INAC
Questa OS Brandon pov è altamente spoiler ed è posta, temporalmente,
dopo la long story “You saved me” me e tutte le altre OS. Consiglio di non leggerla se volete
leggere la storia.
A chi voleva Ryan nudo in cucina
Alle belle notizie
Al Bronx, che mi fa sempre sentire
a casa
Alla domanda «Qual
è la cosa che ti piace fare di più al mondo» avrei sicuramente risposto «Guardare Irene e Ryan Junior dormire sullo stesso letto»; perché niente, niente, era più
spettacolare di quella scena. Mi avvicinai lentamente, a piccoli passi; non
volevo svegliarli e volevo vederli il più possibile prima di uscire con i
ragazzi per sistemare i conti. Era passato più di un anno, ma ero dell’idea che
la vendetta fosse un piatto da gustare freddo, per questo diedi un bacio
leggero sul piccolo capo di Ryan Junior, accarezzando poi una guancia di Irene
con l’indice. La vidi arricciare il naso, aprendo lentamente gli occhi per
guardarsi attorno. Quando mi vide, davanti a lei, sorrise, diventando ancora
più bella del solito.
«Rimani a
letto, non volevo svegliarti»
sussurrai, abbassandomi e sfiorando le sue labbra con le mie. Ricambiò il
bacio, intrufolando la sua mano calda tra i miei capelli e attirandomi verso di
lei. Quell’impeto improvviso mi fece vacillare; rischiai di perdere
l’equilibrio e caderle addosso tanto che dovetti puntarmi con le mani sul
materasso, facendo attenzione a non svegliare RJ, poco distante da lei. Sentii
una risata da parte di Irene e non riuscii a trattenermi, facendo nascere sulle
mie labbra un sorriso divertito da quella situazione. «Shhh, non svegliarlo o inizierà a piangere» bisbigliai, spostando la ciocca di capelli
biondi che le ricadeva sulla fronte e si era appoggiata alle sue labbra.
«Devo
fargli fare la poppata, e poi voglio venire in cucina, così posso guardarti
fumare la sigaretta sul balcone».
Si mise a sedere, stiracchiandosi e sistemando la camicia che indossava e che
si era attorcigliata attorno al suo busto ancora un po’ arrotondato dopo la
gravidanza. Sorrisi, dandole un bacio tra i capelli e avviandomi verso la
cucina quando la sentii mormorare qualcosa per svegliare Ryan Junior che iniziò
subito a piangere.
«Andiamo?» domandò Sick, sistemandosi il
cappuccio della felpa sulle spalle. Era impaziente, si vedeva dai movimenti convulsi
che continuava a fare, come se la pistola che sicuramente portava attaccata
alla cintura dei pantaloni, dietro alla schiena, lo infastidisse.
Forse lo faceva davvero, semplicemente perché, per la prima
volta da un anno, avevamo organizzato un agguato perfetto per i Misfitous, per
uccidere quelli che avevano sparato a Ryan ed erano riusciti a scappare. Perché
Mike, Pitt e Dan non potevano continuare a dire in giro che avevano ucciso Ryan
e che con lui, gli Eagles erano morti.
Gli Eagles c’erano, e ci sarebbero sempre stati.
«Fumo una
sigaretta e poi andiamo»
spiegai, aprendo la finestra e appoggiandomi con la vita al balcone, prima di
prendere l’accendino e una sigaretta dalla tasca dei jeans e sorridere a Irene
che entrò in cucina, tenendo Ryan Junior tra le braccia. «Ciao, piccolo». Mi avvicinai a RJ, accarezzando
la sua testolina ricoperta da capelli biondi e sorrisi quando la sua mano si
strinse attorno al mio indice. «Andiamo
a combattere, vieni anche tu?»
domandai, facendo una faccia buffa che lo fece sorridere, rendendolo ancora più
bello.
«No, lui
deve mangiare, non dare pugni».
Irene lo difese, stringendolo al suo petto e baciandogli dolcemente il capo. Si
sedette sulla sedia a dondolo che avevamo in cucina e lentamente, senza
smettere di coccolare Ryan Junior, si slacciò un paio di bottoni della camicia,
scostando la stoffa e avvicinando Ryan al suo seno, perché potesse mangiare.
Sorrisi davanti alla dolcezza di quella scena; vedere Irene che allattava
nostro figlio riusciva a rendermi davvero felice.
«Cazzo,
potresti… coprirti? Ok che stai allattando, ma sono sempre tette. Grandi, per
di più» sbottò Sick, senza
distogliere lo sguardo dal seno scoperto di Irene, mi avvicinai a lui, dandogli
una pacca sulla spalla perché la smettesse di guardare il corpo della mia donna
la sentii trattenere una risata. Sick si voltò con uno sguardo di scuse, ma
tornai a essere rapito dalla piccola manina di Ryan che si strinse alla camicia
di Irene.
«Andiamo» ordinai, aspirando un’ultima
boccata di fumo prima di spegnere la sigaretta. Mi avvicinai a Josh che se ne
stava seduto sul divano a lucidare la pistola e gli diedi una pacca sulla
spalla per riscuoterlo dai suoi pensieri. Si alzò, camminando fino alla porta
d’ingresso, voltandosi subito dopo per aspettare Sick che lo raggiungesse. Mi
avvicinai a Irene e Ryan Junior, abbassandomi per darle un bacio prima di
uscire.
A pochi centimetri dalle sue labbra però, si scostò appena,
costringendomi a fermarmi. «Torna
da noi» sussurrò, senza
mascherare quanto i suoi occhi fossero tristi al pensiero dello scontro che ci
sarebbe stato quella sera. Le stampai un bacio sulla fronte, inspirando il
profumo dei suoi capelli e sfiorando la sua guancia in punta di dita.
«Ovvio che
lo farò». Come poteva anche
solo pensare che avrei potuto abbandonarli? Loro erano la mia famiglia, assieme
a tutti gli altri Eagles. Irene e Ryan Junior però avevano un posto speciale,
perché li amavo come non era mai successo con nessuno. Sarei morto per
proteggerli; avrei dato la mia vita se solo avessi saputo che avrebbero potuto
vivere felici e senza problemi.
«No, torna
intero e… vivo». La sua voce
si inclinò nell’ultima parola e una lacrima scese lungo la sua guancia, finendo
sulla piccola mano di Ryan Junior che smise di mangiare, sollevando il capo,
come se avesse capito qualcosa. Entrambi iniziammo a ridere vedendo il suo
piccolo volto assonnato concentrato su di noi e Irene si dondolò sulla sedia,
calmandolo prima che iniziasse a piangere di nuovo. «Vai»
sussurrò, senza guardarmi, come se dire quelle parole le costasse fatica e
dolore.
«Tornerò,
te lo prometto». Alzai il suo
volto perché potesse guardarmi negli occhi e accorgersi che non stavo mentendo,
che quella era una promessa che volevo mantenere a tutti i costi, perché dovevo
e volevo farlo per loro due. Vidi le sue labbra curvarsi in un sorriso e
azzerai la distanza tra le nostre bocche, regalandole un bacio lento e dolce
che riuscì a farmi rabbrividire. Accarezzai il braccio di Ryan Junior e, dopo
un ultimo, veloce, bacio tra i capelli di Irene, uscii dal 3B, chiudendomi la
porta alle spalle.
Un respiro profondo per concentrarmi e non pensare troppo
alla mia donna e a nostro figlio dietro a quell’uscio mentre qualcuno apriva la
porta di fronte alla nostra.
«Ciao
ragazzi» salutò Lexi,
guardandoci sospettosa. «Dove
state andando? Devo preoccuparmi?».
Si avvicinò a me, sapendo che non sarei stato in grado di mentirle; forse
perché ero a conoscenza che sarebbe corsa da Irene per chiederle cosa avessimo
in programma di fare, quindi non aveva senso raccontare bugie.
«Niente di
particolare, il solito». Feci
spallucce, cercando di imitare Ryan quando le mentiva per non far capire a
nessuno cosa avevamo programmato una determinata sera. Mossa sbagliata. Un
lampo attraversò gli occhi di Lexi, come se avesse visto un fantasma davanti a
lei. Si appoggiò alla porta dietro di lei e cercai di non farle capire quanto
mi dispiacesse vederla così dopo più di un anno. «Hai il turno all’ospedale adesso?». Era davvero troppo tardi per uscire, per lei. Però non le
avevamo mai vietato di farlo; ormai conosceva quasi tutti i segreti degli
Eagles e le avevamo spiegato quali fossero i nostri territori, dove poteva
stare tranquilla.
«No, vado
a prendere una boccata d’aria fuori. Non preoccuparti. Se dopo avete bisogno di
qualcosa bussa, tanto il turno all’ospedale domani ce l’ho al pomeriggio». Cercò di sorridere, evidenziando
le sue guance scavate e i suoi occhi stanchi, poi scese le scale di corsa,
senza salutare nessuno.
Socchiusi gli occhi di nuovo, alzando il capo e sospirando
mentre, con Josh e Sick dietro di me, scendevamo i gradini in silenzio.
«Le hai
parlato?» domandò Josh,
indicando con un gesto del capo il portone che Lexi si era appena chiusa alle
spalle. Aveva aspettato a chiederlo perché lei non potesse sentirci.
«No. Ci ha
provato Irene ma Lexi ha cambiato discorso, devo farlo domani». Abbassai il tono della voce,
controllando che Lexi non fosse vicina a noi, visto che eravamo usciti in
strada. Stava camminando su e giù davanti a quello sgangherato cancello, come
se aspettasse qualcosa. Sarebbe stato tutto normale, se magari avesse avuto una
sigaretta tra le mani; ma no, lei scendeva solo per fare due passi. Cinque
minuti dopo risaliva nel suo appartamento e tornava a fingere sorrisi, credendo
che tutti la immaginassero felice.
«Sta
scomparendo Brandon, guarda quanto è magra. Non dormirà più di quattro ore a
notte, cerca di fare più turni possibile in ospedale e in più ogni settimana va
da lui. Dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo farla uscire da qui» sussurrò Josh, aprendo il portone
del garage perché potessimo prendere le moto. Ne avevamo già parlato, lo
sapevamo tutti quanto Lexi stesse male, ma la mia risposta non cambiava, perché
sapevo che era la cosa migliore da fare.
«Lexi è
forte, ha solo bisogno di tempo. Ha iniziato a capire tante cose e sta cercando
di assimilarle. Non mi piace come sta reagendo, ma so che se provassimo a
parlarle in modo diretto lei si chiuderebbe ancora di più. Abbiamo cercato di
farla uscire con noi, l’abbiamo portata al Phoenix e Peter si è seduto di
fianco a lei. Avete visto come ha reagito quando lui le ha sfiorato la mano. Ha
solo bisogno di tempo. Lo vedete, no? Ogni giorno fa un piccolo passo in
avanti, ma la strada è lunga e noi dobbiamo starle vicini e farle sapere che ci
saremo sempre». Indossai il
casco, pronto a partire e per raggiungere Johnny, Nick, Fish, Doggy e gli altri
che ci aspettavano all’incrocio con Randall Ave per andare tutti assieme a
tendere l’imboscata. Quando passai davanti a Lexi con la moto, suonai il
clacson per salutarla e la vidi sorridere, sventolando la mano prima di
attraversare la strada per tornare dentro casa.
Odiavo vederla così, odiavo vedere quanto la morte di Ryan
l’avesse distrutta facendola cadere in un oblio che l’aveva inghiottita e non
le permetteva di risalire subito, ma solamente a piccoli passi. Lexi era forte,
ma dalla morte di Ryan aveva dovuto capire troppe cose. L’amore che provava per
lui, il suo non esserci più, il suo averla abbandonata e lasciata indifesa;
perché ero sicuro che Lexi inconsciamente si fosse sempre sentita protetta da lui.
Per questo –per lei, Ryan e tutti gli Eagles che erano morti
–quella sera avremmo ucciso Pitt, Dan e Mike; perché non meritavano di vivere,
non dopo aver ucciso Ryan. Con quei pensieri in testa frenai e posteggiai la
moto esattamente dove avevamo prefissato. Se c’era qualcosa che non avevo
adottato da Ryan era il modo in cui lui improvvisava tutto; odiavo –e
gliel’avevo sempre fatto presente –non avere ogni minimo dettaglio sotto
controllo. Odiavo il suo voler improvvisare tutto, sempre, perché sapevo che
l’avrebbe portato a qualcosa di brutto.
«Brandon,
da quello che ho capito arriveranno tra una ventina di minuti, solo loro. I
nuovi hanno la serata libera»
mi informò Sick, accendendosi una sigaretta prima di appoggiare la schiena
contro il muro, dietro di lui. Annuii perché capisse che l’avevo ascoltato e
tornai a guardarmi attorno, per cercare di capire come organizzare il nostro
attacco. Sembrava una cosa semplice; avrebbe addirittura potuto aver esito
positivo se tutto fosse andato come avevamo organizzato. Speravo solo che i
ragazzi –soprattutto i due nuovi –mantenessero la calma in qualsiasi
situazione, esattamente come avevo ordinato.
Qualche minuto dopo sentii il rombo di alcune moto che
rallentavano per fermarsi a qualche metro da noi, dall’altra parte della
strana. Non potevano vederci, visto che eravamo nascosti dietro a un muro, ma
io potevo sentire Pitt ridere perché avevano picchiato una donna che non aveva
dato loro la borsetta. Sentire Pitt narrare quell’episodio mi fece ribollire il
sangue nelle vene –visto che odiavo il loro prendersela con le donne –e, dopo
aver fatto un gesto ai ragazzi perché mi seguissero, feci un paio di passi in
avanti, affinché i Misfitous potessero vedermi.
«Pitt,
Dan, Mike» salutai,
stampandomi un ghigno sul volto che li fece sbiancare. Vidi i loro occhi
percorrere i volti dei ragazzi dietro di me, uno a uno; inorridivano notando la
maggioranza numerica degli Eagles e sorrisi ancora di più, capendo che erano in
trappola.
«Hanno
avuto il coraggio di votarti come O.G., Brandon? Dopo che hai lasciato morire
Cal lì? Hai raccontato loro come sei scappato quando hai visto Ryan cadere a
terra?». Pitt si accese una sigaretta per provocarci.
Sapevamo tutti che quel gesto era tipico di Ryan e il fatto che lui lo
ripetesse davanti a noi era una sfida che avrei accettato volentieri. Ero lì
per accettarla.
«Permettimi
di spiegarti una cosa: non sono scappato, ho solo pensato che fosse la cosa
giusta da fare, perché qualcuno aveva bisogno di parlare. Ma suppongo che
queste cose tu non possa capirle, visto che sei un idiota senza cuore che
combatte senza una causa».
Perché se lui mi offendeva non potevo farlo anche io? Vidi i suoi pugni
serrarsi, pronto per attaccare.
I ragazzi sapevano che Pitt era mio, perché dovevo uccidere
il nuovo O.G. dei Misfitous per lasciarli senza un capo. Sick e Josh sapevano
anche che potevano picchiare allo stremo Mike, ma che sarei stato io a finirlo,
guardandolo negli occhi. Perché io non ero un codardo che sparava alle spalle
della gente, cogliendoli di sorpresa.
Mi avvicinai a Pitt, sorridendo e colpendolo con un pugno
sullo stomaco tanto da farlo piegare in due per il dolore. «Di già? Non combatti nemmeno?» lo derisi, colpendolo di nuovo.
Era la forza che nasceva nel momento in cui l’adrenalina scorreva dentro alle
tue vene, quella che ti rendeva invincibile. Pitt gemette, cadendo
rovinosamente a terra e proteggendosi lo stomaco con le braccia. «In fin dei conti questo nuovo O.G.
non è poi così forte, no? Non che quello vecchio fosse migliore…» spiegai, giocando con il coltello
che tenevo tra le dita. Mi abbassai fino a quando il mio volto fu davanti al
suo, guardandolo dritto negli occhi, godendo nel notare il suo sguardo
terrorizzato e sorpreso, tanto che non riusciva nemmeno a reagire. Mi
dispiaceva, quasi, attaccarlo. Ma ricordai che aveva ucciso Ryan tendendogli
un’imboscata. Certo, non era stato lui a premere il grilletto, ma in ogni caso
aveva contribuito alla sua morte. «Sai
qual è il problema, Pitt? Che nessuno ha mai capito che i buoni possono essere
più stronzi dei cattivi».
Affondai il coltello dritto nel suo stomaco, sentendo subito il suo sangue
caldo scivolare sulla mia mano. «E
un’altra cosa che dovreste tenere presente… è che per me la vendetta è ancora
più bella quando il nemico crede che non succederà più nulla». Per questo avevo atteso un anno
prima di vendicare Ryan, per questo l’effetto a sorpresa ci aveva aiutato. Ero
così impegnato a conficcare sempre di più il coltello contro al suo stomaco che
non mi accorsi nemmeno del pugno di Pitt che colpì il mio labbro e subito dopo
il mio occhi. «Bastardo» sibilai, piantando di nuovo il
coltello e vedendo il suo sguardo diventare vitreo. Non meritava nemmeno di
avere qualcuno accanto, mentre moriva.
Perché le persone miserabili morivano da sole, e lui non
meritava di avermi al suo fianco.
Mi voltai verso i ragazzi e sorrisi strofinandomi l’occhio
destro per togliermi il sangue che gocciolava dentro. Sick e Josh stavano
tenendo Mike fermo, gli altri due ragazzi invece strattonavano Dan per le
braccia perché non scappasse.
«Ho
cambiato idea, se siete d’accordo. Ragazzi, lasciate vivo Dan, così se la
prenderanno con lui perché è scappato e vedremo le sorti dei Misfitous. Josh,
Sick, fate quello che volete con Mike, vi ricordo che ha sparato a Ryan» puntualizzai, dando le spalle ai
ragazzi prima di camminare verso le moto che avevamo nascosto dietro al muretto
tra Oak Point e Casanova Street, verso Barretto Street. Sentii distintamente la
risata di Sick e sorrisi, sicuro che avrebbe saputo che cosa fare. Qualche
minuto dopo udii l’urlo spaventato di Mike interrompersi al rumore di uno sparo
e sospirai, sorridendo. Sick e la sua mania per le armi da fuoco.
Josh, Sick e gli altri ragazzi mi raggiunsero qualche minuto
dopo; regnava uno strano silenzio tra di noi, ma ero sicuro che fosse
semplicemente perché per molti di loro era la prima volta a cui avevano
assistito quello che noi vecchi Eagles eravamo abituati a fare con Ryan.
Salimmo in silenzio sulle moto, correndo lungo Oak Point e costeggiando il St.
Drake Park. Rallentai quando, davanti al cancello sgangherato, riuscii a
scorgere la quercia sotto alla quale c’erano le tombe di Dollar, Aria, JC, gli
Eagles morti ma soprattutto Ryan.
Il mio pugno arrivò al mio petto, battendo due colpi
all’altezza del cuore. Ryan e tutto quello che aveva fatto per gli Eagles non
sarebbe mai stato dimenticato, da nessuno. Volevo che si tramandasse la storia
di Ryan, come avevamo creato la gang, ascoltando le vecchie storie dentro al
cofano di quella Mustang.
Per questo non avevo mai nascosto a Johnny, Nick, Fish e
Doggy che il vero capo era e sarebbe sempre stato Ryan.
Fermammo le moto davanti all’entrata del garage, aspettando
che Fish aprisse il portone per poterle posteggiare dentro e, non appena spensi
il motore, seguii Sick e Josh che si erano già incamminati per entrare al 3B
salutando e ringraziando i ragazzi che se ne tornarono a casa. Pochi di loro
avevano il permesso di dormire al 3B, forse perché era dura per tutti noi, dopo
così tanto tempo, non vedere le solite facce uscire dalle camere.
«Cazzo che
schifo! Di’ alla tua ragazza che lo rivesta! Ryan è nudo in cucina, e che puzza». Sick uscì dall’appartamento con
una mano a tapparsi il naso, scendendo le scale di corsa per uscire. Iniziai a
ridere, varcando la porta di casa e trovando Irene con un sorriso divertito
sulle labbra, mentre puliva Ryan con una salvietta prima di cambiargli il
pannolino.
«Devi
cambiarlo in cucina?»
domandai, guardando Ryan nudo e arricciando il naso per la puzza. Certo, era
mio figlio, ma puzzava comunque. Irene mi riservò uno sguardo arrabbiato,
puntando i suoi occhi sul mio labbro probabilmente ancora sanguinante. «Non preoccuparti, è solo un
piccolo taglietto». Mi avvicinai
a lei sorridendo e feci una smorfia divertita a Ryan Junior che, assonnato,
guardava prima me e poi Irene, cercando di capire che cosa succedesse.
«Va a
farti medicare, subito»
brontolò Irene, giocando un po’ con il piedino di RJ prima di mettergli il
pannolino. Non avevo nemmeno voglia di mettermi a discutere, visto che sapevo
alla fine Irene avrebbe insistito fino a quando non fossi andato da Lexi. Le lasciai
una carezza nei capelli e, con uno sbuffo, attraversai il pianerottolo,
bussando alla porta del 3C e attendendo che Lexi venisse ad aprire. Sapevo che
era sveglia.
«Ciao» salutai sorridendo, quando aprì
la porta scuotendo la testa, dopo aver visto le condizioni del mio volto. Mi fece
accomodare, andando in camera per prendere l’occorrente per medicarmi e mi
sedetti sulla sedia di fianco alla tavola, nella piccola cucina. «Grazie» mormorai, non appena iniziò a versare il disinfettante sul
cotone. Sembrava di poche parole, meno del solito. Quando iniziò a sfregare
delicatamente sul mio labbro per togliere il sangue raffermo, alzai lo sguardo
e mi soffermai a guardare il suo volto. Lentiggini, ecco cosa si riusciva a
scorgere nonostante avesse delle profonde occhiaie che le solcavano il piccolo
viso. «Insomma il tuo compito
è quello di ricucire gli O.G. degli Eagles». Forse avrei dovuto iniziare il discorso in modo più ampio,
ma era difficile per me mentire a Lexi e sapevo che mi avrebbe scoperto. Alle mie
parole sussultò, rabbuiandosi appena. Avevo iniziato il discorso e l’avrei
finito. «Che ne dici di
uscire domani sera? Andiamo a bere una birra con Irene e i ragazzi, non
facciamo tardi». Se avevo
imparato a conoscere quella nuova Lexi, sapevo già che la sua risposta sarebbe
stata negativa.
«Domani
sera è meglio di no» mormorò,
gettando il cotone insanguinato nel cestino davanti a me e applicandomi un
cerotto sulla ferita al labbro. Certo, perché mai avrebbe dovuto uscire?
«Lexi…
devi uscire». Non volevo
arrabbiarmi con lei, sapevo che il suo era un meccanismo di difesa perché non
voleva pensare a Ryan e a quello che era successo, ma in quel modo si
autodistruggeva sempre di più, e non le faceva bene. Non mi rispose nemmeno,
fece solamente spallucce, concentrandosi subito dopo sul taglio sopra al mio
occhio, all’altezza del sopracciglio. «Lexi,
smettila di fingere che vada tutto bene, non stai bene». Alla mia affermazione si fermò, con il cotone a mezz’aria. Riuscii
quasi a vedere il suo sguardo rattristarsi ancora di più –come se fosse
possibile.
«Che cosa
stai dicendo? Sì che sto bene»
rispose in modo meccanico, senza però continuare con il suo lavoro. Era in
piedi, rigida e immobile davanti a me, mentre cercava di controllarsi per non
piangere. Avrei preferito cento volte le sue lacrime, perché almeno ero sicuro
che non si nascondesse dagli altri, che provasse qualcosa di vero senza
vergognarsene.
«Palle» urlai, sbattendo il pugno sopra
al tavolo talmente di sorpresa che Lexi sussultò, indietreggiando di un passo. «Non stai bene, Lexi. Non stai bene
ed è inutile che tu menta, perché ce ne siamo accorti tutti. Da quando è morto
Ryan non sei più la stessa. Anzi, non è nemmeno da quando lui è morto, è da
quanto tu sei tornata qui. Perché a Los Angeles avevo visto vita nei tuoi
occhi, sotto a quella tonaca da laureata. Qui invece sei spenta. Cazzo Lexi,
combatti. Sei una ragazza forte, perché non tiri fuori quella forza? Preferirei
vederti piangere tutti i giorni e consolarti piuttosto di vedere che cammini
come un automa su e giù. Reagisci, Ryan non vorrebbe vederti così». Mi alzai in piedi, lasciando che
la sedia cadesse per terra per il colpo. Lexi non parlò, rimase immobile
davanti a me, stringendo con forza i suoi pugni e mordendosi il labbro per
trattenere le lacrime.
«Cosa vuoi
che ti dica, Brandon? Cosa vuoi sentirti dire? Che mi manca? Sì, d’accordo? Mi manca,
tanto. Mi manca il suo continuo prendermi in giro e il non sentire più il suo
buttare giù la porta per bussare. Mi manca e non voglio dirlo, d’accordo? È così
difficile per te pensare che io non voglia dire a nessuno quello che penso di
uno stupido idiota che è morto davanti ai miei occhi accarezzandomi una
guancia? È così strano per te pensare che mi piacerebbe rivederlo anche solo
per un secondo, solo per sentire la sua voce che mi chiama lentiggini? Perché quando
esco da casa e guardo verso quel cancello sgangherato vedo ancora il suo corpo
disteso lì, Brandon. Perché ogni notte lo sogno e mi rendo conto che
questa cosa non è normale, che è da
malati di mente. Ma ho così tante cose a cui devo pensare che non riesco e non
voglio pensare di dire a qualcuno come sto. Per questo mi sono chiusa in me
stessa, per questo vi evito e non voglio più parlare con voi, perché voi siete
felici e non voglio contagiarvi con il mio umore nero. Perché mi manca, se è
questo che volevi sentirti dire».
Tremava, tremava come se fosse stato pieno inverno, con la neve. Il suo corpo
era scosso da singhiozzi e non riuscii a non avvicinarmi a lei, abbracciandola.
Esattamente come era già successo le mani di Lexi si strinsero contro la mia
felpa, mentre si lasciava andare a un pianto liberatorio che mi fece sentire
sollevato.
Era un inizio.
«Va tutto
bene» mormorai accarezzandole
la schiena in un inutile tentativo di calmarla.
«Mi manca» ripeté, tra un singhiozzo e l’altro.
Ce l’aveva fatta. Era riuscita a liberarsi di quella morsa che in qualche modo
l’aveva stretta, costringendo una parte di lei a essere rinchiusa. Perché se
Ryan l’aveva aiutata a superare le sue paure e a diventare un medico, le aveva
anche insegnato ad amare così profondamente da segnarla. Per questo Lexi non
riusciva a liberarsi di Ryan così facilmente.
«Manca a
tutti. Manca anche a me, sai? Tengo sempre con me una foto di noi due da
piccoli e la riguardo ogni sera, prima di addormentarmi. Ma dobbiamo andare
avanti, perché Ryan avrebbe fatto così, d’accordo?» sussurrai, socchiudendo gli occhi per non far uscire quelle
due lacrime che sentivo pronte a scivolare lungo le mie guance. «E sai cosa? Domani sera esci con
noi, in ricordo dei vecchi tempi. Nessuno ti farà del male, ti proteggerò io, d’accordo?» scherzai, sapendo che era la
verità.
Sentii Lexi ridere, annuendo prima di sciogliere l’abbraccio
per asciugarsi una lacrima.
Lei non l’avrebbe mai saputo, ma era una promessa che
inconsciamente Ryan mi aveva fatto poco dopo aver conosciuto Lexi. Perché mi
aveva detto che dovevo assicurarmi che non le succedesse niente, mi aveva
ordinato di rimanere con lei e vegliarla, e io lo stavo facendo, perché non ero
un codardo e le promesse le mantenevo, soprattutto se a chiederle era stato il
mio migliore amico.
Lo
so, non era così che vi aspettavate la OS di Brandon, non me la aspettavo così
nemmeno io.
Premetto
che Lexi non doveva esserci, poi mentre la scrivevo è comparsa e mi sono
accorta che nell’epilogo di YSM aveva mentito a se stessa fingendo di stare
bene. Sì, Ryan l’ha salvata sotto certi aspetti, ma lui aveva una personalità
così forte che ha scosso Lexi e quindi sta cercando di ritornare alla normalità
piano piano.
Per
quanto riguarda il tempo d’attesa… me ne scuso infinitamente, lo so che avevo
promesso che sarebbe arrivata presto, ma ero bloccata, forse perché in qualche
modo così si chiude definitivamente con il Bronx, non lo so. Al momento metterò
la serie come “conclusa” anche se non escludo (ma non voglio nemmeno illudere)
che ci potranno essere OS future riguardo dei Missing Moment della storia. Non lo
so, tengo tutto in stand-by e per non crear aspettative dichiaro concluso, d’accordo?
In
ogni caso… sto lavorando a una storia idiota idiota idiota come me che si
chiama “Cupid’s
Broken Arrow”. Niente morti, promesso :D
Niente,
ringrazio tutti quelli che hanno vissuto quest’avventura con me, dall’inizio
alla fine, perché è stato qualcosa che mi ha davvero regalato molto e spero di
essere riuscita a suscitare qualcosa anche in voi.
Come
sempre se volete tenervi in contatto con me, per spoiler su storie future (OS
che non esisteranno) e altro… Nerds’ corner è il
mio gruppo. Sapete che accetto tutti.
Grazie
di nuovo.
Rob.
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