Si
sveglia nel cuore della notte con un senso di insoddisfazione non
molto chiara.
Confuso
dallo strano orario in cui è stato richiamato alla coscienza
dalle esigenze del proprio corpo, si tira su e lancia un'occhiata
alla forma del norvegese, profondamente addormentato accanto a lui.
Sorride
appena allungando la mano per toccarlo, ma poi la ritrae,
ripensandoci. Non vuole correre il rischio di svegliarlo, anche se è
famoso per il sonno pesante e la quasi totale incapacità di
tornare in fretta al mondo, il mattino, specialmente senza litri di
caffè collocati in sequenza nella sua mano protesa alla cieca.
Indirizza
il braccio più in basso per sistemargli la coperta sulle
spalle e si decide con riluttanza ad interrompere quel contatto
visivo fatto di sagome, perlopiù, sia per l'oscurità
che per la sua mancanza di occhiali sopra il naso.
È
stupido cercarlo anche al buio, ma è più forte di lui.
Ha bisogno di sapere di averlo vicino, soprattutto quando si sveglia
e deve ricordarsi di essere l'uomo più fortunato e felice del
mondo.
Si
dirige in cucina, camminando piano e cercando di non far
scricchiolare le ossa delle gambe. Non crede che un rumore secco ed
improvviso rischi di disturbare Lukas, ma non è mai troppo
cauto quando si tratta di lui. Desidera proteggerlo da ogni minima
cosa, come quando, sulla porta pronti per uscire, si trattiene ancora
per avvolgerlo nella sciarpa coprendogli il naso.
Riceve
sempre occhiate penetranti e al tempo stesso indulgenti, quando si
comporta così, per cui è lecito dedurre che in fondo le
sue attenzioni non gli dispiacciano.
Si
ritrova di nuovo un piccolo sorriso stampato in faccia, ma scompare
di botto quando è fermo come un baccalà imbalsamato
davanti al frigorifero che emette un lieve ronzio nella cucina
silenziosa. La luce al neon diventa lentamente più forte e lui
apre l'anta, scrutando ogni ripiano e chiedendosi con la mente ancora
un po' intorpidita che cosa debba fare, esattamente, lì.
Aveva
sete o fame? E se aveva fame, di cosa? Perché si è
svegliato?
Rimane
alcuni secondi impassibile, poi mezzo minuto, poi i sessanta secondi
compiono un ciclo completo e sente il petto rinfrescarsi attraverso
il cotone della maglietta a mezze maniche.
Rabbrividisce
e si avvicina con il busto, fissando trucemente un sandwich al tonno
avvolto nella plastica trasparente. Lo stomaco sembra approvare, ma
proprio mentre si infila ancora di più con la testa dentro al
frigorifero, due caldissime braccia rigide gli si stringono attorno
al torace, chiudendolo in una morsa.
«Torna
a letto.»
È
un ordine espresso in tono così assonnato ed al limite del
comprensibile che non può non guardare quelle mani appese al
suo pigiama e sorridere loro con tutta la sorpresa del momento.
Chiude
lo sportello del frigo e cerca di voltarsi, ma le braccia lo
trattengono.
«A
letto», ribadisce perentorio il norvegese, premendo con la
fronte al centro della sua schiena.
«Ti
ho svegliato?», sussurra. Gli sfiora il dorso di una mano ed
appoggia la tempia, a sua volta, contro l'anta bianca e fresca che ha
appena richiuso. Lukas annuisce e lo tira un po' con le dita,
cercando di scavarsi una tana con la testa.
«Ho
cercato di fare piano. Scusa.»
Riesce
a vincere la sua forza e a ruotare in quell'abbraccio improvviso,
prende il suo volto tra le mani ed emette uno sbuffo divertito quando
si ritrova davanti due occhi ostinatamente serrati.
«Il
mio sonnambulo», osserva con voce profonda.
La
bocca di Norvegia si piega all'ingiù, poi torna in una linea
dritta e neutra. La pelle della fronte si increspa, segno di fastidio
per la luce quasi violenta del neon che gli aggredisce le palpebre
abbassate.
«Andiamo»,
sussurra Svezia vedendolo così e si china sfiorandogli il naso
con le labbra.
«È
colpa tua», biascica l'altro, buttando un po' indietro la testa
ed aprendo improvvisamente gli occhi. Due iridi di un viola liquido
attorno ad immense pupille dilatate lo intrappolano in un momento.
«Se non sei nel letto mi sveglio.»
Il
cuore dello svedese perde qualche colpo, a quella dolce dichiarazione
brontolata. Cerca di farsi venire in mente qualcosa da ribattere,
qualcosa che non lo faccia irritare e non lo faccia svegliare più
di quanto non sia (lo è davvero? Sembra sul serio un
sonnambulo), ma gli occhi di Lukas si serrano nuovamente e subito gli
sigilla le labbra con un bacio che lo preme contro il frigorifero. Si
ritrova le sue mani addosso e in un momento non ha più i
pantaloni sui fianchi.
Resta
bloccato così, chiedendosi come faccia ad essere tanto forte e
deciso, in quello stato, come faccia a spogliarlo con tutta quella
sicurezza, nel cuore della notte e sotto quella luce spietata. Si
sente andare immediatamente a fuoco, pensandoci, e vorrebbe allungare
una mano per spegnere tutto, ma la passione brucia più veloce
dell'imbarazzo. Ricambia il bacio di Lukas, cercando di stringerlo e
trovandosi con le sue mani sui polsi, per poi impegnarle a sfilargli
anche la parte superiore del pigiama.
Norvegia
interrompe il loro contatto di labbra il tempo necessario a fargliela
passare sopra la testa, prima di tornare ad aggredirlo senza una
parola. Scende a mordergli il collo, sensuale, possessivo come sempre
e dannatamente presente con ogni centimetro del corpo. Lo svedese non
può fare altro che lasciarsi bloccare ancora ed emettere un
sospiro profondo, aprendo gli occhi ed osservando i bei capelli
biondi un po' in disordine.
Le
sue mani improvvisamente sono ovunque, ad accarezzarlo, a
risvegliarlo dove è bastato un niente per essere pronto per
lui, sempre e soltanto per lui e per l'amore che prova da secoli,
immutato in fondo al cuore, nonostante fatti che li hanno anche
portati a scontrarsi.
«Più
forte», biascica, sollevando il mento e premendo la nuca contro
lo sportello del frigorifero.
L'amore
che prova è più forte, ma detto così
sembra...
Una
nuova vampata lo avvolge, partendo dal collo ed arrivandogli alle
orecchie, mentre la bocca del suo amato Lukas continua a scendere e
le mani accompagnano i movimenti, sfregandolo lungo l'erezione e
strappandogli mugolii poco controllati.
Sente
alcune dita scivolare dietro ed apre le gambe, agevolandolo per
quanto possibile, china la testa sul petto e lo fissa con occhi
persi, che diventano pieni di trasporto quando incontrano finalmente,
di nuovo, quelli viola.
Lo
guarda e non smette più di farlo, reagendo ai suoi gesti col
respiro accelerato e cercando di imprimersi ogni dettaglio della sua
bellezza, mentre lascia che lo ami come nessun altro al mondo ha il
permesso di fare.
È
suo, eternamente suo, ed è reciproco.
Accoccolati
sul letto, passa le dita tra i suoi capelli, lisci come un lenzuolo
di seta. Ha il respiro calmo, adesso, ma è indolenzito e cerca
di non muovere troppo le gambe per non ricevere scosse al bacino. Non
era ancora stato preso in quel modo, nel bel mezzo della scomoda
cucina, ma il suo uomo è imprevedibile e lo ama anche per
questo.
«Perché
ti eri alzato», mormora il norvegese, allungandosi e risalendo
con la guancia fino a posarla sopra la sua spalla.
La
sua pelle è molto più calda di quella dello svedese, ma
questo rischia di raggiungerlo con la temperatura non appena avverte
il velocissimo battito del cuore dell'altro che gli preme contro le
costole. Non smette mai di meravigliarsi delle reazioni che scatena
in Lukas con la sua semplice vicinanza.
Ferma
la mano tra i suoi capelli, aggrottando le sopracciglia e pensando
alla domanda. Se n'era completamente scordato...
Non
che sia una sorpresa, dopo quello che gli ha fatto.
«Credevo
di avere un po' fame, ma ora sto bene.»
Scivola
automaticamente con la mano sopra lo stomaco, arriva al lenzuolo
lanciato sulle gambe e lo solleva un poco per coprire le ossa del
bacino. L'altra mano riprende il lavoro coccoloso, arrotolando
sull'indice le sue ciocche e liberandole in continuazione.
«Mh.»
Sfrega la guancia su di lui e posa le labbra contro il lobo
dell'orecchio, sospirando con un soffio di aria calda. «Anche
io.»
Svezia
rabbrividisce e subito dopo si scioglie in un sorriso, protetto dalla
ritrovata oscurità. Aspetta che Norvegia termini di posare la
scia di baci lungo l'osso della mandibola e si ritrovi nuovamente a
portata di labbra, per premergli il palmo contro la nuca e tirarlo a
sé.
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