e otto. Di già?
Accidenti, eppure gli sembrava di essere andato a dormire nemmeno mezz’ora
prima. A dire il vero, effettivamente era
andato a letto mezz’ora prima: la gamba non gli aveva dato pace per tutta la
notte. “Sarà il cambio della stagione” pensava alzandosi faticosamente dal
letto.
Gregory
House si guardò allo specchio, convincendosi del fatto
che era troppo sexy la mattina con
che quella faccia da cucciolo assonnato: nemmeno la Cuddy
avrebbe resistito. Gia, la Cuddy… giusto il giorno prima lo aveva
condannato a farsi tre ore in più di ambulatorio.
Strega! Solo perché aveva tolto di nascosto il respiratore ad
un paziente: sapeva benissimo che stava fingendo tutto, quell’idiota.
Comoda la vita in ospedale… vitto, alloggio…. Sicuramente meglio che per la
strada. Ma lei :“E’ eticamente scorretto… bla bla
bla… ambulatorio!” E oggi tre ore in più di
vecchietti ipocondriaci. Che palle.
Forse era l’ora
di radersi, la barba ormai imperversava. Dopo una breve riflessione,
decise che non ne aveva voglia, con ne aveva da ormai…
sei mesi? Sette? Aveva perso il conto. “Macchisenefrega…
tanto io sono bello lo stesso” si diceva, infilandosi le scarpe.
Qualcuno suonò al campanello.
House sapeva bene chi fosse, ma in ogni caso gracchiò:
“Chi è?”
“ Sono Pomelova,
ieri sera hai dimenticato di pagarmi….” rispose una voce in falsetto.
“Wilson, è aperto”
“Ah, accidenti, devo migliorare
l’accento russo.”
Wilson entrò nell’appartamento,
quasi inciampando nei libri, nei vestiti, e in tutto ciò che era sparso sul
pavimento.
“Lo sai che per pochi dollari all’ora, oggigiorno, potresti assumere una domestica?”
ironizzò l’oncologo.
“E lo sai che per meno dollari all’ora oggigiorno me
la porto a letto, la domestica?” rispose House, sbucando fuori da camera
sua aiutato dal bastone. Wilson alzò gli occhi al cielo.
“Dai, Greg,
andiamo, è tardi… poi la Cuddy ci impicca.”
“Eccomi, eccomi… Jimmy Jimmy Jimmy, hai paura della Strega Cattiva? Non temere,
ci sono io a salvarti dalle sue grinfie…”
“Ma a quanto
pare non sei riuscito a salvarti tu… tre ore extra di raffreddori, eh?”
rise James, salendo in macchina.
“ Sei uno stronzo.
Ironizzi sulle disgrazie altrui. Pensa all’infermiera del
secondo piano, tu” rispose il diagnosta.
“Bastardo….” Mormorò Wilson, e mise
in moto.
Fuori nevicava. House vedeva Princeton scorrere bianca accanto a se. E
pensava che la gamba gli faceva un male cane. Mandò
giù un paio di Vicodin.
“Quante ne prendi al giorno, ora?” lo interrogò l’amico.
“Quante ne voglio.
Pensa a guidare, tu.”
*
Arrivarono al
Princeton Plainsboro Teaching
Hospital pochi minuti dopo. House tentò subito di
rifugiarsi nel suo ufficio, ma la voce di Wilson lo riportò alla realtà:
“Ambulatorio, Greg.
Ci vediamo fra tre ore!” e sparì nei corridoi
dell’ospedale.
“Dite alla strega che sono
arrivato” sentenziò acido House, prendendo le cartelle
sul bancone dell’accettazione.
”Se è alla dottoressa Cuddy che allude, House, non è
ancora arrivata. Glielo dirò appena è qui” rispose
secca l’infermiera.
“Lisa Cuddy?
In RITARDO?” House fissò l’infermiera dritto negli
occhi. “Ma è della stessa Lisa Cuddy
che stiamo parlando? Quella che si diverte a rendermi la vita un inferno? E che si diverte a collezionare camicie con scolli provocanti?”
“Proprio lei. E ora vada, ha un
paziente nella sala visita 3.”
*
“Dunque dunque dunque…
George Wiscow, 55 anni… mal
di gola e tosse frequente. Dolori al
torace e bla… bla…. Bla….ok. Beh, è presto detto, fumi meno sigarette e stia coperto. Il prossimo”
“No dottore, io non fumo” precisò
timido il vecchio.
“Ah, ok… allora stia coperto e basta. Ho detto IL
PROSSIMO.”
Visto che non arrivava nessuno,
House ne approfittò per fare una scappata fuori. Si
guardò intorno come un carcerato in procinto di evadere, e non appena
l’infermiera dell’accettazione si fu girata, si dileguò mescolandosi alla folla
di entusiasti studenti universitari in visita
all’ospedale.
Si mise a passeggiare. Bene,
nessuno dei suoi era in vista… un po’ di pace. I corridoi dell’ospedale
brulicavano di medici, pazienti, parenti… tutto come al
solito.
“House!”
Oh, no.
Non ora.
“House! Ti stavamo cercando… Foreman dice che hai dimenticato
di scrivere delle cose fondamentali in una cartella.”
House
non si girò, ma riconobbe la voce di Chase.
“E dove
sarebbe la novità? In ogni caso niente di ciò che può essere scritto in una cartella è fondamentale.
A meno che tu per fondamentale
non intenda l’indirizzo o il codice di avviamento postale” rispose annoiato
House, senza nemmeno degnare Chase di uno sguardo.
Continuava a camminare, lento ma inesorabile.
“Dice
che non hai menzionato la nuova medicina che gli abbiamo dato per le
convulsioni” insistette il dott. Chase, irritato.
“Ah si…” ridacchiò House
“probabilmente non l’ho fatto perché… beh sai, perché quel medicinale non è proprio… legale al cento per cento. Diciamo così”.
“Cioè
vorresti dirmi” Chase si fermò di colpo, puntando
House con il dito “Vorresti dirmi che TU ci hai fatto iniettare ad un paziente
con le convulsioni un farmaco… ILLEGALE?”
“No, non illegale, sperimentale. La licenza dovrebbero dargliela fra un mesetto… ho solo anticipato le
cose…” House continuava a camminare.
Chase
rimase in mezzo al corridoio, con le braccia penzoloni lungo
i fianchi, senza parole.
“In ogni caso poi a Foreman glielo spieghi tu, eh!” gli gridò dalla fine del
corridoio il giovane medico. Quell’uomo era proprio un pazzo scatenato, pensava, tornandosene in
ufficio.
House si
sedette in una sala d’aspetto. Camminando, era finito davanti al Pronto
Soccorso: magari gli sarebbe arrivato qualche caso interessante. Tutto per ora
era tranquillo, però. Che noia.
Una vecchia signora
sull’ottantina gli si presentò davanti, probabilmente scambiandolo per un
paziente, vista la sua abitudine di non mettere mai il camice.
“Scusi sa… avrei
un appuntamento in ambulatorio con il dott. House… sa mica dirmi dov’è?”
gracchiò
la vecchia, disorientata.
“In fondo al corridoio” borbottò House senza alzare lo sguardo.
“Senta ma…”
insisteva la vecchia…. “Lei lo conosce?…. È bravo? Perché io..
ho molta paura dei dottori…”
House alzò
gli occhi. Forse era il caso di sfruttare quella vecchia ciabatta a suo
vantaggio.
“House? Sono
stato suo paziente per molti anni…da una
vita, direi… è insopportabile. Borioso, arrogante… e molto poco delicato…” disse “ma forse è stata solo una mia
impressione.”
“Da…davvero?” mormorò la vecchia
terrorizzata “e… non si può avere…”
“Un altro medico? Glielo
consiglio caldamente. Chieda del Dottor Foreman.
Molto bravo. Si fidi”
“Oh… allora andrò da lui… grazie mille signor… signor…”
“Signor Smith”
sparò lui.
“Oh… signor Smith
… grazie, grazie infinte!” gracidò riconoscente la ciabatta, prima di
allontanarsi.
Complimentandosi con se stesso
per la sua genialità, House si alzò, deciso a tornare
nel suo ufficio. Tanto non stava succedendo niente.
Non aveva nemmeno finito di
pensarlo, che all’improvviso sentì forte e chiaro la
sirena dell’ambulanza che si avvicinava. Si appoggiò al banco
dell’accettazione, fingendo di compilare una cartella. In verità, voleva
sentire se era qualcosa di interessante.
La porta si spalancò, ed
entrarono correndo tre paramedici trasportando una barella.
“Donna, 38 anni. Incidente
d’auto, trauma cranico. ” dissero al medico di guardia, correndo verso la sala
operatoria.
“E’ cosciente? Risponde alle
domande?”
“No dottore, non è cosciente.
Probabilmente ha un ematoma celebrale. Non presenta
emorragie esterne, ma peggiora ogni secondo che passa. Codice rosso, le
condizioni sono critiche, se non la operiamo subito
rischia di non farcela.”
Il dottore iniziò a seguirli
correndo verso la sala.“Nome?”
“Cuddy,
Lisa. ”