cap 40
Capitolo
40
Pov Alexander
«Dannazione!
Rispondi, razza d’idiota!» impreco con il cellulare in mano, mentre con l’altra
preparo un borsone in fretta e furia.
Ho
sentito prima la discussione avvenuta in camera di Bella. Partiranno fra poco,
meno di un’ora, e per giunta Charlie Swan si trova in un letto d’ospedale per
via di un infarto.
Quando
si dice “colpo di fortuna”.
Sicuramente
Bella e gli altri due si fermeranno per accettarsi delle condizioni dell’uomo,
ed io invece agirò indisturbato.
«Bastardo!»
digrigno i denti, stringendo così forte il telefono che si sbriciola tra le mie
mani.
Non
avrebbe dovuto farlo, non senza prima averne parlato con me.
Non
avrei mai creduto che fosse capace di tradirmi, pugnalarmi così impunemente
alle spalle.
Dopo
tutto quello che abbiamo passato insieme…
Ah, che tu sia maledetto, Nigel!,
penso passandomi una mano tra i capelli e stringendo forte una ciocca.
«Razza
di…».
«Ancora
che imprechi contro il tuo amico?» domanda beffarda una voce alle mie spalle.
Il
resto del telefonino si schianta a pochi centimetri dal volto dell’intruso.
Non
sa che è pericoloso arrivare alle spalle di un licantropo?
La
lezione di prima non gli è bastata?
Gabriel
continua a tenere quel sorrisetto, indifferente ai resti del telefono che si
trovano ai suoi piedi. Incrocia le braccia al petto, in attesa.
E
adesso? Che diavolo vuole?
«Alza
i tacchi e vattene».
«Spiacente»
solleva un piede «non porto i tacchi».
«Sparisci!»
ruggisco.
Si
beffa di me? Non ha ancora capito con chi ha a che fare.
Scuote
il capo, dirigendosi sulla poltrona più vicina e sedendovisi.
«Il
capo» spiega, marcando appositamente
la parola “capo” «mi ha incaricato di tenerti d’occhio».
Sbuffo.
«Non mi serve un babysitter con i canini».
Ritorno
al mio borsone. Non avrebbe potuto fermarmi neanche se si fosse impegnato sul
serio.
«Non
sono qui per mettere un freno ai tuoi movimenti» specifica tranquillo.
Incrocio
il suo sguardo, bloccandomi. «Allora che ci fai qui, esattamente?»
Sorride,
scrollando le spalle. «Eseguo gli ordini di William, il resto non deve
riguardarti».
Con
un movimento repentino, lo raggiungo afferrandolo per il colletto.
«Nessuno
– e sottolineo “nessuno” – deve azzardarsi a parlarmi in questo modo.
Soprattutto un pivellino di basso rango come te. Ho molti più secoli di te e…».
Un
fischio acuto irrompe nella mia mente, destabilizzandomi.
«Ahhh!»
urlo in preda al dolore.
Qualunque
cosa sia, è a livello mentale ed io non posso contrastarlo con il mio scudo
fisico.
Cado
in ginocchio reggendomi la testa con le mani.
«Fa
male, vero?» domanda con scherno Gabriel.
La
sua voce, tuttavia, mi giunge ovattata.
Sempre
più lontana.
«Credi
davvero che William avesse scelto me come tuo babysitter se non fossi stato in
grado di mandarti a cuccia quando lo avrei ritenuto opportuno?».
Annaspo
in cerca d’aria. L’ossigeno sembra essere svanito dalla stanza.
«Se
vuoi andare a Forks, libero di muoverti, non mi metterò in mezzo. Ma bada bene:
io verrò con te, e se dovessi attaccare Nigel o qualche altro “essere” lì, sarò
costretto a usare nuovamente questo trucchetto. E ti assicuro che quello che ti
sto facendo adesso, è nulla in rapporto a ciò che posso ancora farti».
Un
attimo dopo le sue parole, il dolore martellante svanisce e ricomincio a
respirare. Una mano pallida agguanta una ciocca di capelli, issandomi su.
Mi
fissa serio. «Se hai inteso, annuisci».
Col
cazzo, penso incenerendolo con lo sguardo.
Un’altra
fitta lancinante mi fa tremare.
«Allora?»
Sconfitto
e a pezzi, annuisco.
Soddisfatto,
Gabriel molla la presa. «Finalmente riusciamo a capirci. Non trovi?».
«Staremo
a vedere, stronzo» sibilo.
Lui
sorride, mostrando un accenno dei canini acuminati. «Sono certo che andremo
d’accordo. Forse però, dovremmo lavorare un po’ sul tuo caratterino».
***
Pov
Sebastian
«Con
Crystal saremmo già arrivati da un pezzo» sbuffo scocciato.
Detesto
viaggiare per tanto tempo. Essere a stretto contatto con gli umani in un posto
piccolo come l’aereo, richiede una pazienza infinita di cui non sono provvisto.
E ancora non vi eravamo saliti.
«Ma
Crystal non era disponibile, Seb» replica Seth.
Anche
lui è visibilmente stanco, ma tiene duro.
Bella
invece…
È
assente. E non parlo di un’assenza da adolescenti con la testa sulle nuvole.
Assente
nel senso letterale del termine.
Solo
il suo corpo si muove, passa il check-in, afferra il piccolo zaino, sale in macchina.
Insomma,
forse neanche si rende conto di dove si trovi, e la cosa non mi rassicura.
Seth
si è messo al volante, mentre io e Bella sediamo dietro, direzione aeroporto.
Lei
è intenta a osservare il paesaggio.
Le
afferro una mano. «Bella…».
«Ti
prego…» mi supplica, guardandomi triste e ritirando la mano.
«Mi
dispiace di non aver captato qualcosa dalla mente di Renesmee. Se fossi stato
più attento, avrei scoperto prima delle condizioni di Charlie».
«Lascia
stare, Bastian. Non si può cambiare il passato, per quanto doloroso sia il
presente» sussurra.
«Hai
ragione» replico, poi mi volto verso il finestrino come lei. «Muoviti, Seth. Non
abbiamo tempo da perdere».
Come
risposta avvertii la velocità dell’auto aumentare e nella macchina scese il
silenzio.
Pov
Nigel
«Non
può essere…» continua a ripetere senza sosta la ragazza-lupo.
In
un altro momento avrei sbuffato annoiato di spiegare tutte queste cose, ma con
lei tutto sembra diverso.
Come
se parlargliene sia una sorta di dovere.
Ma
che dico!, risi mentalmente. Dovere nei suoi confronti?
Tuttavia
è così.
«Perché
no? Esistono i vampiri, esistete voi Quileute ed esistono i veri licantropi»
scrollo le spalle «perché ti sembra così impossibile una cosa così vicina alla
realtà?».
Continua
a scuotere la testa. «Non esiste ancora il sangue clonato. È impossibile! Mi stai
prendendo in giro».
Sbuffo
esasperato. «Che tu ci creda o no, è così. I nostri occhi non possono mentire
sulla dieta che seguiamo. Perciò non c’è scelta: o beviamo sangue animale o
quello umano. In entrambi i casi, sai come diventano i miei occhi. Pertanto non
ti consiglio di escludere a priori qualcosa che ancora gli esseri umani non
sono riusciti a ricreare in laboratorio».
Mi
fissa per qualche secondo prima di pormi l’ultima domanda che mi sarei
aspettato da lei: «vieni dal futuro, per caso?».
Scoppio
a ridere. Io dal futuro?
Semmai
dal passato! Un passato molto remoto.
«Ridi
di me?» ringhia indispettita.
Sollevo
una mano. «Non posso non ridere per quest’assurdità. Comunque no, non vengo dal
futuro. Ma non t’illudere: Carlisle è un bambino-vampiro in confronto a me».
«Capisco»
si limita a rispondere.
Restiamo
in silenzio per un po’ di tempo, fuori il sole comincia a tramontare. Mi alzo
in piedi, battendo una mano sul soprabito.
«Dove
vai?» chiede la ragazza.
«A
sistemare qualcosa che ho cambiato» rispondo.
«E
sarebbe?» domanda ancora, aggrottando le sopracciglia.
Guardo
l’orologio. «Dì un po’, ma tu fai sempre domande?»
«Solo
quando un succhiasangue mi rapisce e poi mi racconta mezze verità».
Mi
blocco sull’entrata della grotta. «Cosa?»
«Vuoi
forse dirmi che non è vero?»
È
molto sveglia, ma d’altronde le mie risposte sono troppo vaghe per non destare
sospetti su quello che realmente c’è dietro.
Sospiro,
tornando indietro e piegandomi fino a essere viso contro viso. Lei tenta di
indietreggiare per evitare la mia vicinanza, ma il muro dietro le sue spalle
glielo impedisce, per non parlare della sostanza paralizzante che le ho
iniettato prima.
Una
strana morsa allo stomaco mi colpisce appena il mio sguardo si posa sulle sue
labbra.
Sembrano
morbide, color bordò per via della pelle scura.
E
se provassi a baciarla?
«Certe
verità sono scomode anche per me, credimi. Vorrei non sapere tutto ciò che so»
sussurro.
«Allontanati!»
sibila, in preda alle convulsioni.
In
un altro momento i suoi vestiti sarebbero esplosi e al posto di una donna
rannicchiata contro il muro ci sarebbe un lupo dalle zanne simili a coltelli
affilati.
«Perché?
Non dirmi che puzzo di dolciastro…» la punzecchio.
«No,
non puzzi. E questo m’irrita parecchio».
Sorrido
spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima che lei possa
impedirmelo. «Vorresti odiarmi».
«Ti
sbagli. Ti odio già» dichiara scocciata.
Agito
un dito davanti a lei. «Stavolta stai mentendo. Ed io non sopporto chi mente».
«Sai
quanto me ne frega di non piacerti? Anzi, non mi sforzo per niente di essere
antipatica né di odiarti. Mi viene naturale quando incontro uno della vostra
specie» ribatte ghignando.
Non
si direbbe. Non sarebbe stata disposta a scambiare neanche una singola parola
con il sottoscritto se non fosse interessata a ciò che avevo da dire.
«A
volte bisogna accettare dei compromessi per andare avanti nella vita. E tu ne
hai appena accettato uno scambiando qualche parola con me».
Ride
con sarcasmo. «M’interessano solo le informazioni che puoi fornirmi, nient’altro».
Mi
avvicino ancor di più, sfiorando con le labbra la vena che ha sul collo.
«Sicura?» soffio.
«Che
diavolo fai?» grida, dimenandosi.
Inspiro
profondamente e m’irrigidisco per un secondo.
Un
sottile odore speziato mi giunge alle narici. Eccitazione.
La
sua.
«Abbatto
uno dei tuoi più grandi pregiudizi sulla mia specie» le rispondo, prima di poggiare
la mia bocca sulla sua, gli occhi ancora incatenati l’uno all’altro.
Dapprima
è solo uno sfioramento di labbra, poi, sentendo che lei non risponde al mio bacio,
cerco di ritrarmi.
Tuttavia
è solo questione di un attimo. Chiude gli occhi e, titubante, comincia a
muovere le sue labbra sulle mie e una scarica di adrenalina mi colpisce da capo
a piedi.
Poggio
una mano sulla sua guancia, accarezzandola con il pollice.
Mi
ritraggo quel poco per mormorarle: «ci sono riuscito?».
La
sento sorridere sulle mie labbra, prima che un basso ringhio le fuoriesce dalla
gola, spezzando ogni parola. «No, non ci sei riuscito e mai ci riuscirai!».
Non
ho neanche il tempo di riprendermi dallo shock che una fila di artigli mi
squarcia il petto e brandelli del mio abito svolazzano insieme ai restanti
della ragazza.
Adesso
un lupo dal pelo argenteo mi fissa con occhi rabbiosi.
«Ci
risiamo» sospiro, preparandomi ad affrontarla.
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