Bellevue

di The_mad_poet
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Una ragazza all’angolo aspetta lui. Nella mia scatola di latta Rouge FM trasmette un disco di Melissa. L’hotel Bellevue è un edificio ruvido, grigio, di tre piani. Il tetto spiovente. Le finestre verdi. Tutto in cartongesso. Quando piove si piega morbido su se stesso. Ed un senso di claustrofobia opprime gli ospiti presenti. Ci si sente come sepolti ancora in vita. Ma se piove per un giorno intero la direzione rimborsa la retta. Il prezzo è comunque conveniente. La vista incomparabile. Sempre se non piove. E non c’è nebbia. E si arrivi prima delle 14:30. Le camere fronte lago vanno via per prime. Sono nove. Tre per piano. Quelle al terzo le migliori. Quelle più in basso hanno i rami degli alberi che impediscono di aprire le finestre. Al terzo però non arriva l’acqua. Nè calda, nè fredda. L’elettricità non manca. Ogni piano è dotato di numerose prese. Ma serve un portalampada portato da casa. Nelle camere non ce n’è. Quindi se il fatto non fosse conosciuto o ci si fosse scordati di questo particolare, occorre rincasare prima che faccia buio. In caso contrario si rischia di inciampare e ruzzolare nello scantinato è assai facile. Normalmente nessuno si accorge dell’assenza a colazione la mattina seguente. E questo anche nei due, tre giorni successivi. Quando l’odore di marcio si fonde con quello delle uova strapazzate allora la signora alla Reception intuisce l’accaduto e chiama l’ambulanza. L’intervento è rapido, ma il presunto infortunato non può più raccontare dove gli fa male. Quindi se quando arrivate vi domandate perché la distinta signora che vi accoglie è vestita di nero e porta il cappello, nero anch’esso, ora avete la risposta. Quest’hotel è classificato tre star. Tre star stilizzate. A forma di croce.




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