And then, here you are.
Il
rumore stridulo dei freni del treno destò Jeff dai vaghi pensieri che
occupavano la sua mente quella mattina, ancora lenti per il freddo che
tratteneva l’aria. Il treno si era fermato in una delle piccole stazioni in cui
solitamente faceva scalo prima di arrivare al capolinea.
Gettò
uno sguardo fuori dal finestrino, cogliendo il rapido movimento della gente che
si apprestava a salire e quello più lento e rilassato di chi, invece, era
appena sceso. Si divertiva sempre ad osservare gli sconosciuti che passavano
davanti a lui, provando ad immaginare che cosa stessero pensando o cosa si apprestassero
a fare. C’erano intere vite racchiuse in un gesto o uno sguardo rapido e la cosa
stranamente lo appassionava.
Ecco il solito ritardatario,
pensò mentre ormai il treno fischiava in partenza e dal sottopassaggio
compariva la testa scura di un ragazzo che, borsa al fianco, correva verso di
esso.
Jeff
avrebbe voluto sporgersi abbastanza per vedere se ce l’aveva fatta a salite, ma
non ce ne fu bisogno perché qualche istante dopo lo stesso ragazzo fece il suo
ingresso nella carrozza, un p0’ sbattuto e col fiatone. Si guardò intorno alla
ricerca di un posto libero ed il biondo fu certo, nel momento in cui il proprio
sguardo fu corrisposto, che si sarebbe seduto nel posto libero di fronte a lui.
«Questo
posto è occupato?».
Il
biondo avrebbe voluto ridere della sua previsione esatta, ma si limitò a
scuotere la testa.
«No,
prego», disse gentile.
Il
sorriso che il bruno gli rivolse gli fece fare istintivamente lo stesso gesto.
Jeff abbassò lo sguardo con ancora le labbra sollevate ed un improvviso
buonumore che gli riscaldava il petto: avrebbe voluto continuare ad osservarlo,
ma sentiva ancora gli occhi scuri dello sconosciuto addosso, quindi decise di
far finta di nulla per non sembrare sciocco.
È carino,
si concesse di pensare, pur non osando ancora muovere nessun muscolo e fingendo
un immenso interesse per la tappezzeria del treno.
Quella
situazione imbarazzante, per fortuna, ebbe fine in pochi minuti – non appena il
ragazzo prese un libro dalla borsa e cominciò a leggere con una certa
attenzione, lasciando quindi via libera a Jeff di muovere lo sguardo dove più
gli piacesse.
Cercando
di non essere visto, notò che non era un libro qualsiasi, ma di quelli che si
studiano – probabilmente di università. Quindi era uno studente: primo elemento
della sua indagine. Uno bravo o almeno volenteroso a giudicare da come gli
occhi scorrevano veloce e seri sulle righe fitte, schermati da un paio di
occhiali dalla montatura sottile e scura. Jeff sorrise ancora, senza motivo, e
cercò di sbirciare quale fosse il titolo del libro, senza riuscirci; al primo
movimento sospetto, infatti, spostò lo sguardo verso l’esterno fingendosi
interessato al panorama cittadino che stavano attraversando.
C’è mancato un pelo,
pensò sollevato, mentre scorgeva con la coda dell’occhio lo sconosciuto che
tornava al suo libro dopo aver alzato lo sguardo su di lui per qualche istante.
In
quel momento, una frenata brusca del treno lo sbalzò in avanti, facendolo quasi
scontrare con il bruno. I due ragazzi si guardarono imbarazzati per poi
rendersi conto che quella era una cosa strana: la prossima fermata sarebbe
dovuto essere il capolinea, mentre loro si erano appena fermati nel bel mezzo
di nulla. Qualcosa non andava.
Jeff
si sporse prima dal finestrino, cercando di vedere qualcosa, poi si alzò
imitando il resto dei passeggeri. Il vociare degli occupanti della carrozza
aumentò lentamente di intensità, man mano che passavano i minuti senza che
capissero che cosa era successo.
“Si invitano i signori passeggeri a
restare seduti ai propri posti. Risolveremo l’inconveniente nel minor tempo
possibile. Ci scusiamo per il disagio”.
La
voce registrata della speaker non fece altro che far aumentare le lamentele,
soprattutto perché non aveva dato alcuna spiegazione circa l’evidente guasto
che aveva coinvolto il treno. Jeff sbuffò indignato proprio mentre una ragazza,
che era uscita dalla carrozza per riuscire a capirci qualcosa, tornava dicendo
che le porte erano bloccate e che non si poteva uscire.
«Fantastico:
sardine in scatola!», commentò il biondo in modo sarcastico, mettendosi di
nuovo a sedere «Chissà per quanto tempo ora rester-
Ehi! Ti senti male?».
Il
ragazzo carino e ancora senza nome davanti a lui, in effetti, aveva assunto un
colorito pallido e guardava davanti a sé dando l’impressione di non vedere
davvero, come se fosse in trance. Jeff si sporse verso di lui, improvvisamente
preoccupato.
«Posso
fare qualcosa?», chiese con calma solo apparente, che perse del tutto quando lo
vide portarsi una mano al petto e respirare in modo rumoroso e a tratti, come
se gli mancasse l’aria.
«Oddio,
stai avendo un attacco di panico!», dedusse e ci mancò poco che non venisse
qualcosa di simile anche a lui.
Si
guardò intorno, ma ben pochi sarebbero stati interessati a dar loro una mano,
considerato il nervosismo e l’irritabilità che aleggiava probabilmente in tutto
il treno; quindi portò di nuovo lo sguardo sul ragazzo ed agì l’impulso. Gli
prese una mano e la strinse con forza nella sua, così da attirare l’attenzione
del bruno.
«Ascoltami»,
disse poi, con tono fermo «È solo un guasto momentaneo: si risolverà tutto in
breve, ma tu devi calmarti. Guarda me: la cosa mi irrita, ma sono calmo. Cerca…
cerca di seguire il mio respiro, ti va? Prova a calmarti seguendo il mio
respiro».
Era
la sola cosa che gli era venuta in mente: sapeva che in quel caso un sacchetto
di carta avrebbe fatto loro comodo, ma non ne aveva e a quanto pareva neanche
lo sconosciuto era pratico di simili procedure. Quando i suoi occhi scuri lo
fissarono per l’ennesima volta, Jeff fu certo che non l’avrebbe lasciato andare
per nulla al mondo.
«Come…
come ti chiami?», chiese, più per istinto che perché avesse davvero pensato a distrarlo.
«N-Nick,
Nick D-Duval» disse quello, respirando a scatti e
continuando a mantenere il contatto visivo.
«Ok
Nick… devi cercare di calmarti e respirare col mio stesso ritmo, d’accordo?
Presto ci faranno uscire da qui, ma tu devi respirare».
Jeff
cercò di non pensare a quello che stava dicendo, a cosa potesse comportare
quell’attacco di panico, a quanto fosse grave la situazione: non aveva alcuna idea di come
prestare il primo soccorso in casi simili e se il cervello avesse assunto per
bene quell’informazione, probabilmente avrebbe dato di matto.
«Ho
un e-esame d-da dare o-oggi. Non a-arriverò in t-tempo», spiegò a fatica Nick
lanciando uno sguardo al libro che aveva ancora sulle gambe.
«È
questo il problema, quindi? Non te ne devi preoccupare ora! Non arriverai in
ritardo: vedrai che ora il treno ripartirà».
Jeff
era a corto di parole e non poteva davvero sapere di quanto sarebbe stato il
ritardo del treno. Il ragazzo davanti a lui sembrava terrorizzato dalla cosa e
lui non sapeva come distrarlo. Chiedere cosa riguardasse l’esame sarebbe stato
controproducente e al momento non aveva altre domande da porre. Gli sembrava di
impazzire e l’impressione di avere anche lui il fiato corto non era un buon
segno.
«Up where they
walk, up where they run. Up where they stay all day in the sun. Wanderin' free, wish I could be part of that world».
Non
sapeva come gli fosse venuto in mente di cantare, né perché avesse scelto
precisamente quella canzone. Semplicemente lo aveva fatto, come se la mente
avesse azzerato per precauzione ogni pensiero negativo e la sola cosa che fosse
rimasta era stata la vocina di Ariel che cantava allegra.
Aveva
preso la mano di uno sconosciuto, l’aveva stretta forte e aveva cominciato a
cantare una strofa disney nel bel mezzo di un attacco
di panico.
«La
Sirenetta? Davvero?».
Jeff
incrociò di nuovo lo sguardo scuro di Nick. Era sorpreso, ma un sorriso
aleggiava leggero sulle sue labbra ed il petto si alzava ed abbassava con una
certa regolarità.
«Respiri
bene! Stai respirando bene, ti è passato, ti sei calmato!», esclamò, senza
neanche pensare a quello che l’altro gli aveva detto, ma abbracciandolo forte e
ridendo come se fosse la migliore delle notizie – e in effetti lo era.
Nick
ricambio quel gesto per quanto inaspettato proprio mentre la voce registrata
dello speaker annunciava che il treno era pronto a ripartire. Quando si
separarono, nonostante si fossero conosciuti da poco meno di mezz’ora, entrambi
sentirono il bisogno di stringersi ancora, come se quell’abbraccio fosse stato
il migliore di sempre, la sola cosa che stessero davvero cercando. Passarono il
resto del viaggio parlando: la musica, l’università di Nick, il conservatorio
di Jeff – ogni cosa sembrava essere messa lì a posta, come battute di un
dialogo già scritto che combaciavano alla perfezione.
Il
bruno dimenticò di essere in ritardo, almeno fino a che il treno non entrò in
stazione. Quando le porte automatiche si aprirono, Nick sistemò meglio gli
occhiali sul naso e corse via: per quanto avrebbe davvero voluto chiedere a
Jeff di andare con lui, sapeva che la cosa sarebbe risultata assurda e forse
inopportuna, per questo tacque, scappando via con un veloce saluto.
***
Il
sospiro di sollievo che lasciò le labbra di Nick alla fine dell’esame fu il più
sentito di sempre. Era andato davvero bene – una A- accidenti! – e se pensava
che quella stessa mattina stava per fare tardi per colpa di un guasto al treno,
non poteva credere di esserci riuscito.
Grazie a Jeff,
pensò, dando merito allo sconosciuto che lo aveva calmato cantando una canzone
della Disney.
Scendendo
le scale per incamminarsi verso l’uscita, non poté fare a meno di darsi dello
stupido per non avergli chiesto neanche il numero di cellulare. Giusto per
sentirlo, ringraziarlo di quello che aveva fatto… Stringerlo forte e stare con
lui, sentirlo cantare e ridere perché sarebbero state le cose migliori del
mondo… e non gli sarebbe importato più di nulla.
Nick
chiuse gli occhi: quello che improvvisamente stava provando lo schiacciava in
modo assurdo ed innaturale, la voglia di vedere di nuovo Jeff lo scuoteva come
non era mai successo, con nessun’altro.
«Up where they
walk, up where they run. Up where they stay all day in the sun. Wanderin' free, wish I could be part of your world».
Spalancò
gli occhi come se fosse stato colpito al petto, il fiato trattenuto e il cuore
che pregava che non fosse solo un crudele scherzo della testa. Voltandosi di
lato, la figura sottile di Jeff, col il suo magnifico sorriso, si stagliava
contro la parete, accanto all’uscita.
Nick
non poté trattenere una risata liberatoria, come se ora fosse tutto perfetto,
come se mente si lanciava tra le braccia di quello strano sconosciuto non ci
fosse posto migliore in cui essere. E Jeff lo accolse come se lo facesse da una
vita, come se avere un ragazzo appena incontrato – avere quel ragazzo appena incontrato – stretto a sé fosse la cosa più
naturale del mondo.
«Ho
pensato che il minimo che potessi fare fosse vedere com’è andato il tuo esame»,
disse, appena riuscirono a lasciarsi andare.
«Benissimo!»,
canticchiò allegro Nick.
«Bene!
Ne sono davvero felice…».
Quegli
occhi distraevano Jeff da qualsiasi parola potesse dire e in breve la
conversazione finì in un silenzio contemplativo.
«Magari…Potrei
offrirti un caffè, anche solo per ringraziarti: se non fosse stato per te non sarei
neanche arrivato all’università…Perché insomma, il treno si ferma, io rischio
di arrivare tardi ad un esame e poi eccoti, che cerchi di calmarmi e canti…», sussurrò
il bruno, interrompendo l’incantesimo.
Il
biondo sorrise ancora: Nick sapeva che era la stessa cosa anche per lui? Al di
là del ritardo e dell’attacco di panico, sentiva lo stesso: prima era una
semplice mattina in un treno e poi era arrivato lui. Così, dal nulla, eppure
con una perfezione assurda, come se avessero programmato ogni cosa. Ed il bello
stava proprio nel fatto che, in realtà, non avevano fatto davvero nulla perché
accadesse.
Uscendo,
non ci vollero che pochi secondi perché Jeff trovasse il coraggio di prendere
quel ragazzo per mano, lasciandosi poi guidare da lui fino al bar più vicino.
Sentiva che da lui si sarebbe potuto far guidare ovunque e Nick, mezzo passo
davanti, sapeva, d’improvviso, che con quel biondino dall’aria felice sarebbe
andato anche in capo al mondo.
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E
poi boh, sono all’uni e mi viene un flash dei Niff bloccati su un treno (cosa che mi è successa, tra l’altro!).
Come resistere? *O* visto? Per una volta niente angst,
ho mantenuto la promessa u.u
Anche
questa shot fa parte dell’iniziativa “Niff!Month” e ha come prompt “Ritardo
/ occhiali / «Questo posto è occupato?»” e boh, spero vi sia piaciuta!
A
presto ♥
Alchbel