Le pareti erano bianche, di quel bianco sporco, quel bianco asettico,
trsite, monotono, sempre tutto uguale.
Quel bianco che incanta gli occhi, non appena li rivolgi al muro e,
allora con poca delicatezza, ti porta al passato. Il tuo odioso passato.
Louis respirava a fondo, seduto in quella seggiola di velluto rosso.
Muoveva l'indice sul suo ginocchio a ritmo di una canzoncina che
dettava la sua mente.
Si stava ancora chiedendo perchè fosse lì.
Lo avevano mandato i suoi amici, ormai esasperati, iginocchiati a
supplicarlo. "Che idiozia!" Continuava a ripetersi nella testa, come
una cantilena.
Era tutto silenzioso intorno a sè, e si sa, il silenzio
gioca brutta scherzi.
Louis pensava: pensava a cosa sarebbe stato il suo futuro dopo quelle
10 ore, pensava a cosa avrebbe detto a come lo avrebbe detto.
"Chi me lo ha fatto fare?" Continuava a chiedersi, confuso e impaurito
da quell'aria perfettamente troppo rigida.
C'era una ragazza a poche sedie di distanza, avrà avuto
più o meno quindici anni. Era magra, molto magra. Aveva gli
occhi incavati, gli zigomi pronunciati, la bocca rosea. Teneva lo
sguardo basso, intimorito, forse anche lei pensava, persa nel bianco di
quel posto.
"Perchè è qua? E' così giovane.."
Louis rifletteva. Sua madre, affianco a lei continuava a guardarla,
senza toglierle gli occhi di dosso. Aveva l'aria preoccupata.
Era tutto troppo silenzioso. Non era uno di quei posti in cui si
può scambiare due chiacchere, pensò Louis.
Magari chiedi "Come stai?" E finisci per ascoltare storie tragiche,
drammatiche e in puro stile film malinconico anni '60.
A questo punto era meglio il silenzio, fatto di pensieri e
preoccupazioni, sorrisi di speranza e smorfie di dolore.
"Il signor Louis Tomlinson?" Bianco anche il camice della signorina che
si affiacciò dalla porta nera, era cordiale, impeccabile,
professionale.
Louis si alzò, appoggiando le mani alla sedia e finendo di
cantare quella canzoncina che lo torturava sin dal momento del
risveglio mattutino.
Entrò cauto nella stanza, in punta di piedi, sibilando un
"Buongiorno.." nel vuoto.
C'erano foto di bambini attaccate alle pareti, disegni col colore
sbiadito, luci che coloravano la stanza. Un ambiente totalmente
diverso, immensamente colorato.
"Prego, accomodati Louis." Suggerì la donna, indicando la
sedia. Si alzò con cautela avvicinandosi ad un bancone
rotondo, con degli scaffali pieni di bottiglie di bibite. "Gradisci
qualcosa?" Domandò cordiale la signora. "No, grazie. Sono a
posto così.." Rispose Louis, accomodandosi in una comoda
poltrona nera.
"Sono Katylin" Affermò decisa la donna, allungando la mano
destra. "Beh, lei mi conosce." rispose Louis, stringendo la mano di
Katytlin. La signora sorrise, iniziando a bere il suo drink.
"Come stai, Louis?" Il ragazzo si guardò attorno, doveva
sicuramente esser uno scherzo, pensò. "Dove sono le
telecamere?" Domandò sorridendo sarcasticamente. "Cosa?" Non
capiva la donna. "E' tutto finto." Rispose lui. "Perchè?"
Domandò incredula Katylin. "Non c'è il lettino,
lei sta bevendo un drink alcolico e invece di raccontarmi storie di
mostri, mi domanda come sto. Dev'essere uno scherzo organizzato dai
ragazzi.." Affermò Lou, sotto lo sguardo divertito della
donna.
"Louis, faccio la psicologa non una maga veggente. Ho ritenuto
più comodo farti sedere sulla poltrona, bevo un drink
perchè ne avevo voglia e beh, ti ho chiesto come stavi per
cortesia, non pensavo ti desse tanto fastidio."
Louis rimase in silenzio, contemplando l'aria tranquilla della
dottoressa. "Perchè pensi che i tuoi amici vogliano farti
uno scherzo del genere?"
"E' l'unica risposta a questo. Sto bene, non ho problemi, non capisco
perchè sia qua.." Louis rispose, osservando la dottoressa
scrivere qualcosa su un quadernino, chiedendosi cosa stesse scrivendo
di lui, dal momento che lo conosceva da neppure un'ora.
"Già." Commento la donna. "Ma qua non vengano solo coloro
che stanno male sai? Le persone si affidano a me semplicemente per
parlare.."
"Io ho già i miei amici, con loro parlo molto."
Confessò Louis, guardandosi attorno, osservando ogni disegno
sul muro.
"A cosa sei interessato, Louis?" Domandò attenta la
dottoressa, giocando con la sua penna, facendola roteare tra un dito e
l'altro.
"Ai disegni. Sono fatti da bambini, vero?" Domandò Lou.
Katylin sorrise. "Quello è stato fatto da un ragazzo di
venti anni." Indicò una casetta colorata tutta di azzurro,
storta, al lato del foglio. "E quello da un uomo di cinquanta."
Indicò, questa volta, un gatto giallo, senza bocca e senza
orecchie. "Sono disegni fatti da persone autistiche, tengo molto a
questi dipinti." Louis sorrise, ascoltando le parole della dottoressa,
provava una sorta di tenerezza per quella situazione.
"Sa, dottoressa: di là, c'è una ragazzina.
Avrà più o meno quindici o forse sedici anni, ha
l'aria triste, faccia entrare lei."
La dottoressa bevve un altro sorso del suo drink per poi rispondere,
con estrema pacatezza, a Louis. "Si chiama Charlene, ha diciassette
anni, viene qua ogni Venerdì con sua madre, parliamo molto
quando lei lascia la ragazza per andare a fare commissioni. Ha
appuntamento alle 17.00, così ho tutto il tempo per parlare
con te."
Sul volto di Lou si spostò una smorfia di delusione, quasi
d'ira.
"Raccontami di te, Louis." lo incitò Katylin, con un lieve
sorriso sulle labbra.
"Non c'è molto da raccontare, effettivamente.." Il tono del
castano era freddo e distaccato, quasi pieno di paura di aprirsi.
"Tutti abbiamo qualcosa da raccontare, tutti abbiamo una storia
diversa. Faccio questo lavoro da ventitrè anni, di storie ne
ho sentite, Louis. Una in più non fa la differenza.." La
donna sorseggiò ancora un po' dal suo bicchiere, per poi
alzarsi e riempirlo questa volta, solo d'acqua minerale naturale.
"Quanti incontri abbiamo?"
"Louis, ti spiego una cosa: venire qua non deve essere un obbligo, il
mio obiettivo sarà farti attendere con voglia il
Venerdì, al pensiero che tu venga qua. Ci
riuscirò." Sorrise la donna, alzando il bicchiere verso
Louis come a volergli dedicare un brindisi.
"Ho venticinque anni. Vivo a Londra, sono un cantante di una nota
boyband internazionale. Ho due occhi, una bocca e so parlare." Faceva
il sarcastico, Louis,
La dottoressa si limitò a sorridere, abbassando lo sguardo.
Era un tipico comportamente da primo appuntamento.
"Ti piace cantare, Louis?"
"Faccio il cantante, le ho detto."
La dottoressa sorrise. "Già. Lo ricordo. Mi hai detto che
fai il cantante in una famosa boyband.."
"Già." Rispose a tono il giovane. "Allora perchè
questa domanda?"
"Tu non mi hai detto che ti piace cantare, Louis. Mi hai detto che fai
il cantante in una boyband famosa, internazionale." Louis
sospirò ansioso sotto le parole della dottoressa. "Molte
volte si fanno cose che non amiamo, così: per abitudine. A
te piace cantare?"
Il ragazzo sussurrò un leggero "Mi piaceva molto."
"E adesso? Perchè adesso non più, Louis?"
"Uno dei miei migliori amici, ci ha lasciati. Ha preferito prendere
un'altra strada, ha lasciato la sua passione per colpa mia..."
La dottoressa scriveva nel suo quadernino, Louis parlava con aria
fredda e distaccata, perchè, insomma, raccontare i propri
stati d'animo ad una sconosciuta non è così
banale e semplice.
"Ah, sì?" Domandò retorica Katylin. "Come si
chiama questo tuo amico?"
Louis abbassò lo sguardo, iniziava a torturarsi le mani,
strusciandole l'una con l'altra per asciugare il sudore. "Si chiama
Harry, Harold, ma per tutti è Harry."
La dottoressa scrisse il nome di Harry sulla sua pagina.
"Vuoi parlarmi di Harry?"
"Sono le 17, dottoressa. Non vorrà mica far aspettare la
ragazzina?"
La donna osservò gli occhi di Louis, erano lucidi e grandi,
grigi di confusione, di dubbi, di malinconia.
"Hai ragione, Louis. Il tempo è finito."
Il giovane si alzò, seguito dalla dottoressa che,
gentilmente, aprì la porta. "Ci vediamo venerdì,
Louis."
"A Venerdì, Dottoressa."
La ragazza entrò nella stanza, seguita puntualmente
dall'ansia di sua madre.
Louis avrebbe voluto mostrare ai suoi amici che ci sono persone
più bisognose che necessitano di una visita dallo
psicoanalista, ma i ragazzi gli avrebbero detto la stessa cosa di
sempre:
"Ognuno ha i suoi problemi, Louis. Non è importante il
problema in se per se, tanto quanto l'importanza che tu gli
attribuisci."
Ma lo sapete che questa doveva essere una os? Lol.
Però boh, mi è venuta in mente una long e ho
scritto, non so cosa ne verrà fuori, vi va di intraprendere
questo viaggio con me?
Saranno 10 capitoli. Ogni capitolo sarà una visita dalla
psicologa in cui Louis rivedrà i ricordi del passato e
cercherà di trovare risposta per il futuro.
Beh, spero di avervi incuriosito almeno un po', altrimenti
vorrà dire che sono un disastro!
Grazie mille per aver letto e se volete lasciate una piccola
impressione iniziale, così per sapere se c'è
qualcuno che leggerà questa ff.
Baci,
Fra.
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