Un’interpretazione alternativa al finale
dell’episodio n°13, ‘Fuoco contro Acciaio’.
Note: il seguente scritto contiene lievi
riferimenti yaoi.
Per ulteriori
spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.
Ragazzi/e, sono
davvero commossa! Ç___ç
Non avrei mai creduto che SSS potesse piacervi tanto… le vostre recensioni e le
analisi accurate sono state una botta di vita per la
mia autostima di writer.
Grazie di cuore!! (_ _) (Ely si inchina profondamente).
Questa raccolta la dedico a voi,
Arkadio, Desy, Yoko_chan, Kayra, Yuki, Setsuka, Nacchan, _Ale2_, Be Mine, Fuuma, MiLiKa, Melchan, Onda, Rizafromkeron e Vocedelsilenzio.
Come sincero ringraziamento.
It's raining cats and dogs
-Piovono gatti e cani, letteralmente-
(ovvero: Piccoli Randagi Trovano
Casa)
by elyxyz
Ed avanzava veloce nell’oscurità. Una ciotolina
di plastica in tasca. Mezzo litro di latte nascosto tra le pieghe
dell’impermeabile, e già sentiva quello spiacevole pizzicore allergico
prudergli persino sulla mano metallica.
Si guardava attorno, smarrito, provando a ricordare la
strada fatta qualche ora addietro.
Aveva ripreso a piovere, come quella mattina, e sentiva
l’umidità entrargli fin nelle ossa.
Era sgattaiolato fuori dal
dormitorio militare di nascosto. Al voleva stare un
po’ da solo, triste perché avevano abbandonato il gattino.
E la responsabilità era sua, ma che altro potevano fare?
Si sentiva in colpa, ed era per questo che adesso era lì,
sotto quel diluvio.
A cercare tra i viottoli di East
City, tra mille vie tutte uguali, quel vicolo anonimo, un po’ più buio degli
altri, perché ricordava di aver notato il lampione rotto riverberare le luci
della sera.
D’un tratto, quando stava cedendo allo sconforto, scorse la
carrozzina, col micetto tutto intirizzito. Nel
momento in cui lo riconobbe, la bestiolina si mise a
miagolare.
Edward si intenerì, ma lo sgridò
ugualmente. “Shhh! Smettila, o sveglierai il
quartiere…”
Gli fece una carezza sulla morbida testolina e questo si
zittì, quindi posò la scodella sul lenzuolo, versandoci in fretta un po’ di
latte, e poi nascondendo il contenitore come se fosse un tabù. “Per la
colazione di domani… se hai fame…” gli spiegò, pazientemente, accarezzandolo
un’ultima volta.
Il gattino annusò le sue dita sporche di latte, e gliele
leccò con la linguetta ruvida.
Ed sorrise. Dispiaciuto.
Prese un piccolo telo cerato, e lo adagiò sul tettuccio,
perché lo coprisse.
Era ora di un altro addio.
Deglutì a vuoto. Uno strano nodo in gola.
Si chiese perché fosse tornato lì. In fondo, era stata una
decisione sua, quella di abbandonarlo al suo destino, seppur a malincuore. Non
avevano altra scelta, lui ed Al. Non potevano tenerlo. Non sapevano a chi
darlo. Qualche vecchina buon’anima
si sarebbe intenerita, e si sarebbe presa cura del cucciolo, che adesso piagnucolava
in modo straziante…
Fece per andarsene, ma il piccolo aumentò il miagolio.
Una delle finestre, sopra la sua testa, s’aprì cigolando.
Si sporse una figura, preceduta da delle colorite lamentele.
“E allora? La smettiamo?! Qui c’è… Fullmetal?!”
Edo alzò il viso in alto, ma la pioggia gli entrò negli
occhi e fece fatica a vedere…
“Colonnello!, che diavolo ci fa,
lei, qui?!”
“Dovrei chiedertelo io!” replicò seccato Roy Mustang,
sbattendo l’infisso con poca grazia.
Elric guardò la carrozzina e il suo
occupante. “Ci mancava solo questa…”
E si ritrovò il suo superiore di fianco, nel portone
d’entrata che – Edward non l’aveva notato – era poco
oltre a dove si trovava lui.
“Entra, muoviti!” gli ordinò, sporgendosi con un ombrello
verso di lui.
Acciaio lo guardò stranito. Fece qualche passo e poi ricordò
perché era lì.
“E lui?” chiese, indicando l’ingombrante carrozzina per
neonati dietro di sé.
Roy sembrò accorgersene solo ora. Nella penombra, Ed vide i suoi occhi dilatarsi. “Non ci sarà mica un bimbo?!”
“No. Un gatto.” Replicò il biondo, starnutendo.
Per un istante, l’Alchimista di Fuoco credette
che lo stesse prendendo in giro. Ma Fullmetal non
sembrava essere in vena di scherzi. E, visto come stava piovendo a dirotto, lui
non era certo dell’umore da spiritosaggini.
“Prendilo e muoviti.” Gli intimò, precedendolo dentro.
Edward afferrò l’animaletto per la
collottola e trasmutò il resto. Poi lo seguì, chiedendosi come cavolo c’era
finito in questo guaio.
“E così… lei abita qui…” constatò, senza troppa enfasi.
Giusto per riempire quell’imbarazzante silenzio. Se l’avessi saputo, col cavolo che...
“Solo finché non tornerò a Central
City.” Spiegò il militare, senza scomodarsi a guardarlo.
Salirono le due rampe di scale, che introducevano in un
piccolo appartamento.
Ed fu immediatamente colpito
dall’essenzialità del locale. Semplice, quasi spartano.
Non si aspettava certo questo, da un uomo borioso e
megalomane come Taisa Mustang, quanto invece
architetture fastose e arredi sfacciatamente appariscenti.
Fu invitato ad accomodarsi, quindi si sedette sul divano del
salotto col gattino in braccio, mentre il padrone di casa scompariva chissà
dove, col suo impermeabile zuppo.
Ricomparve poco dopo, con due asciugamani. Uno glielo offrì,
lanciandoglielo con poca gentilezza in testa, perché si asciugasse almeno un
po’, e l’altro lo strofinò delicatamente sull’animaletto infreddolito, che non
sembrava particolarmente felice d’essersi bagnato.
Roy sorrise. “Anche tu odi l’acqua, eh?!”
Edward si ricosse dai suoi borbottamenti
per quei modi cafoni, credendo che il più grande si stesse rivolgendo a lui, ma
ben presto capì che non era così.
Lo vide raccogliere la soffice palla di pelo e sedersi
accanto a lui, tenendolo sul grembo.
Una veloce grattatina, e l’animale
si mise a ronfare piacevolmente.
“Non è un cane.” Disse, serio.
“No. Non è un cane.” Ripeté Edo, ironico.
“Stamattina, il Sergente Maggiore Fury
ne ha trovato uno… Cos’è?! Oggi piovono cani e gatti?”
ipotizzò, tra il polemico e il divertito. “E’ la Giornata del Randagio e
nessuno me l’ha detto?!”
“Ho sentito che il Tenente Hawkeye
si è offerta di prendersene cura.”
“Mi piacciono i cani.” Ribadì Mustang, come se parlasse da
solo. “Già. Mi si addicono. Sono fedeli, servizievoli, intelligenti. Si
confanno alla mia scalata al potere.”
Edward si chiese se fosse serio o
meno. O, semplicemente, pazzo. Come, del resto, lui credeva da tempo. Tanto
valeva dargli spago…
“Ma i gatti hanno nove vite.” Obiettò. “Sono indipendenti,
fieri, calcolatori, subdoli, maestosi…”
“Uhm. Stai parlando di me o di loro?” s’interessò il
Colonnello, ghignando sarcastico.
“Io non le farei mai un complimento!” s’inalberò Acciaio, stizzito.
E l’altro preferì non infierire.
“Era questo l’animale che avrei ricevuto, se avessi perso il
nostro scontro?”
“Da chi l’ha saputo?” domandò Ed, sorpreso.
“Io so sempre tutto. Anche quando parli
male di me, alle mie spalle…” precisò, con un vago tono di avvertimento velato. Neanche poi tanto velato.
Il giovane Elric deglutì a vuoto.
Mustang scrollò le spalle, giocherellando col micio, e
riprendendo gioviale: “In ogni caso, ha poca importanza. Tuttavia… perché non
mi hai chiesto di tenerlo? Io ho effettivamente
perso la sfida.” Chiarì, senza rammarico. “E mettiamo in chiaro una cosa: non
ti dirò il perché… ma sappi che non ti avrei mai dato il colpo di grazia.”
Edo scosse la testa. “Mi ha già dato informazioni preziose
su Marcoh, quindi non potevo chiederle anche questo…
va contro il Principio dello Scambio Equivalente…”
“Fiero, calcolatore e maestoso.” Ripeté Roy, ignorando il
ragazzo. Fissò il gatto, sollevandoselo all’altezza degli occhi. Ricevette in risposta un lento miagolio di protesta. “Questa palla di
pelo non mi sembra niente di tutto questo. Ma mi piace pensare che potrebbe
diventarlo, col mio aiuto, ovviamente. Saprò pazientare…”
“Vuole dire che…” non osava sperare tanto. Al ne sarebbe
stato entusiasta!
“Significa che io prendo in consegna questo sacco di pulci,
ma – per la sopraccitata Legge, che entrambi conosciamo -, ogni mese detrarrò
personalmente dal tuo stipendio le spese per il suo mantenimento.” Concluse, serafico.
“Dannato Taisa!” s’infervorò il
più giovane, masticando un paio di improperi. “Credo di non avere altra
scelta…”
“Ottimo! Allora è deciso. Adesso io vado a farmi un bagno,
si sta facendo tardi.”
“Scusi. Ora tolgo il disturbo...”
“Alphonse sa che sei qui? Non sarà
in pensiero?” chiese il Colonnello, guardando l’ora.
Ed si stupì di quella premura
inattesa.
“Non sa che sono venuto.” Si giustificò. “Era triste e arrabbiato
con me, per il gattino. Quando fa così è meglio stargli alla larga per un po’.
Domani mattina sarà tutto come prima...”
“Lo conosci davvero molto bene…” ravvisò.
“E’ mio fratello. Non c’è giorno che io ricordi
d’aver passato senza di lui.” Sorrise, e Roy riconobbe che addolciva lo
sguardo, quando parlava di lui.
Se ne scoprì irrazionalmente geloso. E di desiderare, almeno
una volta, quel sorriso per sé.
“Se non hai fretta, puoi restare qui finché la pioggia non
cesserà o, almeno, diminuirà.” Gli suggerì sbrigativo,
con l’impellente urgenza di non averlo più così vicino, di ristabilire le loro distanze.
“…e di’ a tuo fratello che può venire a vedere il gatto
quando vuole…”
Quindi scomparve verso il bagno e le stanze private, senza
attendere un ringraziamento.
Acciaio si riaccomodò sul divano. Il micio gli zampettò
contro, pronto a ricevere una buona dose di coccole.
Non s’era accorto di quanto fosse
stanco. In fondo, era stata una giornata pesante, quella. Il viaggio per
arrivare a East City. La prova annuale. La
ristrutturazione del piazzale delle esercitazioni. Il vagabondaggio con Al, e poi da solo.
Per una volta, avrebbe ringraziato la sua buona stella per
averlo messo sulla strada di quell’insopportabile Taisa. Bastava non farci l’abitudine, però.
Finché era sotto la doccia, poteva anche rilassarsi. Due
minuti, comunque. Solo due minuti.
Mustang uscì dalla vasca da bagno quasi un’ora dopo. Era
distrutto.
Lo scontro con Acciaio e il rifacimento della piazza senza
l’uso dell’Alchimia erano stati massacranti. E forse s’era appisolato un po’,
nel tepore dell’acqua calda.
Sbadigliando, tese l’orecchio. Dal salotto non proveniva
alcun rumore.
Non si aspettava certo di sentire quel marmocchio
chiacchierare animatamente col felino, ma sembrava non ci fosse più anima viva.
Per fortuna.
A volte, gli uscivano strani pensieri su quel nanerottolo
piantagrane. Pensieri pericolosi. Per
la sua pace mentale, almeno.
Ad ogni modo, se n’era andato. Perciò il problema non si
poneva neppure.
Uscì quindi con calma. S’asciugò con lentezza e precisione,
poi s’infilò un paio di pantaloni del pigiama e si diresse scalzo in sala.
Le luci erano ancora accese.
Edward dormiva saporitamente, raggomitolato
sul divano, e il gattino acciambellato contro di lui.
Roy stiracchiò le labbra, in un qualcosa che sapeva di
tenerezza.
Prese un plaid leggero e li coprì, poi spense la luce.
Nella penombra che giungeva dal corridoio, cercò la
bottiglia di vino da degustazione e il calice panciuto adagiati sulla mensola,
prima di quel fuori programma.
Si sedette, sospirando, sulla poltrona davanti al sofà.
Era stanco, ma poteva regalarsi qualche minuto di pace.
Un raro momento, in cui quel vulcano alto un metro e uno
sputo se ne stava zitto e quieto.
E a lui piaceva avere compagnia senza dover intrattenere
nessuno.
Lo faceva sentire meno solo.
Verrà mai il giorno in
cui desidererai stare con me... e non sul mio divano?
Finì anche l’ultimo sorso. Gli augurò una silenziosa
buonanotte.
E se andò a dormire, dove il suo letto lo reclamava.
Fine
Disclaimers: I personaggi citati
in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna
forma di lucro, da parte mia.
Note: è la prima volta che mi
cimento in una raccolta e questo è il primo di tre capitoli. Ma non ne escludo
altri, in futuro.
Il titolo è una locuzione inglese comunemente usata, che
equivale al nostro ‘piove a catinelle’, ma il nostro
Roy ci dà una valenza letterale, come abbiamo visto. ^___^
Poiché mi è stato chiesto, è bene chiarire (grazie, Desy!)
che la scritta rossa iniziale sugli accenni yaoi
riguarda anche le storie che sono catalogate shonen-ai,
in quanto NON etero. Per precisa richiesta
dell’amministrazione di EFP, applicata qualche anno fa, ma che molti,
soprattutto tra i neofiti del sito, non sanno.
PS x Rizafromkeron: in SSS
non ci vedo un rapporto d’amore tra Roy e Maes. Non
era mia intenzione dare questa sfumatura. In questa particolare storia, li ho
immaginati molto legati, come amici, quasi come fratelli. E credo si possa dire
“Ti voglio bene, mi manchi” anche ad un amico, senza doppi significati. Accetto
cmq la tua interpretazione e i tuoi leciti dubbi al
riguardo.
Genesi della
storia: l’episodio 13 è forse quello che
ho visto più volte, finora. Mi piace particolarmente, che ci posso fare?! >.<
Però il finale è tristissimo, il gattino nella carrozzina che viene abbandonato, mentre il cagnolino trova una casa… da
tempo ci pensavo, e ora mi sono divertita a dare corpo a quest’idea.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Grazie (_ _)
elyxyz