NDA: E
niente,
parlando con _Haily_, mi
è venuta
voglia di riprendere in mano questo libro (!) che ho iniziato qualcosa
come
tipo cinque anni fa. :°D
Ho
già qualche capitolo pronto, che
ovviamente sarà da rivisitare perché il mio modo
di scrivere è maturato parecchio
–TIRIAMOCELA– da quando avevo tredici anni.
Come
al solito, le recensioni sono ben
accette! Adoro leggere le vostre opinioni, positive o negative che
siano!
-
HANTIS LILYANDRË
PREFAZIONE
E
di fronte a lui, una vita si spegneva mentre un’altra
cominciava il suo corso.
Aveva
provato di tutto. Aveva usato, scambiato, anni della
sua vita, era
diventato più vecchio. Ma non era servito a niente. Julieth
stava morendo di
fronte a lui, lui, completamente impotente.
Faticava
a respirare, la sua fronte era imperlata di sudore per la fatica del
parto. Con
la poca forza che le era rimasta stringeva al petto la causa della sua
morte, e
la guardava come se fosse la cosa più bella che avesse mai
visto.
«
Devi... », Julieth mormorò con voce flebile,
quella stessa voce che tante volte
aveva cantato per lui, aveva riso con lui, gli aveva dato preziosi
consigli, lo
aveva consolato. Voce che ora era ridotta a niente più che a
un sussurro. La
giovane donna chiuse gli occhi, e deglutì, cercando la forza
per parlare.
«
Devi promettermi che farai in modo che torni da suo padre. So cosa...
cosa
vogliono fare gli Anziani, e non lo posso permettere. Sarebbe... la
rovina del
tuo mondo e... la fine del mio. »
A
quelle parole, lui sbatté le palpebre più volte,
allibito. Come aveva fatto a
scoprirlo? Ma Julieth non era una donna, un’umana
come tante altre, di
questo ormai si era reso conto da troppo tempo. Rimase a riflettere per
un
breve istante, perché ogni istante che avrebbe perso, non
avrebbe potuto
passarlo con quella donna che amava come se fosse sangue del suo sangue.
Cosa
c’era di male nel piano degli Anziani?, si chiese,
incontrando lo sguardo di
Julieth, che andava lentamente spegnendosi. Aveva imparato per
esperienza che
quando quegli occhi dello stesso colore del cielo al crepuscolo
asserivano
qualcosa, questa risultava sempre esatta. Ed in quel momento, anche se
privi
della luce che fino a quel momento li aveva illuminati, brillavano di
una
forza, di una determinazione davanti alla quale non si era mai trovato.
La
determinazione di una madre. Di una regina.
Che
il suo intuito avesse fallito quella volta? Ne dubitava.
«
Promettimi che... farai di tutto per proteggerla... », la
voce di Julieth
risuonò ancora nel silenzio della foresta, sempre
più debole, sempre più
distante.
«
Ti do... la mia parola. », si sentì rispondere,
quasi non riconoscendo il suono
spezzato, incerto, che uscì dalle sue labbra. La guardava, e
si sentiva
impotente. Presto se ne sarebbe andata. E non c’era
più niente che lui potesse
fare per impedirlo.
Con
un gesto impulsivo, qualcosa che non faceva parte di lui, le
afferrò una mano e
la strinse forte, come a volerla trattenere al suo fianco. La giovane
donna
fece un sospiro e lasciò dipingersi sulle sue labbra un
sorriso. Sembrava in
pace, soddisfatta, nonostante quella fosse la sua fine. «
Devo... andare, ora.
Il mio tempo è finito. Tieni... tieni fede alla tua
promessa... »
«
Come... come la vuoi chiamare?», le chiese, lui e ancora
faticò a riconoscere
il tono disperato impresso nella sua voce. Aveva posto quella domanda
nonostante conoscesse già la risposta. L’aveva
saputa nello stesso momento in
cui quella creatura indifesa era venuta al mondo. Julieth
capì che il suo era
solo un vano tentativo di rubare tempo che non gli era concesso, e
sorrise
ancora, guardando con amore sia lui che quella che era la sua unica e
sola
figlia.
«
Lo sai... » sussurrò sfiorandogli una guancia,
talmente delicatamente che quel
tocco gli parve carezzevole e ormai immateriale come l’aria.
« E fai in modo...
che sia per sempre. So... che puoi farlo. È
l’ultimo... è l’ultimo favore che
ti chiedo ».
Un
brivido gli percorse la schiena, a lui che non conosceva né
il freddo né la
paura. Per la prima volta in vita sua, si sentì smarrito.
Piccolo, come
quell’essere fragile e delicato che Julieth gli stava ponendo
gentilmente tra
le braccia. Il calore che emanava quell’esile corpo, era
tipico degli umani.
Qualcosa in grado di scaldare pure il più glaciale e
immortale dei cuori.
Per
l’ultima volta,
alzò gli occhi a incontrare lo sguardo di lei, quasi in una
muta richiesta di
aiuto. La sensazione di smarrimento crebbe dentro di lui come il calore
che
pian piano gli si stava diffondendo all’altezza del petto.
«
Addio... », per l’ultima volta,
la dolce voce di Julieth cantò, per
entrambi, per entrambe le vite che stava lasciando. Poi si
abbandonò contro il
tronco dell’albero, e per l’ultima volta
sorrise, andandosene con
quell’espressione incantevole sul viso.
Non
pianse. Il suo cuore inflessibile, rigido, vecchio come la luna e le
stelle non
sapeva come fare. Rimase a guardare quel corpo vuoto
senz’anima chiedendosi se
tutto quello che gli avevano insegnato gli Anziani fosse vero. Se era
così
allora lei non era morta. Sarebbe continuata a vivere per sempre.
Avrebbe fatto
parte della magia del mondo.
Rimase
immobile finché non trovò la forza di andare
avanti. Non sapeva quanto tempo
fosse passato. La bambina tra le sue braccia, era silenziosa,
probabilmente
dormiva. Fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di guardarla.
Cosa
avrebbe provato?
Lentamente,
abbassò lo sguardo. Con stupore vide che non stava dormendo.
Ma la cosa che più
lo sorprese furono i suoi occhi. Non avendo mai visto un neonato,
né umano né
della propria specie, non poteva sapere che era una cosa straordinaria
che
quella bambina avesse gli occhi color azzurro vivo che brillavano,
mentre lo
guardava, attenta come non avrebbe dovuto esserlo. A meravigliarlo,
perciò, non
fu quello, ma il fatto che quegli occhi del colore del cielo al
crepuscolo
fossero identici a quelli della madre.
Delicatamente
le sfiorò una guancia e l’unico ciuffo di capelli
neri. La bambina sorrise, e
anche lui non poté farne a meno. Dentro di sé
provava una sensazione strana, si
sentiva pieno d’emozione. Un’emozione che
però non aveva mai provato e che
quindi non sapeva decifrare.
«Lilyan…»,
mormorò con dolcezza. Lei in risposta rise ancora,
scatenando in lui
quell’emozione strana.
Una
folata di vento, gli fece ricordare la sua promessa. Si chiese se non
fosse
stata proprio Julieth, che ora faceva parte della magia del mondo sotto
forma
di aria, di acqua, di terra, di fuoco, di stelle, di tutto
ciò che rientrava
sotto il nome di Natura. Ora non voleva più separarsi da
quella bambina con gli
occhi azzurri che lo faceva sentire vivo. Ma le aveva dato la sua
parola.
Sospirò,
pensando a come poteva fare per riportarla da suo padre. Per lui non
era
possibile. Avrebbe incaricato qualcuno di fidato. Sapeva già
a chi dare quel
compito. Ora rimaneva un ultima cosa da fare.
Chiuse
gli occhi e prese un profondo respiro, raccogliendo la sua magia, e,
pronunciando il nome che era nato con lei, la sfiorò dietro
la spalla destra.
Dalle
sue dita si sprigionò una luce violacea.
E fu per
sempre.
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