hai trovato strano, di
recente?”
“ Uououh,
Legolas, relax,” rispose immediatamente Tony, alzando le
mani. “Il
nostro hobbit non sta per diventare di nuovo un Uruk-hai. È
solo
che, ragazzi, è Natale.”
Clint
sembrò perplesso, mentre Bruce lo osservava con vaga
confusione,
prima di schiarirsi la voce.
“ Gli
asgardiani non lo festeggiano,” gli fece notare, pacato.
“Thor è
andato in New Mexico da Jane solo perché lei l'ha
invitato,”
precisò, guardando nuovamente l'ora.
Sì,
Thor il giorno prima si era preparato alla partenza con aria gioiosa
sventolando in giro l'immenso pacco regalo che aveva comprato per la
fidanzata, sul cui contenuto Tony preferiva rimanere all'oscuro. Ad
accompagnare il principe nella sua caccia al dono infatti era stato
Clint, e Tony aveva pensato misericordiosamente di far notare a Thor
che forse Hawkeye non era la persona giusta cui rivolgersi, se non
voleva che Jane gli spaccasse quel che rimaneva del Bifrost sulla
fronte dopo aver scartato il regalo, ma dopotutto quello era un mondo
deprimente, duro e difficile e se Thor voleva affidarsi a un arciere
disadattato con un senso dell'umorismo distorto, in fondo erano fatti
suoi.
“ Siamo
pronti?” chiese Steve affacciandosi alla porta in quel
momento.
Aveva un completo nero, una cravatta grigia e sembrava l'archetipo
del bravo ragazzo americano dopo un'overdose di steroidi.
“ Cosa
c'è che non va in voi?” sbottò Tony
ignorandolo. “Cosa c'è che
non va oggi? Sono veramente io l'unica persona che
abbia un
cuore, qui dentro? Tu sei un medico!”
esclamò con foga, indicando Bruce. “E tu sei il re
dei boy-scout!
E tu... Ok, tu sei un sicario, ma fa lo stesso,” concluse
all'indirizzo di Clint.
Steve
non sembrò particolarmente impressionato. Si
abbottonò il polsino
della camicia con aria concentrata.
“ Qual
è il suo problema?” chiese pratico, all'indirizzo
degli altri due.
Bruce
sospirò scrollando la testa.
“ Credo
gli stia crescendo da qualche parte intorno all'esofago quella cosa
chiamata emotività, ma dovrei fare delle analisi prima di
confermarlo,” rispose, vagamente divertito.
“ Non
vuole lasciare Psycho qui da solo perché è Natale,”
borbottò Clint con aria sdegnata.
Steve
voltò verso Tony uno sguardo lievemente sorpreso, prima di
aggrottare la fronte.
“ Non
può venire allo SHIELD. È temporaneamente fuori
dalla lista di
nemici, ma non è un Avenger e non ha la nostra
fiducia,” commentò
con tono limpido, autorevole.
“ Col
cazzo che ce l'ha,” commentò sottovoce Clint, meno
formale ma
altrettanto efficace. “Thor lo ha invitato in New Mexico. Lui
ha
risposto che non intendeva infliggersi il dispiacere di sopportare la
sua presenza anche fuori dalla torre, visto che deve tollerarlo
già
qui dentro. Lo stronzetto.”
“ Lo
so, lo so,” si difese Tony. E poi lui non era mica
preoccupato per
Loki o cose del genere. Bruce aveva capito male, e Clint pure, e
Steve era stato messo fuori strada dalle loro conclusioni errate.
“ Non
ho la minima intenzione di portarlo con me in un ospedale. Dove ci
sono malati e feriti
e persone vulnerabili... E se mi fa incazzare? Ho già
distrutto
Harlem una volta,” intervenne Bruce con sicurezza, scuotendo
la
testa.
“ Lo
so!” ripeté Tony stizzito. “Seriamente,
ragazzi, perché mi
state dicendo tutte queste stronzate? Non ve l'ho chiesto. Non ho
chiesto di far festeggiare Loki con noi. Perché lo state
pensando?”
protestò con fare spazientito.
Steve
distese la fronte con espressione perplessa, quasi la domanda fosse
stata ridicola. Tony lo trovò sinistro.
“ Perché
è tuo amico.”
Infatti
era
sinistro.
Osservò
Capitan America come si guarda un idiota.
“ Cosa?”
Bruce
sbuffò tra sé.
“ Sentite,
sono in ritardo, ci vediamo stasera. Salutatemi Fury. Anzi,
no,”
sorrise brevemente, mentre imboccava la porta, e se la chiuse alle
spalle dopo i saluti di Clint e Steve. Tony era ancora doverosamente
immobile, allibito. Quindi, decise che quella conversazione aveva
superato ogni possibile soglia del ridicolo.
“ Non
è mio amico!” sbottò sdegnato,
sventolando il bicchiere ormai
vuoto. “Mi ha buttato
giù da una finestra!”
“ Sì,
prima di diventare il tuo compagnuccio di laboratorio,”
sbuffa
Clint incrociandosi le braccia al petto.
“ Gli
sto insegnando la nostra tecnologia!”
“ Ti
sei stancato di insegnare a me
dopo quella volta del telefono cellulare,” ribatté
Steve senza
scomporsi.
E
grazie al cavolo, pensò Tony stringendo le labbra per
impedirsi di
ribattere. Steve era così negato con qualunque cosa
tecnologica che
avrebbe esaurito persino la pazienza di Pepper. E Pepper sopportava
lui da molti anni. E non si sarebbe licenziata, perché
probabilmente
le Stark Industries avrebbero fallito senza di lei e Pepper lo
sapeva, e lui non sarebbe stato in grado di riprendere le redini
degli affari principalmente perché non gli interessava e
tutto
sarebbe collassato su se stesso e gli Avengers non avrebbero
più
avuto una torre omonima che sarebbe stata pignorata e non avrebbero
più potuto salvare il mondo e sarebbe stata la fine e
Pepper, di
certo, non voleva sentirsi responsabile di una tragedia simile.
“ Impara
velocemente... Sei geloso, per caso?”
Steve
fece quell'espressione che lui adorava provocargli, quella rassegnata
ed esasperata e altre cose molto Capitan America.
“ Lasciamo
perdere. Dov'è Natasha, Barton?”
sospirò senza badargli.
“ Stava
facendo una doccia. Credo. Cioè, non ero
lì.”
“ Certo,
Legolas,” annuì Tony con fare condiscendente.
“ E'
la verità.”
“ Ma
certo, Barton. Certo. Lo sappiamo. Non è vero,
Cap?”
“ Beh,
ecco...”
“ E'
la verità!”
Tony
ridacchiò tra sé, soddisfatto della piega presa
da quella
conversazione, prima di aggrottare rapidamente la fronte.
Sospettava
che il Ben&Jerry's e il saccarosio in generale avessero effetti
drammatici di lunga durata. Forse era avvelenato per sempre. Il fatto
che durante la notte precedente avesse mangiato mezza teglia di zuppa
inglese probabilmente non aveva aiutato, ma non c'era altro in frigo
che non richiedesse di essere cucinato e Tony stava lavorando, e non
mangiava da una trentina di ore e comunque sì, ok, aveva
mangiato un
dolce, era diventato un crimine? E no, non importava che si stesse
accusando e difendendo da solo, nella propria testa, estraniato dalla
realtà, era un genio,
ok? L'eccentricità era un tratto distintivo.
Il
fatto, forse, era che aveva passato un sacco di Natali da solo e
sapeva che la cosa deprimente – la cosa che anche un
sociopatico
misantropo come lui aveva trovato deprimente senza mai ammetterlo
–
non era il voler festeggiare il Natale o meno, ma il sapere
che tutti gli altri fuori lo stavano facendo e lui no.
“ Ho
dimenticato di mettere i gemelli alla camicia,”
annunciò spiccio.
“Arrivo subito.”
“ Sbrigati,
Natasha sarà qui a momenti,” commentò
Steve dopo aver annuito
brevemente.
Tony
gli fece un cenno rassicurante prima di allontanarsi e infilarsi in
ascensore. Non appena le porte si furono chiuse, sbuffò tra
sé.
“ JARVIS?”
“ Sì,
signore?”
“ Dove
si trova Loki?”
“ Nella
sua stanza, signore. Devo comunicargli qualcosa?”
“ No,
JARVIS. Sto andando lì.”
Quella
di Loki, inizialmente, non era stata una stanza ma una sorta di
cella. Adesso c'era qualche libro appoggiato sugli scaffali –
Tony
aveva trovato una collezione interessante di manuali sull'esoterismo
e sull'alchimia, e poi c'erano i suoi vecchi volumi di
approfondimento scientifico, e Loki si era comprato dei romanzi. Gli
piaceva la fantascienza, aveva letto Asimov e Tony a volte, se ci
ripensava, era ancora incredulo del fatto che un essere alieno del
tutto ignaro dell'evoluzione della cultura terrestre fosse andato a
colpo sicuro su Asimov e l'avesse capito. Sembrava una specie di
miracolo, tipo quella cosa di Gesù che cammina sulle acque.
Quando
fu arrivato al piano ed ebbe percorso il corridoio gli bastò
dare
due colpetti leggeri alla porta per avere una risposta immediata.
“ Sì,
Stark?”
Aprì
leggermente l'uscio e fece scivolare la testa all'interno.
Loki
era sdraiato sul letto, con una specie di pigiama nero di cotone che
aveva un che di funereo ma che non attirò nemmeno di
sfuggita
l'attenzione di Tony, immediatamente catturata da qualcosa di molto
più strabiliante: il paio di inequivocabili calzini a bande
blu e
verdi che fasciavano i suoi piedi allungati sul copriletto. Tony
cercò di smettere di fissarli insistentemente, ma era
un'impresa
titanica. Calzini a righe. Loki. Calzini a righe. Loki. Calzini.
Righe.
“ Come
facevi a sapere che ero io?” mormorò
distrattamente, senza
spostare gli occhi.
“ Nessuno
a parte te e Thor verrebbe mai qui da solo di sua spontanea
volontà.
E non ho sentito tremare i muri a ritmo coi tuoi passi, quindi ho
escluso l'altra possibilità,” rispose Loki
noncurante. Aveva tre o
quattro libri aperti sparsi intorno, sul letto, e uno più
spesso in
grembo da cui leggeva attentamente.
Qualcuno
doveva spiegargli che il verde e il blu non andavano accostati.
Qualcuno doveva spiegargli che un supercattivo, ancorché
semi-redento, non poteva indossare dei calzini a righe. Non dopo aver
rivoluzionato il concetto di “telegiornale in fascia
protetta”
sfoggiando quella sua mise sadomaso tutta cuoio, borchie e laccetti.
I calzini non andavano bene. Doveva indossarne con dei teschi,
magari.
“ Giusto,”
borbottò Tony cercando di spostare lo sguardo. Le righe
sembravano
calamitarlo. Scosse la testa con un certo sforzo e si
concentrò
sulla faccia dell'asgardiano, che continuava a leggere senza
considerarlo.
“ Cos'è?”
“ Quantistica.”
“ Oh.”
Tony sorrise, intimandosi di non guardargli di nuovo i piedi.
“Te
la cavi?”
“ No,
Stark. Sono completamente smarrito nella vostra avanguardistica
visione dell'universo,” rispose Loki con tono mellifluo.
Tony
decise di non cogliere la provocazione. Decise anche di non ribattere
con un commento mordace sui calzini, perché anche
in quella stanza c'era una finestra.
“ Noi
stiamo, uhm, uscendo.”
Loki
alzò finalmente lo sguardo su di lui, con espressione
vagamente
condiscendente.
“ Qual
è la risposta socialmente accettabile alla tua
affermazione?”
domandò, con tono pensoso. “Proverò con
divertitevi.”
“ E'
appropriata,” commentò Tony annuendo.
“Tu, ehm... Non hai
bisogno di nulla, giusto? Bruce mi ha detto che vuoi lavorare in
laboratorio.”
Loki
aggrottò la fronte.
“ E'
un problema?” chiese, secco.
“ No,
se non stai progettando di farlo esplodere o di creare una piaga che
stermini la popolazione terrestre.”
“ Se
lo stessi facendo non lo verrei a dire a te,
Stark,” mormorò Loki con un'ombra di sorriso.
“ Giusto,”
ammise lui senza scomporsi. “Se hai bisogno di qualcosa
rivolgiti a
JARVIS. Se ne occuperà o mi avviserà in caso di
necessità. E hai
il mio...”
“ ...Numero
di telefono,” concluse Loki, apparentemente tediato, prima di
piegare leggermente la testa e osservarlo attentamente. “Sei
per
caso preoccupato di lasciarmi qui da solo il giorno della vostra
festività midgardiana?” chiese vago, ma le sue
labbra si stavano
arcuando leggermente verso l'alto e Tony pensò che forse
doveva dire
all'Altro di ucciderlo,
la prossima volta, anziché limitarsi a sbatacchiarlo sul
pavimento
come un bambolotto.
“ Assolutamente
no. Che razza di idea.”
Loki
non rispose. Continuò a scrutarlo in silenzio e Tony
informò il
proprio cervello che se solo avesse osato pensare alle strofe di una
certa canzoncina Disney lui non avrebbe più risposto delle
sue
azioni e si sarebbe auto-praticato una lobotomia. La minaccia andava
da intendersi come avente effetto immediato.
“ Sarai
in grado di prepararti il pranzo?”
“ ...Stark,
sei disturbante.”
“ Me
l'hanno già detto.”
“ E
tu hai deciso di ignorare questa informazione? È
spiacevole.”
“ Mi
piace essere spiacevole. È gratificante, ma questo lo sai
già.”
Loki
corrugò la fronte, chiudendo il libro sulle proprie gambe.
“ Stai
insinuando che io sia spiacevole?”
Tony
sollevò una mano e sgranò gli occhi con innocenza.
“ No,
io non l'ho detto, sei...”
“ Perché
sembrava proprio, sai, e...”
“ ...Tu
che lo hai detto. Io non ho insinuato...”
“ ...Ci
sono creature che sono morte per meno, puoi...”
“ ...Quello
che tu insinui io abbia insinuato, assolut...”
“ ...Chiedere
a Thor di raccontarti di quel guerriero, come si...”
“ ...Amente,
non mi permetterei, solo perché sei...”
“ ...Chiamava,
non me lo ricordo. Qualcosa con...”
“ ...Lievemente,
ma proprio solo lievemente acido, io non...”
“ ...La
bi, forse, o era la zeta? Non ricordo molto a parte...”
“ ...Mi
baserei mai sua una piccolezza del genere per decretare che
tu...”
“ ...Lo
scricchiolio delle sue ossa che si frantumavano sul...”
“ Per
favore, non defenestrarmi. Di nuovo. Non ho neanche i
bracciali.”
Loki
socchiuse le labbra e si lasciò sfuggire una risatina,
piccola e
breve, che gli arricciò il naso.
“ Beh,
se questa non è un'informazione preziosa...”
commentò con fare
interessato.
Tony
non si sentì nemmeno minacciato. Supponeva che la zuppa
inglese gli
avesse dato definitivamente il colpo di grazia.
“ Quando
ridi in quel modo sembri uno psicopatico. E vorrei tu notassi che ho
detto sembri,”
disse, cercando di non ridere a sua volta. Gli sembrava che Loki,
quando lui era entrato nella stanza, fosse non solo concentrato ma
anche malinconico, mentre ora quel vago sorriso gli sembrava
promettente. Non riusciva a decidere se fosse più
preoccupante il
fatto che la cosa lo facesse sentire sollevato o che conoscesse Loki
abbastanza bene da capire quando il suo umore migliorava e
peggiorava. Erano tutt'e due cose spaventose.
“ Signore,”
intervenne JARVIS neutro. “Il Capitano Rogers chiede se
è pronto.
La stanno aspettando.”
Tony
annuì. “Vado. Quindi, ci vediamo
stasera,” concluse
all'indirizzo di Loki, sentendosi sollevato all'idea di andarsene
immediatamente, perché non volevano arrivare in ritardo al
quartier
generale SHIELD, giusto? Cioè, lui ci arrivava tardi sempre,
anche
per i meeting, ma Steve probabilmente avrebbe avuto un attacco
epilettico e delle crisi convulsive, forse sarebbe stato necessario
un ricovero coatto e lui non voleva essere il colpevole di un
eventuale internamento di Capitan America.
“ A
stasera, Stark.”
Tony
si richiuse la porta alle spalle e trotterellò di nuovo in
ascensore, ritornando verso la cima della torre. Steve, Clint e
Natasha stavano osservando distrattamente la vista su New York. Steve
sembrava anche mediamente nervoso e tamburellava un piede a terra.
“ Finalmente,
Tony.”
“ Scusate.
Non ho trovato i gemelli che volevo mettere, così ho
lasciato
perdere,” annunciò, senza nemmeno mettere un piede
fuori
dall'ascensore. Gli altri tre lo raggiunsero senza esitare
ulteriormente e un attimo dopo sfrecciavano verso il garage
sotterraneo. Tony meditò su quale macchina prendere, aveva
voglia di
guidare la Bugatti, che però aveva solo due posti, e non era
sicuro
di voler affidare le sue bambine ad altre mani che le sue, ma era pur
vero che difficilmente qualcuno dei presenti, tutti umani, avrebbe
avuto l'idea brillante di ignorare un semaforo rosso e delle strisce
pedonali come qualcun altro di sua conoscenza - ne era quasi del
tutto certo.
“ Ti
senti dell'umore per l'Audi, bro?”
chiese distrattamente, osservando lo scorrimento del numero dei piani
sullo schermo dell'ascensore.
“ Sì,
diavolo!” esclamò Clint, con un afflato
d'entusiasmo.
“ ...Parlavo
a Natasha, veramente,” precisò Tony, mentre le
porte scorrevoli si
spalancavano.
“ E'
uno scherzo, vero?” La voce irritata di Clint
rimbombò nel garage,
mentre Tony sorrideva tra sé e tirava fuori lo Starkphone
dalla
tasca in quello che stabilì essere un gesto rivelatore di
grave
demenza precoce.
“ Nope...”
mormorò, aprendo la schermata dei messaggi.
Già,
dimenticavo, buon Natale, digitò,
affrettandosi a inviare il testo prima che l'intelligenza, il buon
senso e l'istinto di conservazione glielo impedissero, e poi non
aveva mai avuto un gran bel rapporto con nessuno dei tre, comunque.
Stava
già uscendo dal parcheggio e Steve aveva già
rischiato di
manomettere accidentalmente tutti i comandi cui arrivavano le sue mani
nel tentativo
di accendere il riscaldamento, quando lo schermo s'illuminò
con un
vibrazione. Tony lo sollevò dal cruscotto.
“ Non
dovresti usarlo mentre guidi, Tony,” glie fece notare Steve.
“ Rilassati,
Cap.”
Einstein
era un midagardiano interessante. Perché chiamano te un
genio?
Strinse
le labbra per non ridere.
“ Io
sono rilassato, è solo che non dovresti usare il telefono
mentre
guidi,” protestò Steve calmo.
“ Yep,”
mormorò Tony, osservando nel retrovisore per controllare che
anche
Natasha e Clint, che probabilmente non gli avrebbe rivolto la parola
per il resto della giornata e sicuramente avrebbe fatto qualcosa di
disgustoso con la sua cena, la prima volta che gli fosse capitata a
portata di mano, fossero usciti dal garage, quindi ne avviò
la
chiusura a distanza prima di tornare a guardare il telefono.
So
che è il tuo modo di rispondere
“altrettanto”. Sei un NERD.
“ Ti
capita mai di ascoltare quello che dico?”
s'informò Steve
rassegnato.
“ Mh,
fammici pensare... Succede, talvolta,” sorrise Tony
voltandosi
rapidamente verso di lui.
Lo
schermo s'illuminò di nuovo.
“ Solo
più questo, Cap,” mormorò Tony
imboccando la strada principale.
Non c'era traffico, era il giorno di Natale.
Cosa
significa questo NERD?
Questa
volta Tony non poté soffocare del tutto un principio di
risata.
Cerca
su Internet. Non defenestrarmi.
Posò
il telefono sul cruscotto e sorrise sfacciatamente a Steve, che lo
scrutava con blanda disapprovazione.
“ Andiamo,
Cap, dovevo fare degli auguri di Natale,” lo
blandì, sornione.
“Non fare la faccia scura, non vorrai che ti vengano le rughe
proprio adesso.”
Steve
sospirò cercando di non sorridere. Era comunque di buonumore
e Tony
decise di approfittarne facendogli ascoltare un po' di heavy metal.
Era abbastanza speranzoso di sviluppare in lui dei gusti
contemporanei accettabili, anche se per il momento Steve continuava a
tapparsi un orecchio di riflesso negli assoli più frenetici,
il che
lo rammaricava profondamente ma, ehi, la perseveranza è la
virtù
dei forti e Tony ne aveva a bizzeffe.
Era
già all'imbocco della tangenziale quando il suo Starkphone
segnalò
la ricezione di un nuovo messaggio. Steve lo scrutò
severamente.
“ Tony...”
“ Oh,
andiamo, Capsicle! Non sono mica John Wayne!”
“ Cosa
c'è che non va in John Wayne?” borbottò
Steve mentre lui
afferrava il telefono.
“ Non
sapeva fare due cose in contemporanea,” mormorò
Tony
distrattamente, sorridendo nel leggere il messaggio. “Io ne
so fare
sei. Ho contato.”
Come
dicevo, io non chiamerei genio qualcuno di così incauto da
usare
epiteti offensivi verso il Signore della Magia che è
attualmente
l'unica persona in custodia della sua torre.
“ Solo
quest'altro, Steve, giuro.”
“ La
prossima volta guido io,” affermò Steve irritato.
“ Non
penso proprio...”
Forse
dovresti metterci qualche altra maiuscola a quel Signore Della Magia.
Non sembrava ancora sufficientemente egocentrico, così.
Quando,
un paio di minuti dopo, il telefono s'illuminò nuovamente,
Tony
sentì distintamente il sospiro d'insofferenza di Steve anche
al di
sopra della musica.
“ Quanto
mi odi?” chiese ironico.
“ Sufficientemente.”
Oggi
sembri più suicida del solito.
Scoppiò
a ridere prima di poterselo impedire, sottovoce.
C'era
qualcosa che non andava, decise mentre rimetteva a posto il telefono,
forse non era solo la zuppa inglese, forse era molto peggio e tutti i
glucidi che aveva accumulato negli anni probabilmente ormai era
incrostati ai suoi neuroni come cancri e li stavano corrodendo. Era
una fine tristissima, molto peggio del palladio che se non altro non
aveva danneggiato la sua intelligenza.
La
cosa più preoccupante – più
preoccupante di quelle già elencate
e quindi passabile di passare al grado di evento angosciante -
comunque successe due ore dopo, mentre sorseggiava dello spumante
decoroso e rispondeva frettolosamente a un messaggio, ascoltando in
sottofondo il chiacchiericcio di Maria e una sua giovane collega,
affiancate da Fury.
“ Con
chi stai flirtando?”
Tony,
sussultò, sorpreso di sentire la voce di Clint. Era convinto
che non
gli avrebbe parlato per giorni, forse settimane intere, visto che non
l'aveva lasciato guidare l'Audi e che Clint aspettava un momento
simile da mesi e invece lui aveva lasciato appositamente il volante a
Natasha per indispettirlo e questo lo sapevano tutti e due,
perché
in realtà si divertivano così.
Dopodiché, fece caso a quel che
l'altro Avenger aveva detto.
“ Cos...?
No!” protestò allibito. “Non sto
flirtando!”
“ Oh,
andiamo. È il quarto messaggio a cui rispondi da quando
siamo
arrivati, stando ai tuoi canoni è ufficialmente flirtaggio
telematico” ribatté Clint scuotendo le spalle.
“Ti conosco, sai.
Pepper?” aggiunse, e Tony avrebbe voluto non accorgersi di
quanto
suonasse speranzoso, pensando che probabilmente erano tutti inquieti
all'idea che lei lo piantasse in asso del tutto, lui andasse in
rovina economicamente, sprofondasse nell'alcolismo e li uccidesse
accidentalmente in un'esplosione non voluta del reattore ARC.
“ Non...”
iniziò stizzito. “Forse sto solo rispondendo a
degli auguri di
Natale, sai.”
“ Sì,
certo,” ammise Clint ragionevole. “Non ci credo
minimamente,”
aggiunse, con un'alzata di spalle. “Con chi stai
flirtando?”
“ Non
sto...”
Non
stava flirtando. Per niente! Era un'ipotesi del tutto ridicola e
campata per aria! Aveva solo risposto a Loki relativamente al
suicidio e gli aveva chiesto se davvero gli piacessero le teorie
einsteiniane e ne stavano discutendo, ed era semplice, innocuo
nerdismo tra menti superiori, niente che un individuo che viveva in
simbiosi con un arco potesse capire.
D'accordo,
non era mai successo prima. E Loki non era mai stato così
comunicativo. Di solito si limitavano a condividere gli spazi di
lavoro parlando il minimo indispensabile e Loki era scontroso o lo
infastidiva di proposito o sembrava solo di cattivo umore. Non quel
giorno, però. Quel giorno sembrava aver voglia di scherzare
e Tony
non conosceva questa veste inedita del personaggio, non sapeva
neanche perché, improvvisamente, fosse venuta alla luce, era
possibile che gli asgardiani subissero gli influssi nefasti dei
calzini a righe nello stesso modo in cui lui subiva quelli del
saccarosio. Doveva chiedere delucidazioni a Thor in proposito.
Comunque
fosse, lo divertiva. Non c'entrava niente con la Sirenetta, questa
cosa andava chiarita subito – il fatto che nessuno l'avesse
minimamente insinuata e che l'intera arringa stesse avendo luogo
nella sua testa passò in qualche modo in secondo piano
– e, anzi,
dopo quell'episodio lui e Loki non si erano nemmeno più
parlati fino
a due ore e mezza prima. Quindi, toh.
“ Dovrei
interpretare questo improvviso silenzio come un momento di presa di
coscienza?” s'informò Clint con tono cortese.
“ Non...
No!” sbottò Tony. “Perché mai
dovrei prendere coscienza del
fatto che sto prendendo coscienza di qualcosa di cui non sto
prendendo coscienza perché non è reale? Non
prenderò coscienza di
qualcosa di cui non si può prendere coscienza.”
“ Sai,
se tu ripetessi un'altra volta 'prendere coscienza' potrei anche
cominciare a pensare che abbia qualche importanza.”
“ E
ti sbaglieresti, Barton.”
Si
voltò e lo piantò lì con una smorfia.
Poi il numero di bicchieri
che aveva svuotato cominciò a diventare notevole e alla fine
del
pranzo, quando l'ufficio andava ricomponendosi, alcuni agenti che
finivano il turno e con cui aveva iniziato a chiacchierare decisero
che i festeggiamenti potevano continuare altrove e insistettero
perché Iron Man e Capitan America si aggregassero a loro.
Steve non
sembrava molto entusiasta, ma Tony annunciò che aveva sempre
sognato
di giocare ai Marines in licenza, così li seguirono in un
bar appena
più vicino al centro cittadino in cui venne proposto
immediatamente
un giro di tequila sale e limone. Sale!, fu immediatamente il
pensiero, forse non completamente lucido e profondo, che raggiunse
Tony. Il sale era proprio quello che ci voleva per combattere la sua
brutta intossicazione da zucchero. Doveva solo darci dentro col sale
– il che implicava, accessoriamente, anche con la tequila, ma
Tony
era pronto a sacrificarsi.
Quindi
non c'era poi niente di molto strano nel fatto che, tre ore dopo,
Steve gli stesse rubando di tasca le chiavi della macchina mentre lo
costringeva a stare fermo e non divincolarsi.
“ Posso
guidare!” stava ripetendo Tony, senza dare troppo peso al
fatto che
le sue gambe non sembravano reggerlo. Del resto, se si guidava da
seduti un motivo c'era.
“ Ne
hai bevuti almeno otto,” lo riprese pazientemente Steve,
riuscendo
finalmente a cavargli via le chiavi.
Qualche
secondo dopo Tony era inspiegabilmente seduto in macchina e l'istante
successivo riaprì gli occhi dentro al garage della torre.
“ Ci
siamo teletrasportati?” biascicò confusamente,
uscendo dall'auto
con mosse sicure. O almeno era stata quella l'intenzione,
perché in
realtà ne barcollò fuori inciampando nella
portiera e rischiò di
schiantarsi contro uno dei pilastri che reggevano la struttura.
“ Puoi
cercare di non ucciderti?” sospirò Steve chiamando
l'ascensore.
“ Io
non cerco mai di uccidermi,” rispose Tony meccanicamente,
sparando
in piena consapevolezza una balla clamorosa. La testa cominciava a
fargli seriamente male, ma almeno con tutto il sale che aveva
ingerito sperava che l'indomani le cose sarebbero andate meglio
– o
quello, o una cirrosi. Non dovuta principalmente al sale, andava
ammesso.
Steve
lo schiaffò dentro l'ascensore come se fosse stato un
maglione da
infilare nell'armadio, prima di seguirlo all'interno.
“ Sono
le nove di sera e tu sei completamente ubriaco,”
osservò torvo.
“ Non
hai il diritto di fare questo. Non sei mia moglie,”
protestò Tony
piccato.
Steve
sospirò qualcosa che lui non capì bene, o non
capì affatto.
“ Sali
pure su in camera, io mi fermo in laboratorio,”
continuò quindi
lui, aggrottando la fronte e strizzando gli occhi per cercare di
vedere quale pulsante dovesse premere. Steve lo allontanò
prima che
cadesse contro il touchpad e li premesse tutti,
selezionando
il piano di propria mano.
“ Cercherai
di andare a dormire a un'ora decente?” chiese senza troppa
convinzione.
“ Non
prometto nulla,” borbottò Tony.
“ Cercherai
di andare a dormire?” ritentò Steve senza
demordere.
“ Questo
è più probabile.”
La
porta scorrevole si aprì pochi secondi dopo e Tony ne
scivolò fuori
in equilibrio precario.
“ Notte,
Cap.”
“ Buona
notte, Tony.”
Tony
non lo avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura, neanche se Thor lo
avesse preso a martellate sugli alluci di lì
all'eternità, neanche
se l'avesse menato per qualche secolo, ma una delle ragioni per cui
si era fermato lì, una delle tante insieme al Mark IX, al
fatto che
aveva nel cassetto dell'ottimo bourbon e a quello, niente affatto
secondario e anzi degno della massima considerazione, che l'ascensore
gli aveva fatto venire voglia di vomitare e difficilmente avrebbe
sopportato di salire altri piani, si presentò ai suoi occhi
annebbiati sotto le sembianze di un semidio in pigiama nero chino su
una serie di tabulati, il viso pallidissimo illuminato dal riflesso
dell'immagine tridimensionale.
“ Guarda
un po' chi abbiamo qui,” commentò gioviale,
afferrandosi al muro
per evitare un capitombolo.
“ ...Quell'individuo
sporco e ubriaco che gira sempre intorno alle cucine del palazzo
reale,” mormorò Loki distrattamente, quasi
all'indirizzo di se
stesso.
“ Scusa?”
bofonchiò Tony senza capire, prima di arrischiarsi a
ciabattare
verso il tavolo e appoggiarsi ad esso, a un paio di metri di distanza
da Loki.
“ Abbi
la generosità di non avvicinarti più di
così, Stark. L'odore si
sentiva già prima che scendessi dalla macchina.”
Tony
sbatté gli occhi un paio di volte, sdegnato.
“ Sai,
questo è il mio laboratorio,”
osservò. “Quindi se io
desidero puzzare a morte qui dentro, posso farlo. Nessuno me lo
può
impedire. È un diritto sancito dalla Costituzione
Americana.”
“ Oh,
e quale meraviglioso ricettacolo di leggi illuminate
dev'essere,”
osservò Loki con un sorriso affilato, sarcastico.
“ Esattamen...te,”
confermò Tony, annuendo vigorosamente. “Inoltre,
questo è profumo
di tequila.”
“ Estremamente
delicato,” lo assecondò Loki, scorrendo
velocemente la pagina che
stava osservando. “E nient'affatto mischiato a sudore umano,
sigaro, altre sostanze alcoliche, quella cosa puzzolente che appendi
negli autoveicoli...”
“ Arbre
magique,” lo corresse Tony istintivamente, prima di
sciogliersi in
una smorfia di ammirazione. “Complimenti per il
naso.”
Loki
si degnò di voltarsi verso di lui, in quel momento, e gli
rivolse
una smorfia scocciata. Tony, nonostante l'ubriachezza, non era
così
stupido da non rendersi conto che, qualunque fosse stata la cosa che
aveva provocato l'apparente impennata di allegria in Loki quel
pomeriggio, doveva essersi esaurita. Sembrava rigido e infastidito,
con gli artigli metaforicamente sguainati. Tony pensò che,
per
quanto non si trovassero troppo in alto rispetto alla struttura
globale della torre, lo erano comunque a sufficienza perché
le
conseguenze di un eventuale volo d'angelo lo uccidessero - era una
vita estremamente difficile, quella del coinquilino degli alieni.
“ Sono
venuto a lavorare,” affermò cambiando tono, in
modo più cauto e
meno ridente.
Loki
si strinse nelle spalle e tornò a dargli la schiena. Tony si
diresse
verso il suo tavolo con tutta l'intenzione di immergersi nell'attento
esame delle nuove opzioni di cui fornire il Mark IX, ma fu in quel
momento, mentre avviava il software, che l'istinto di preservazione
della specie lo tradì, cosa che d'altra parte succedeva
spesso – o
forse era il sale, maledizione, anche le sostanze saline avevano
conseguenze pestilenziali sul suo intelletto, dunque era costretto a
digiunare a morte.
“ Sai,
il nome tecnico è disturbo bipolare, in
psichiatria,” biascicò
distrattamente.
Loki
voltò a malapena la testa verso di lui, di profilo.
“ Perdona?”
“ Disturbo
bipolare. Ciclotimico, direi, nel tuo caso. Consiste nell'alternarsi
di stati d'animo euforici e manie di grandezza a fasi di depressione
e apatia. È una malattia mentale di tipo
maniaco-depressivo.”
Tony
realizzò la portata di quello che aveva detto nel momento in
cui le
sue labbra si richiudevano e desiderò ordinare a JARVIS di
preparare
il Mark IIX, ma sarebbe stato come invitare Loki a ridurlo in
briciole prima che l'armatura fosse pronta. Rimase fermo immobile,
deglutì piano e trattenne il respiro. Sentì il
tavolo a cui era
seduto Loki tremare rumorosamente sbatacchiando sul pavimento e
chiuse istintivamente gli occhi immaginando che era ironico che
stesse per trovarsi con la lama di uno scettro magico piantata nella
schiena, come Phil.
Invece
il tavolo smise di muoversi e l'unica cosa che colpì Tony fu
il
cessare improvviso del sibilo dato da computer di Loki che si
spegneva. Poi le ruote di una sedia scivolavano indietro in un
fruscio metallico. Non si azzardò a voltarsi e non
sentì i passi,
ma solo lo scorrimento della porta. Quando quella si chiuse, rimase
soltanto un perfetto silenzio.
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Il
cloruro di sodio, cioè il sale, provoca forte bruciore
quando viene
a contatto con le ferite aperte. E un grazie a duedicoppe per aver dato un'occhiata e collaborato in fase di stesura
Alla
prossima.
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