I Sentieri si reincrociano

di Registe
(/viewuser.php?uid=145229)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Capitolo 16 - L'alba della Guerra dei Mondi


Zaboera

Zaboera




Fino a quell’istante Zexion si era considerato la persona più fortunata della galassia. Subito dopo essersi teleportati a bordo della Morte Nera erano stati letteralmente assaliti da un’equipe di droidi medici che avevano circondato Zam Wesell e l’avevano trascinata verso le stanze del Sarcofago; Mistobaan si era allontanato a larghe falcate verso la sala del trono, ed il Membro dell’Organizzazione era rimasto solo. Non aveva mai apprezzato tanto la sensazione di sentirsi vivo.
Negli anni in cui aveva prestato servizio presso i servizi segreti imperiali, aveva assistito spesso a delle scene disgustose ed idiote di agenti che, al ritorno delle missioni, tornavano in ufficio e baciavano il pavimento, i computer e persino il quadretto di James Bond. Li aveva considerati sempre e solo come una massa di idioti ed esagerati esibizionisti …
Ma non in quel momento.
Era tornato da una missione nel palazzo del Grande Satana, aveva affrontato alcune creature del Fushikidan, aveva liberato Mistobaan e per qualche istante aveva respirato la stessa aria del Cavaliere del Drago senza Zam Wesell dietro cui andarsi a nascondere. Ed a parte qualche graffio e un po’ di sano spavento aveva tutti gli occhi e gli arti al loro posto. Un ottimo risultato, per quella che doveva essere una missione di tutto riposo …
Fino a quell’istante.
Quando il governatore Tarkin entrava nell’ufficio scuro in volto, l’unica via di fuga era quella di mettersi sull’attenti e sperare che l’uragano passasse e che si abbattesse su qualche altro collega. Ma quando il capo dei servizi segreti arrivava accompagnato dal governatore Fett e dal Sith Darth Maul, con gli occhi puntati nella sua direzione, l’unica via di fuga era il teletrasporto. Non disponendone, Zexion si morse il labbro e salutò i tre Signori Oscuri con un rispettoso cenno del capo. Dopo il Generale Baran, l’odore di quei tre non sembrava più nemmeno troppo fastidioso.
“È vero quello che si dice, ragazzino?” lo apostrofò il governatore Fett senza troppi riguardi “Che Zam è stata ferita?”
“Sì, signore. È stata condotta nel Sarcofago”
“Chi è stato a farle questo?”
“Il Generale Baran, signore. Il Cavaliere del Drago”
Rimase in attesa di altre domande, ma non vennero. L’uomo sotto al casco mascherò la propria preoccupazione nel silenzio, ed il ragazzo rimase in attesa. I tre Signori Oscuri si scambiarono dei cenni con il capo, poi s’incamminarono verso la sala del trono; quando il governatore Tarkin gli intimò di seguirli, Zexion non rispose e si mosse a pochi passi da loro, ascoltando il suono cupo dei loro stivali sul pavimento metallico ed il bisbiglio degli addetti alla manutenzione della gigantesca stazione orbitaria che discutevano al loro passaggio. Come d’abitudine la voce di Mistobaan lo raggiunse prima del suo stesso odore nel momento in cui le guardie rosse si fecero da parte e li introdussero nella sala del trono.
“MIO SIGNORE, IMPLORO LA SUA PIETA! MI SONO FATTO RAPIRE COME IL PIU INUTILE DEI SOLDATI E COME IL PIU INCAPACE DEI SIGNORI OSCURI! HO DISONORATO IL SUO NOME CON LA MIA STESSA DEBOLEZZA!”
“Mistobaan, per favore …”
Zexion non riusciva a vedere gli occhi del sovrano della galassia, nascosti sotto il lugubre cappuccio nero. Ma dal tono della voce e dal modo in cui tamburellava le dita sul bracciolo del trono era evidente che fosse stato costretto a sentire le urla del suo Braccio Destro per troppo tempo.
“MI TRAFIGGEREI I CUORI CON LE MIE STESSE MANI PER RIPAGARLA DEL DISONORE CHE HO LANCIATO SU DI LEI, AUGUSTO SIGNORE, E NON LO FACCIO SOLO PER RISPETTO VERSO IL SUO DONO!”
Alla sua destra vide il governatore Maul estrarre dalla tasca un paio di cuffiette e mettersele con un’aria di rassegnazione.
“QUELLO SCHIFOSO DEMONE VOLEVA COSTRINGERMI A RINNEGARE LA MIA FEDE NEI SUOI CONFRONTI, MA IO HO STRENUAMENTE RESISTITO ALLE SUE PAROLE TENTATRICI” disse, sollevando un dito in alto “ATTACCARE ME E’ STATA SOLO UNA SUBDOLA MOSSA PER INDEBOLIRLA, MIO IMPERATORE, MA IO NON LO PERMETTERO MAI!”
Come si abbassa il volume?
Needa, l’assistente dell’Imperatore, passò accanto a lui: ignorò il Braccio Destro Urlante e digitò un paio di comandi su una pulsantiera che aveva al polso, e dopo qualche secondo alla loro destra comparvero da degli ologrammi di ultima generazione le facce non più giovani dello stregone Saruman e del Sith Dooku, gli unici Signori Oscuri ancora mancanti all’appello. Cosa ci faccio io tra questa gente? I due guardarono preoccupati la figura massiccia di Mistobaan e scambiarono occhiate preoccupate prima verso il governatore Tarkin e poi verso il loro sovrano ormai chiaramente giunto ai limiti della sopportazione.
“NON SONO RIUSCITO NEMMENO A RIPRENDERE QUELLA MAGA! MIO SIGNORE, SCELGA LA PENA CHE PIU' MI MERITO ED IO LA SOPPORTERO SENZA INDUGIARE OLTRE …”
“Mistobaan …”
“SPARGEREI VOLENTIERI I MIEI ARTI PER I BUCHI NERI DEL …”
“MISTOBAAN!”
La voce dell’Imperatore superò quella del Braccio Destro e Zexion imitò l’espressione beata dei Signori Oscuri nella sala, intenti a pregustare quei rari secondi di puro silenzio. L’essere incappucciato piegò il ginocchio e rimase immobile ai piedi della scala che conduceva al trono nero, sotto lo sguardo degli altri uomini. Il sovrano della galassia ritirò le mani al di sotto delle pieghe della lunga tunica nera ed iniziò a parlare, con la sua voce roca ma che non tradiva la sua durezza d’animo “Non ho di che lamentarmi di te, Mistobaan. Ti sei fatto valere, non hai ceduto alle parole del Grande Satana e sei stato vitale per questa missione, proprio come si addice ad un Braccio Destro”. La creatura fece per rispondere qualcosa, ma l’uomo anziano bloccò la sua foga oratoria con un semplice cenno della mano “Zachar non era vitale per la nostra missione, avete fatto bene a non perdere tempo per cercarla. Negli ultimi tempi si era fatta ancora più inutile, piagnucolosa e debole di prima. Una seccatura di cui posso fare benissimo a meno. Abbiamo Kaspar, e finché è in queste condizioni è gestibile”.
Un velato suggerimento a tutti noi. E’ la nostra utilità a tenerci in vita, qui dentro. Niente altro.
“Nondimeno questo Grande Satana si è dimostrato un problema”
Il trono ruotò, ed il signore della galassia diede loro la schiena. Lo spettacolo che si godeva dalla sua posizione doveva essere innegabilmente in grado di riempire chiunque di potere; il suo odore ed i suoi pensieri non permeavano solo quella stanza, ma tutta la gigantesca stazione orbitale. La attraversava, la permeava e pulsava con lei. Entrava fin dentro coloro che vi lavoravano. Un’aria maligna che aveva colpito il ragazzo sin dal loro primo incontro.
Lassù, davanti agli occhi dell’Imperatore, brillavano le stelle della galassia.
La sua contemplazione durò diversi minuti, ma nessuno in quella sala osò allontanarsi senza il suo permesso. Quando riprese parola, lo fece con la dovuta calma: “È stato in grado di rapire uno dei nostri. Di spingerci a scendere in campo ed a spiegare le nostre migliori forze”. Non vi erano tremori nella sua voce, soltanto il flebile profumo della preoccupazione. “Ha quasi distrutto la mutaforma, la nostra migliore arma. Riesce a teleportarsi dalla sua dimensione alla nostra. Sarebbe da sciocchi non tenerlo in considerazione”.
“Cosa ci consiglia di fare, Imperatore?” chiese il governatore Tarkin.
“Aspettare” rispose l’uomo sul trono “Sono convinto che questa faccenda non si conclude qui. Ma il Lato Oscuro mi ha lasciato un presentimento…”
Sotto il cappuccio, un sorriso.
“Lascerò al Grande Satana la prossima mossa”.



Dopo ore di oscurità, un flebile barlume di luce si intravedeva finalmente in fondo al corridoio buio. Vexen si muoveva in quella direzione, camminando lentamente, una mano sempre appoggiata alla parete per non perdere l'orientamento.
Non aveva idea di dove stesse andando. Verso altri mostri, trappole e demoni probabilmente, ma non che restare fermo a nascondersi nel buio gli garantisse chissà quale sicurezza. Con un po' di fortuna poteva imbattersi di nuovo nel gruppo dei preti... sempre che i demoni non li avessero già fatti fuori, s'intende. In tal caso anche il suo destino era segnato.
Dopo che la trappola del cinque di picche lo aveva separato dagli altri si era ritrovato in una cella stretta e completamente buia. Non era la stessa in cui era stato rinchiuso insieme a Camus e Marluxia: aveva una porta fatta di sbarre arrugginite al posto del portone di solido ferro, e a giudicare dal forte odore di chiuso e di muffa era chiaro che tutta l'ala era in disuso da molto tempo. Non c'erano nemmeno scudi magici di contenimento per bloccare gli eventuali prigionieri. Vexen aveva cercato a tentoni la serratura e aveva riempito di ghiaccio la fessura tra il muro e la grata, allargandola il più possibile; poi, a forza di calci e spinte, era riuscito a far cedere la porta.
L'entusiasmo per l'avvenuta liberazione era stato di breve durata. Quell'area del palazzo era completamente immersa nell'oscurità e a dir poco labirintica: orientarsi era praticamente impossibile. Aveva passato quelle che sembravano ore a tastare le pareti in cerca di finestre da aprire, ma non ce n'era la minima traccia.
E allora aveva capito perché la trappola lo aveva fatto finire proprio in quel posto.
Perché io mi agiti invano come una mosca in una ragnatela. E intanto il ragno può badare ai suoi affari, e poi tornare qui con tutta calma...
Il pensiero lo riempì di un'angoscia cieca. Cominciò a girare a caso, in preda al panico, urtando contro spigoli e pareti, incespicando tra la polvere e i detriti di secoli d'abbandono. Il buio sembrava una presenza tangibile, dotata di consistenza propria: lo incalzava da ogni lato, gli penetrava nel naso e nella bocca, soffocandolo. Era sicuro che mille occhi maligni lo scrutassero al riparo nelle tenebre, che mani scheletriche si protendessero per ghermirlo... ma in quel silenzio tombale l'unico suono udibile era il battito accelerato e impaurito del suo cuore.
Almeno fino a che non iniziarono i crolli e le urla.
La voce tuonante e rabbiosa che risuonò per tutti i corridoi era inconfondibile: Mistobaan. Senza pensare Vexen si appiattì alla parete più vicina, pregando disperatamente che la creatura non lo notasse.
Non lo notò. Sfrecciò avanti senza curarsi di nulla, inneggiando all'Imperatore Palpatine e alla grandezza dell'Impero Galattico. Ma proprio nel momento in cui pensava di essere al sicuro una luce verdastra illuminò le tenebre, e Vexen si ritrovò faccia a faccia con lui.
Zexion.
Vivo.
Gli avvenimenti successivi erano confusi nella sua mente: Mistobaan era tornato, Zexion era sparito, e lui si era ritrovato di nuovo solo nell'oscurità. Era accaduto tutto così rapidamente che stentava a credere che fosse reale. Aveva seguitato a camminare a caso, stordito, e infine quel bagliore fioco all'orizzonte era apparso a rischiarare le tenebre e a strapparlo dai suoi pensieri.
Ora che era più vicino, Vexen poteva vederne la fonte: la luce filtrava dalle fessure di una porta socchiusa.
Era un grosso portone di legno a due ante, che si aprì non senza qualche scricchiolio. Vexen dovette socchiudere gli occhi, abbagliato dalla luce improvvisa, e quando li riaprì vide che si trovava in un salone vasto, illuminato da torce di fuoco magico e decorato da statue e quadri dalle cornici sontuose. Non c'era anima viva. Appesa alla parete di fondo giganteggiava una tela più grande delle altre, il ritratto di un demone dalle vesti blu e lunghissimi capelli corvini, e per un attimo lo sguardo di Vexen ne fu catturato. In confronto ai demoni che aveva visto, e anche rispetto agli altri ritratti sulle pareti, il soggetto di quel quadro aveva uno sguardo incredibilmente mite e gentile.
Allora sorridono anche loro, qualche volta...
L'unica uscita, oltre a quella da cui veniva, era una porta ad arco che conduceva verso una rampa di scale. Si diresse da quella parte, ma subito un rumore improvviso lo immobilizzò sul posto: passi. Passi in avvicinamento, lungo le scale.
L'istinto lo portò a tuffarsi dietro il piedistallo della statua più vicina, trattenendo il respiro. Appena in tempo: i passi varcarono la soglia e proseguirono spediti verso il centro del salone.
Una persona sola a giudicare dal rumore, umanoide probabilmente. E andava piuttosto di fretta. Vexen si azzardò a dare una sbirciata oltre il bordo del piedistallo.
Quando vide la familiare massa di capelli blu una potente sensazione di sollievo gli inondò il petto.
“Camus!”
Il sacerdote sobbalzò, colto alla sprovvista, ma subito si schiuse in un sorriso raggiante.
“Padron Vexen! Siano ringraziati gli dèi! Come sta? E' ferito?!”
Vexen scosse la testa, e subito Camus lo prese per un braccio, trascinandolo verso le scale.
“Non c'è un secondo da perdere! Se facciamo in fretta riusciremo a fuggire anche noi! Io so come fare!”
Non era il momento di discutere. “Ti seguo!”
Mentre correvano su per le scale, Camus spiegò: “Dobbiamo raggiungere la terrazza. Non ho lo stesso dono del mio fratello Shaka, ma penso di riuscire a comunicare con una viverna, in fondo serve solo un po' di gentilezza. E' l'unica possibilità di fuga... “
“E gli altri? Anche tu sei stato separato dal gruppo?”
“No, padron Vexen. Loro sono già fuggiti, con una viverna appunto... “
“Come??” non credeva alle proprie orecchie. Tutti quei discorsi infarciti di pace-amore-sacrificio-bontà e poi lasciavano un confratello indietro come se niente fosse? “E non sono tornati a prenderti?!”
“Restare qui è stata una mia scelta, padron Vexen.”
Non aveva senso. “E... e perché scusa?!”
Un millisecondo prima che Camus aprisse la bocca per rispondere, Vexen si rese conto di conoscere già la risposta.
E' pazzo.
Completamente pazzo.

“Ma per cercare lei, padron Vexen.”
Pazzo furioso.
Nessuno sano di mente sarebbe tornato a prendermi. Io non sarei tornato a prendermi.

“Padron Vexen, che c'è?” Vexen si rese conto di essersi fermato a metà della seconda rampa di scale. “Non sta bene?”
“Andiamo” tagliò corto, riprendendo a correre.
Per qualche ragione provava rabbia nei confronti del giovane assistente; non riusciva ad accettare che fosse tornato per lui. Gli prudevano le mani dalla voglia di evocare una stalattite e piantargliela nella schiena.
Sarebbe più facile se mi odiasse, se cercasse di aggredirmi come ha fatto Marluxia nella cella.
Io l'ho condizionato...

Invece Camus continuava a essere gentile con lui, e questo lo mandava ai matti. Lo riempiva di rabbia... e di qualcos'altro, un sentimento che non riusciva a definire. Ma non gli piaceva.
Quando il sacerdote si voltò verso di lui per indicargli la via da seguire, Vexen scoprì di non riuscire a guardarlo negli occhi.
Proseguirono in silenzio per alcuni minuti.
“Padron Vexen!” esclamò Camus all'improvviso. “Arriva qualcuno!”
Si trovavano all'imboccatura di un lungo corridoio, e i rumori arrivavano dal fondo. Stavolta non erano i passi di una sola persona, ma di molte, molte di più.
“Torniamo indietro!”
Non fecero in tempo a fare due passi che una figura si materializzò di fronte a loro. Era il demone gnomo, quello che aveva chiesto al Grande Satana di fare esperimenti su Axel e Larxen. In mano stringeva una pietra sfaccettata che a Vexen parve di già aver visto da qualche parte. Ma era troppo spaventato per ricordare dove.
“Fine della corsa, umani!”
Dietro le loro spalle poteva udire il contingente di demoni avvicinarsi. Erano circondati.
Lo gnomo poteva sembrare inerme, ma persino un mago scarso come lui riusciva a percepirne la straordinaria potenza magica. E quando lo vide sollevare la mano libera ed evocare un globo di fuoco, Vexen non ebbe più dubbi che la resa era l'unica soluzione possibile.
“Mi seguite senza fare storie o devo ridurvi a un mucchietto di cenere?”



Quando i demoni lo scortarono nella sala del trono il Grande Satana era già lì ad attenderlo. Lo fissava accigliato, lo sguardo antico carico di un disprezzo infinito. Più o meno lo stesso sguardo che si riserva di solito a un grumo di sporcizia, solo molto, molto più cattivo.
Vexen si ritrovò a invidiare Camus, che in quel momento veniva depositato sul pavimento senza troppe cerimonie da due demoni attendenti. Il sacerdote aveva detto una parola di troppo nel tentativo di appellarsi alla clemenza dello gnomo, e quello lo aveva stordito con un incantesimo. Ma almeno lui ora non doveva subire l'ira del GSB.
Era la terza volta in pochi giorni che Vexen si trovava al cospetto del signore dei demoni, e stavolta dubitava seriamente di uscire vivo da quella stanza. Quasi avrebbe preferito che lo gnomo lo facesse fuori direttamente, risparmiandogli quell'ultima ordalia.
“Mistobaan è fuggito” esordì il Grande Satana.
E io che c'entro??!! avrebbe voluto urlare, ma si limitò a tenere il capo chino, tremando. Non osava guardare il signore dei demoni negli occhi.
“Gli sgherri di quel sovrano umano che si fa chiamare Imperatore Palpatine lo hanno portato via. Noi faremo di tutto per salvarlo, ovviamente, ma nel frattempo... nel frattempo mi duole ammettere che tu ci servi vivo, umano.”
Vexen trattenne il fiato. Per il momento non era sicuro che quella fosse una buona notizia.
“Ma non ho intenzione di lasciarti con le mani in mano. Oltre a manipolare le menti delle persone c'è un'altra cosa che sai fare, una conoscenza che tu e i tuoi vili compagni avete usato nel più indegno dei modi, ma che potrebbe rivelarsi utile alla nostra causa. Che potrebbe servirci per recuperare Mistobaan.”
Il GSB si interruppe per bere un sorso da un calice che teneva tra le mani. Era una bevanda chiara, sembrava limonata.
“Sto parlando dei congegni che tu hai chiamato Nuclei Neri. Immagino tu sia perfettamente in grado di riprodurne altri.”
“Sì, certo... “
“Ti avviso subito, umano. Prova a tradirci in qualsiasi modo, a tentare di scappare, a svolgere il lavoro in modo negligente... “ il GSB parlava in tono tranquillo, come se stesse semplicemente esponendo i termini di un contratto, ma la sua voce vibrava di furia repressa e disprezzo. “Ho detto che ci servi vivo, ma c'è modo e modo di essere vivo. E arriverà comunque un momento in cui non ci servirai più. Ma se ti dimostrerai utile potrei decidere di lasciarti prolungare la tua misera vita fino al suo termine naturale, una volta che Mistobaan sarà di nuovo con noi. E' ben più di quanto ti meriti, umano.”
Dovrei baciarti i piedi e ringraziarti per la tua generosità, demone?
Oh, lo avrebbe fatto se necessario, ma odiava il GSB per la superiorità con cui trattava lui e gli umani in generale.
Mi disprezzi, fai tanto il superiore, però alla fine hai bisogno di me...
“Voglio che tu produca ingenti quantità di Nuclei Neri. Ti darò un laboratorio e attendenti che ti procureranno tutti i materiali di cui avrai bisogno. E voglio anche che mostri a Zaboera come si costruiscono i Nuclei Neri, in modo che lui possa imparare. Tutto chiaro?”
“Sì, Grande Satana... “
“Bene. Non c'è altro. Mi aspetto che tu inizi a lavorare immediatamente. Ora fuori dalla mia vista.”
Due attendenti lo presero in consegna, facendogli strada fuori dalla sala del trono. Avvicinandosi all'uscita vide con la coda dell'occhio che due scheletri animati stavano sollevando il corpo ancora privo di sensi di Camus.
Non sapeva nemmeno lui dove trovò il coraggio di voltarsi di nuovo e parlare.
“Grande Satana... che ne sarà del mio assistente?”
Per la prima volta Vexen ebbe la sensazione che il signore dei demoni lo scrutasse con un'espressione diversa dal consueto disprezzo. Con curiosità, forse.
“Quante persone servono per fabbricare Nuclei Neri, umano?”
Vexen deglutì, abbassando lo sguardo. “E'... è un'operazione delicata. Ci possono volere anche due ore per costruirne uno solo, è un lavoro di precisione estrema... ma due persone possono farlo in metà del tempo” disse. “E Camus ormai è esperto quasi quanto me” mentì poi, per maggiore sicurezza.
Anche senza sollevare gli occhi sentiva su di sé lo sguardo del Grande Satana, che lo scrutava e lo indagava. Sperò ardentemente che non cogliesse la bugia.
“E sia” disse infine il signore dei demoni. “Ma sappi che se tradirà o farà qualcosa di male la responsabilità sarà anche tua.”
Vexen fece un impercettibile segno di assenso con la testa, trattenendo a stento un sospiro di sollievo.
“E ora te lo ripeto ancora una volta, umano: fuori dalla mia vista.”



“Padron Vexen, come ha potuto?”
“Parla piano, cretino! Ci sorvegliano, cosa credi?!”
Camus sedeva sulla sua brandina, torcendosi le mani con espressione scandalizzata. L'alloggio che i demoni avevano assegnato ai due scienziati comprendeva in poco spazio due letti, un bagno formato bara e un paio di mobili stipati uno sull'altro, ma era pulito e tutto sommato dignitoso. Meglio delle celle, sicuramente.
“Il Grande Satana vuole usare i Nuclei Neri per distruggere la Resistenza, per fare del male agli umani! Pensi alle vittime che... “
“E allora?! Che scelta pensi che avevamo?!”
“C'è sempre una scelta, padron Vexen! E lei non aveva il diritto di decidere per me!”
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso.
“TI AVREBBERO UCCISO, RAZZA DI IDIOTA!”
“Meglio morire piuttosto che contribuire a un massacro!”
“Basta così!” Vexen fissò l'assistente con espressione dura. Già si stava pentendo di averlo salvato. “Questi discorsi sono pericolosi. Io non ho intenzione di morire, e anche se tu ti facessi ammazzare spontaneamente continuerei comunque a produrre Nuclei Neri. Perciò il tuo sacrificio eroico non cambierebbe un bel niente, mettitelo bene in testa.”
“La salvezza del corpo non è niente rispetto a quella dell'anima... se lei... “
“No, no, NO! Niente sermoni, per favore! Se ci tieni tanto a fare il martire quella è la finestra: buttati di testa e liberami della tua stupidità. Altrimenti renditi utile e preparami un tè.”
Gli voltò le spalle, furioso. E io che ho pure rischiato l'ira del GSB per lui!!
Per qualche momento nella piccola stanza regnò il silenzio, poi Vexen udì Camus sospirare e alzarsi, diretto verso il laboratorio attiguo. Sperò solo che fosse andato in cerca di tazze e non di finestre.
La sua speranza fu accontentata pochi minuti dopo, quando il sacerdote rientrò con due tazze fumanti di tè verde e gliene porse una senza parlare.
Vexen bevve lentamente, assaporando ogni sorso. Pur essendo un elementale del ghiaccio non aveva mai smesso di amare il tè bollente, anche se rischiava di non farlo sentire bene.
“Ho incontrato Zexion” disse infine a voce bassa, rompendo il silenzio.
“Come... ?” Camus lo fissò meravigliato da sopra la sua tazza. “E' sicuro che... ?”
“Mi hai preso per scemo? Se ti dico che l'ho visto vuol dire che l'ho visto!”
E di certo non avrebbe dimenticato tanto in fretta il suo sguardo, apparso dalle tenebre insieme alla luce verde. Pieno di confusione, di stupore, e... di cos'altro?
Ma vivo.
“Allora padrona Larxen aveva mentito, non era morto! E' un'ottima notizia!”
“Credo... credo che ora sia dalla parte di quegli imperiali.”
“Ma almeno è vivo, no? E' questo che conta! Sicuramente il vostro incontro è stato voluto dagli dèi!”
Narratore: “diciamo piuttosto dalle Registe... “
“Sono veramente felice padron Vexen. Ora potrà... “
“Io vado a riposare, Camus.” lo interruppe lo scienziato. “Domani dovremo lavorare tutto il giorno.”
“Padron Vexen... è sicuro di non volerne parlare?”
Vexen si fermò un attimo, la mano già appoggiata sulla maniglia della porta del bagno.
“Non c'è niente di cui parlare.”
Anche mentre si chiudeva la porta alle spalle la voce di Camus continuò a inseguirlo.
“Come preferisce. Ma di qualsiasi cosa abbia bisogno, io sono qui.”



“Mio signore, con tutto il rispetto... è sicuro di potersi fidare di quell'umano?”
Il Grande Satana gli dava le spalle, lo sguardo rivolto fuori dalla finestra. Zaboera si sollevò leggermente con la magia per dare anche lui un'occhiata fuori: stavano sorvolando un villaggio umano. Non aveva idea di come si chiamasse: dall'alto sembravano tutti identici.
“Non ci tradirà. Ho capito subito che tipo è: ama troppo la sua patetica vita per tentare mosse azzardate.”
“E' che... ho un cattivo presentimento. Somiglia tanto a un umano che ho conosciuto millenni fa. Gli somiglia in modo impressionante. E quello non era una brava persona.”
“Quale umano lo è?” disse il Grande Satana, voltandosi leggermente verso di lui. “E alla fine si somigliano un po' tutti, come le formiche. Senza offesa per le formiche.”
“Eppure meriterebbe una punizione severa per quello che ha fatto a Mistobaan... “
“E' vero. Ma è anche l'unico che può riportare Mistobaan com'era prima, e questa al momento è la nostra priorità.”
“Prima di farlo tornare come prima dovremmo riprendercelo, però.”
Non era stato Zaboera a parlare. Lui non avrebbe mai osato rivolgersi al Grande Satana in tono così irrispettoso.
La figura nera era entrata nella sala del trono senza farsi annunciare. Avanzò verso di loro con noncuranza, facendo roteare la falce tra le dita come suo solito. A Zaboera quel gesto dava sempre un fastidio incredibile: era da stupidi e da esibizionisti sguainare le armi quando non ce n'era necessità. Un segno di superficialità e arroganza.
E non poté fare a meno di notare che l'essere mascherato non si era inginocchiato né aveva mostrato in alcun modo al Grande Satana il dovuto rispetto.
Essere un esterno non ti dà il diritto di prenderti certe libertà, straniero.
Si ripromise di parlare al Grande Satana della questione quando sarebbero stati soli.
Ma il suo signore non si mostrò infastidito. “Killvearn. Ti sei rimesso, vedo.” disse in tono neutro.
Il sorriso sulla maschera di Killvearn sembrava più largo e scintillante che mai.
“Nessuno può uccidere la Morte.”
“Killvearn è il migliore, il più forte, il più... “
Ecco, se c'era qualcosa che gli dava ancora più fastidio della falce di Killvearn e del suo sorriso inquietante era l'esserino monocolo perennemente appollaiato sulla sua spalla.
“Ma si è fatto sconfiggere da due umani!” sibilò Zaboera, infuriato.
“Uno gnomo non potrà mai capire la vera grandezza di Killvearn, Piro Piroro!”
“Senti chi parla! Come osi, stupido... “
“Basta così.”
Era un bene che il Grande Satana li avesse fermati. Zaboera aveva la netta sensazione che non sarebbe riuscito a trattenere una Palla di Fuoco per un secondo di più.
Prima o poi il Grande Satana mi darà il permesso di usarti come cavia, esserino schifoso!
“Killvearn ha ragione, dobbiamo riprenderci Mistobaan. Potrei mandare di nuovo qualcuno di voi a rapirlo, ma dubito seriamente che lo stesso metodo funzionerà due volte. Prima avevamo l'effetto sorpresa dalla nostra, ora l'Imperatore Palpatine sa chi siamo. Si aspetta certamente un altro attacco a Mistobaan, e avrà predisposto delle contromisure.”
“Quindi che facciamo, mio signore?”
“Non si tratta solo di Mistobaan. Venire qui e strapparci Mistobaan con la forza, devastare la nostra fortezza e attentare alla vita dei nostri è stato un vero e proprio atto di guerra. Questi imperiali sono in tutto e per tutto identici agli umani che imperversavano nel nostro mondo tre millenni fa. Avidi, violenti, pericolosi. Sanno che Mistobaan è uno dei nostri, ma lo sfruttano biecamente. Conoscono il modo per varcare i confini del loro mondo e arrivare nel nostro, hanno nei loro ranghi creature in grado di tenere testa a un Cavaliere del Drago. Sono una minaccia per noi, e ora che sanno della nostra esistenza state pur certi che non ci lasceranno in pace. Presto o tardi non si accontenteranno più di Mistobaan e brameranno di mettere le loro sudicie mani sui nostri segreti e la nostra magia.”
Il Grande Satana tacque, e il silenzio che seguì era carico di presagi cupi e minacciosi. Zaboera sentì i suoi due cuori accelerare i battiti, afferrati da una paura senza nome.
Tutto questo è già successo... e succederà ancora...
“Io conosco solo una soluzione a un problema simile.” dichiarò il Grande Satana spostando lo sguardo per guardarli uno per uno negli occhi. Nei suoi occhi scuri ardeva un fuoco che tremila anni di relativa pace non erano bastati a sopire.
“I Nuclei Neri... ha ordinato all'umano di fabbricarli per questo, vero mio signore?”
“Proprio così. Avremo bisogno di tutte le armi a nostra disposizione per combattere gli umani.”
Persino Killvearn si lasciò sfuggire un verso di stupore. Lui non c'era tremila anni prima, e non aveva ancora capito. Non poteva ricordare.
“Esatto, amici miei. La famiglia demoniaca scenderà di nuovo in guerra.”




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1366844