Autore:
Soly Dea
Rating: verde
Genere:
sentimentale, romantico, introspettivo
Avvertimenti: //
Ruolo del Contest:
questa fanfiction partecipa al contest “The
winner” - secondo round di Nede. E’ un
concorso senza classifica, dove ognuno riceverà un merito
speciale in base alla propria storia.
Citazione:
Come in ogni ora…come in ogni poesia
Un drink e poi tutto continuerà
Ma se avessi la testa di certo capirei
Siamo ancora qui…noi ancora qui
Ma tu…perché tu non senti questi miei tormenti?
[KARIMA- COME IN OGNI ORA]
Personaggi:
Marron/Trunks
Note:
è la mia prima Marron/Trunks, spero di aver fatto un buon
lavoro. Fatemi sapere ;)
The
right person
Trunks camminava da solo per le strade della città, lo
sguardo basso e le mani nelle tasche dei costosi pantaloni indossati
quella stessa mattina alla riunione svoltasi alla Capsule Corporation.
Ne aveva abbastanza di quelle quattro mura che tutti chiamavano
“lo studio del presidente”, del suo portatile pieno
di file importantissimi per gli ultimi progetti dell’azienda
e di quelle svampite delle sue segretarie. Ne aveva abbastanza del
lavoro e soprattutto della sua immagine in qualità di
direttore di una delle più grandi imprese del mondo: Trunks
si sentiva considerato come una semplice fonte di soldi, quelle inutili
banconote che sembravano fare la felicità della gente.
Mai una volta che fosse andato a cena con una collega non interessata
al suo portafogli, mai una volta che qualcuno si fosse impegnato a
scavare nel suo animo e a far emergere il vero Trunks, quello che amava
il combattimento e la natura, quello che sapeva divertirsi e far
divertire.
E in quella notte d’inverno, la cosa che gli parve
più allettante fu trascinarsi fino a un bar poco in vista e
lasciare che l’alcol gli facesse dimenticare tutti i suoi
problemi almeno per un po’ di tempo.
Si coprì la testa con il cappuccio del giubbotto, in modo
che nessuno lo riconoscesse, ed entrò senza fare rumore,
sentendosi subito avvolgere da una piacevole sensazione di calore e
dall’aroma pungente del caffè appena preparato.
Raggiunse il bancone, borbottando un saluto riferito al cameriere, e
infine ordinò un drink che non tardò ad arrivare.
Non era mai stato un accanito bevitore, ma la consapevolezza che
– dopo qualche bicchierino – tutti i problemi
sarebbero svaniti nel nulla, era una soluzione momentanea alquanto
interessante. Poco importava se il mattino dopo si sarebbe risvegliato
chissà dove, con un’emicrania da far paura e i
suoi problemi ancora più numerosi e complicati di quanto li
ricordasse: Trunks non reggeva l’alcol e questo era un dato
di fatto. Ne ebbe una nuova conferma quando, solo al secondo goccio di
drink, prese a girargli vorticosamente la testa tanto che i suoni e gli
odori cominciavano ad amplificarsi gradualmente: lo scricchiolio della
porta che si apriva, il fruscio della folata di vento che si era
intrufolata all’interno del locale, il rumore di piccoli
passi che – lenti e cadenzati – scandivano il tempo
impiegato dalla proprietaria per raggiungere il bancone, il suono
cristallizzato di gioielli che si toccavano ad ogni minimo movimento,
il tonfo ovattato di una borsa che veniva poggiata sul bancone e ancora
lo scricchiolio della sedia a contatto con il pavimento freddo e
lucido, infine un profumo delicato e intenso ad invadere le narici del
presidente.
«Trunks!».
Capelli biondi, occhi azzurri, sguardo fiero e sorriso da mozzare il
fiato: avrebbe riconosciuto quella ragazza tra mille, nonostante i
sensi annebbiati dall’alcol.
Trunks si tolse il cappuccio e si limitò a un cenno della
testa, gli occhi sbarrati e la bocca dischiusa come in procinto di
parlare, ma scartò subito l’idea di iniziare il
discorso: in quelle condizioni, non sarebbe stato in grado di mettere
insieme più di due parole.
Marron gli si sedette a fianco, ordinò una semplice
cioccolata calda e gli rivolse un sorriso sincero.
«Come va a lavoro?».
Trunks rise quasi istericamente, passandosi una mano fra i capelli e
abbassando lo sguardo subito dopo. Era entrato in quel bar
appositamente per dimenticare il lavoro per una serata ed ora Marron
non faceva altro che rigirare il coltello nella piaga. Ma in fondo, che
colpa ne aveva lei?
Farfugliò un «Bene...» con fare
completamente disinteressato e le chiese se ci fossero
novità dalle sue parti, alla Kame House, su quella
spiaggetta isolata dal mondo intero, dove Trunks sarebbe andato
volentieri a passare una bella vacanza, lontano dal caos cittadino.
«Papà vuole che io impari le arti marziali in modo
che possa difendermi dai “malintenzionati”, come li
chiama lui...», rispose la bionda, girando e rigirando tra le
mani il suo bracciale di perle. «In fondo, non credo che sia
una brutta idea... Anche mamma è d’accordo... Non
si sa mai!».
Una lieve risata rimbombò nelle orecchie di Trunks, un suono
ovattato ma piacevole che lo portò a sorridere di gusto.
Marron continuò a parlare con lo sguardo fisso
sull’amico e quegli occhi così simili ai suoi,
quegli occhi azzurri che emanavano sincerità e dolcezza, ma
anche determinazione e sicurezza. Quegli occhi su cui il giovane Brief
non si era mai soffermato più di tanto, ma che ora
cominciava ad osservare sul serio: erano gli occhi più belli
che avesse mai visto.
Marron parlava, parlava, parlava, senza mai fermarsi. Dalle arti
marziali era passata alle stupidaggini del maestro Muten, al modo in
cui si erano conosciuti i genitori, alle avventure che suo padre e Goku
avevano vissuto da bambini e alla festa di compleanno di Pan.
Trunks annuiva semplicemente, senza ascoltare davvero. La voce della
ragazza era talmente pacata da farlo sentire bene e da trasportarlo in
un altro mondo, i suoi sguardi lo avevano letteralmente ipnotizzato e
il
suo sorriso sembrava volesse invogliarlo a rimanere lì per
tutta la notte.
«Ma... Trunks, mi stai ascoltando?».
Lo aveva scoperto. Il presidente fece cenno di sì con la
testa, accennando a un po’ di stanchezza.
Marron scrollò le spalle, poco convinta, e
continuò a parlare del più e del meno.
Trunks non seppe stabilire con precisione quanto tempo fosse passato
dall’arrivo di Marron, ma a giudicare dalla testa che
sembrava volergli scoppiare e dallo stomaco in tumulto, doveva essere
notte inoltrata. Sentiva la stanchezza prendere possesso del suo corpo,
mentre i sintomi dell’alcol si facevano più
accentuati e la voce di Marron diventava un rumore in lontananza, come
un sussurro trasportato dal vento, simile al suono delle onde che si
infrangono a contatto con la brezza marina.
«Sicuro di stare bene? Quanto hai bevuto?».
«Tre o quattro bicchieri...».
Marron sgranò gli occhi, basita. «Ma tu non reggi
l’alcol!».
Trunks si limitò ad un’alzata di spalle, mentre
Marron gli accarezzava il volto e lo fissava con sguardo apprensivo.
«Sei ubriaco», constatò a malincuore,
«Vieni, ti accompagno a casa».
«Non sono ubriaco», ribatté lui con tono
tranquillo. «Sono solo un po’ stanco».
Osservò Marron ticchettare le dita affusolate sulla
superficie del balcone e rivolgergli un’occhiata di
rimprovero. «Trunks Brief, tu non stai affatto
bene».
Il ragazzo sorrise con amarezza e «Tu credi?»,
chiese ironicamente.
Marron annuì decisa, alzandosi in piedi e cingendo le spalle
possenti di Trunks con un braccio. Il ragazzo sentì il cuore
accelerare, mentre una strana sensazione di calore si diradava in tutto
il corpo.
Marron gli sorrise dolcemente e lo invogliò a seguirlo fuori
dal locale, probabilmente per riportarlo a casa. Ma i suoi piani
andarono in fumo nel momento in cui Trunks, con una lieve pressione sui
suoi fianchi, la fece risedere e premette le proprie labbra contro
quelle di lei.
Marron sgranò gli occhi e, presa alla sprovvista,
allontanò il corpo di Trunks da sé con una lieve
spinta sul suo petto. Cercò di capire cosa fosse esattamente
successo e perché, ma le gote arrossate e il cuore a mille
non l’aiutavano di certo.
«Sei ubriaco, Trunks. Non sai quello che fai»,
disse infine, prendendo la borsa e dirigendosi verso l’uscita
del locale. Aveva sognato quel momento talmente tante volte che quasi
stentava a credere che fosse diventato realtà, ma
l’ultima cosa che voleva era approfittare dello stato di
confusione di Trunks.
«Aspetta!».
Marron si voltò, il suo braccio stretto nella presa ferrea
del ragazzo.
«Prima ti ho mentito, ho bevuto solo un bicchiere»,
sorrise, «Non ti avrei baciato, se non avessi voluto farlo
davvero». Quelle parole erano venute fuori quasi da sole,
perché improvvisamente si era fatto tutto chiaro: non era
stato quel drink ad annebbiargli i sensi, era stata la sola presenza di
Marron. Il suo sorriso genuino, il suo atteggiamento fiero ed elegante,
la sua bellezza quasi surreale, la dolcezza delle sue parole, il suo
arrossire per un semplice bacio e quell’atteggiamento di
apprensione nei suoi confronti l’avevano letteralmente
stregato.
Finalmente aveva trovato qualcuno che non fosse interessato solo ai
suoi soldi, qualcuno che lo apprezzasse interamente, pregi e difetti
compresi.
E forse, si disse, era sempre stato innamorato di Marron.
Lei sorrise e gli gettò le braccia al collo, un dolce bacio
a suggellare quel momento così magico.
Uscirono insieme dal locale e Trunks prese la ragazza tra le braccia,
spiccando il volo verso una meta sconosciuta in quella fredda notte
d’inverno dal finale inaspettato ma sempre inconsciamente
desiderato.
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