T. M. R.
Thomas Maximilian Riddle
"Se
le emozioni avessero forma, questa sarebbe sicuramente quella delle
nuvole." David Kitching.
Il lato curioso di favole e leggende
è che queste non abbandonano mai le menti di chi le ascolta. Forse possono
assopirsi in angoli dimenticati, forse possono essere storpiate, ma se c'è
qualcosa a questo mondo che non cambia, bhè queste sono le favole. Da bambini
le favole sono i conduttori dei sogni. Conducono nel mondo onirico per mano
e vigilano al nostro passaggio. Da adulti, le favole assumono una
connotazione diversa. Se da fanciulli si era prestato attenzione solo all'eroe o
all'eroina della fiaba, da adulti s'inizierà a studiare...chi la narra. E nel
mondo dei maghi c'era un grande narratore di favole. Che tutti conoscevano,
ma di cui si parlava poco. Già. Il Menestrello conosceva tutti, era
ovunque. Eppure se qualcuno lo incontrava, non veniva mai salutato. Per
ovvie ragioni che anche ai cittadini di Londra saltavano agli occhi. Per i
babbani, infatti, il Menestrello era solo il barbone di Fleet Street. Ma si sa,
i babbani non vedono al di là del loro naso, per questo quando lo incontravano
in giro per le vie secondarie, seduto a canticchiare sotto la colonna del drago
che era il segno di riconoscimento del Temple Bar, oppure negli angoli dei tanti
pub di Fleet Street lo ignoravano sempre. Il Menestrello veniva ignorato e basta
dagli adulti babbani. Era troppo lacero, troppo sporco e troppo
strano. Aveva lunghi capelli grigio topo, ondulati, guanti senza dita in ogni
stagione, retine per i capelli fatte di tessuti stopposi, barba e baffi
scompigliati, occhi chiari e un sorriso ambiguo sempre sulle labbra. I suoi
vestiti e il suo andarsene in giro sempre a qualsiasi ora del giorno e della
notte narrando favole inverosimili, avevano convinto i babbani a stargli alla
larga. Al massimo a lanciargli qualche sterlina, di cui il Menestrello non
sapeva che farsene, essendo un mago. Eppure, se gli adulti ormai ignoravano
le sue favole, molti bambini da tempo avevano preso l'abitudine di fermarsi con
lui. Ad ascoltare le sue leggende. La sua voce era burro, era zuccherina, era
tonante come il tuono e avvolgente come una coperta calda nei giorni d'inverno.
E a Londra, quel giorno d'inizio giugno, un gruppo di ragazzini stava proprio in
Fleet Street, verso mezzogiorno e mezza. Spesso il Menestrello si aggirava da
quelle parti, forse per la presenza della Baynard's, una scuola privata nata da
circa una decina d'anni proprio in mezzo a un grazioso e ben curato viale
alberato. Nelle vie laterali però, Londra si dimostrava in tutto il suo
spirito cosmopolita. E in uno di questi viottoli, il Menestrello pizzicava le
corde di una vecchia e scassata chitarra panciuta, seduto a gambe incrociate
contro un muro, su un pagliericcio fatto di strati di cartone. Attorno a
lui, un nugolo di ragazzini dall'aria sbandata. Dai sette anni ai
quindici. Alcuni stavano appoggiati a una rete metallica, altri seduti di
fronte a lui. Tutti erano scarmigliati quasi quanto il Menestrello. Ma
decisamente più puliti di lui. Ragazzini dall'aria vissuta, di quei bimbi che
non hanno avuto molto tempo per l'infanzia. Vestiti larghi, pantaloni
consunti dei fratelli maggiori forse. Tutti tranne uno. Uno di loro stava
seduto su una cassa di birra girata al contrario. Maglia a stampa da skater
bianca, nera e blu. Jeans larghi, ma di ottima fattura babbana. Scarpe da
ginnastica linde, posizione d'attesa. In testa una cuffia di cotone nera,
sempre da skater, visto che a fianco portava un skate-board dall'aria
insolitamente bistrattata. I capelli color dell'ebano, come l'inchiostro.
Abbastanza in disordine anche da sotto la cuffia. Occhi azzurri, quasi
glaciali su un faccino da ragazzino di dieci anni che sembrava non temere
nulla. Lui, fra tutti, guardava il Menestrello, ma non lo ascoltava. Lui
quella storia l'aveva sentita mille volte. E la conosceva a memoria. Ne
conosceva l'inizio, le battaglie, anche la fine. Ma non i perché. Ed era solo
per conoscere i perché che lui ogni giorno andava ad ascoltare il
Menestrello. Solo per quel motivo. Perché lui non era un babbano come i
mocciosi lì attorno. O un Magonò. No, lui era figlio di maghi. E nel
mondo dei maghi, tutti conoscevano la storia di Harry Potter. Ma il
Menestrello continuava la sua favola preferita. Si, il Menestrello adorava
raccontare ai bambini la favola di Harry Potter. Sembrava quasi che lo
conoscesse. Ridicolo, pensò il ragazzino, poggiandosi col gomito sulla gamba
accavallata. Uno come il Menestrello non poteva conoscerlo! Ora erano
arrivati alla parte che più il barbone adorava. E solitamente che anche i
ragazzini apprezzavano, sbattendo le ciglia, quasi immaginandosi ogni
attimo. - ...lui continuò a dormire, senza sapere che era speciale, senza
sapere che era famoso, senza sapere che da lì a poche ore sarebbe stato
svegliato dall'urlo della signora Dursley, una babbana ovvio, ragazzi miei, che
apriva la porta di casa per mettere fuori le bottiglie del latte, né che le
settimane successive le avrebbe trascorse a farsi riempire di spintoni e
pizzicotti dal cugino Dudley...- il Menestrello rise, scuotendo il capo e col
faccione rosso teso di delizia - Lui non poteva sapere che, in quello stesso
istante, da un capo all'altro del paese, c'era gente che si riuniva in segreto e
levava i calici per brindare "a Harry Potter, il bambino che è
sopravvissuto."- Sempre la solita storia, pensò il ragazzino, sbuffando e
dando un colpetto leggero con la punta della scarpa da ginnastica al suo
skate-board. Tutti i Potter erano morti ma non il bambino
sopravvissuto. Sempre le solite battaglie, sempre i soliti morti, il
maledetto Lord Voldemort che cerca sempre di ucciderlo, Mangiamorte ovunque,
Auror sempre alle costole...e poi? E poi cosa fa lo stramaledetto Harry
Potter? Butta via i suoi poteri! Grande. Una logica
impressionante! -...e la guerra finì con l'ultima battaglia al Ponte di
Londra. Voi-Sapete-Chi morì e anche Mezzafaccia, vi ricordate di Mezzafaccia
vero?- chiese allegro il Menestrello. - Certo!- rise un bimbetto di sette
anni - Era il mago che voleva che tutti i Mangiamorte fossero uccisi!- -
Voleva anche che i mezzi demoni morissero.- scandì un altro ragazzino, però sui
quindici anni, attaccato alla rete con le braccia conserte e l'aria dura e
rigida - Vero vecchio? Mezzafaccia non voleva che anche i vampiri e i mezzi
demoni morissero tutti? Per lui non avevano il sangue sporco?- - Sono tutte
sciocchezze Hadley.- il Menestrello agitò la mano, fissando attento il moccioso
- Non vorrai dirmi che ci credi?- - A quest'ora sarei a Hogwarts se non fosse
vero, non credi, vecchio?- replicò quello acidamente, prima di dare le spalle e
andarsene di corsa. - E' tutta roba sepolta.- disse tranquillo il vecchio
Menestrello, quando i ragazzini tornarono a prestargli attenzione - Anzi, sono
un mucchio di fesserie. Fatela finita di occuparvi di politica, siete ancora in
fasce a momenti.- Scattò subito una violenta replica sdegnata da parte di
tutti. - Cosa? Come ti permetti di darmi del bambino in fasce?- - Io ho
otto anni!- - Non so se mi spiego! Undici!- - Già, sono grande
ormai!- Sedare quella baruffa fu quanto mai difficile, ma il mago barbone
aveva imparato da tempo a trattare coi bambini. E con gli uomini in generale.
Adulò tutti uno per volta e alla fine li cacciò via, promettendo che avrebbe
finito la storia quando sarebbe tornati dopo pranzo. Spariti di volata,
perché temevano non avrebbe mantenuto la promessa, i mocciosetti neanche si
guardarono indietro per vedere che uno era rimasto seduto comodo sulla sua cassa
di birra. Il Menestrello, che in tanti anni di vita non aveva mai conosciuto
un bambino simile, gli sorrise divertito. - Sempre qui, pestifero
bambino.- - Tutti i giorni ti faccio la stessa domanda.- rispose il ragazzino
con lo skate-board, frugando sotto la maglia - E tu non mi rispondi mai.- -
Te l'ho già detto.- sbuffò il Menestrello, allungando voluttuosamente le mani
quasi nere verso il suo ospite - Questi sono affari privati della vita di Harry
Potter. Non ho alcuna intenzione di andare in giro a spiattellare gli affari
suoi, sul perché e sul percome ha deciso di abbandonare la magia.- - Si, ma
qualcosa sarà successo, no?- e sollevò in aria un sacchetto di carta - O me lo
dici o oggi niente ciambelle.- Il Menestrello assottigliò gli occhi
chiari. - Piccolo demonio. Tu non hai proprio paura di niente vero? Dovresti
essere a scuola e invece ogni giorno scappi e corri qua a sentire cose che di
sicuro ti avranno raccontato anche i tuoi. Sei un mago, mi hai detto.- - Si.
Anche i miei lo sono.- e sbuffando il ragazzino gli lanciò il sacchetto di dolci
- Allora? Che hanno fatto a Harry Potter perché mollasse la magia?- - Perché
t'interessa tanto?- gli chiese il vecchio, addentando una ciambella ricoperta di
crema alla ciliegia. - Perché non sopporto di come ne parlate tutti.- sbottò,
sospirando seccato. - Come scusa?- masticò l'altro. - Non sopporto che
tutti ne parlino come se fosse leggenda. E che cavolo, è ancora vivo! Mica è
morto!- Il Menestrello ridacchiò di nuovo, raccogliendo tutte le briciole
della ciambellina e mangiandole una a una - Io proprio non ti capisco ragazzo
mio. Prima sembra che odi la leggenda di Harry Potter, poi non sopporti che se
ne parli come se fosse ormai un ricordo. I tuoi che dicono di lui?- - I miei
su Harry Potter non parlano!- replicò il ragazzino, levandosi la cuffia e
liberando una massa inconsulta di capelli neri che andavano ognuno per i fatti
loro - Oh si, dei vecchi tempi si discute sempre, specialmente con gli amici del
papà ma quando c'è da spiegarmi perché non fa magie come la mamma...- il
ragazzino fece una smorfia - cioè...perché Harry Potter non fa più
magie...apriti cielo. Nessuno apre più bocca! Che gli avranno mai fatto i maghi
per farlo arrabbiare così?- Il Menestrello addentò una seconda ciambella,
stavolta al cioccolato. E dalla sua espressione pacifica il ragazzino capì
ancora una volta che anche quel giorno non se ne sarebbe fatto nulla. - Che
parlo a fare con te!- sbottò arrabbiato, accartocciando il sacchetto delle
ciambelle. Quando arrivò ai piedi del Menestrello, la carta aveva preso
fuoco. Quello saltò su imprecando e cominciò a calpestarlo. - Piccolo
Phyro della malora!- sbraitò, ma la sua tiritera andò a vuoto. La sua
abituale piccola peste era già sparita sullo skate-board magico, che invece di
andare a rotelle avrebbe dovuto volare. Vedendolo girare oltre l'angolo veloce
come il vento, il Menestrello addentò l'ultima ciambella, eppure le sue labbra
non si erano piegate compiaciute per il dolce. La peste ancora credeva che
lui non avesse capito chi era in realtà. Incredibile. Da parte sua, il
ragazzino guardò l'ora e se ne uscì con una parolaccia che in teoria non avrebbe
mai dovuto sentire. Un quarto all'una! Doveva tornare a scuola o stavolta un
castigo di un pomeriggio non sarebbe bastato alla Baynard. Eccola! Girato
l'angolo della viuzza laterale, si ritrovò in mezzo al riverbero della luce
giocato dalle fronde degli alberi del viale. Fleet Street sempre più chiassosa e
colorata. Ma da quella parte sembrava solo un angolo di paradiso. In punta
di piedi quasi, il ragazzino si mise lo skate sotto braccio e si diresse alla
cinta muraria ricoperta d'edera dell'Istituto Baynard. Una scuola elementare
di appena un decennio a dire il vero...ma che si era fatta un certo nome. A
frequentarla erano solo e unicamente figli di maghi, benché in aula non si fosse
mai parlato di magia. Con sguardo vigile, guardò nel cortile. Si, dovevano
appena aver finito il pranzo perché erano tutti liberi di giocare. I bidelli
però erano in giro. Allora si mise due dita in bocca ed emise un fischio
leggero, appena udibile. Ma chi aveva orecchie per intendere lo fece. Così
lui si diresse al fianco della scuola e nel muro ricoperto d'edera, trovò il suo
bel passaggio, scoperto alcuni anni prima. Prima di entrare spiò ancora verso
i bidelli che però erano trattenuti da una sorta di caccia. Stavano
inseguendo due gemelli di otto anni coi capelli rosso fiamma che scorrazzavano
per tutto il cortile in mezzo ad altri bambini con la pompa dell'acqua in mano,
rubata al giardiniere. Acchiappati, si presero una sonora sgridata che sentì
anche lui dal muro ma sembrarono non farci caso. Lasciati liberi, corsero
ridacchiando verso di lui. - E allora?- gli chiese Stephen Weasley, otto
anni. - Già, cosa ti ha detto il Menestrello?- seguì Steve Weasley, quasi
indistinguibile dal fratello. - Ti ha detto qualcosa sullo zio Harry?-
continuò Stephen. - E si è mangiato tutte le ciambelle? Me ne hai portata
una?- concluse Steve. Lui, di rimando, alzò lo sguardo sopra di loro. -
Mia sorella dov'è?- - Non so.- Steve si girò verso Stephen - Hai visto Faith,
Step?- - No, non credo. Tu Steve?- Era da manicomio starli a sentire,
questo lui l'aveva imparato da anni. Da quando Jeremy Weasley aveva preso il
volo per Hogwarts tenere a freno i gemelli era diventato impossibile. Solo sua
sorella Faith sembrava avere la capacità di distinguerli e metterli zitti per un
minuto. - Grazie del diversivo.- rispose comunque, infilandosi la cuffia
nella tasca della maglia - Chris dov'è?- - Oh, eccolo.- Steve e Stephen
inclinarono praticamente in perfetta sincronia il capo verso destra, indicando
poco gentilmente col dito un bambino quasi biondo, di sette anni, che li stava
raggiungendo...tirandosi dietro un altro bambino con la testa infilata in un
secchiello di plastica. Christopher George Dalton li salutò, tenendo il
secchiello e quindi anche la testa dell'altro bambino che sembrava piagnucolare
con sostanziale delicatezza. - Che è successo a Marc?- chiese Steve
stranito. - Non sarà stato di nuovo quell'idiota di Robbie Talbot!- aggiunse
Stephen. Chris Dalton li guardò come se non fosse chiaro. - Robbie gli ha
infilato il secchiello in testa mentre non guardavo.- spiegò - Mi spiace
ragazzi. Mi sono girato un attimo. Non riesco a tirarlo fuori.- - Marc.- rise
allora Stephen - Ehi fratellino...tutto ok?- - No! Tiratemi fuori!- fu
l'ardita supplica dell'ultimogenito di Ron Weasley, di sette anni. - Robbie è
proprio un idiota.- scandì Steve - Uccidiamolo!- propose agli amichetti,
illuminandosi. Chris Dalton lo guardò storto, mentre il gemello sembrò
pensarci su. - L'ho già spedito dentro al laghetto, Steve, tranquillo.- -
E non ti hanno messo in punizione?- allibì il ragazzino con lo skate. - No,
ho fatto sembrare che fosse stata Linnie a farlo cadere. Le maestre non si sono
arrabbiate.- - L'ho detto io che le sorelle servono!- sindacò l'altro,
mettendo giù lo skate e afferrando Marc Weasley per il secchiello - Chris,
Steve, Step...tenetelo per le spalle. Ok. Marc noi ci siamo....al tre. Uno,
due...tre!- Dal secchiello di plastica verde pallido ne uscì la fiammante
chioma rossa del piccolo Marc Weasley, insieme però a un paio di occhiali neri
tutti rotti e al faccino triste del bistrattatissimo bimbetto. La scala
sociale dei fratelli era andata di male in peggio, purtroppo. Jeremy era
stato un vero leader. Steve e Step due demoni ancora lo erano. E Marc...un
povero represso che Chris Dalton e i gemelli dovevano continuamente proteggere
dalle prime angherie da scuola elementare. Sistemato il povero Marc con gli
occhiali tutti sbilenchi, i gemelli filarono via e così fece anche Chris, non
prima di essersi informato su com'era andata col Menestrello. - Non ti ha
detto niente, vero Lucas?- sospirò, vedendo la faccia seccata dell'altro - Forse
non lo sa neanche lui.- - Non ci credo! Una volta s'è fatto scappare che a
mio padre i maghi hanno portato via qualcosa e io voglio sapere cos'è!- - Se
la Baynard ti becca ti farà venire anche durante le vacanze!- replicò il piccolo
Dalton, infilandosi una gomma da masticare rosa confetto in bocca - Dai, abbiamo
ancora un paio di settimane e poi siamo in vacanza.- - Jeremy finisce oggi
invece.- sospirò Lucas Potter, sempre di cattivo umore - Come vorrei essere
andato a Hogwarts!- poi cambiò discorso, quando lo sguardo gli cadde sul
giardino, accanto alle altalene in cui si erano seduti. - Chris...hai visto
Faith o Glorya?- - Faith no. Ma Glory è al solito posto.- rise il piccolo
Dalton - Adesso vado a cercare mia sorella.- - E io la mia. Ci vediamo
all'uscita.- Lucas James Potter si alzò dall'altalena, guardando nuovamente
l'orologio. L'una. Mezz'ora e il serpente sarebbe venuto a prenderlo...visto
che suo padre come al solito aveva da fare coi mostri in miniatura. Senza
fiatare poi raggiunse il giardinetto che gli studenti non dovevano toccare
neanche in sogno, ma lui se ne infischiò. Rimase a guardare i fiori con aria
attenta, quasi da esame. Poi prese il più semplice di tutti. Bianco, a gambo
lungo. Una come lei avrebbe saputo che farsene di certo, pensò andando
via. Infatti, in un'altra parte della Baynard's Primary School e più
precisamente nella biblioteca interna al secondo piano, c'era qualcuno che della
compagnia dei suoi coetanei non sapeva proprio cosa farsene. Seduta accanto
la vetrata della ultramoderna biblioteca dipinta di bianco e toni pastello,
nella sezione avanzata, una ragazzina stava retta in poltrona, proprio come una
regina. Nata per farsi adorare, come voleva il suo sangue. Il capo era basso,
chino su un libro molto più grande di lei. I capelli biondi, quasi bianchi,
raccolti parzialmente in cima alla testa e molte ciocche seriche come seta le
scendevano ondulate lungo le spalle esili. Snella, gracile in apparenza, vestita
in eleganti e costosi abiti da bambini. Un'epidermide pallida e dita sottili
erano altri connotati da aggiungere alla grazia di quella bimba di dieci anni
che rivelavano subito chi lei fosse anche agli sconosciuti. Quando Lucas
Potter poi le posò il fiore sotto al naso, la piccola Glorya Artemisia Malfoy
alzò il volto, rivelando l'occhio destro dorato, come quello della madre. E
quello sinistro era rimasto argenteo, come quelli del padre. Uno sguardo
magnetico, appena racchiuso da lunghe e folte ciglia da bambola. - Grazie.-
sussurrò, mentre Lucas si sedeva sul tavolo. Glory aveva sempre avuto la
mania d'infilare fiori fra le pagine dei libri e questo Lucas non se lo sarebbe
mai scordato. Ma l'ultima erede della famiglia Malfoy non amava solo cogliere
i fiori o spolpare ogni libro che le capitasse sotto mano, avida di
conoscenza. Indubbiamente l'immensa serra in cui passava sempre la maggior
parte del suo tempo ne era una prova. - Allora?- chiese a Lucas, senza
mostrarsi interessata, ma neanche annoiata. - Il vecchiaccio non parla.- si
lagnò Potter, dondolando le gambe giù dal tavolo - Dici che Jeremy ha già
imparato a fare una pozione che possa far si che il Menestrello mi dica la
verità?- - Ne dubito.- Glory chiuse il libro tranquillamente, senza modulare
la voce. Scese dalla poltrona, avviluppata in un paio di stivaletti da bambina
veramente adorabili, costosi come una Porche - E poi non vedo perché qualcuno
non possa scegliere di non usare la magia.- Lucas la guardò schifato. -
Che cosa barbara. Vivere tutta la vita come uno schifoso babbano!- - Harry di
magie non ne fa, mi pare. A parte quella strana cosa che fanno i bracciali ogni
tanto. Sai...le pernacchie...- - E questo dovrebbe farmi stare meglio?-
sbottò, seguendola in mezzo agli scaffali, sovrastandola di qualche centimetro
buono - Andiamo, è una palla! Tutti non fanno che dirmi che Harry Potter è un
eroe, una leggenda, la speranza dei maghi...peccato che quando non c'è la mamma
in casa e scoppia un problema ad usare la bacchetta è quel serpente di tuo
padre!- La ragazzina, tranquilla, non ascoltò quelle follie quotidiane. -
Secondo te cosa possono avergli preso?- la incalzò, mentre uscivano dalla
biblioteca. - Magari qualcosa a cui teneva tanto da rinunciare alla sua
magia.- fu la lucida risposta. - Si, ho capito, ma cosa?- - A me lo
chiedi?- replicò la biondina, fermandosi in mezzo a un corridoio e guardandosi
attorno - Lucas hai visto Faith?- - No, anche io la cercavo.- il piccolo
Potter cambiò argomento - Non è che quella stupida di Tiffany e le sue amiche le
stanno dando ancora fastidio?- - Che vuoi fare, bruciarle i capelli di
nuovo?- ironizzò Glory - Non sei furbo, fattelo dire. Quali altri Phyro sono
nati negli ultimi decenni?- - Non ho paura della Baynard.- replicò Lucas
orgoglioso - Ma se prendo Tiffany Pickens a dar fastidio a Faith giuro che non
le brucio solo i capelli stavolta.- - Ottima soluzione.- disse la piccola
Malfoy, incamminandosi. - Dove vai?- - Al bagno. Vuoi seguirmi anche
lì?- Lucas per tutta risposta arrossì vagamente, piazzandosi a braccia
incrociate attaccato al bagno delle ragazze senza sentirsi minimamente un
maniaco, grazie a Merlino, ma Glory ebbe una spiacevole sorpresa. Di
nuovo. Era appena entrata quando sentì dei gemiti e dei singhiozzi, oltre uno
dei bagni. Abbassandosi non vide le scarpe della piagnona in questione, ma
poteva ben immaginare chi fosse. Ormai quei pianti li conosceva a
memoria. Glory Malfoy non sarebbe mai stata neanche in futuro donna da
mostrare istinti o passioni violente. Provava quelle passioni come tutti gli
altri esseri umani ma forse aveva preso dalla sua nonna paterna più calcolo e
scaltrezza che da chiunque altro parente. Quando uscì non ne fece parola con
Lucas e lo dirottò di nuovo in giardino fino ad aspettare l'una e
mezza. Eppure ora a Glory bruciare la gonna e i capelli a Tiffany Pickens e
le sue amiche non sembrava più tanto sbagliato. Anzi. Era anche troppo
poco.
All'una e mezza la scuola iniziò a svuotarsi ma ai cancelli come
ogni giorno si iniziò con la sfilata e parata dei genitori. Maghi,
mezzosangue e babbani sposati con i primi due citati che andavano a prendere i
loro rampolli, ben attenti a far vita di società anche a quell'ora della
giornata, vista l'esclusività di una scuola come la Baynard. Fra i tanti papà
però, uno in particolare era forse il più spogliato con gli occhi dalle mamme
streghe che si riunivano apposta in gruppetti per fantasticarci sopra. Draco
Lucius Malfoy stava appoggiato alla parete del cancello. Sempre ventotto anni
d'aspetto, stessa pelle levigata e giovane, stesso portamento da principe che
non avrebbe mai perso. Jeans, giacca nera appoggiata sulla spalla, una maglia
grigio piombo che esaltava il suo fisico asciutto. Occhiali per schermare gli
occhi argentei dal sole. Una sigaretta fra le labbra. E l'aura di regalità a
superiorità che non avrebbe mai perso. La mano sinistra ficcata in tasca
lasciava intravedere lo spesso ed altero Bracciale del Destino di Vargras, che
conferiva ancora più potere alla sua figura. Piegò le labbra ed espirò fuori
il fumo da un angolo della bocca, infastidito da un'occhiata troppo lunga
scoccatagli da una tizia, una strega che non voleva proprio capire l'antifona,
ma venne salvato da un altro appostamento della suddetta creatura arboricola
dall'arrivo di un buon gruppetto di vecchie conoscenze, si fa per dire. Draco
aggrottò la fronte vedendo Ronald Weasley arrivare da lui con un colorito un po'
pallido e un grosso cerotto sul collo. - Sono stati i gemelli?- l’apostrofò
Malfoy acidamente. - Vampiri.- replicò Ron, schioccando la lingua - Un'ora fa
in casa.- - Di giorno? Ma sei sicuro?- - Si, si sono chiusi in cantina e
ora non vogliono più uscire.- - Li hai fatti proprio incazzare
Donnola.- Ron lo ignorò, facendo un cenno oltre le spalle del biondo che non
dovette neanche girarsi per capire che stava arrivando Edward Dalton, visto il
sospiro che una strega poco lontano da loro si lasciò sfuggire. Edward li
salutò, sbadigliando. - Eravate di ronda anche stanotte?- si stranì Draco -
Ma che succede?- - Ma che ne so.- si lagnò l'ex Corvonero, più bello che mai
- Londra è diventata un porcile. Mi sono anche preso uno schizzo d'acido sulla
schiena. Meno male che c'era Efren.- - A proposito di Efren. Ci vuole a
cena.- celiò Ron. - Neanche se mi pagate vengo a cena da Coleman.- ghignò
Malfoy gelido, con aria melensa però, pensando a quello squinternato di Medimago
che militava nel loro gruppo da quando l'adorabile San Potter s'era levato dai
piedi - E poi stasera non tornano a casa i marmocchi?- - Già, Pansy è andata
a prendere Jeremy a King's Cross.- annuì Ron - Credo che con lei siano andati
anche Blaise, Paris e la bambina.- - Anche Isabella andava a prendere Caleb,
me l'ha detto Elettra per gufo ieri sera. Si ritroveranno lì con Jess e Sofia.-
ponderò Draco, guardando l'ora – Oh, ma si muovono? Non abbiamo tutto il
pomeriggio!- - Herm è già tornata?- gli chiese Edward, ridacchiando. - Se
vedessi mia figlia me lo direbbe lei.- replicò Malfoy, irritandosi subito -
Quella maledetta di una mezzosangue non avverte mai. A momenti neanche lo fa
quando parte. Non ci fosse Glory a prevedere il ritorno, credo che vivremmo di
speranze.- - Almeno le ricerche per il libro vanno bene.- sorrise
istericamente Ron, vedendo che i bambini cominciavano ad uscire - Merlino,
speriamo che quei due psicotici dei gemelli non abbiano fatto nulla di male
oggi!- Speranza vana. Quando Steve e Step si catapultarono addosso al padre
tutti affettuosi, arrivò anche il giardiniere a lamentarsi che le due pesti gli
avevano fregato la pompa dell'acqua, ma fortunatamente il vecchio signore non
andò troppo in là con gl'insulti perché Chris Dalton raggiunse suo padre e
dietro di lui, attaccata alla sua cartella, c'era una bimbetta di sei anni che
era la fine del mondo. Bionda come Ophelia Dalton e occhi azzurri, Caroline
May Dalton era una bambolina. Con un sorriso che faceva sciogliere anche
Draco. Saltò subito in braccio al padre e con un paio di moine al
giardiniere, questo se ne andò subito. E bisogna anche dirlo...Caroline
Dalton avrebbe imparato in giovane età che le moine, le sue guance rosee, il suo
sorriso falsamente angelico e la sua astuzia erano armi quanto mai più potenti a
volte di una bacchetta. Infatti, quando i gemelli facevano guai, la piccola
Linnie era la prima a dare una mano. - Allora, com'è andata oggi pulcino?-
chiese Edward, baciando la sua piccola. - Benissimo!- rispose con dolcezza -
La maestra mi ha fatto fare il disegno di grande arcobaleno!- - Wow,
dev'essere bellissimo.- - Si, ma i miei disegni non sono belli come quelli
della mamma!- replicò sorridendo, guadagnandosi un altro bacio. Poi arrivò
Marc, gli occhiali sempre mezzi sbilenchi. Quando Glory e Lucas furono sul
portone però, videro da lontano che Faith Potter era già arrivata dai
genitori. La sua cartella azzurra era inconfondibile. I capelli dritti e
neri raccolti in una coda di cavallo, la pelle di burro, occhi grandi e
celesti. Ma segni arrossati sotto le palpebre. Aveva pianto. Draco la
stava prendendo in braccio, chiamandola Principessa, come chiamava sempre anche
sua figlia e Glory puntò subito gli occhioni addosso a Tiffany Pickens e le sue
amichette vipere. Sempre la solita storia. L'avevano fatta piangere di
nuovo. E Faith sempre a far finta di niente. - A volte vorrei da matti avere
il tuo potere.- disse a Lucas, mentre s'incamminavano. Il piccolo Potter la
guardò senza capire. - Il fuoco.- chiarì Glory, tirando dritto senza
ascoltare le risate di quelle streghette. - Per fare che?- - Bruciare.- rispose semplicemente,
prima di sorridere all'unica persona a cui lo concedeva, ovvero suo
padre. Bruciare e basta.
Alle sette di sera, in una palazzina
moderna accanto ad Hyde Park, un ragazzo ventiseienne rientrò nel suo
appartamento all'ultimo piano. Gettò le chiavi su una mensola di vetro
nell'ingresso e buttò appena un occhio nell'ampio salone di marmo che dava tutta
la sua magnifica vista mozzafiato sul parco. Le luci di Londra erano
strabilianti. Ma Lord Damon Howthorne alcuni anni prima ne aveva viste di
migliori. Si levò la giacca e la buttò sul divano di pelle color panna,
premendo il tasto lampeggiante della segreteria. La specchiera di fronte al
tavolinetto del telefono babbano rimandò l'immagine di un ragazzo alto, spalle
ampie, ben piazzato, con capelli castani appena trattenuti dal gel. E alla
mano sinistra, all'anulare, un anello d'oro bianco squadrato, spesso. Forse un
anello di fidanzamento. Solo il suo volto dimostrava la crescita che in otto
anno l'avevano reso un Lord. La voce di Beatrix Mirabel Vaughn partita dal
messaggio in segreteria lo fece immediatamente sorridere, mentre agitando la
bacchetta si fece arrivare dalla cucina una bottiglia di birra. - ...e torno
stanotte sul tardi. Sei pregato di venire almeno a casa mia a farti vedere
domani, maledetto Legimors. A forza di fare lo psicologo per i cadaveri stai
diventando come loro.- stava dicendo la Diurna - Il viaggio è tremendo. Meno
male che c'è Clay o avrei già salassato qualcuno di questi stupidi francesi.
Salutami Aidan quando lo vedi. A domani, chiaro?- Seguì un messaggio
dell'amministratore della palazzina, ma tanto lui già non ascoltava più. Una
pentola bolliva sul fuoco della sua efficientissima cucina lustra e brillante
quando un rumore lo fece voltare dalla finestra, a cui si era
appoggiato. Spiò nel corridoio. Nessuno. Allora sbuffò
sonoramente. - Chiunque tu sia.- sibilò - Questa sera non sono in vena. Torna
domani.- E si levò la maglia, afferrando una camicia bianca pulita che era
appesa alla sedia. Fece per infilarla quando il solito e ormai conosciuto
sospiro gelido alle spalle lo fece voltare. C'era una ragazzina, forse appena
maggiorenne, in camicia da notte nella sua cucina. Si guardava attorno e
sembrava confusa. - Chi ti ha detto di venire qui?- le chiese, poggiandosi
coi fianchi al fornello che aveva spento. Lei si raddrizzò, stropicciandosi
la camicia da notte ospedaliera. “Ecco...” sussurrò in maniera appena
percettibile “Una donna all'ospedale...mi ha detto di venire in questo posto,
prima che mi addormentassi. Poi...quando mi sono svegliata...piangevano
tutti...mia madre e mio padre neanche mi vedevano...” e cominciò ad agitarsi
“Perché nessuno mi vede? E perché
nessuno mi sente? Tu...chi sei?” Damon rise appena, accendendosi una
sigaretta. La guardò da oltre il fumo che si levava al soffitto. - Vuoi
che te lo dica io?- “Certo!”
sbottò preoccupata “Chi sei? Cosa mi è successo?” Il mago si girò
verso la finestra. - La vedi quella luce?- La ragazza seguì il suo sguardo
“Quella luce bianca?” - Ritieniti fortunata. Altri hanno solo un buco
nero.- “Che vuol dire?” alitò di nuovo. - Sei morta.- le disse,
fissandola. La vide traballare sulle gambe. Fissarlo con occhi bruni
sgranati. “Cosa?” replicò, credendo di non aver capito bene. - Tu sei
morta.- le disse di nuovo, con tono dolce - Sei morta in ospedale. Ti ho vista
morire stanotte. Hai avuto un incidente d'auto. Camminavi sulle strisce e un
ubriaco ti ha investita. Appena fuori Notting Hill.- Come la maggior parte
delle volte succedeva, la ragazza rise istericamente. Gli diede del pazzo e
poi scappò via, proprio com'era arrivata. E tanto, come sempre accadeva da
ormai otto anni, sarebbe tornata. Damon rimise l'acqua sul fuoco, anche se
erano solo le sette, ma l'ennesimo rumore molesto gli fece capire che in casa
sua era entrato qualcun altro. Imprecò, ma non fece in tempo a girarsi che
qualcosa l'avvolse alla gamba destra. Abbassò il viso e trovò la piaga
sociale che aveva soppiantato la droga e l'alcool dalla scala di mortalità. -
Quella donna!- disse un bambino, tremante - Quella donna è un'arpia! Ti prego,
ti prego, ti prego!!!- Damon tornò a cucinare, fregandosene del piccolo mago
che arrivava sempre a sproposito e che l'aveva afferrato per il ginocchio, senza
scollarsi più come una sanguisuga. - Devo chiudere quel camino.- sibilò Damon
a mezze labbra. - Tu non capisci! Miss Trumbull è una vipera!- scattò il
piccolo, buttando il mantello, su cui spiccava uno stemma di una prestigiosa
famiglia di maghi, su una sedia - Quella mi odia!- - Odiava anche me e come
vedi non sono morto.- replicò pacato. Il piccolo lo strinse più forte -
Andiamo, abbiamo lo stesso sangue che scorre nelle vene!- piagnucolò con fare
teatrale, mentre Veleno, al polso di Damon, accendeva i suoi occhietti irritato
da quell'intrusione - Non puoi abbandonarmi così al mio destino!- - Aidan
come te lo devo dire?- replicò il Legimors - E' solo un'istitutrice, fino a
quando non sarai abbastanza grande per Hogwarts. Cerca di sopportarla.- - Tu
sei mio fratello, dovresti avere un po' di pietà per me!- sbraitò di nuovo il
piccolo Aidan Howthorne, pestando il piede sul costoso marmo e fissandolo con
occhi azzurri fiammeggianti - Spero che Veleno ti morda nel sonno!- e finita
quella minaccia, Aidan si mise a chiacchierare in Serpentese col bracciale del
fratello maggiore, del tutto incurante delle sicure istanze di morte che quella
peste stava portando avanti. Da lì in poi però cucinare fu impossibile. Si
prese un'altra birra e andò in salone con la piattola alle costole, senza
guardare il casino che Aidan aveva fatto apparendo dal camino grazie alla
Polvere Volante. - Trix è tornata?- gli chiese il maghetto, saltando sul suo
costoso divano. - Stanotte.- rispose Damon - Mamma e papà lo sanno dove
sei?- - Mi prendi per deficiente?- Il viziatissimo principino di casa
Howthorne si allungò meglio sui cuscini, afferrando il telecomando e
schiacciando a caso. C'era da dire che suo fratello era molto viziato a
livello affettivo. Non c'era nessuno come Lord Michael che sapesse far rigare
dritto con disciplina, ma...i suoi genitori in campo affettivo avevano dato
tutto ad Aidan. Forse per redimersi. Sorrise, vedendolo ridere di fronte ai
cartoni animati serali. - E la tua ragazza? Quando la vedo?- chiese nel
frattempo. - Ah.- Damon agitò la mano - Non lo so.- - Non lo sai? A chi
devo chiederlo?- replicò il piccolo con una bella lingua biforcuta - Al portiere
babbano? O a Veleno?- poi cambiò argomento, come faceva sempre - Ci vieni al
maneggio la prossima settimana?- - Non ci viene papà?- - Voglio te.- e
mise il broncio, come per intenerirlo - Eh? Vieni? Con Cloe magari! Per Trix c'è
troppo sole.- - Hn, chiederò. Ma non penso che la duchessa verrà.- - Ah
già.- si limitò a masticare Aidan - Trust il Matto è sempre in
circolazione.- - Ma che matto, sciocco.- ghignò il Legimors, cercando di
nascondere la propria espressione a quella spugna in miniatura - E piantarla di
intontire Veleno di chiacchiere.- - Guarda che è lui che vuole parlare!-
sbottò il nanerottolo, riportando gli occhi sulla tv - A proposito. Si può
sapere chi è sempre questo Tom?- La bottiglia che Damon teneva fra le mani
finì a terra, ma su un tappeto, così non si ruppe. Il liquido color miele
scivolò fuori e quando rialzò il viso, Aidan lo stava fissando. - Tom, Tom,
Tom.- continuò - Veleno non fa che dirlo. Chi è?- - Un fantasma.- sussurrò
Damon, tornando in cucina. Solo un fantasma. Un fantasma che
aveva ancora un corpo...ma che risiedeva lontano, da qualche parte, nella sua
memoria. Che strano. Era da tempo che non pensava a lui. Il primo anno
dopo la fine di Hogwarts era stato...quasi inesistente. Aveva ben pochi
ricordi di quel periodo. Era stato quasi sempre in casa, usciva solo per vedere
Beatrix. Anche di Cloe aveva ben pochi ricordi. Poi era nato Aidan, i
gemelli, di seguito i figli di Edward e Ophelia e per ultima la bimba di
Blaise. Tutto era scivolato via veloce, frenetico. Ma da qualche parte,
nell'ombra, quel volto, quella voce, quelle memorie...erano rimaste. Thomas
Maximilian Riddle. Sparito nelle intemperie del tempo, nei granelli di una
clessidra. Però era sempre lì. Al suo fianco, di notte, di
giorno. Specialmente di notte. E proprio quella notte, mentre Damon girava
il suo Sognid'Oro prima di andare a letto, guardò la foto che era stata scattata
nel loro ultimo Capodanno a Hogwarts. Tutti eleganti, tutti
sorridenti. Eppure ora, a guardare meglio, colse in quegli occhi blu
l'avvisaglia che avrebbe preceduto la sua fine. Come poteva essere stato
tanto cieco?, si chiese, spegnendo le luci. Come? Verso le tre di mattina
però, la cecità finì. Dopo otto anni di buio e silenzio, Damon lo sognò. E
quando si svegliò di scatto, madido di sudore e con un brivido a pelle, si
ritrovò a sorridere. Eccolo il sogno che aspettava. Dopo otto anni era
arrivato finalmente. Si alzò di volata e corse in cucina, scrutando
freneticamente il calendario. Il 27 giugno. Cerchiò la data, passandosi le
mani sul viso, senza smettere di sorridere. 27 giugno. Era fatta.
In Charing
Cross, la mattina dopo all'alba, Damon Howthorne si Smaterializzò nell'interno
di un appartamento al settimo piano di un palazzo di vetro e metallo,
appartenente a Milos Morrigan. Un Incanto d'Allarme scattò immediatamente, ma
lui agitò la bacchetta, pronunciando: - AB negativo.- L'allarme la smise
subito di trillare e lui si diresse spedito in mezzo al salotto dai colori
scuri, dove un portatile stava scaricando canzoni da tutta la notte e senza
tante storie si piazzò di fronte ai pannelli di vetro che lo separavano dalla
stanza da letto. Gli arrivò un gemito esasperato, prima ancora che aprisse
bocca. - Dannazione.. sono solo le sei!- sbottò una voce femminile. Damon
sogghignò, levandosi la giacca - Alzati bell'addormentata. Dobbiamo
parlare.- - Vattene Howthorne.- fu la risposta assonnata. - Se non ti alzi
all'istante rovescio la tua colazione fuori dalla finestra!- - Dio, guarda
che io lavoro sai? Mica faccio la mantenuta come te, Lord Howthorne.- Il
Legimors piegò le labbra in un'espressione perversa. - Allora dovrai uscire a
lavorare per trovarti altro da bere, perché ripeto...o ti alzi, o la colazione
vola via.- Al pensiero di quello spreco, una ragazza di ventisei anni
spalancò gli occhi giallo ambra, serrando le fauci e imprecando poco finemente.
Attorcigliata fra candide lenzuola di seta, Beatrix Mirabel Vaughn si mise a
sedere nel letto vuoto al momento. La pelle di burro e i capelli neri e lucenti
facevano contrasto col candore in cui si trovava, ma si alzò comunque,
sbuffando. Entrò nuda in bagno e quando ne uscì aveva addosso una maglia da
uomo, che le pendeva da una spalla e le scopriva appena la rotondità del
seno. Poco garbatamente aprì i pannelli divisori e grugnì addosso a Damon,
che si era già comodamente stravaccato nella sua lustra e quanto mai
inutilizzata cucina. Era diventata ancora più bella Trix. Anche ora con
quel mollettone nei capelli che la rendeva decisamente più umana. Infilò la
testa nel frigo, tirò fuori un bicchiere di polistirolo bianco su cui c'era
scritto COLAZIONE di MILO e si mise dall'altra parte del bancone. -
Sentiamo.- rognò - E prega che sia importante.- - Prima di questo...com'è
andata con Clay?- - Meno male che c'era lui.- sentenziò con un sospiro stanco
- I francesi ormai hanno promosso la legge. Chi passa il confine dei Pirenei e
ha sangue misto, deve essere schedato e registrato. Fra un mese passeranno la
proposta anche qua ma Clay non è sicuro che il Ministro l'accetti.- -
Bhè...Dibble è in carica da poco, ma non mi sembra un fesso.- - Infatti. A
differenza del suo predecessore mi sembra uno che ama la libertà di essere e di
parola, se capisci che intendo. Per questo s'è guadagnato il mio disinteressato
voto.- esclamò sarcastica, fissandolo da oltre il bicchiere - Allora, che volevi
di così urgente?- - Che hai da fare il 27?- le chiese, senza perdere un
tiepido sorriso. Trix sorseggiò lentamente, aguzzando la vista e cercando il
suo palmare. Agitò la bacchetta e quello iniziò ad emettere rumori strani, fino
a quando non le venne sotto mano il servizio. Ebbene si. Trix era diventata
Auror e lavorava nella squadra di Ron, con Edward, Draco ed Efren
Coleman. Aveva preso il posto di Hermione Hargrave quando la strega, cinque
anni prima, aveva deciso di staccare la spina. - Il ventisette è giorno
libero.- rispose - Perché?- - Mi serve che tu venga al Ministero. Di
mattina.- - Che palle. Per cosa?- - Tu non stare a preoccuparti. Vieni e
basta.- Beatrix levò un sopracciglio, incrociando le gambe snelle sulla sedia
- E' da un po' che non hai visioni a lunga scadenza. Che succede?- - Niente,
è una sorpresa.- La Diurna sospirò, finendo la colazione con un sorso e
levandosi il mollettone dai capelli. - Come ti pare, tanto c'è tempo. Cloe
l'hai sentita?- - No, Trust l'ha requisita da una settimana.- La smorfia
della mezza vampira fu quanto mai eloquente. - Oliver non mi piace.- - Non
piace neanche a Aidan.- rispose Damon, tranquillo. - Bhè, tuo fratello ha
ragione.- replicò acida - Non mi piace Trust, punto e basta. Sembra che voglia
sempre allisciarsi tutte le persone che lei frequenta.- - Forse vuole solo
piacere agli amici della sua futura moglie?- - Stronzate.- - Ottimo.-
Howthorne la finì subito, levando le mani - Se ti vesti andiamo a spianare soldi
e poi a trovare i ragazzi. Alex, Herik, Caleb e Jeremy sono tornati ieri da
Hogwarts.- - Aidan lo passiamo a prendere?- - E' impressionante come
siete diventati culo e camicia.- frecciò sarcastico - Visti i precedenti.- -
Tuo fratello è solo geloso di te.- sorrise la Diurna, alzandosi e infilandosi di
nuovo in camera - Faccio una doccia!- urlò - Mezz'ora e sono pronta!- - Come
ti pare.- rispose, attaccandosi al suo portatile non prima però di averle
evidenziato la data del 27 sul palmare. Affinché non avesse potuto
scordarselo.
Harry Potter non era mai stato fortunato con le sue
abitazioni. Godric's Hollow era andata a fuoco due volte. La palazzina in
stile liberty di Lane Street n° 4 fatta a pezzi dagli Illuminati. Ma da otto
anni alla sua nuova casa non era ancora mai capitato nulla, perciò non a caso
tutti i gli amici del bambino sopravvissuto chiamavano la sua villa accanto a
Kensington Gardens "The Lucky House". Era una villa di tre piani, bianca, coi
tetti rossi, attorniata da un grande giardino sia sul retro che nell'ingresso,
in cui un sentiero ciottolato arrivava di fronte all'ingresso della casa,
creando una zona circolare dove troneggiava una fontana. Il retro era
occupato da una grande costruzione di vetro e plexiglas, la serra e da un gazebo
color panna, sormontato da roselline e glicine. Inoltre, per chi guardava
dall'alto, si poteva notare che la Lucky House era formata da due bracci
separati, uniti solo da lunghi corridoi interni. Un braccio ciascuno, si
sarebbe potuto dire. Nell'ala est abitava la famiglia Potter. Nell'ala
ovest la famiglia Malfoy. E per la semplice ragione che da anni costringeva
Harry Potter e Draco Malfoy a vivere in perfetta simbiosi. Draco Malfoy quel
giorno a pranzo, per la prima volta dopo secoli, si era goduto la casa in santa
pace, tutta sua. Il silenzio regnava sovrano e mangiò tranquillo, senza
sentire schiamazzi di bambini o strani versi animaleschi. Senza contare che
quando Hermione spariva di casa, lui poteva far entrare di straforo tutti gli
elfi domestici che voleva, che rimettevano a posto tutto il casino che lui, sua
figlia, Harry, Lucas e Faith facevano. Perché anche Elettra non era in casa e
da più di una settimana ormai. C'erano i campionati di quidditch e la squadra
delle Aquile Inglesi aveva vinto faticosamente l'ultima e più importante
partita, prima della finale contro i russi. Era tornata una settimana prima solo
per assicurarsi che lui e Potter non si fossero uccisi, ma anche Harry di
recente stava poco in casa. Usciva la mattina per andare a Cedar House, a
prendere Degona. Poi entrambi andavano alla Associazione Hayes. Già. E
così Harry Potter il babbano aveva davvero smesso di vivere di rimpianti negli
anni. Da quando Degona due anni prima era uscita da Hogwarts, la piccola Mckay
ora diciannovenne era diventata la splendida persona che tutti avevano sempre
immaginato sarebbe stata. Terminato il M.A.G.O. Elisabeth Jenkins aveva
preparato alla sua pupilla una lista di balli interminabili a cui partecipare,
per trovare un buon marito, ma Degona si era salvata, devolvendo tutto il suo
patrimonio materno, quello dei Lancaster, all'Associazione Hayes, un istituto
privato creato da un vecchio compagno di scuola di Silente. Si trattava
infatti di un istituto creato dal grande magnate Desmond Hayes, tornato da poco
a Londra dopo anni di vita all'estero, in cui giovani maghi mezzosangue, di
stirpe demoniaca, venivano salvati da una vita di strada, oppure da abbandono e
morte certa. Quando Degona era venuta a sapere dell'istituto di Hayes non
aveva perso tempo e aveva fatto anche il miracolo su Harry Potter, che da anni
viveva della sua rendita datagli dal Ministero della Magia, senza più alzare un
dito. Degona l'aveva trascinato all'associazione e...lì ora vi passavano la
maggior parte del loro tempo. Insieme a marmocchi con corna e coda e Merlino
solo sapeva cos'altro. Se non altro Elettra ed Hermione avevano finalmente
smesso di preoccuparsi per Harry, ma restava il fatto che ora usciva presto la
mattina e tornava a casa anche troppo tardi la sera. Col risultato che Faith
agognava per stare un po' col padre e quella piccola larva di Potter infame che
era Lucas borbottava da mane a sera. Come stava facendo anche quando mise
piede in casa, all'una e mezza. Draco lo vide dalla sua cucina e ghignò come
una iena quando l'incantevole Isabella Baley Maitland e suo marito Joe Maitland
entrarono accompagnando lui, Glory, Faith e Caleb, il cugino dei Potter e figlio
di Isabella. Caleb aveva 12 anni e aveva appena terminato il secondo anno a
Hogwarts, come Grifondoro, chiaro. Ma la trafila non era finita. Un
secondo dopo riprese la sfilata. Entrò Jess Mckay, bello come il sole, che
tirava suo figlio Alex di dodici anni per il cappuccio della maglietta con la
mano destra. Con la sinistra invece tirava suo nipote Herik, il figlio di Sofia
che aveva già 14 anni, per il bordo della camicia. I due ragazzini salutarono
Draco, poi schizzarono con Lucas su per lo scalone principale, che divideva la
Lucky House. Come minimo sarebbero andati a prendere gli skate volanti per
giocare in casa. Glory era già sparita in camera sua visto che odiava il
chiasso, ovviamente a leggere dopo avergli dato un bacio che non gli negava mai
e anche Faith non sembrava in giro. - Odio i bambini.- gli disse Jess,
andando a sedersi alla tavola della sua cucina. - Era meglio lasciarli sul
treno.- frecciò anche Joe Maitland. - Padri degenere.- rise Isabella, almeno
fino a quando la porta dell'ingresso non si spalancò di nuovo e Pansy Parkinson
Weasley non entrò inferocita, con l'undicenne Jeremy Weasley a capo fila che
corse subito da Lucas, suo migliore amico, i gemelli pestiferi per secondi e
Marc per ultimo. - Problemi?- ironizzò Draco, ben sapendo che era
successo. - Lascia perdere!- gracchiò la strega, coi capelli più corti che in
passato, sfumati in un caschetto sulle spalle ma sempre con la stessa aria da
ventottenne - Al binario c'era quella cretina della Bulstrode col marito!
L'avrei strangolata!- - Ma che ti ha detto? E dov'è Blaise?- le chiese
Jess. - Sono qua!- - Ciao Blaise.- bofonchiò Draco, quando Zabini apparve
sulla soglia con la sua bella moglie, Paris, una bruna procace, con la figlia di
quattro anni in braccio, la piccola Madison. Dietro di loro era arrivato
anche Ron, reduce dall'incenerimento dei vampiri che gli avevano appestato
casa. - Salve gente.- salutò Zabini - Ci siamo tutti?- - Manca il
maledetto Potter, J.J, Damon, Trix e Dalton....anche se a quanto vedo Chris e
Caroline sono arrivati adesso.- aggiunse Malfoy, notando di sfuggita lo
sfrecciare della testina bionda della piccola Linnie del corridoio. Madison
volle raggiungere l'amichetta e si attaccò ai pantaloni di Chris fino a quando
Edward, un pelino disastrato per il caldo, non mise la testa in cucina. -
Avete notato che il loro numero aumenta sempre di più? Siamo in minoranza
ragazzi.- li apostrofò. - Si, manca Potty e questa casa diventerà un asilo
nido.- sibilò Draco, alzando una bottiglia di vino dalla credenza di legno
pregiato e facendola volteggiare sopra le loro teste - Ophelia?- - E' andata
a controllare che non si uccidano.- sospirò Pansy, mettendo timorosamente il
naso fuori dallo stipite - Stanno di nuovo giocando a hockey sul tuo pavimento
di linoleum Draco.- - Tranquilli. Ho detto agli elfi di metterci la cera
stavolta.- E non finì di dirlo, tantomeno finì di vedere le espressioni
allibite dei genitori che un sonoro tonfo dal piano superiore gli fece capire
che Lucas Potter si era appena fatto spuntare un corno-bernoccolo sulla
fronte. - Complimenti, ora chi lo sente!- soffiò Pansy, guardandolo
storto. - Porcaccia la miseria!- sbraitò Lucas, che cercava di tirarsi in
piedi con l'aiuto di Alex e Caleb, finendo così a terra in tre, addosso a Marc
che era sempre in mezzo quando non doveva. I piccoli stavano ancora urlando
imbestialiti, quando la porta si aprì di nuovo e dalla cucina Isabella Maitland
vide entrare suo fratello. Anzi, il suo fratellastro mezzo francese. J.J.
Baley aveva vent'anni ormai ed era diventato uno zio coi fiocchi che Lucas,
Faith e Caleb adoravano. Biondo come tutti i Baley e occhi azzurri, salutò i
presenti col suo lieve e appena percettibile accento francese preso da sua madre
e si fermò a bere un bicchiere di vino. Era entrato nelle grazie di Isabella
da un pezzo, mentre con Elettra...i rapporti erano ancora un po'
ristagnanti. Finalmente da sopra i mocciosi smisero di urlare e tornò anche
Ophelia. Ora coi capelli lunghi, senza più ciocche colorate, la signora
Dalton baciò il marito e si sedette. - Bella l'idea della cera.- ironizzò -
Ma Lucas mi ha detto di dirti che te la farà pagare.- - Potter.- sentenziò
Draco, col suo solito tono - Allora, questa cena da Coleman quando si fa?- -
Quando torna Hermione.- gli rispose Ron, che si massaggiava il morso sul collo
ancora coperto dal cerotto - Efren vuole anche lei.- - Aspetterà in eterno
allora.- sibilò il biondo - Trix ancora non c'è?- - E' andata a fare spese
con Damon e Aidan. Ci vorrà una vita.- spiegò Edward. Invece ci volle meno
del previsto. Damon e Beatrix entrarono a Lucky House mezz'ora più tardi
carichi di borse, giusto in tempo per vedere Lucas, Alex e Jeremy fiondarsi giù
dalla scala coi rollerblade, mazze da hockey in mano e palla di gomma stregata
che rimbalzava ovunque. Aidan naturalmente non perse tempo e si unì al corposo
gruppetto di mentecatti minorenni, mentre i due ex Serpeverde si
separarono. Trix andò in giardino, sul retro, dove trovò Edward, Ron e Blaise
intenti a discutere delle ultime ronde del mese, Howthorne invece raggiunse la
cucina. Draco stava affettando del briè sul tagliere, ebbe si, da qualche
anno si era abbassato anche a tagliarsi il formaggio, con un bicchiere di vino
rosso accanto e Faith seduta davanti a lui. La piccola s'illuminò, vedendolo
arrivare. - Ciao Damon.- lo salutò con gentilezza. - Ciao principessa.- le
disse, scompigliandole i bei capelli neri e sorridendo delle efelidi che le
spruzzavano il naso - Come stai?- Il viso della bimba di appena nove anni si
adombrò un secondo, ma fu una cosa veloce. - Benissimo!- enfatizzò, saltando
giù dal grosso sgabello - Vado da Linnie adesso!- - Attenta per le scale,
piccola.- l'ammonì Draco - Se ti arrivano addosso potrebbero farti male.- -
Stai tranquillo zio!- rispose seria - Starò attenta.- e sparì di corsa, facendo
ridere il biondo. - E' sempre adorabile.- sindacò Howthorne. - Si e devo
dire che non ha preso dal fratello.- Il Legimors rise, fino a quando non vide
Malfoy afferrare un pezzo di carta, quasi senza accorgersene, e iniziare a
costruire un uccellino. Era bravo a farlo, lo era sempre stato. E intanto
parlava, parlava, ma Damon abbassò gli occhi fino al bordo della tavola. Un
bimbetto coi boccoli biondi e iridi argentee dei Black gli stava
sorridendo. Senza pensarci, Damon gli sorrise a sua volta. “Mi piace
quando il papà mi fa gli uccellini di carta.” gli disse il piccolo, con un dito
paffuto in bocca. Dava pochi anni, cinque al massimo. “Me ne lascia uno
tutte le sere.” continuò, senza smettere di sorridere “Ieri ne ha fatto anche
uno con la carta rossa. E una coda lunga!” aggiunse, scandendo bene le
parole. Un uccello rosso. Con una coda lunga. Una fenice... - Damon?-
Draco sbatté gli occhi - Ehi mi ascolti? Ma cosa guardi?- Howthorne si destò
all'istante, sollevando il viso. - Cosa? No, niente. Dicevi?- - Hai la
testa altrove di recente.- replicò il biondo Auror e con un colpo fece volare
l'uccellino di carta, soffiando sotto le ali per dargli un aiuto. L'uccellino
terminò il suo volo sul tavolo, proprio dove il bimbo teneva le mani
aperte. Ridacchiò felice, prendendolo fra le dita ma Draco glielo tolse,
facendogli mettere il broncio. - Non riesco più neanche a far volare gli
origami.- bofonchiò depresso, senza notare gli occhi tristi di Howthorne - Vado
a vedere che fa la progenie di Satana. Vieni?- e senza una parola s'incamminò in
corridoio. “Papà!” lo chiamò il bambino. Draco si girò verso la cucina,
aggrottando le sopracciglia. Che strano. Il bimbo era arrivato poco dietro di
lui, ma Malfoy si rivolse verso le scale al suo fianco. - Glory!- urlò forte
- Mi hai chiamato?- Dal piano superiore sua figlia negò, così lui levò le
spalle e tornò ad urlare a tutta la casa. - Ehi, qualcuno ha chiamato papà
per caso?- - Si, io.- frecciò Lucas, che pattinò verso di lui con aria
serafica - Ormai siete così uguali, quasi mangiate e dormite insieme, andate a
spasso per mano....che potrei chiamarti papà, se solo fossi del tutto fuori di
testa.- Draco fece una ghignatina sarcastica. - La differenza fra tuo
padre e me però è che lui non infilerebbe mai un serpente nel tuo letto la
notte, cucciolo, per farti secco con una dose letale di veleno. Io si
invece.- Lucas non parve per nulla colpito dall'affermazione. - Chissà
com'è il serpente alla brace.- replicò soave - Magari un giorno provo a farne
uno.- - Vorrei tanto vederti provare.- sentenziò il Principe di Serpeverde,
chinandosi appena sul nanerottolo di dieci anni che di nuovo ignorò il sarcasmo
e salutando Damon tornò a farsi gli affari suoi, dopo essersi ripreso la palla
stregata. Rimasto solo in cucina, i lineamenti di Howthorne si sciolsero in
tristezza rinnovata quando il piccolo si girò verso di lui, con gli occhi
vitrei. - Tu devi andare via da qui.- gli sussurrò il Legimors. “No. Il
papà mi vuole bene! Anche la mamma, lei mi chiama sempre!” e senza dire altro
scoppiò in lacrime e scappò via, tanto che Damon non riuscì più a
vederlo. Era inutile, pensò alzandosi e uscendo in giardino, dove levò lo
sguardo al cielo. Era perfettamente inutile. Draco non vedeva. Ma
sapeva. Mentre lui vedeva...ma non sapeva. Eppure tentare di far parlare
Draco sarebbe stato solo un dolore inutile. Il cielo era terso, limpido e
pulito. C'erano poche nuvole...e di nuovo la gioia di quella notte tornò a
riempirgli il cuore. Doveva concentrarsi su quella gioia. Tre settimane al
ventisette giugno. E poi la strada biforcata si sarebbe riunita in una
sola. Anche se non sapeva per quanto tempo. Ma l'importante era
concentrarsi su di essa. Su quella visione di gioia. Di
ritrovamento. Anche Harry ne sarebbe stato felice, si ritrovò a
pensare. Sarebbe esploso di gioia. Come tutti quanti, anche
Lucilla. Si. Come si era portato via la gioia andandosene, ora Thomas
Maximilian Riddle l'avrebbe riportata. Tornando. In un modo o
nell'altro. Lo capì vedendo arrivare la leggenda dei maghi dal
vialetto. Pochi negli anni non cambiano. Eppure lui era rimasto sempre lo
stesso. E non solo nell'aspetto. Mani in tasca, capo chino per poi rialzarlo
e mettere in mostra quegli occhi più brillanti degli smeraldi. Harry James
Potter lo salutò da lontano. Già, pochi potevano permettersi di non cambiare
mai. Ma al bambino sopravvissuto era stato accordato quel permesso. Poche
settimane e forse, al fianco di Harry, avrebbe potuto tornare ad esserci anche
Tom Riddle. Doveva solo credere nella sua visione.
Signori e signore, come potete vedere non
sono una che ha tempo da perdere. Mamma mia, se voglio finire entro
la metà di giugno è meglio che mi sbrighi, per questo non vi do
fiato! Eeheh, come promesso sono tornata con TMR, la quarta parte di
quella che considero una saga di famiglia. Vi ho dato un assaggio
col primo capitolo, avete visto che sono passati ben otto anni dai
Figli della Speranza...e ci sono una marea di bambini!
Si, questo è uno dei punti che vorrei
trattare. Ma prima...sapete che questa è la mia ultima fic? L'ultima
che sto ancora scrivendo? Praticamente state leggendo insieme alle
mie veterane! ^^ Ah, che soddisfazione aggiornare finalmente una
fiction non ancora finita, visto che posso aspettarmi un po' di
suspence. In fondo nessuno ha ancora finito di leggere, non potete
uccidermi come avete fatto coi Figli della Speranza...ma mi
ucciderete ora con tutti questi bambini. Ok, sappiate che mesi fa
già diedi alle altre veterane un blocco appunti con sopra genealogie
e parentele dei piccoli, con mamma e papà, perciò se fate casino,
specialmente coi Weasley, vi direi di contattarmi per mail e farmi
sapere se anche a voi serve la lista dei pargoli. Perchè loro sono
fondamentali in TMR, capire legami e parentele vi sarà utile in
questo intreccio diabolico che ho creato.
Attualmente, sto scrivendo il 45° capitolo,
perciò mettendo uno o più capitoli al giorno, dovrei farcela.
Inoltre, vi avviso fin da ora che questa fic avrà toni molto ma
molto più cupi delle precedenti, non tanto da mettere VM 17 perchè
credo in questo raiting solo quando ce n'è motivo, ma io non
scrivendo scene precise di sesso, ho voluto avvisarvi solo per un
mio abuso (nelle trame finali) di violenza e sangue durante le
battaglie. Già mi conoscete, amo il sangue a secchiellate! ;) Per
finire, aggiungo anche che ci sarà un accenno yaoi e col personaggio
più improbabile di tutti. Bene, che altro dire? Alla prossima.
Saluto tanto Bluking, julietta, Astra, Yoana, Mary, ClausK,
Iceygaze e la cara Artemisia89 che stasera metterà la sua
raccolta di drabble ispirate alla mia saga anche qui su EFP,
intitolata Lotus. Non perdetevela, perchè è assolutamente
magnifica.
Vi lascio, signori e fanciulle. Fatemi
sapere se siete sopravvissuti a capitoli più lunghi! Un bacione a
tutti. Babi.
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