La mente e il braccio

di Cohava
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“Ebbene, caro amico!” Fece D’Artagnan, assai soddisfatto d’aver ritrovato il suo compagno d’un tempo ancora forte e saldo e dispostissimo a condividere con lui le nuove avventure “ora che abbiamo stabilito i nostri propositi, è necessario che io mi metta in viaggio per Blois. Capirete bene che noi  posso esimermi dal fare ad Athos la medesima offerta che ho fatto a voi, anche se temo sia una pura formalità… Come deve averlo rovinato quel suo antico vizio! Eppure devo andare”
“Senz’altro, senz’altro! Ma non vi metterete in viaggio così di fretta, vi pare? L’avrete bene il tempo per una battuta di caccia, e temo che per il povero Mouston sarebbe un colpo vedervi partire senza avervi viziato ancora un poco con i vini della nostra cantina” Qui D’Artagnan dovette trattenere un sorriso, conscio del risentimento che Mousqueton doveva provare nei suoi confronti per averlo strappato alla sua bella vita, ma anche del fatto che Porthos attribuiva al suo intendente i sentimenti che lui stesso provava; e non lo spingeva unicamente la vanità nel desiderio di mostrare le proprie ricchezze all’amico, bensì un moto più sincero e puro.
Un gesto del futuro barone, e subito furono pronti per loro cavalli, cani e fucili: tutto ciò che occorreva loro per passare un pomeriggio in allegria. I due amici si lanciarono allora al galoppo nella grande riserva della tenuta, rinnovando il buon accordo che nella giovinezza tanto li aveva uniti.
D’Artagnan, pur ritrovandosi ad essere, per dovere d’ospitalità, il principale attore della caccia, potè osservare con comodo Porthos all’ opera, e constatare che l’amico non gli aveva mentito: il suo vigore era intatto, aveva mantenuto tutta l’energia dei vent’anni e l’esprimevano bene le sue spalle larghe, le movenze eleganti e decise. Non potè non sentire tutto il compiacimento che gli derivava da quelle affermazioni, insieme a un’altra sensazione che sulle prime non riuscì ad identificare… Ma gli divenne presto chiara, a partire dall’istante in cui l’ignaro Porthos lo abbracciò per congratularsi dell’ottima preda. – Ohi!- pensò, sul chi vive –E’ tornata, la malandrina! Ed io che pensavo d’averci fatto i conti già da ragazzo… Bah, pazienza. La cavalcata fino a Blois mi  schiarirà i pensieri in un lampo.
A questo punto parrà evidente che qualcosa aveva turbato il nostro eroe. Ma cosa?
Il vago, insolito impulso era nato in lui al tempo in cui, giovane provinciale senza un soldo, era giunto a Parigi. Allora si era legato da subito a tre uomini di spada e d’ingegno, tre uomini che avevano avuto un fortissimo ascendente sulla sua mente, sui suoi pensieri e –di conseguenza- sul suo intero essere;  la vita in comune aveva acuito queste sensazioni, ma nel contempo esse erano state soffocate dalla frenesia di quegli anni: intrighi, tranelli, complotti, duelli, viaggi, alleanze, amori. Tutto aveva contribuito ad allontanare dal centro dei suoi pensieri quei moti dell’animo su cui non desiderava interrogarsi e che potevano benissimo rivelarsi solo bizzarre fantasie. Negli anni D’Artagnan era maturato, parte della sua vitalità s’era spenta in lui per la perdita di stimoli e aveva trovato quello che soleva chiamare “Equilibrio domestico” con la bella albergatrice di via Tiquetonne; per questo motivo, nel mettersi in viaggio, egli non aveva pensato a quegli antichi ardori, né questi gli erano stati riportati alla mente dal breve incontro con Aramis, ch’era stato insincero e pareva mutato nei suoi affetti e interessi. Riaffioravano però ora, davanti all’onesto Porthos, che era rimasto uguale a sé stesso e gli aveva conservato l’affetto di sempre.
-Diavolo!- pensò ancora il guascone –Ebbene, sia come sia, ne vedremo delle belle-.





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