In my place

di ICEcream
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In my Place.
"Che non sarà mai tuo."
[709 parole, giuste giuste]
 

«Per quanto ancora vuoi restartene qua fuori? Dentro si stanno tutti divertendo..»
«Oh, ciao. Non importa, qui si sta bene.»
Sospirando mi appogiai alla ringhiera accanto a lui, ogni nostro sospiro si trasformava in nuvoletta, sentivo la pelle d'oca pervadermi le braccia e dovetti stringermi per cercare inutilmente di riscaldarmi. Ormai l'aria pungente invernale si faceva proprio sentire. Senza dire una parola lui si tolse la camiciona a quadri rossi e me la tese, restando solo con la maglietta a maniche corte.
«Te l'avevo detto che quella magliettina striminzita non era adatta alla giornata.»
Sorvolai sul fatto che quella fosse la maglietta che mi stava meglio, e che l'unico apprezzamento che lui aveva espresso era stato riguardo al colore, e tesi la mano per prendere la camicia.
«Grazie, tu non hai freddo?»
Lui alzò semplicemente le spalle e continuò a guardare il cielo, come faceva sempre da lungo tempo a quella parte.

«Ehi, Leo, sai che sono passati già cinque mesi, sì?»
Non rispose ed appoggiò la testa sulle braccia, i capelli castano chiaro erano scompigliati e sporchi, gli occhi erano circondati da occhiaie e sembrava sparire in quei vestiti tanto gli erano diventati larghi. Odiavo vederlo così. Odiavo sapere cosa lo tormentava e non poter fare niente per aiutarlo.
Mi scoprì a fissarlo, così distolsi lo sguardo velocemente, forse troppo, con le guance tinte di rosso.
«Ehi, Emma..»
«Che vuoi?» non mi voltai nemmeno nel rispondergli.
«Non essere scortese..»
«Una volta tanto potrò esserlo anch'io, no?»
«Tu ci credi nelle relazioni a distanza?»
E' incredibile come a volte il mondo sembri capire tutto. Non appena Leo chiuse bocca il suono delle automobili in strada cessò, il vento smise di ululare, le foglie degli alberi di muoversi, io di tremare. Sospirando mi sporsi dalla ringhiera, seriamente intenzionata a buttarmi di sotto.

«Wow, dritto al sodo, eh? Mmh.. sinceramente? No. Tu, invece, ovviamente sì, giusto?»
Mi ignorò.
«Perché non ci credi?»
«Senti, le persone cambiano, si fanno nuove conoscenze e stare lontani secondo me fa diminuire la passione. Etc, etc..»
Lui fece un sorrisetto, trattenendo una risata.
«Parli come se stessi scrivendo una di quelle tue fanfiction»
«Ah, scusami se sono sincera! Avresti forse preferito che ti rispondessi 'oh, sì, certo che ci credo! Perché se c'è amore vero la relazione durerà per sempre. Quindi, mi raccomando, continua a startene qui a soffrire come un cane senza fare niente, eh!»
Dopo pochi secondi persi il conto di tutte le volte che mi diedi della stupida nel lasso di tempo in cui lui sgranò gli occhi. Beh, ma infondo era sempre meglio turbato che perso nei suoi pensieri deprimenti mentre guardava un grigissimo, fottutissimo, cielo.
E poi lui scoppiò a ridere, senza un reale motivo e accarezzandomi la testa come se si trovasse di fronte una bambina e non una sua coetanea accigliata dalla preoccupazione e che più lui si avvicinava più sfacciatamente arrossiva.

«Emma, io sinceramente non ti capisco.» sospirò tornando al suo parapetto «Se sei davvero innamorata di qualcuno non ti dovrebbe passare con qualcosa di così stupido come la lontananza, no?»
Quella sua frase fu più dolorosa di una coltellata al cuore. Controllai il petto alla ricerca della presenza(dell'ovvia assenza) di sangue, ma rimasi quasi stupita non trovandone. Perché faceva così male?

«Non è così!» esclamai all'improvviso, forse troppo forte.
«Perché?»
«Beh, perché..» borbottai «potrebbe essere l'altro a non aspettare!»
«Scusa, non si dice sempre che alla base di un rapporto c'è la fiducia?»
«No!» continuai, a stento mi trattenni dall'afferrarlo per la maglietta e scuoterlo, non sarebbe stato per nulla fuori luogo data la situazione, forse solo un po' ridicolo. «Secondo me non è così. Perché, insomma, se ti sbagliassi..»
Come diamine faceva a sorridermi così tranquillamente? Io stavo per mettermi a piangere. Inoltre quella situazione era tanto assurda da darmi i nervi, mi sembrava di stare davvero in una fanfiction! Volevo urlargli che no, non ne valeva la pena, che stava sbagliando, che non ce la facevo più a vederlo così. Ma come potevo anche solo sussurrare qualcosa se non riuscivo neanche a guardarlo in faccia?

«Dai, rientriamo che fa freddo.» disse sorridendo e cominciando a camminare con le mani in tasca. Doveva smetterla di fare così, doveva davvero smetterla.
«Leo!» lui si voltò, continuava a guardarmi come si fa con una bambina, forse non mi avrebbe mai visto come qualcuno su cui contare. «Per quanto ancora devi aspettarla?»
Lui mi sorrise e rientrò in casa.


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Elle's place Il titolo è un ovvissimo richiamo alla canzone dei Coldplay, così come l'ultima frase di Emma, anche se in questo caso al posto di 'it' c'è 'her'. Ma tanto non è che nella canzone si capisca più di tanto che dice 'it' ed io l'ho sempre inteso come 'her', sarà che lo volevo sentire così.. asd
Comunque. Cosa dire? Questa storia è in assoluto la più
personale che io abbia mai scritto. L'ho pubblicata solo ora nonostante l'abbia buttata giù mesi fa, non so ancora se ho fatto bene. Sia a scriverla che a pubblicarla, è davvero davvero personale e riassume in maniera molto stupida e forse troppo melodrammatica i sentimenti che ho provato in questo anno passato. Come dire, fa un po' male ma mi viene anche da ridere, credo di essere un po' stupida.
Comunque vi affido tutte queste mie sensazioni, vi prego di prendervene cura.

Alla prossima, Elle.
P.s. Angolo pubblicità, vi prego di fare un salto all'altra mia fanfic: 'That MESS on 17th street', è una storia che amo molto e mi piacerebbe sentire più pareri possibili.




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