-Love
for Sale-
«Signore...» mormorò flebile,
quasi avesse paura di parlare, stringendo
con forza la manica dell'uomo per evitare che si allontanasse. «Vuole
comprarmi, signore? Per una notte farò tutto quello che vorrà...» quasi
lo supplicò, facendosi coraggio.
«Comprarti?» ripeté il nobile, sicuro
di non aver capito bene, poiché
non aveva molto dimestichezza con l'inglese, nonostante lo avesse
studiato prima di partire.
«Comprarmi...» ripeté insicuro il
bambino, stringendosi nelle spalle. «Darmi dei soldi in cambio del mio
corpo per una notte.»
[Shounen-ai - Tyki x Allen]
Fanfiction pubblicata per la "Poker
pair Week 2012"
-Titolo: Love for Sale
-Autore: Madame Melerik [Gala
& XShade-Shinra]
-Manga: D.Gray-man
-Pairing: TxA (Tyki x Allen -
poker pair), + Mana
-Genere: Angst, Sentimentale
-Personaggi: Tyki/Allen, Un po'
tutti
-Warnings: AU, Shounen-ai, OOC,
tematiche delicate
-Rating: Giallo
-Capitoli: One-Shot
-Disclaimer: Tutti i personaggi
di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono
esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. Inoltre
questi personaggi non ci appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà
dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo
di lucro ma solo per puro divertimento.
-Note: Innanzitutto, auguri di
buona poker pair week 2012 a tutti gli amanti della coppia! *^*
Ricordiamo a tutti quelli che vogliono partecipare che Tyki e Allen
festeggeranno la loro settimana da oggi (8/10) al 14/10.
Eccoci, siamo tornate!
XD Sappiamo che abbiamo alcune cose da aggiornare, ma, state
tranquilli, arriveremo anche a quello! :3
Come primo giorno della Poker pair week 2012 vogliamo proporvi una One
Shot (miracoloso, la nostra prima OS pubblicata! °°), speriamo che sia
di vostro gradimento.
Buona lettura!
- Love for Sale -
Era tardo pomeriggio nel viale
alberato londinese che, dalla periferia del quartiere benestante, si
inoltrava verso il quartiere povero della città. Un giovane Dandy
spensierato, passeggiava in quella direzione, senza una precisa meta in
mente. Era il figliastro ventenne di un Conte portoghese, trasferitosi
in Inghilterra per studiare la lingua, di nome Tyki Mikk. Mentre era
intento a rimirare le nuvole oscurare lentamente il sole, una piccola
mano gentile si aggrappò alla sua manica, strattonandolo appena.
All'inizio pensò che si trattasse di qualche barbone venuto a
chiedergli l'elemosina come spesso succedeva, e stava già per dire
nella propria lingua madre che non aveva soldi con sé; quando però si
girò, i suoi begli occhi dorati si specchiarono nelle iridi grigie di
un bambino. Il giovane aveva la carnagione pallida e sembrava
fortemente denutrito, ma le cose che sorpresero di più Tyki furono i
suoi capelli bianchi come il latte nonostante la giovane età e la parte
sinistra del volto, fasciata alla meglio con una benda.
«Signore...» mormorò flebile, quasi avesse paura di parlare, stringendo
con forza la manica dell'uomo per evitare che si allontanasse. «Vuole
comprarmi, signore? Per una notte farò tutto quello che vorrà...» quasi
lo supplicò, facendosi coraggio.
«Comprarti?» ripeté il nobile, sicuro di non aver capito bene, poiché
non aveva molto dimestichezza con l'inglese, nonostante lo avesse
studiato prima di partire.
«Comprarmi...» ripeté insicuro il bambino, stringendosi nelle spalle.
«Darmi dei soldi in cambio del mio corpo per una notte.»
Tyki lo guardò stranito.
Come poteva chiedere una cosa del genere un bambino così piccolo?
«Queste sono cose da adulti, piccolino. Dov'è la tua mamma?» gli
chiese, guardandosi intorno.
«Io non ce l'ho la mamma... Ti prego, signore, comprami e sarò tuo per
questa notte» strinse la mano ancora più forte, guardandolo dritto
negli occhi.
A quelle parole, Tyki capì che quello doveva essere un ragazzo di
strada.
In un'altra occasione avrebbe accettato quell'offerta, ma il bambino in
questione doveva avere poco più che dieci anni, ed era quindi
decisamente troppo giovane. Quindi rimase a guardarlo, scrutandolo in
volto.
Gli occhi erano determinati e appena umidi, rossi per la stanchezza o
forse per il pianto, mentre il viso magro e pallido era graffiato in
alcuni punti, così come le mani, come se qualcuno lo avesse picchiato.
«Va bene, piccolino» disse Tyki. «Ti comprerò per stanotte.»
«Davvero?» sorrise il bambino, contento, prendendo il giovane per la
mano, iniziando a guidarlo. «Hai il denaro con te, signore?» chiese
conferma. Non voleva essere ingannato.
«Sì» rispose Tyki, mentre lo seguiva. Quel ragazzino era davvero basso
rispetto a lui. «Quanto costi?»
«Cinque monete d'oro e cinque pezzi d'argento» disse preciso il
piccolo, contando con le dita della mano libera.
«E se ti offrissi sei monete d'oro?» chiese l’altro.
«Perché spenderesti così tanto per me?» chiese il bambino perplesso,
preso in contro piede, fermandosi un attimo.
«Perché vorrei portarti a mangiare, prima, bambino senza nome» rispose
Tyki. Il piccolo arrossì a quella proposta del tutto inaspettata e il
suo pancino gorgogliò affermativamente in risposta. «Io mi chiamo Allen
Walker, e lei?» chiese poi, stringendogli appena la mano grande e
foderata di seta, morbida sulla sua manina rovinata dal lavoro e dai
tagli delle percosse.
«Mi chiamo Sir Tyki Mikk, ragazzo. Se è troppo lungo puoi chiamarmi
solo Tyki» rispose, continuando ad indagare. «Quanti anni hai?»
«Dodici» rispose lui, riprendendo a camminare, portandosi dietro Tyki;
direzione: una calda ed accogliente pasticceria lì vicino.
«E non sei un po' troppo piccolo per fare il tuo lavoro?» domandò.
A Tyki piacevano i bambini e in cuor suo soffriva nel vedere quel
ragazzino per la strada. «Ho bisogno di soldi... e a tutti interessa
solo il mio corpo...» soffiò, imbronciandosi appena, mentre abbassava
gli occhi argentati a terra.
Tyki annuì, capendo fin troppo: prostituzione.
«Capisco...» disse con un sospiro. «Certo che questo è un paese povero
e senza scrupoli...»
«Lei non è di qui, vero?» chiese, mentre entravano nella pasticceria e
l'odore intenso e fragrante dei dolci fece girare appena la testa ad
Allen, che si aggrappò con forza a Tyki per non cadere.
«Sì vede, vero?» chiese questi retorico, avvicinandosi al bancone con i
dolci. «Quali vuoi?» domandò cortese al bambino. L'albino osservò
attentamente tutta la vetrina, prima di indicare una grande torta al
cioccolato, coperta di panna e fragole.
«Per questo ti ho scelto... perché i nobili di qui mi avrebbero
scacciato malamente...»
Il pasticcere guardò Tyki sollevando un sopracciglio, ma questi gli
fece cenno affermativo con la testa.
«Perché?» chiese il nobile, mentre l’uomo prendeva la torta e la
metteva su un piatto.
«Perché sono sporco... e solitamente i bambini come me rubano e poi
scappano...» disse, andando a sedersi a un piccolo tavolino rotondo.
In effetti, Tyki non aveva preso in considerazione quell'eventualità,
ma non aveva tanti soldi con sé. Almeno, per i suoi standard.
«Ecco, signore, fa una moneta d'oro» disse il pasticcere.
Allen guardò Tyki pagare, sentendosi un po' in colpa che quei soldi
andassero spesi per la torta e non per quello che li stava
risparmiando, e divenne di colpo triste. Il pasticcere, intanto, gli
mise il dolce davanti al naso, con una forchetta.
«Buon appetito, piccolino» augurò Tyki, passando un dito inguantato sul
dolce per rubare un po' di panna e leccarselo. «È davvero buono, ma non
credo che riuscirai a mangiarlo tutto...»
«Grazie...» soffiò piano Allen, prendendo la forchetta e mangiandone un
pezzo.
«Prego, ragazzino» disse l'aristocratico, guardandolo mentre mangiava.
«Parlami di te» gli chiese.
«Cosa vuoi sapere?» chiese piano Allen, mentre gli tornava un po' di
colore sulle guance, per via della cioccolata.
«Hai detto che non hai la mamma...» cominciò a dire. «Sei solo al
mondo?».
«Uhn... veramente non ho nemmeno il papà, però Mana è come se lo
fosse...» sorrise dolcemente a quel nome, mangiando più di metà torta
con una velocità inumana. Ne lasciò un ultimo pezzetto e non certo
perché non avesse più fame – Tyki ebbe appena il tempo di starnutire e
rigirarsi che la torta era già quasi finita.
"Mi ero accorto che era affamato, ma... non pensavo così tanto...",
pensò, guardando il ragazzo ad occhi sgranati per un attimo.
«E chi sarebbe questo Mana?», domandò.
«Il mio papà adottivo... solo che adesso è molto malato» soffiò con gli
occhi appena umidi al ricordo.
«È per lui che ti svendi?» gli chiese senza mezzi giri di parole,
facendogli cenno di alzarsi, ma Allen rimase seduto, iniziando a
singhiozzare piano, portandosi le manine
agli occhi umidi.
«Ragazzino?» lo chiamò Tyki, girandosi verso di lui.
«Se non trovo i soldi per le medicine... Mana potrebbe morire...»
uggiolò, mordendosi il labbro inferiore per non singhiozzare troppo
forte.
Tyki lo guardò con tenerezza, ma durò appunto un attimo. Poi camminò,
uscendo dal locale. «Non vieni?» gli chiese.
Allen ispirò forte, cercando di calmarsi, asciugandosi gli occhi con la
manica della giacca lisa. Incartò la fetta di dolce rimasta in un
fazzoletto e se la mise in tasca, seguendo poi Tyki.
Allen aveva capito che probabilmente quel nobile non amava i piagnistei
e se voleva essere comprato doveva darsi da fare e comportarsi bene.
«Ora vieni con me» disse Allen deciso, prendendo di nuovo Tyki per
mano, portandolo verso la propria casa.
Era un'abitazione umile in una casetta a due piani poco distante da lì,
e i due ci arrivarono ben presto.
Passarono da un giardino incolto e secco, mentre Allen si voltava e
faceva segno a Tyki di fare silenzio, poggiandosi il dito indice sulle
labbra rosee. «Shhh...» soffiò, aprendo piano una porta mezza diroccata
di legno marcio, facendo meno rumore possibile, per poi iniziare a
salire lentamente le scale, portando Tyki fin su in soffitta.
Per tutto il cammino, Tyki non proferì parola come gli era stato
chiesto, finché non giunsero nella stanza che l'albino utilizzava come
camera da letto.
«È troppo basso qui...» si lamentò il portoghese, che doveva tenere la
schiena curva per stare nel sottotetto.
«Puoi sederti sul mio letto... è abbastanza pulito» disse Allen,
tirando fuori dalla tasca la fetta di torta, per metterla su di un
piccolo tavolino sbilenco.
«Grazie...» disse Tyki, per poi vedere le condizioni del letto: coperte
lise e rattoppate su un materasso faccio i cenci. Una maglietta come
cucino. "È davvero povero..." pensò sospirando.
Allen si tolse il berretto di panno e la giacca di sacco, rimanendo con
i pantaloncini corti scuri e la camicia ingiallita dall'umidità. Tornò
da Tyki, avvicinandosi lentamente a lui, tenendo gli occhi bassi,
poggiando poi le mani sulle sue ginocchia.
«Perché?» gli domandò l'aristocratico, pizzicandogli il mento per
sollevargli il volto.
«Perché "cosa"?» chiese di rimando l'albino, in un soffio, alzando gli
occhi su Tyki.
«Perché metti le mani sulle mie ginocchia? Ti ho forse ordinato di fare
qualcosa?», gli chiese.
Allen arrossì, togliendo subito le mani, dandosi mentalmente del
cretino. Non voleva che Tyki si arrabbiasse, come facevano tutti gli
altri.
«Nonostante tu sia piccolo... sei proprio uno sporcaccione...», malignò
il moro, portandogli una mano al volto dalla parte sana per
accarezzarglielo.
Lui lo capiva, capiva bene quello che stava facendo e il perché.
L'albino si imbronciò a quelle parole, innervosendosi appena.
«Allora... dimmi cosa vuoi che faccia...»
«Cosa fai a tutti gli altri?» gli chiese, continuando a accarezzargli
il volto.
Allen si imbarazzò a quella domanda, spostando, nervoso, lo sguardo di
lato. «Quello che vogliono... se vogliono che io li tocchi o soddisfi
va bene, purché loro non tocchino me...» soffiò.
«Ah, no?» fece il moro. «E perché?»
«Perché Mana non sarebbe contento... non mi importa se si arrabbiano e
mi picchiano...» mormorò, sfiorandosi appena i bendaggi sul viso.
«Sai che se tuo padre lo sapesse, non accetterebbe mai le medicine che
gli compri con questi soldi?» gli chiese con voce dura.
«Lui... lo ha scoperto già... l'ultimo... l'ultimo che è stato qui ha
provato a toccarmi» cominciò, tremando lievemente al ricordo. «Mi ha
strappato i vestiti e aveva un coltello...» mormorò, sciogliendo piano
la benda che gli copriva il viso. «Mana mi ha sentito gridare ed è
corso qui, nonostante sia così gravemente malato...» Calde lacrime
iniziarono a raccogliersi negli occhi del bambino, mentre continuava il
racconto. «Lo ha mandato via e mi ha fatto promettere che avrei
smesso... solo che i soldi per le medicine non bastano, così ho pensato
che uno ricco come te, se mi fossi concesso pienamente, avrebbe potuto
darmi quello che mi mancava. So che Mana non prenderebbe le medicine,
per questo gliele metterò in quella fetta di torta, così poi starà
meglio e io non dovrò più farlo...»
Tyki spalancò gli occhi nel vedere il segno della crosta a forma di
pentacolo sulla pelle diafana del ragazzo.
"Con che razza di gente va pur di avere i soldi per il suo patrigno?"
si chiese, non osando toccarla.
«Mi dispiace, piccolo... Tu fai del bene per tuo papà e ti trattano
così...» sussurrò, facendo cenno di avvicinare il volto.
Allen fece un passo verso Tyki, ricacciando dentro le lacrime,
soprattutto perché le smorfie del pianto gli tiravano la pelle
cicatrizzata in maniera spiacevole.
«Ti prometto che io sarò gentile» gli disse, facendolo inchinare verso
di sé per dargli un bacio sulla guancia destra.
Allen annuì impercettibilmente con il viso, chiudendo gli occhi e
poggiando le mani tremanti sulla giacca costosa di Tyki, il quale lo
abbracciò, stringendolo piano a sé e regalandogli un altro bacio sullo
zigomo.
«Sai, prima, quando ero ancora in Portogallo, sono cresciuto in estrema
povertà... solo dopo l'adozione nella casata dei Kamelot ho potuto
vivere una vita agiata» raccontò il nobile, mentre gli accarezzava i
capelli.
«Eri povero?» chiese stupito, ascoltando la sua voce profonda e
carezzevole.
«Vivevo per la strada con i miei amici... Tu mi ricordi molto Ease...»
sussurrò piano. «Era piccolo ed impaurito proprio come te all'inizio...
Anche se tu sei molto più carino» aggiunse, dandogli un buffetto sul
naso.
«Ti ricordo un altro bambino?» chiese piano, osservando il muro
scrostato e umido oltre la spalla di Tyki. «È per questo che sei
gentile con me?»
«Non solo» sorrise, facendo accomodare sulle proprie cosce, a
cavalcioni, come si aspettava il più piccolo. «Ma, dimmi la verità,»
continuò a dire «come posso lasciarmi sfuggire
la verginità di un bel ragazzino come te, così buono e puro?»
«L'hai comprata, no? È tua...» soffiò Allen, cercando di rimanere calmo.
«Anche se dovessi farti aspettare molto prima di prenderla?» chiese,
baciandogli il collo.
«Che?» chiese confuso, non capendo cosa intendesse dire.
«Potrei farti aspettare un po'» ripeté, stringendolo a sé. «Magari
possiamo fare qualcosa di più interessante prima...»
«Dimmi cosa vuoi che faccia...» soffiò Allen, non riuscendo a seguire
bene i discorsi del più grande.
Tyki lo riprese per il mento, facendogli sollevare il visino a forza.
«In realtà ti faccio schifo, e lo fai solo per tuo padre. O mi
sbaglio?» chiese, per poi sibilare in aggiunta: «Non compro persone
bugiarde.»
Allen si morse le labbra, non sapendo come comportarsi. Non gli era mai
capitato di parlare tanto con qualcuno che lo comprava.
«Io... ho già detto perché ti ho scelto ed è ovvio che lo faccio per
Mana... però questo non significa che tu non sia il mio compratore più
piacente...» borbottò arrossendo.
«Wow...» sussurrò con finta meraviglia. «Così mi lusinghi» disse,
dandogli un bacio sulla fronte. «Prima di continuare vorrei fumare una
sigaretta, se non ti dispiace...»
«Va... va bene...» soffiò, facendo per spostarsi da lui.
«Esco fuori, ok?» gli chiese. «Tanto la strada per tornare me la
ricordo» aggiunse, togliendo il pacchetto di sigarette e l'acciarino
dalla tasca della giacca, lasciandola sul letto.
Allen annuì, rimanendo seduto sul letto. «Non fare rumore, altrimenti
Mana se ne accorge» soffiò, portandosi le ginocchia al petto.
«Sì» annuì Tyki, alzandosi e dirigendosi verso la porta. «Ah, nella
tasca della giacca trovi il tuo denaro, così sei già pagato» lo
informò. «Potrei metterci un bel po' a tornare, sai a me piace
prenderla con calma. È un problema?» chiese, cominciando a scendere le
scale.
«No...» disse guardandolo andare, ancora un po' confuso.
«Ok, allora aspettami, mi raccomando» lo salutò il nobile, sparendo
oltre le scale e uscendo silenzioso da quella casa, lasciando Allen da
solo sul letto.
Allen aspettò un po', ma Tyki non tornò più quel giorno e nemmeno
quelli seguenti.
L'albino non riusciva a capire quel suo gesto, soprattutto quando si
accorse che in una tasca c'erano cinque monete d'oro e nell'altra
addirittura cinquanta.
Grazie a quel denaro, Allen riuscì a curare Mana e a cambiare un po' la
loro condizione di vita.
Il patrigno, all'inizio, era pensieroso a riguardo, ma quando il
figliastro gli
disse che erano un regalo, si quietò.
Nonostante fossero rimasti parecchi soldi dopo le compere fondamentali,
Allen decise di non cercare una nuova casa, ma di ristrutturare un po'
quella vecchia, perché, in fondo, sperava che quel Sir gentile tornasse
dopo aver fumato quella sua sigaretta...
Aveva cominciato anche a lavorare, conservando come se fosse un tesoro
la giacca di Tyki e il denaro rimasto, per quando la situazione si
fosse fatta più difficile, guadagnando onestamente insieme a Mana i
soldi per vivere dignitosamente.
Passarono ben sei anni da quella volta, e Mana si trovava in giardino,
a curare i fiori che Allen aveva voluto piantare.
Non c'era molto traffico per la strada e il sole picchiava forte,
ragion per cui l'uomo aveva deciso che un po' d'acqua avrebbe potuto
giovare alle piantine.
La sua attenzione però, dedita alla cura di quei fiori, fu catturata
dal rumore cadenzato dei tacchi di un uomo elegante che si avvicinava,
con in mano un mazzo di fiori.
«Salve» lo salutò gentile. «Sto cercando il signor Allen Walker» disse
a Mana, togliendosi appena la tuba in segno di rispetto.
«Io sono suo padre, cosa vuole da lui?» chiese sospettoso l'uomo,
sempre un po' diffidente con chi si presentava così tirato a lucido in
cerca di suo figlio.
Tyki sorrise, nascondendo la bocca dietro il mazzo di fiori.
«Sono solo venuto a riprendere la mia giacca» disse senza malizia.
Mana soppesò quelle parole, capendo molto di più di ciò che era stato
detto. Si voltò verso la porta d'ingresso e chiamò a gran voce il
figlio, dicendogli che c'era qualcuno venuto per lui.
«Non mi fa entrare?» chiese Tyki all'uomo.
«Non faccio mai entrare uomini in casa, se non sono sotto il mio
controllo» soffiò velenoso.
Tyki sospirò appena, ma non diede segni di insofferenza, anche perché
sentiva già il rumore di passi nelle scale, gli stessi che aveva
percorso anni prima.
Una giovane e candida figura si affacciò alla porta, spostando lo
sguardo prima sul padre e poi sullo strano visitatore, che aveva il
volto nascosto dai fiori.
Fece dunque per domandare chi fosse, ma il misterioso uomo lo
precedette e gli porse il mazzo di rose, svelando a poco a poco il
proprio volto abbronzato dagli occhi aurei.
«Ciao, piccolino» lo salutò con un sorriso. «Sono venuto a riprendermi
la giacca, scusa se ho fatto tardi.»
L'albino spalancò gli occhi sorpreso e, ignorando le rose che gli
venivano porte, buttò le braccia al collo di Tyki, abbracciandolo
stretto. «Ce ne hai messo di tempo...» soffiò, grato a quell'uomo come
non mai per avergli cambiato la vita.
Tyki lo abbracciò di rimando, respirando il buon odore dei suoi capelli
e dandogli un bacio sulla guancia.
«Mi piace fumare con calma» ridacchiò appena. «Mi hai aspettato tutto
il tempo?»
«Sempre» sussurrò Allen, arrossendo appena a quel soffice bacio.
«Bene» sorrise Tyki. Era davvero felice di rivedere quel ragazzino e
sapere che aveva mantenuto la loro promessa.
Mana, alle spalle di Tyki, si schiarì la voce, per richiamare la loro
attenzione.
I due si girarono verso di lui. Allen arrossì, mentre Tyki sembrò un
po' scocciato.
«Devi dirmi forse qualcosa?» chiese eloquente l'uomo, guardando i due,
ancora abbracciati.
«Che suo figlio è diventato davvero bellissimo, signor Mana» disse
l'aristocratico. «Quasi quasi me lo porterei via...»
«E dove, di grazia?» domandò, innervosito, mentre scrutava con odio le
mani di quel bell'imbusto sul suo ragazzo.
«A prendere una torta al cioccolato?» propose Tyki, girando il volto
verso Allen.
«Una torta al cioccolato con fragole e panna?» chiese sorridente
l'albino.
«Se piace anche a tuo padre, perché no?» domandò, dandogli un bacio sul
naso.
«Ma se continui a pagare per me, quanto ti dovrò dare in cambio?»
chiese in un soffio l'albino, alzando le labbra verso le sue.
Mana, testimone alla scena, capì chi era quel giovane e vedere che
Allen era consenziente alle sue velate avance lo tranquillizzò, quindi
si girò, tornando a badare ai suoi fiori.
«Tutto te stesso, ragazzino... Fin quando lo vorrai...» rispose in un
soffio, annullando le distanze tra le loro labbra che tanto si erano
anelate, scambiandosi un lungo bacio, incandescente ma al contempo
dolce.
Le esperienze acerbe di quando era ragazzino, in quei sei anni di
attesa, erano maturate in un desiderio passionale e tutto per quei
gentili occhi dorati.
I due erano felici di essersi rincontrati e di sapere che non si erano
dimenticati l'uno dell'altro.
«Andiamo, piccolino?» gli chiese Tyki, dandogli i fiori e tenendolo per
mano, come tanti anni prima.
«Sì...» soffiò lui con un sorriso dolce, affondando il viso in quel
mazzo
profumato di rose bianche con al centro, come un cuore, una grande rosa
rossa.
Mentre stavano camminando per andare verso la pasticceria, però, Allen
infilò la mano nella tasca dei pantaloni di Tyki, prendendogli il
pacchetto di sigarette.
«Uhm?» fece il moro, non capendo il gesto del ragazzo che le buttò nel
primo cassonetto che trovarono sulla loro strada.
«Così non sparirai più per andare a fumare» spiegò, guardando fisso
davanti a sé.
«Va bene», rise l'uomo, prendendo Allen per il polso che reggeva il
mazzo di rose per metterlo in modo che i loro volti fossero coperti ai
passanti, e lo tirò a sé per un altro bacio.
Probabilmente, quello era stato il migliore affare della loro vita.
§Fine§
Madame Melerik,
a.k.a. Gala & XShade-Shinra
|