Mi trattano con
la stessa condiscendenza che si riserva ai malati, o ai bambini.
Certo, il peso delle aspettative
degli altri sulle proprie spalle può essere un fardello gravoso da
portare.
Ma non avere nessuno, che riponga delle
aspettative in te?
Riuscite a immaginarlo, questo?
[Sono la bambina che guarda
una torta attraverso la vetrina di una pasticceria,
sono il randagio che osserva il calore di una casa da dietro
le finestre chiuse,
sono l'insonne che, passeggiando per le strade silenziose,
invidia i sogni della città che dorme.]
Sono l'ombra di me stessa.
Io, sono Hinata Hyuuga.
* * *
Ciò che nessuno sospetterebbe mai, è che ogni notte dormo con
mio cugino, Neji Hyuuga.
E' incredibile che una villa imponente come la
nostra possa sembrare un posto tanto angusto, quando si ha la sgradevole impressione di essere un ospite indesiderato.
Di notte, però, l'atmosfera diventa meno soffocante, e
mi piace camminare silenziosamente nei corridoi finalmente disabitati e entrare
nelle stanze in disuso alla ricerca di piccoli tesori nascosti.
Alcune di esse sono quasi vuote e puzzano di muffa e di stantio.
Ma altre, celano in sé qualcosa di più di vecchi mobili mangiati
dai tarli e di cianfrusaglie dimenticate.
Un oggetto dalla forma particolare.
Il profumo familiare di vecchi ricordi.
La consistenza e la morbidezza dei vestiti smessi e stipati in armadi grandi
e antichi.
Sono questi i miei tesori.
Trasmettono un senso di abbandono, lo stesso senso di abbandono di cui è
pervasa la mia esistenza.
In queste stanze, mi rifugio per ore, fantasticando sui possibili proprietari
di questi oggetti rassegnati a un destino impolverato.
O per lo meno, era lì che mi rifugiavo prima di quella notte.
Ricordo che ero inquieta; non riuscivo a prender sonno e neanche le mie
piccole esplorazioni riuscivano a togliermi quella sensazione di insoddisfazione
latente che tutto a un tratto mi aveva assalito.
Così, mi ero diretta quasi senza accorgermene verso la camera di mio
cugino.
Senza far rumore, ero scivolata all'interno, richiudendomi prontamente la
porta alle spalle.
["...Neji, sei
sveglio?"
Nessun tremito nella voce.
"...Hinata-sama?!"
"Oh, Neji, ti prego! Come puoi essere così formale in un
momento simile?
Siamo entrambi in pigiama!"
Sono davvero io a parlare?
"... Hinata, sei tu?"
"Neji, posso sdraiarmi un po' accanto a te? Non ho
sonno."
"Come desideri, Hinata."
"Non essere stupido, non è un ordine."
Dimmi di sì, Neji. Dimmi di sì.
"...Va bene, Hinata, vieni."
Mi precipito sotto le coperte.
"Neji?"
"Mmh?"
"Abbracciami, per favore."]
Dopo quella volta, mi sono intrufolata nel letto di Neji
tutte le notti.
All'inizio eravamo impacciati e la vicinanza ci imbarazzava: ci limitavamo
a restare abbracciati, in silenzio.
Poi, lentamente, ci siamo abituati una all'altro.
E allo stesso modo in cui frugavo nelle vecchie stanze di casa
Hyuuga, ho iniziato ad esplorare Neji, per scoprire i tesori che erano nascosti
in profondità.
["Neji, raccontami qualcosa."
"Qualcosa come un segreto?"
"Qualsiasi cosa. Parlami.".]
Mentre gli altri dormono, noi ci inoltriamo nei più intimi
sentieri del nostro animo tormentato.
Non ci sono angoli bui che ci rifiutiamo di illuminare per
l'altro.
Poco a poco, dipaniamo la matassa di queste nostre vite di
miseria, per sorprenderci finalmente ricchi, ricchi uno dell'altra.
["Neji, ti voglio bene."
"Anch'io, Hinata. Ti voglio bene anch'io."]
Siamo un Neji e un'Hinata inediti, sotto quelle lenzuola.
E i nostri occhi, quando siamo insieme, sembrano un po' meno
bianchi.