L’amore mi odia.
E si che ne sono sicura.
Mi odia, fortemente.
Lancio un sasso nel lago ai miei piedi, non si muove nulla.
Regna solo il silenzio su questo molo abbandonato. Regno solo io qui.
Osservo lo specchio d’acqua calma, immobile, del colore
verdino di tutti i bacini naturali, sporcato dalla terra, dalla sabbia, dalle
piante, dagli animali.
Cammino nell’acqua e la sabbia non viene calpestata; lascio
che le mie dita si bagnino di questa lieve frescura, eppure molecola non
s’agita; guardo il fondo terroso, eppure niente viene riflesso.
Mi dispero, urlo.
Urlo, e non si sente voce alcuna, solo le fronde degli
alberi attraversate da un improvviso vento.
Io SOLA, io NULLA, io MISERIA.
E piango anche se non verso lacrime, impazzisco anche se ho
già perso la testa, muoio anche se già non esisto più.
Con sommo disprezzo m’arrampico sul pontile e mi ci siedo,
con le gambe penzoloni, che ondeggiano, senza spostare ossigeno.
Mi guardo intorno spensierata, è una così bella giornata. Mi
scappa una risata argentina, e i passeri ridono con me, animati dalla mia
allegria.
Mi imbroncio vedendo il mio laghetto sporco, chi mai vorrà
venirci se resta così abbandonato? Sbuffo e il vento sposta in una corrente
invisibile tutte le macerie in un punto nascosto: ora si che l’acqua è
cristallina.
Faccio finta di specchiarmi, so di non potermi vedere, ma
immagino ancora il mio volto. A volte lo dimentico, e lo reinvesto. Da quel che
riesco a scorgere, solo i miei capelli
ramati sono sopravvissuti al tempo, son restati un po’
lisci, un po’ a boccoli. Mi piace giocarci.
E ci metto dentro ramoscelli, petali di fiori, coroncine
d’erba.
Il mio corpo ha perso identità, è solo un busto abbozzato,
nemmeno le dita delle mie mani son chiare, col
passare degli anni diventano sempre più palmate, ed ho paura che in futuro
diverrò uno di questi alberi folti e scuri.
La mia pelle è attraversata da venature verdi, lo stesso
colore che s’è impadronito dei miei occhi, quasi m’avesse intaccato l’anima.
È triste la mia sorte, sventurata me: che in vita sono stata
sempre più sul punto di scomparire. Ed ora eccomi qua, che non ci sono.
E i miei fratelli umani che mi dilaniavano. Io solo
spaventata dalle ferite del mio cuore, che deridevo i sentimenti. Deridevo il
mio boia dopo che questo m’aveva decapitato.
Si fa, no?
Invece in breve per una serie di sfortunati eventi, ero
diventata l’opposto di quel che tanti decantavano.
Io ero troppo e troppo poco per l’amore.
Io ero la passione.
Ero irraggiungibile, e quanto si desidera ciò che non si può
avere?
Gli amici tradivano le amiche per me, e io tradivo me stessa
per loro, ho confuso tutto.
Mi raggomitolo sul legno marcio, pregando d’aver fine.
Io non posso amare, questo mi ripetevano.
Non era da me.
Io senza cuore.
Io troia.
M’assale un dolore lancinante al petto, certo di tossire per
poter riuscire a respirare l’aria che non mi serve.
Un buco nero al centro.
Dove diavolo è finito il mio cuore?
Non l’ho mai usato, non è mai andato sprecato, perché non lo
trovo?
Prendo a cercarlo sul pontile, come una donna che cerca un
orecchino, in ginocchio, attenta a riconoscere quel minuscolo oggetto sul
pavimento.
Niente, non lo trovo. Scuoto la testa in segno di diniego
verso qualche amico invisibile preoccupato della mia perdita. Povero cuore,
l’avevo pagato così tanto.
Mi alzo in piedi facendo finta di togliermi la polvere dai
pantaloni. D’un tratto mi piego nuovamente in ginocchio, in preda alla nausea.
Ma cosa mi prende?
Non ce la faccio più ad andare avanti così, perché è così
lontana la mia fine?
E di colpo ricordo. Io un cuore ce l’avevo…e l’ho dato via.
L’ho dato via…a qualcuno, ma non ricordo chi.
Con sforzo mi metto seduta, stringendomi la testa tra le
mani.
A chi l’ho dato il mio cuore? È per quello che non riesco a
morire?
Sforzati, sforzati di ricordare…perché sei arrivata a questo
punto?
Contro chi bestemmi la notte?
Chi cerchi di ferire con ogni tuo gesto?
A causa di chi sopporti tutto questo?
Chi è che non amavi?
No…non è corretto…
Chi è che non TI amava?
Sgrano gli occhi mentre la mia ferita prende a sanguinare,
boccheggio terrorizzata, in un urlo cado in acqua, il pontile cede, gli alberi
precipitano, il lago risucchia, collassa, implode.
Decade.
Chi è che non ti
amava?
dio