Catenaperl'Inf
- Catena per l'Inferno
-
L'aeroporto quel giorno di metà agosto era pieno di
gente. Il sole era nascosto da pesanti nubi scure ma la poca luce che
filtrava da esse era molto intensa, tanto da illuminare in fasci le grandi
vetrate della sala d'attesa.
Milos Morrigan stava seduto in uno dei
tanti e scomodi sedili rossi della saletta, accanto all'ufficio
imbarchi.
Era strano. Non si era mai accorto di quanto gli aeroporti
fossero un luogo di gioia e malinconia. Accanto a lui c'erano coppie che si
salutavano, uomini di affari, adolescenti in partenza con in spalla solo
grandi sacchi da viaggio. E poi c'era una ragazza seduta dall'altra parte
della sala. Carina, bionda. Una ragazza umana come tante
altre. Piangeva. Il suo ragazzo era partito per Liverpool mezz'ora prima
e lei non se n'era ancora andata. Era rimasta lì a singhiozzare. Un
vecchio signore le aveva anche offerto un fazzoletto.
Lui invece era
arrivato in anticipo.
Il volo da Amsterdam era in ritardo di mezz'ora e
gli altri non erano ancora arrivati. Si rimise comodo, sfogliando
distrattamente una rivista. Ma era inutile cercare di ammazzare il
tempo.
Lei presto sarebbe tornata. E sarebbe stato difficile fare
finta che non gli fosse mancata. Era stata via quindici giorni, ad
Amsterdam, nella capitale delle follie e lui era rimasto lì a Londra, a
rosolarsi nella gelosia che non poteva permettersi di
provare.
Gelosia. Già. Da quanto la provava? Se n'era accorto
da poco. Da un anno appena.
Era stato atroce quando lei, la sua
piccola, gli aveva raccontato del suo primo bacio.
Beatrix aveva dato
il suo primo bacio. E lui ci aveva perso il cuore e la
ragione.
Ripensò ai suoi dolcissimi e pericolosissimi occhi di topazio,
ai suoi lunghi e lucenti capelli neri. Quella pelle di marmo, fredda e
profumata.
La sua bocca rossa e liscia, morbida. Da mordere, da
baciare. Che era stata baciata da qualcun altro. Da un ragazzino
qualunque.
Quando Beatrix gli aveva detto che partiva con Tom, Damon e
Cloe per la loro prima vacanza da soli si era sentito morire. Pieno di rabbia
inespressa aveva faticato ad apparirle allegro per quel viaggio. A sembrare
felice per lei.
Aveva fatto buon viso a cattivo gioco, quando invece
avrebbe voluto legarla a lui. Per sempre.
Da quando aveva capito di
amarla? Di desiderarla? Da quando? Da quando quello scricciolo di mezza
vampira era diventata una donna ai suoi occhi? Una donna da amare,
desiderare intensamente?
Eppure quella brama era cresciuta in silenzio,
crescendo quietamente. Per poi divampare a sorpresa. Lasciandolo senza
fiato. Inerme di fronte alla portata di quel desiderio.
La notte si
rigirava nel letto e nella donna che aveva a fianco, cercava lei. Sempre e
solo lei. Facendo sesso immaginava Beatrix. Respirando pensava a
lei. Quando andava a lavoro pensava a lei.
Beatrix. Ormai era
diventata un'ossessione.
Forse lo era da tempo. Da quella
notte...
Da quella notte di tanti anni prima quando una bambina l'aveva
morso famelica. Si era nutrita di lui, del suo sangue. Legandoli per
sempre.
Milo si piegò sulle ginocchia, socchiudendo le
palpebre.
Ricordava quella sensazione come un'unione ancora più alta
del sesso.
Un'unione sacra. Un'unione di sangue.
Ricordava il
tocco leggero di lei, che gli si era avvinghiata al collo. Ricordava
l'espressione assetata, l'espressione di chi in punto di morte si affida al
suo salvatore. Beatrix l'aveva fissato. A lungo. Poi lentamente si
era piegata sul suo collo e affondandovi i denti, aveva stretto un
patto.
Per sempre. Era sua per sempre.
E lui? Spesso lo
sognava. Sognava di averla sotto di lui, sognava di perdersi in quel corpo
che gli stava dannando l'anima. Sognava i suoi occhi, la sua
espressione.
Morderla. Marchiarla. Indelebilmente come
sua.
All'improvviso sentì le voci conosciute degli altri. Si
volse stampandosi un sorriso in viso, un sorriso che da tempo si era fatto
vacuo e finto. Tristan e Lucilla erano venuti a prendere Tom. I genitori
di Damon e Cloe erano con loro. Chiacchieravano, attendendo i loro
figli.
Ma per una Diurna non ci sono genitori. E lui lo sapeva
bene.
Ascoltò i loro discorsi solo con un orecchio, continuando a
fissare la porta d'uscita. Voleva rivederla. Doveva rivederla. Era un
bisogno fisico.
Doveva abbracciarla, sentire il suo corpo stretto al
suo. Ma da quanto tempo i suoi abbracci si erano trasformati in
altro? Da quanto tempo?
Non era più una bambina. I tempi in cui
poteva stringerla e non provare altro che affetto erano
finiti. Purtroppo.
Ora era subentrata una bassa brama, simile alla
lussuria. Ma Milo sapeva che non era solo quella.
Poi
eccola. I quattro maghetti apparirono dalle uscite con una fiumana di
persone. Fra i tanti visi, c'era quello pallido, liscio e dannatamente
bello di Beatrix.
La vide immediatamente. E il primo che lei cercò
fu proprio lui.
Gli sorrise. E per un attimo Milo la sentì solo sua
perché presto venne sommersa dagli abbracci di tutti gli altri. Persero
tempo a raccontare cos'avevano fatto, cos'aveva visto.
Milo non ascoltò
una parola. Il tempo era diventato rarefatto. E proprio quel giorno di
agosto, qualcosa scattò nella sua memoria.
Un tempo qualcuno gli aveva
detto una frase che si era piantata come una spina nel suo cuore. Un monito
forse. Una catena per l'inferno.
"Si goda questi anni principe...perché presto
la bambina che ama, diventerà un demone."
Milo lo
scrutò. Un demone. Seguì lentamente i contorni del viso di Beatrix, che
rideva leggera con Damon e Tristan.
Perché ora si stavano
deformando? Con un tremore nell'anima, Milo avvertì il sorriso della sua
protetta diventare un diabolico ghigno.
Ma era solo
un'illusione.
Beatrix alla fine corse da lui e lasciando cadere la
valigia, gli saltò in braccio, ridacchiando. Anche quella risata lo fece
tremare.
- Allora?- rise la Diurna - Non mi saluti? Che hai oggi
Leoninus?-
- Niente.- mormorò, stringendola meglio - Va tutto
bene.-
- Sicuro? Hai una faccia strana. Non sei contento di
vedermi?-
Un demone. Milo la mise lentamente a terra, poi si chinò e
prese la sua valigia.
- Andiamo cucciola. Ti porto a casa.-
-
Come mai così di fretta? Hai del lavoro da fare?-
- Diciamo di si.
Tristan ci vediamo al Ministero.-
Mckay e gli altri salutarono e dopo
altri baci e abbracci di rito, che avrebbero rivisto i maghetti insieme solo
all'ultimo anno a Hogwarts, finalmente uscirono dall'aeroporto.
Beatrix
si schermò il viso, infastidita da quella luce forte di un ultimo fascio di
luce. Il sole era ormai totalmente coperto. Stava per mettersi a
piovere.
- Prendiamo un taxi?-
- Sei stanca per
Smaterializzarti?-
- No. Andiamo a casa mia?-
- Si, così ti
mollo questa valigia. Ma che c'è dentro? Un cadavere?-
- No, quello
l'ho buttato nei bagni dell'aeroporto.- insinuò lei
sarcastica.
Demone. Milo scosse il capo, senza riuscire a togliersi
quella nenia dalla testa. Perché? Perché quel ricordo era tornato a
tormentarlo dopo tanto tempo? Trix non sarebbe mai stata quel tipo di
persona. Quel tipo di Diurna.
Ma allora perché ora ogni parola...ogni
tono... La sua immagine veniva come distorta e deformata da quel monito
infido.
Quando riapparvero, erano a Londra, in periferia. Sotto i
portici di una delle nuove palazzine tutte metallo e vetri, Milo
sospirò. Era riuscito ad arrivarci almeno. Si sentiva le gambe come di
gelatina.
- Ma cos'hai?-
Beatrix si sollevò sulle punte,
toccandogli scherzosamente la fronte.
- A forza di stare coi
sanguecaldo finirai per farti venire la febbre come loro.-
- Non sono
gli Auror a farmi venire la febbre.-
Milo le prese la mano, senza
lasciarla andare. Con il braccio libero le cinse la schiena,
schiacciandosela addosso. La guardò, osservando la sua espressione
stranita. Eppure...non era confusa.
Quel contatto. Naturale.
Quasi sacro. Perché ogni cosa fra loro era sacra. Ogni carezza, ogni
parola.
La pioggia ticchettava sulla pavimentazione della
strada. L'odore di cemento bagnato impregnava tutto, ma non colpiva le
narici dei due Diurni. C'era solo un profumo in quel momento.
Lento,
senza potersi frenare, si piegò su di lei. Che non si mosse.
Non
doveva. Non poteva. Eppure non si sarebbe fermato neanche con una spada
al collo, pronta a tagliargli la testa.
Non poteva
farglielo. Dannazione, non doveva.
Ma Beatrix gl'impedì di
scostarsi. Sapeva che prima o poi sarebbe successo.
Lei non liberò
il polso dalla sua preda ma con la mano sinistra gli sfiorò il
viso.
Milo seppe che era la fine quando il suo naso sfiorò quella di
lei.
E allora si mosse. Come un maledetto animale affamato. Come
un rapace, come un predatore.
Affondò la bocca in quella che tanto
aveva sognato, ogni notte. Bruscamente le lasciò il polso, per incrociarle
un braccio alla vita, l'altro dietro al collo.
E fu
sua. Prigioniera. Ma sua.
Non capì più nulla, perché il sinuoso
corpo di Beatrix schiacciato nel suo gli tolse il senno. Sentiva solo uno
strano calore mai sentito. Che si sprigionava dalla loro epidermide ora
tiepida.
La sentì gemere sofficemente e la sua risposta non fu meno
impetuosa del suo primo bacio. Premette contro le sue labbra, penetrandole
finalmente con la lingua.
Si, era sacra. Un'unione la loro...sacra e
sporca al tempo stesso. Scritta nel sangue. E nell'eternità. Perché
sarebbe stata sua per sempre.
Come ipnotizzato affondò una mano nei
suoi lunghi capelli neri, poi seguendo la linea del collo e della gola coi
polpastrelli. Chiuse a coppa le dita su un seno, capendo finalmente che
l'unico corpo che avrebbe mai potuto venerare era quello che si stava
infiammando per lui, in quel momento. E quella bocca. Si, era l'unica.
L'unica che avrebbe potuto dargli la gioia vera.
Eppure la ragione
tornò troppo presto. Dovette sottrarsi alla presa della brama con violenza,
poi a quella di Beatrix.
Quando si staccò, gli occhi sembravano
bruciargli. No. Non poteva averlo fatto davvero.
La
fissò. Vide la sua espressione sgomenta. Quella della bambina che anni
prima l'aveva morso, assetata di vita.
- Milo...-
Beatrix
allungò una mano ma lui si scostò, con una smorfia. Dio. Cos'aveva
fatto?
- Milo...-
- Dimentica quello che è
successo.-
Com'è facile spezzare una speranza. Basta una parola.
Un fiato. Un tono. Un'espressione.
- E' stato un errore.
Volevo solo togliermi uno sfizio.-
Bastardo. Il demone sei
tu. Eppure non è vero. Demone potrebbe diventarlo lei. Molto
presto.
Perché presto saprà.
Presto sarebbe venuta a sapere
della sua menzogna. Del vincolo. Di un patto che l'aveva legata a lui per
sempre, il secondo stesso in cui aveva bevuto il suo sangue.
L'aveva
baciata e ingannata. L'aveva fatta sua per sempre con un bugia, legandola a
lui per l'eternità. E Beatrix avrebbe avuto la sua vendetta prima o
poi.
Quel demone...sarebbe presto uscito alla luce del sole. E non
ci sarebbe stato scampo per lui. Per la sua vigliaccheria.
La sua
catena per l'inferno si accorciava. Milo lo sentiva nella
pelle. Nell'anima. Si, era condannato. All'odio perpetuo. Perché
non aveva avuto il coraggio di tendere la mano all'amore quando era stato il
momento.
La catena tintinnava. Era sempre più corta. E le fiamme
sempre più vicine.
E ad accorciagli la via, c'era un demone con gli
occhi gialli e la bocca rossa. Un demone che non avrebbe più saputo
amarlo. Né tornare la bambina di un
tempo.
" Si goda questi anni
principe...perché presto la bambina che ama, diventerà un
demone."
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