Titolo: Talk
Autore: ellisexual
– Sion su EFP.
Fandom: Hunger Games
Rating: Verde.
Personaggi/Pairing:
Primrose Everdeen (presente), Katniss Everdeen, Mr. Everdeen, Peeta
Mellark, Mrs. Everdeen, Gale Hawthorne (nominati)
Lunghezza:
1435
Avvertimenti: Spoilers
per il primo libro.
Genere: Generale.
Disclaimer: Hunger
Games, tutti i personaggi nominati e l’universo in cui vivono
non mi appartengono, ma sono di proprietà di Suzanne Collins.
Note dell'Autore:
Beh, ho avuto parecchia indecisione prima di scrivere questa
fanfiction, perché non avevo idea di su chi incentrarla.
Poi, tra tutti, ha vinto Prim. È ambientata
nell’arco temporale che va dalla mattina in cui Katniss si
sveglia nella caverna dopo essersi ferita al capo e la morte di
FoxFace. Spero che piaccia. :)
Questa
FanFiction si è classificata 1° al Behind the Scenes
– Missing Moments Contest [Hunger Games] indetto da Rowizyx.
Talk
C’è vento, questa domenica. Il sole è
già alto e scalda, anche se è mattino presto. Il
Distretto 12 si sta svegliando lentamente, il Giacimento è
vuoto, e Primrose Everdeen è già in piedi. Ha gli
occhi cerchiati di nero, perché dormire è
difficile quando tua sorella è negli Hunger Games. Gli
incubi di lei morta, uccisa mentre dorme, o magari
accerchiata dai Favoriti, la perseguitano. Anche se è
totalmente certa che Katniss vincerà –
gliel’ha promesso, e Katniss mantiene sempre le promesse che
le fa – ha comunque paura.
Ha indossato un vecchio vestito che a sua sorella andava stretto e si
è intrecciata i capelli come al solito, in due lunghe trecce
che cadono sulle spalle. Ha indossato un vecchio abito di sua sorella
che ormai non le sta più bene ed ha raccolto un
po’ di soldi da sotto al cuscino, dove mette quelli che
guadagna vendendo il formaggio che ricava dal latte di Lady, i soldi
che tiene per le emergenze.
Questa forse non è un’emergenza, ma per lei
è importante.
Esce di casa con una calma innaturale, stando attenta a non fare rumore
per non svegliare sua madre che ancora dorme dopo essere rimasta
sveglia a guardare gli Hunger Games – ultimamente lo fa
sempre: rimane alzata sino a quando non vede Katniss addormentarsi. Le
fa tenerezza, ed ogni notte si sveglia per rifugiarsi nel suo
abbraccio, cercando il conforto che adesso Katniss non le
può dare.
Si chiude la porta alle spalle e si avvicina a Lady, che bela non
appena la vede; le posa una carezza sul capo irsuto, e poi si avvia
verso il centro del Distretto 12, avvertendo il denaro tintinnare nella
sacchetta in cui l’ha riposto.
Nonostante il Distretto stia ancora metabolizzando il risveglio, la
bancarella del fioraio nel Forno è già allestita.
La donna che lo gestisce, Jenna, ha un sorriso sdentato che le fa
tenerezza. Quando si avvicina alla bancarella glielo mostra, e Primrose
lo ricambia.
“Buongiorno, piccola”.
Primrose si sporge verso il banco della bancarella, già
pieno di infiorescenze e fiori colorati.
“Buongiorno, Jenna”.
“La tua capretta fa ancora dell’ottimo
formaggio?” chiede, forse già pregustando il
sapore del formaggio che pensa Primrose abbia portato al Forno per
venderlo. Ma la ragazzina alza le mani vuote eccetto che per la
sacchetta col denaro.
“Certo. Ma oggi non sono venuta per vendere”.
Jenna si sfrega le mani e poi le allunga verso la mercanzia, come per
mostrarla.
“Cosa posso darti, piccola?”
Primrose esamina i fiori, ad uno ad uno, e poi punta l’indice
verso un paio di garofani selvatici dal colore vivido, accennando un
sorriso.
“Vorrei due di questi, Jenna”.
Jenna li raccoglie e li lega insieme con un nastro sbrindellato dello
stesso colore lilla dei fiori e glieli porge, accettando il denaro che
Primrose le offre in cambio. Si salutano con un sorriso ed un cenno del
capo, e poi Primrose si allontana. Sa che Jenna non ha detto nulla, ma
ha visto nei suoi occhi grigi – simili a quelli di Katniss,
ma così diversi – la compassione che prova nei
suoi confronti. Si stringe contro l’esile mazzolino di
garofani, e supera il Forno, tornando verso la periferia del Distretto.
Non vuole fare tardi, sono già quasi le otto e non vuole
rischiare di perdersi qualcosa di importante negli Hunger Games.
Cammina con passi sicuri lungo la strada che ha percorso
così tante volte – a dispetto di sua sorella, che
al ricordare suo padre come un viso su una lapide, preferisce
ricordarlo come l’uomo che le ha insegnato quasi tutto
ciò che sa. Ma Primrose, ogni domenica, gli porta un mazzo
di garofani selvatici, perché a suo padre piacevano tanto, e
perché sa che a lui fa piacere.
Il cimitero del Distretto non è che un camposanto che si
estende per parecchi metri oltre il Prato, ma a Primrose piace
perché è calmo e le permette di ricordare chi
ormai non c’è più. Non l’ha
mai trovato un luogo macabro, forse perché ha visto feriti
morire talmente tante volte che la morte per lei non si trova nel
cimitero, ma nelle case delle persone. Perciò è
con un sorriso che supera la lapide di Hellen Garth, morta
più o meno mezzo secolo prima, e si ferma davanti a quella
di suo padre. Posa i fiori di traverso alla base della lastra di
pietra, rivolgendo un cenno di saluto anche al padre di Gale, sepolto
lì accanto.
Si inginocchia sull’erba chiara del prato, ai piedi della
tomba di suo padre, e gli sorride.
“Ciao, papà”, mormora, baciando le tre
dita centrali della mano destra ed alzandole verso la fotografia di suo
padre – un uomo sorridente, un po’ sporco di
carbone, con grandi e intelligenti occhi grigi.
“Scusami se non sono venuta prima, ma è successa
una cosa davvero sconvolgente”, continua, mettendosi
più comoda sulle gambe piegate e incrociando le mani sul
grembo. “Katniss è stata scelta come tributo per
gli Hunger Games”. Tossicchia, poi, correggendosi.
“In realtà ero stata scelta io, ma lei si
è offerta volontaria. È stata davvero coraggiosa.
Saresti stato fiero di lei”.
Come in risposta, il vento si alza appena, scompigliandole le ciocche
di capelli che sono rimaste libere sulla nuca.
“E’ stato un gesto avventato, ma mi ha salvata.
Come sempre, dopotutto”. Primrose tira su col naso e sistema
pieghe impercettibili sulla gonna del vestito, guardando dritto negli
occhi suo padre – la foto scolorita di suo padre. Cerca di
ricordare com’era quel viso quando le sorrideva, ma ricorda
solo sprazzi fumosi del suo volto e della sua voce.
“Anche la mamma si sta comportando bene. Lavora, mi aiuta coi
compiti. Ogni sera guarda gli Hunger Games con me e rimane sveglia fino
a quando Katniss non va a dormire. Le manca tanto, sai?”,
mormora, la voce che si spezza nella domanda. “E manchi tanto
anche tu, a tutte noi. Ho tanta paura, papà”.
Tira di nuovo su col naso, trattenendo le lacrime perché non
vuole piangere, vuole essere forte come Katniss, come lo era suo padre.
“Ho paura che non torni più. Ho paura di
svegliarmi e non trovarla più. Ho paura che la mamma crolli
di nuovo, ed ho paura che, se Katniss vincerà, niente
sarà come prima”.
Il vento si indebolisce, e Primrose si asciuga il principio di lacrima
che ha fatto capolino all’angolo dell’occhio
destro.
“Ma dentro di me ne sono sicura, Katniss vincerà.
È troppo forte per perdere”, continua, assennata.
Primrose accarezza di nuovo la fotografia del padre, segue coi
polpastrelli le lettere del suo nome incise nella pietra, e poi la data
di nascita, ed infine quella di morte. Sistema i fiori, mettendoli ben
distesi e dispiegando bene i petali lilla.
“Vorrei tanto sentirvi cantare di nuovo. A te e a Katniss,
insieme. Non canta mai, adesso”, si lamenta,
intrecciando le mani sul grembo, le labbra arricciata. “Spero
che lei torni. E che quando tornerà, mi canti una
canzone”.
Socchiude gli occhi, sognante, le labbra tese in un sorriso spontaneo
nel pensare alle dita di Katniss che intrecciano i propri capelli,
mentre le note lievi di una canzone fioriscono sulle sue labbra.
“Ha una voce bellissima, non è così,
papà?”, chiede al nulla, guardando un punto
imprecisato oltre la rete elettrificata che segna il confine del
Distretto. “Così morbida, e limpida”.
Abbassa lo sguardo e si alza in piedi, accarezzando il bordo della
lapide con le punte delle dita, per poi scrollarsi di dosso i fili
d’erba rimasti impigliati nella trama del tessuto.
“Adesso vado, papà. Sono rimasti in
pochissimi, adesso, e Katniss si è fatta male al festino. Ho
avuto davvero paura che morisse, e invece mi ha sorpresa come sempre,
aiutando Peeta con molta maestria”. Primrose ridacchia,
attorcigliando l’estremità di una treccia attorno
ad un dito. “Sai, Katniss sembra aver trovato
un’anima gemella. Anche se…
Gale…”, mormora, guardando poi nella direzione
della tomba del padre di Gale. “Non capisco mai cosa provi
Katniss nei suoi confronti. È probabile che non lo sappia
bene neanche lei. Ma Peeta sembra diverso, ed ora è
nell’arena con lei...”, esita, cercando le parole,
per poi guardare la lapide ed il sorriso luminoso di suo padre.
Sorride di rimando e scrolla le spalle. “Sai, non importa.
Torneranno insieme, ne sono sicura. E poi il tempo guarirà
tutte le ferite”, celia, alzando di nuovo le tre dita
centrali della mano destra verso la fotografia prima di voltarsi e
tornare a casa.
“Grazie per la chiacchierata, papà. Ci vediamo
domenica prossima”.