Titolo: Appesa a un filo
Fandom: Doctor Who
Personaggi: Rose Tyler, Tenth Doctor
Rating: G
Genere: sentimentale
Conteggio parole: 493
Avvertimenti: one-shot, Pete’s world,
post 2x13 “Doomsday”, pre 4x12 “The
Stolen Earth”
Riassunto: Rose stava per chiudere la
telefonata quando una voce la fece scattare all’ascolto.
“Rose? Rose, sei tu?”
“Dottore?”
Note: scritta per la Big Damn Table con il prompt 2.
Intermezzo, partecipa alla prima missione del COW-T
@maridichallenge, per i Blood Devils.
Disclaimer: La storia è basata su fatti
e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i
diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo
per mio puro diletto.
Appesa a un filo
“Mamma, faccio tardi questa sera. Non aspettarmi per
cena.” Disse Rose per l’ennesima volta da quando
erano arrivati in quell’universo.
Jackie sospirò rassegnata e rimase zitta all’altro
capo del telefono, nonostante le sue labbra prudessero dalla voglia di
fare un’altra ramanzina alla figlia.
“Ti prometto che domani mi libero prima,” aggiunse
Rose in quella che ormai era diventata la battuta classica del suo
copione.
Jackie sorrise come solo una madre può fare quando si trova
a scontrarsi con una forza più grande di lei. E, nel suo
caso, quella forza era un dannato cannone dimensionale. Maledetto il
Dottore e maledetto quel mondo.
“Non ti preoccupare tesoro. Ma, mi raccomando, mangia un
boccone. Me lo devi promettere.”
Rose sorrise dall’altro capo del telefono e annuì
con il capo.
“Va bene, mamma. Ogni tuo desiderio è un
ordine.” Scherzò la ragazza, salutandola con un
bonario gesto militare.
“Ah. E Rose!” la richiamò Jackie, prima
che la ragazza potesse riattaccare.
“Sì, dimmi.”
“Volevo ricordar-”
“Mamma? Mamma? Ci sei?”
“Asprl-”
“Mamma? La linea è disturbata, non ti sento
bene!” urlò la ragazza nella cornetta.
Sospirò rassegnata: sua madre e la tecnologia vivevano in
mondi completamenti diversi. Con tutta probabilità sarebbe
tornata quella sera e l’avrebbe trovata ancora ancorata al
telefono, nel tentativo di capire come mai non funzionasse bene.
La ragazza stava per chiudere la telefonata quando una voce la fece
scattare all’ascolto.
“Rose? Rose, sei tu?”
La ragazza deglutì sbigottita, riportando la cornetta
all’orecchio, mentre sentiva il proprio cuore battere
all’impazzata.
“Dottore?” domandò con un filo di voce,
torcendo il cavo del telefono dal nervosismo.
“Oddio, Rose. Sei tu. Mi era sembrata la tua voce.”
Rispose l’uomo dall’altra parte del filo,
trattenendo a stento la commozione.
“Ma, Dottore. Come…”
“Come è possibile, dici? Io sto viaggiando vicino
alle Cascate Medusa, c’è un bel po’ di
energia Uan sparsa, così il TARDIS può ricaricare
i motori. Se da te c’è stato qualche fenomeno
straordinario, come non so: un’eclissi, una tempesta
solare…”
“Qui c’è stato un allineamento di
pianeti.” Lo informò Rose, recuperando dal mucchio
di scartoffie sparse sulla scrivania il giornale su cui la notizia
capeggiava a caratteri cubitali.
Era l’avvenimento del millennio e sarebbero passati molti
secoli prima che una tale combinazione potesse verificarsi di nuovo.
“Oh, bene. Credo che si possa spiegare il tutto.”
“Dottore, quanto tempo abbiamo?” chiese Rose con
urgenza nella voce. Non voleva che il loro tempo finisse di nuovo,
bruscamente, come era successo su quella maledetta spiaggia.
“Solo pochi minuti, credo.”
“Dottore, io ti amo.”
“Rose, lo so.” Replicò il Signore del
Tempo con voce dolce.
“E sappi che farò di tutto per tornare da te. Non
ti abbandonerò, mai. Te l’ho promesso.”
“Ros-”
“Dottore!” urlò la ragazza arpionando
con forza la cornetta, nel tentativo di mantenere aperta la
connessione.
“Dottore!” gridò di nuovo, ma ormai
inutilmente.
La linea era caduta e del Dottore non rimaneva altro che il gracchiare
fastidioso della linea disturbata.
Rose riagganciò il telefono, ma nel suo cuore era nata una
nuova speranza.
Tornerò da te. Te lo prometto.
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