L’altro giorno ho chiesto su
facebook se iniziare a scrivere subito la storia, sapendo di non poter dare
aggiornamenti regolari e, anzi, prevedendo tempi lunghi… Mi è stato risposto di
sì, perciò eccomi qua! =D
Vi presento l’ultima storia
di questa serie, seguito de ‘L’erede di Serpeverde’. Spero che l’apprezzerete
come le altre due =)
Mi raccomando, fatemi sapere
che ne pensate! =)
E scusatemi se non aggiornerò
molto spesso… Se vi farò aspettare un bel po’… Purtroppo gli esami chiamano,
non decido io le date degli appelli! >..<
Buona lettura =)
La decisione del preside
Alla
fine il preside Dippet aveva acconsentito.
Aveva
richiamato Tom ed Eva l’ultimo giorno prima delle vacanze nel suo studio, per
dare una risposta definitiva.
“Ho
contattato tua zia Emily per esporle la tua richiesta, Eva, e lei ha… Ehm,
confermato quello che avevi detto.” disse, con un attimo di esitazione. In
effetti la donna era stata parecchio sgarbata e fin troppo entusiasta di
potersi ‘liberare’ della nipote per quell’estate. “E abbiamo avvertito anche il
tuo orfanotrofio, Tom, quindi… Potete restare.”
Gli
occhi di Eva si erano illuminati.
“La
ringrazio, preside!” esclamò, felice come non mai.
Tom
le strinse piano la mano, come per darle un avvertimento.
Il
preside Dippet la fissò intensamente negli occhi.
“Naturalmente,
signorina, questo non significa che avete la piena libertà. Siete comunque dei
minorenni, e non pensiate che la vostra… Relazione… Sia passata sotto silenzio.
So che vi frequentate, ma situazioni… Indecenti…” il preside si stava trovando
in enorme difficoltà: non aveva mai dovuto trattare prima certi argomenti, men
che meno con due studenti.
Eva
avvampò fino alla punta dei capelli quando capì dove il professore volesse
andare a parare, tuttavia Tom non si scompose e mantenne il suo proverbiale
autocontrollo.
“Signore,
non si preoccupi. Siamo persone responsabili e, in ogni caso, non è mia
intenzione mancare di rispetto ad Eva, che come lei ben saprà è la mia
ragazza.”
Armando
Dippet guardò negli occhi Tom, cercando di non provare il disagio che sentiva,
e decise di dargli fiducia.
“Ebbene,
non ho altro da aggiungere. Io vivo nel castello, quindi non resterete soli, e
credo che anche qualcun altro del corpo docenti rimanga… Albus Silente, ad
esempio, lui rimane tutti gli anni... Non siete costretti a dormire nei vostri
dormitori, d’estate ovviamente non vi sono parole d’ordine e questo potrebbe
creare un po’ di confusione. Ci sono vari appartamenti sparsi nel castello, ma
confido nel vostro buonsenso.”
Eva
colse chiaramente il messaggio dietro quelle parole, e ancor di più dietro
l’occhiata che il preside lanciò loro: letti separati. Lei non sapeva che
pensare: da una parte aveva già dormito con Tom, non vedeva l’ora di rifare
l’esperienza, aveva paura del buio e quindi non poteva permettersi di stare
sola di notte… Dall’altra, però, vedeva anche le cose dal punto di vista del
preside, che giudicava sconveniente che due ragazzi dormissero insieme. Chissà
che avrebbe pensato se avesse saputo del resto. Già stava facendo un gran
favore, permettendo loro di rimanere…
Si
congedarono poco dopo e si diressero verso il parco, più precisamente verso un
salice piangente che avevano scoperto giusto il giorno prima e che avevano eletto
a loro personale rifugio.
I
lunghi rami cadevano davanti a loro, abbastanza fitti da creare ombra fresca ma
non troppo da impedire la vista sul lago, anche se in effetti erano un po’
distanti. Si sistemarono come al solito: lui dietro, la schiena appoggiata al
tronco, lei davanti, fra le sue gambe, la testa sul suo petto. Il bello
dell’ombra era la frescura: potevano starsene abbracciati per ore senza dover
colare dal caldo, sudando come matti.
“Allora.”
disse Eva “Cosa sarebbe questa storia che mi rispetti?”
Tom
abbassò la testa ed incontrò i suoi occhi azzurri.
“A
che ti riferisci?” chiese, sorpreso.
“Beh…
A quello che hai detto al preside… Sai, che siamo responsabili e che mi
rispetti…” Eva avvampò, cercando di far capire al suo ragazzo quello che aveva
in testa “Però… Noi facciamo anche certe
cose.”
Tom
fece un sorrisetto furbo.
“Oh…
Intendi forse che facendo… Certe cose…
Io ti manchi di rispetto?” le chiese “Credevo che anche tu fossi d’accordo…”
Eva
distolse lo sguardo, imbarazzata.
“Non
è che non mi dispiaccia… E’ che… E’ sconveniente… Per una ragazza, soprattutto,
prima del matrimonio…”
La
ragazza non aveva dimenticato il tono sbalordito della sua amica Annie quando
Daniel, scherzando, l’aveva accusata di fare ‘zozzerie’ con Tom. Lei
personalmente non ci vedeva nulla di male, anzi,
ma aveva paura che se Annie avesse saputo non l’avrebbe più guardata con gli
stessi occhi. Dopotutto era la sua migliore amica, e lei non voleva che si
facesse un’idea sbagliata…
Tom
prese i polsi di Eva e poi la buttò per terra, semi-sdraiandosi sopra di lei,
senza pesarle. Nei suoi occhi c’era una luce divertita e forse anche un po’
maliziosa.
“Dunque
mi stai dicendo che questo… Ti dà
fastidio?”
Eva
era arrossita come non mai, e iniziava a sentire decisamente caldo.
“No,
io… Pensavo, gli altri…”
“Gli
altri? Perché agli altri dovrebbe interessare quello che facciamo noi due, in privato?”
La
ragazza percepì un gonfiore premerle sulla gamba destra e sentì l’eccitazione
salire.
“Ma
Annie…”
“Annie
pensa male di te, solo perché abbiamo fatto certe
cose?”
“Non
gliel’ho detto.” ammise Eva.
“E
vorresti?”
“Cosa?”
“Vorresti
dirglielo?”
“E’
che… E’ la mia migliore amica.”
“Questo
non significa doverle dire tutto quello che fai con me, Eva.”
Tom
si rialzò di scatto, trascinando la ragazza con sé e abbracciandosela stretta.
“Comunque…
Se non ti accetterà, dopo che saprà quello che hai fatto… Anche se
personalmente non vedo nessun motivo per cui tu debba dirglielo… Allora vuol
dire che non era poi così amica.”
“Tom…”
sussurrò Eva, alzando lo sguardo e vedendo il ragazzo intento ad osservare il
lago.
“Chi
non ti vuole non ti merita.”
C’era
qualcosa, in quelle parole, nel tono della voce. Come una sorta di… Durezza,
quasi dolore, anche se nascosto molto abilmente.
Eva
liberò un braccio ed iniziò ad accarezzargli la guancia, facendogli abbassare
lo sguardo.
“Non
m’importa della gente. Hai ragione: Annie potrà pensare quello che vorrà, se
mai lo saprà. Non voglio smettere di fare quello che facciamo solo perché…
Perché gli altri non capiscono.”
Tom
sorrise, uno di quei rari sorrisi senza il luccichio di scherno dietro agli
occhi. Dolce, amoroso: solo per lei,
Eva.
Si
chinò a baciarla e lei sentì il desiderio afferrarla, di nuovo.
“Neanche
io voglio smettere, sai?” le disse, scendendo a baciarla lungo il collo. Eva
gemette, stringendolo di più a sé.
“Credo
però che dovremo aspettare domani, quando non ci sarà più nessuno. Non vorrai
mica dare spettacolo, vero? Le fronde del salice non riusciranno a nasconderci
del tutto.”
Lei
fece una faccia contrariata e lui ridacchiò.
“Come
sei impaziente, Eva.”
Passarono
il resto del pomeriggio abbracciati, sotto il salice, godendosi la vista del
parco e degli studenti che passavano l’ultimo giorno di scuola in riva al lago.
PS= Tenete conto dell’epoca
in cui si svolge la storia… Non sono io che sono diventata bacchettona tutto
d’un colpo XD
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