Shadows’ Premonition
by elyxyz
Edward non comprendeva come fosse
finito in quel luogo e fissava sorpreso il grande portale davanti a sé. Non sapeva
cosa racchiudesse, e forse non voleva neppure scoprirlo. Tuttavia allungò una
mano verso il legno intarsiato, fino quasi a sfiorarlo. In quel momento, avvertì
una nenia lugubre, una voce sepolcrale che sussurrava profetica in un’eco
indistinta…
Incubi.
Siamo ombre che si
annidano negli anfratti dell’inconscio.
Desideri.
Frenesie intrappolate
dalla luce di una candela.
Il fiato sul collo.
Il brivido freddo
lungo la schiena.
Ci puoi sentire ma non ci vedrai.
Siamo ombre.
Ombre dei ricordi.
Dei rancori.
Dei dolori.
L’arcobaleno della tua
disperazione.
I suoi infiniti colori
affogati nel mero della tua quotidianità. Ombre.
Rabbrividì, tappandosi le orecchie, perché questa litania
sembrava graffiargli dentro l’anima, pareva insinuarsi nella sua mente, e gli
provocava una sgradevole sensazione… come se un artiglio invisibile gli
stringesse il cuore in una morsa…
“Non… voglio…” gemette.
E desiderava andarsene, ma non poteva. Rimase lì impalato, perché
le gambe... non riusciva a muoverle, non era in grado fuggire… il suo corpo non rispondeva più ai
suoi comandi… e il lamento cresceva d’intensità, facendo attecchire
interiormente l’angoscia e la paura.
“No!, non voglio!” gridava, “Non
voglio… nooo… NO!”
Il portone stava per aprirsi, lo sentiva scricchiolare sui
pesanti cardini, in un tetro preludio. Aveva la certezza che sarebbe accaduto
qualcosa di terribile…
“NOOOOO!!!”
“Nii-san, calmati!”
Ed si ridestò ansante, tutto sudato
e agitato, e si sollevò dal proprio giaciglio, spaesato. Nella penombra della
stanza, incontrò lo sguardo dolce e preoccupato del fratellino, che lo fissava dal
letto di fianco al suo.
Inspirò lentamente, cercando di regolare il battito
impazzito del suo cuore, posandosi istintivamente la mano destra sul torace.
Solo in quel momento s’accorse della strana sensazione che
gli trasmetteva il braccio.
“Hai fatto un brutto sogno, fratellone?”
Il piccolo Al lo raggiunse, dopo aver accostato gli scuri
per far entrare un po’ di luce nella camera. Un lampo squarciò il cielo. Era
quasi l’alba, registrò la mente di Ed, e fuori pioveva a dirotto. Ma non gli
rispose.
“Edochan… qualcosa che non va?
Posso fare nulla per te?” domandò premuroso, stropicciandosi gli occhietti
assonnati.
Edward scosse la testa, come a
snebbiarsi la mente.
“Non è niente, Al. Torna a dormire…”
Ma non ascoltò il suggerimento. Coprì uno sbadiglio con la
sua manina paffuta e si sedette sul letto del fratello.
“Sicuro che è tutto apposto? Non vuoi parlarne? La mamma…” tentò,
con le migliori intenzioni.
Ma la cosa non andò a buon fine, perché la risposta che ebbe
si concretizzò in un’espressione cupa e ferita, nei due occhi dorati.
“La mamma non è più qui. Ti ho
detto che sto bene. Smettila.” Sbottò, risoluto.
E l’altro abbassò il capo, mortificato, senza tuttavia
accennare ad andarsene da lì.
Edward si sentì in colpa, per
averlo trattato così bruscamente.
In fondo, voleva solo rendersi utile, e lui non doveva
scaricargli addosso il suo malumore.
“Ascolta…” riprese, con tono incerto, “mi spiace, io non…”
Il bambino sorrise, anticipando il suo perdono. Anche lui
stiracchiò le labbra, un po’ colpevole.
“Me lo prenderesti un bicchiere d’acqua?” gli chiese, in un
infantile tentativo di sistemare le cose.
Alphonse annuì, caracollando
spedito verso la cucina. E lui sospirò stancamente, massaggiandosi con la mano sinistra
il braccio dolorante.
Suo fratello ritornò prima di quanto si aspettasse.
“Ecco l’acqua!” e gliela porse.
Non s’era accorto d’avere realmente sete, finché le sue
labbra non erano entrate in contatto con il liquido fresco.
“Ti fa male il braccio?” s’interessò il più piccolo.
“Nh. Sento uno strano formicolio...
forse ho dormito in una posizione scomoda…” ipotizzò, fissando le dita che
impugnavano il bicchiere, come se le risposte fossero lì.
“Mi racconti il tuo sogno?”
“Mh? Quale sogno?” chiese a sua
volta Ed.
“Quello che ti ha spaventato così tanto…”
Egli scosse la testa, abbassando lo sguardo.
“Non me lo ricordo.”
“Proprio niente?” lo incalzò.
“So solo che sentivo freddo, tanto freddo… ed era un posto
molto brutto, Al. Dovunque fosse.”
“E chi hai incontrato?”
“Non lo so.” Ripeté lui, ancora più confuso.
“Era molto buio… c’erano delle ombre... non le vedevo... ma so che c’erano, lo so!”
“E poi?” lo sollecitò.
“E mi parlavano, ma non ricordo… non mi piaceva rimanere lì…”
“Lì, dove?”
“Davanti al portale.”
“Una grande porta?”
“Sì. Un portone.” Annuì. “E so che ero solo… non so dove fossi… ma ero solo, come se ti avessi perso…”
“Io non ti abbandonerò mai, Nii-san.”
Lo tranquillizzò Alphonse, sorridendogli.
“Già.” Ne convenne. “E’ stato solo un incubo.”
“Credi che possa essere un… avvertimento?”
“Una specie di sogno premonitore?” chiarì il maggiore, poco
convinto.
“Sì…” pigolò l’altro, intimidito. Un fulmine cadde poco
lontano dalla casa.
“Che sciocchezza, Al! Noi non crediamo a queste stupide
superstizioni! Stasera io e te compiremo il rituale e riporteremo indietro la
mamma!”
“Stasera?”
“Sì. Avevamo stabilito così! Te lo
sei dimenticato?”
Il più piccolo fissava, titubante, il fratello. “Non l’ho
scordato, ma…”
L’ennesimo tuono fece vibrare i vetri dell’edificio.
Al squittì per lo spavento.
“Non sei più sicuro?” l’interrogò, con una punta di panico
nella voce.
Il bambino strinse gli occhi, come a cacciare i dubbi e i
timori, cercando di farsi forza.
“Io… io desidero… il ritorno della mamma… più di ogni altra
cosa… n-ne sono si-sicuro…” esalò un balbettio, mentre l’ennesima saetta lo faceva
sussultare.
L’espressione di Al lo intenerì.
“Va bene, ho capito. Ma adesso vieni qui,
frignone,” e scostò le coperte per fargli posto “se hai paura dei tuoni, bastava
dirlo!”
“Io non sono un frignone!” si lamentò lui, tuttavia s’infilò
sotto le coltri tiepide dell’altro.
“Sì che lo sei!” lo canzonò, divertito.
“No!”
“Sì-ì.” Ripeté, in questa gara di
cocciutaggine.
“No-o!”
“Sembri Winry, quando vede i
ragni…”
“Non dovevi metterle quel ragno gigante nella camicetta!”
“E lei non doveva farmi notare che è
più alta di me!!”
Uno sguardo malandrino confermava i suoi propositi di
vendetta.
I loro occhi s’incontrarono un istante. E l’allegria si
dissolse. Il battibecco dimenticato.
“Nii-san… credi andrà tutto bene?”
“Ne sono certo, Al. Ne sono certo.”
Alphonse gli si accoccolò contro, in
cerca di calore e protezione. E lui non protestò.
“Ma ora dormi, è ancora presto.”
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
La parte in corsivo, invece, è una mia vecchia poesia… ^___^
Ringraziamenti: Ad
Ale2, Yuki, Setsuka, Mistress Lay, SteelRose
Alchemist, Desy, Arkadio ed
Andrea.
Per le vostre splendide recensioni, che mi hanno scaldato il
cuore. Grazie, davvero.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Chiunque desideri, può contattarmi al mio divano blue navy:
elyxyz@alice.it
Grazie (_ _)
elyxyz