eyes like dust
Nick dell’autore: schwarzlight
Titolo: Eyes like Dust
Tipologia: one-shot
Lunghezza: 518 parole
Genere: generale, introspettivo, slice of life
Avvertimenti: /
Rating: verde
Credits: /
Note dell'autore: ovviamente una cosa simile non poteva che venire in mente in treno... XD
Poi, Eva è la protagonista di
una storia di prossima pubblicazione, Io e Nonna Angie (yay 8D), e,
be', è ovviamente leggibile indipendentemente, ma volevo giusto
precisarlo. Anche Ray è tra i protagonisti di tale storia. E' un
po' un prologo, insomma, anche se non proprio... più un Missing
Moments?'-'
ARGH. Basta.
Introduzione alla storia: Il treno della sera, sguardi riflessi, un incontro mancato. Un incontro ritrovato.
Eyes like Dust
"Eva è indistruttibile."
Eva non era indistruttibile, per quanto potessero affermare il contrario.
Eva aveva i suoi patemi, le sue
insicurezze, le sue paure. Solo che non sfociavano all'esterno,
rimanevano chiusi nelle loro scatole, accatastati negli scaffali
assieme agli altri pensieri, al sicuro, mentre da fuori, Eva, sembrava
effettivamente intoccabile.
Niente stress, niente isterie,
niente debolezze, Eva era il saldo piedistallo che sorreggeva tutti.
Eva era forte e poteva sopportare il peso degli altri. Ma, forse, anche
lei aveva i propri problemi. Forse, il proprio peso era il più
insostenibile fra tutti.
Ray se n'era accorto.
La precoce sera autunnale oscurava
il paesaggio, ed entrambi fingevano di osservare il panorama, occultato
dai finestrini del treno trasformati in specchi. Attraverso il vetro,
Ray osservava la ragazza dall'altra parte del corridoio, lo sguardo
perso oltre le sporadiche luci di case isolate sulla costa. Eva non
vedeva nulla. Persa nei suoi pensieri, osservava il buio, senza
accorgersi dello sguardo indiretto del ragazzo poco distante.
Occhi come polvere. Occhi grigi che
ad un soffio un po' più forte sarebbero svaniti, si sarebbero
dissolti nell'aria, portandosi dietro le loro silenziose parole.
Occhi come polvere, opachi, immobili
da troppo tempo. E poi? Cosa avrebbe fatto lui, a parte continuare a
fissare il suo sguardo perso, affascinato da quell'immobilità,
da quel suo esser persa e impalpabile e forte allo stesso tempo.
Il treno cominciò a frenare.
Si sarebbe girato. Si sarebbe girato
a guardarla, prima di scendere, e l'avrebbe fatto direttamente, senza
tramiti, senza sotterfugi di specchi e ombre. L'avrebbe guardata e... e
l'avrebbe portata con sé, l'avrebbe tenuta con sé.
No.
No, no, no.
Lui sarebbe stato con lei, sarebbe rimasto con lei, avrebbe sopportato il suo peso e tutto il resto.
Il treno si fermò, le porte si aprirono.
Per un attimo, solo per un infimo attimo, lei si spostò: sembrò notarlo, ed entrambi si girarono.
La gente stava scendendo. La gente
stava scendendo, ed effettivamente quella era anche la sua fermata, di
lei, di lui. La gente stava scendendo, una marea quasi immobile fra
loro.
Poi la gente finì, e lei era già andata.
Un'altra mattina, una come tante.
Rientrava appena a quell'ora, Ray, dopo una nottata passata alle corse
di moto, quelle notturne, perché erano il suo elemento, la sua
arena in cui scendeva da protagonista.
Finalmente tornava al suo
appartamento, all'ultimo piano di una palazzina dall'ascensore che una
volta andava, le altre cinque no. Per fortuna quella era una delle
volte in cui, per chissà quale intercessione divina, il suddetto
pareva voler funzionare. Meglio per lui.
Le porte si aprirono sull'ultimo
pianerottolo, e davanti il suo ingresso uno scatolone - un
elettrodomestico, forse - e una ragazza appoggiata ad esso che
riprendeva fiato dopo aver appena finito l'ultima rampa di scale. Lei
non era stata così fortunata, pareva.
- Che stai facendo?
Occhi come polvere.
Di nuovo, gli stessi occhi grigi, la stessa fragile forza, lo sguardo che si intrecciava al suo.
La polvere non c'era più.
- Mi chiamo Eva, abito con Angie- cioè, la signora Angelica. - disse indicando l'appartamento di dirimpetto.
- ...Ray. Quella è casa mia.
Andava bene così.
Grazie mille per aver letto, spero vi sia piaciuta seppure con un finale simile. u_ù
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