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Titolo della storia: You are my one, and only
Costrizione scelta: Blu
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Draco, Hermione
Genere: Triste, Drammatico, Romantico
Avvertimenti: AU,
Rating: Giallo
Introduzione: Da quando lei
non c’è più l’amore è un’altra cosa. L’amore lo ha lacerato dentro, gli ha
fatto credere che non ci fosse più via d’uscita. Dal testo : Tutte
le volte che Draco metteva piede in quella casa, due testoline more gli
correvano incontro con i loro sorrisi sdentati e il cuore di Draco non poteva fare
a meno di stringersi. Come sarebbero stati i loro figli, avrebbero avuto i
capelli biondi o le crine ribelli della madre? Evitava di pensarci, evitava di
pensare a lei in generale.
NdA: Il rating si basa solo su un mini flashback di Draco.
You are my one, and only.
It’s
like rain falling down
Drops of pain hit the ground
I can’t speak
There’s no sound when you’re gone
I can
I will
I know
I can untie these hands
And get back up again.
Blu.
Blu era il
colore del mare, era il colore del cielo.
Tutto in
quella stanza era blu. Le pareti da poco ritinteggiate splendevano sotto i
tenui raggi del sole, mentre nell’aria aleggiava ancora leggero l’odore di
tinta Blu marino. Il pavimento era color carta da zucchero, lo aveva scelto lei,
eppure lui adorava il contrasto che produceva con le pareti: assomigliava alla
schiuma dell’acqua di mare che si infrange sulla sabbia, lenta e carezzevole,
sotto un cielo limpido e privo di nubi.
Persino le
tende erano Indaco. La mattina presto, quando un raggio di sole più prepotente
degli altri si infiltrava tra di esse, era sempre il primo a svegliarsi. Allora
si perdeva ad osservarla mentre era ancora ignara del suo sguardo: alcune
ciocche castane cadevano scomposte sul cuscino, l’espressione serena, un palmo
della mano sotto la guancia, l’altro braccio che sfiorava il suo in un timido
abbraccio. Infine faceva finta di niente, richiudeva gli occhi e le stringeva
la vita, aggrovigliando le sue gambe a quelle di Hermione, sentendole lisce
contro la sua pelle. La amava. Era stata l’unica che aveva sciolto il suo cuore
di ghiaccio.
La ama
anche adesso.
Blu era il suo
colore preferito. Quel colore parlava di lei. Trasmetteva solarità e pace in
egual modo, era un colore che le dava conforto, ma anche serenità. Avevano
ricavato un piccolo spazio al Manor, tutto per loro, e l’avevano totalmente
trasformato. Mentre le altre stanze di Villa Malfoy erano cupe e poco
illuminate, il loro rifugio era quanto di più armonico si potesse immaginare.
Era merito suo, soprattutto. Avevano inserito una piccola libreria Denim
dove Hermione teneva tutti i suoi tomi di medicina. Erano tantissimi, con in
comune l’unica caratteristica di essere piuttosto voluminosi. Col tempo poi avevano
cominciato a personalizzarla con le foto dei loro viaggi, delle loro vacanze,
con i loro souvenir, la bandiera dell’Irlanda di Draco quell’unica volta che
Hermione aveva acconsentito ad andare a vedere il Quidditch.
Quanti
strati di polvere c’erano ora, su quelle mensole? Non abbastanza forse da
sovrastare quelle foto e celarle al cuore di Draco.
Il letto
invece l’aveva scelto lui. Aveva una struttura in legno, ed era abbastanza
ampio da starci in tre. Il materasso era morbido perché altrimenti ad Hermione
veniva mal di schiena e se la prendeva con lui perché sul lavoro non era stata
capace di dare il meglio di sé. Le coperte erano blu, il lenzuolo era blu,
anche i cuscini erano blu. Stranamente Draco non aveva sviluppato alcun ripudio
verso quel colore, pur ritrovandoselo in ogni angolo della camera. Era come se
Hermione gli fosse sempre accanto.
-E’
venuta davvero bene questa parete.- Tutto nella sua voce trapelava
soddisfazione e orgoglio.
-Ne
abbiamo ancora tre, Granger, hai ancora tempo per ricrederti.- Ghignò, mentre
riceveva da Hermione un leggero pugno alla spalla in segno di disapprovazione.
Si legò i capelli in una coda improvvisata, alla quale sfuggirono un paio di
ciocche che divennero ramate alla tremolante luce del tramonto. Si mordicchiò
le labbra come a dare improvvisamente credito alle parole di Draco. Egli
continuò a guardarla, preso dalle sue labbra, dalla sua pelle chiara. Alzò lo
sguardo su quegli occhi che lo mandavano in estasi e li trovò che già lo
fissavano. Subito le guance di Hermione divennero porpora.
-Che
c’è?- Insicura, lo era sempre stata.
-Hai un
po’ di tinta qui..- mentì Draco avvicinandosi. Il suo polpastrello diafano
accarezzò il suo labbro inferiore, scendendo verso il collo con lentezza
infinita. Gli occhi di Hermione divennero più accesi mentre automaticamente si
sporgeva verso di lui.
-Non ce
la fai proprio a resistermi, eh?- Sarcasmo, era sempre stato eccellente in quel
campo. Hermione si scostò mormorando un “Figurati” tra i denti e posò a terra
il suo pennello, ancora intriso di tinta blu per pareti. Draco la prese per la
vita e senza tanti preamboli si tuffò sulle sue labbra. Le assaporò mentre
soddisfatto la sentiva rispondere al bacio con trasporto, le accarezzò la
schiena, Hermione immerse una mano nei capelli biondi e li scompigliò, come
piacevano a lei. Era sua, e solo il pensarlo lo eccitava.
-Draco,
dobbiamo finire.. la parete..- Hermione tentò con tutta se stessa a non farsi
coinvolgere troppo. Le mani di Draco avanzarono sicure sotto la sua maglietta,
andando a sganciare il reggiseno con fare esperto. Le baciò il collo, lasciando
scie umide sulla pelle diafana.
-Domani,
Granger..- Hermione lo aiutò a togliersi la maglietta, poi tornò a baciarlo,
mordicchiandogli le labbra. –Domani.-
Draco adesso
passava la maggior parte delle sue giornate fuori, in hotel o alberghi per
lavoro. Gli piaceva l’idea di rendersi sempre utile. A qualsiasi ora del giorno
lui era reperibile per assemblee, riunioni, pranzi, cene. Molti dipendenti
dicevano alle sue spalle che era infaticabile, così tanto che sembrava non
avesse una sua vita sociale. E in effetti era così, lui non aveva una vita. Non
più. Raramente lo si vedeva al Manor, aveva persino liberato gli elfi
domestici della villa. Perché lei aveva sempre detestato la condizione
in cui erano tenuti. Perché non c’era nessuno per cui pulire o cucinare. Ogni
tanto andava a fare visita a Blaise Zabini, un suo grande amico dai tempi della
scuola, che si era sposato con la minore delle sorelle Greengrass e aveva avuto
due bambine. Tutte le volte che Draco metteva piede in quella casa, due
testoline more gli correvano incontro con i loro sorrisi sdentati e il cuore di
Draco non poteva fare a meno di stringersi. Come sarebbero stati i loro figli,
avrebbero avuto i capelli biondi o le crine ribelli della madre? Evitava di
pensarci, evitava di pensare a lei in generale. Evitava di guardare le loro
foto, di pensare che tutte le mattine, quando si svegliava, l’unica cosa che
vedeva accanto a sé era un cuscino vuoto. Draco gettò stizzito un occhiata
fuori dalla finestra. Dall’attico di Villa Malfoy la visuale era magnifica.
C’era una vetrata enorme, in vetro, e da essa si intravedeva tutta la
vegetazione circostante. Era la stanza che più preferiva. Alzò lo sguardo sul
cielo di quella sera di dicembre. La luna era sparita sotto una coltre di nubi
grigie e scure, il che faceva presagire che sarebbe piovuto presto. L’orologio
suonò le 19:00. Draco sentì il suo cuore perdere un battito, poi un altro, e un
altro ancora. Come potevano essere già passati nove anni, quando a lui sembrava
di essere ancora fermo a quella notte? Un altro anno e lui era nuovamente al
punto di partenza. Tutto il lavoro, le rimpatriate con gli amici di scuola, le
vacanze, tutti i tentativi per convincersi che aveva accettato di non averla
affianco, tutto era inutile quando l’orologio del Manor segnava le sette, ogni
23 dicembre. Un tuono squarciò il silenzio in cui era piombata la Villa dell’erede
dei Malfoy, una lacrima solcò la guancia lattea di Draco. Anche quella notte
pioveva..
Nove anni
prima.
Draco aveva
appena raccattato dalla sedia dello studio un golfino pervinca che credeva di
aver perso per sempre. Constatò però con disappunto che era più piccolo di
almeno due taglie. Non avrebbe dovuto darle il consenso di impiantare al Manor
quella “lavatrice”, soprattutto se nemmeno lei aveva idea di come usarla.
Abbassando il suo sopracciglio biondo, la gettò ai piedi del letto. Aprì
l’armadio blu e sfilò dalle stampelle due magliette a maniche corte, poi le
piegò minuziosamente e le mise in cima alla valigia, sopra agli shorts e alle
canottiere femminili che occupavano metà spazio. Draco rabbrividì osservando i
costumi nella sacca interna, ammassati insieme all’intimo; dopotutto da loro
era pur sempre inverno. Si sarebbero concessi una breve vacanza natalizia a
Santo Domingo perché ne avevano abbastanza di Natali gelidi e cupi. A lei
piaceva il sole, il caldo, il mare. A Draco piaceva lei e la sua felicità.
Sarebbero partiti il giorno seguente, il 24 dicembre, la mattina presto e poi
non avrebbero avuto più tempo per pensare al lavoro e alle pressioni
quotidiane. Con un rumore metallico, Draco tirò la zip e chiuse la valigia.
Diede un ultima occhiata intorno, per assicurarsi di aver preso tutto. Un rumore
di passi annunciò a Draco che Hermione era tornata dal lavoro. Avrebbero voluto
chiedere al suo capo di poter uscire dal San Mungo all’ora di pranzo, ma
considerando che le aveva concesso un giorno in più di ferie per partire in
orario, aveva concluso che tornare al Manor alle 19:00 andava più che bene.
-Ehi, sei
tornata.- Draco poggiò la valigia ai piedi del letto e le si avvicinò, dandole
un bacio sulla guancia.
-Già.-
Hermione sorrise. Si sedette sulla scrivania, ma non si tolse il cappotto o la sciarpa,
rimase semplicemente in contemplazione del pavimento. Draco si accigliò ma non
disse nulla, Hermione faceva spesso così quando le capitavano pazienti
particolari ai quali non riusciva a somministrare una cura. Pensò solo che non
gliene parlasse perché non avrebbe mai ammesso davanti a lui di non riuscire a
fare qualcosa.
-Credo di
aver preso tutto. Forse dovresti controllare dopo, non vorrei dover ritornare a
casa perché “Erbe Magiche e Tumori” è ancora nella libreria.- ghignò Draco.
–Comunque Celin ha preparato la cena, sarebbe meglio scendere.- Mise la mano
sulla maniglia dorata, invitandola ad uscire, ma Hermione rimase immobile e non
lo seguì. Un campanello d’allarme suonò nella mente di Draco, vedendola ferma
mentre si torceva le mani. Aspettò che parlasse, mentre l’ansia si impadroniva
di lui. Cercò un qualche indizio nel suo volto, ma esso era abbassato, coperto
per la maggior parte dai capelli.
-Draco, noi
dobbiamo parlare.- proferì infine, alzando gli occhi dorati sull’uomo in piedi
davanti a lei.
-Granger,
guarda che se è per la storia degli elfi, insomma Celin può anche occuparsi
solo del giardino.- Si passò una mano tra i capelli, incerto. Lei scosse la
testa. – Oppure possiamo farle pulire solo l’ala est, o decidi tu, a me non
cambia molto. Però dobbiamo tenerla, lavoriamo entrambi tanto e..-
-Oggi ho
incontrato Ron. – Hermione sentì chiaramente uno strato di gelo interporsi tra
lei e Draco. Quel tipo di silenzio non le era mai piaciuto. Non con lui
soprattutto. Lui che si prendeva abilmente gioco di lei, che insultava i suoi
capelli, che le rifilava spesso le frecciatine più pungenti, lui che la faceva
ridere come nessun altro. Ma ora Draco si era azzittito e per una volta
Hermione non aveva neanche la più pallida idea di cosa stesse pensando. Lo
aveva visto serrare la mascella, la mano sulla porta richiudersi in un pugno. Decise
di continuare perché quel silenzio proprio non lo sopportava. Era già difficile
di per sé. –Ti manda i suoi salut..-
-Non mi
interessa.- Hermione richiuse la bocca.
-Lo so.-
Vide le nocche di Draco diventare bianche. Eppure lei doveva andare avanti col
suo discorso, ma faceva male. Maledettamente male. Aveva riflettuto per tutto
il tragitto, dicendosi che c’era una soluzione, c’era sempre. Tranne quella
volta. Gli occhi le si inumidirono, ma li ignorò, doveva continuare. Lo faceva
per entrambi. –Draco noi stiamo insieme da quattro anni..-
-Davvero? Oh
cazzo Granger, arriva al punto.- Vide un lampo di tristezza nei suoi occhi, ma
Hermione lo ignorò. Sarebbe stato più semplice se avesse tenuto gli occhi
chiusi, se avesse potuto parlargli senza leggere il suo tormento, senza
guardare le proprie mani tremare. Gli aveva promesso amore e non era mai venuta
meno a questo giuramento. Lo amava, si diamine, più della propria vita! Aveva
sempre pensato che se ami una persona non devi mai lasciarla andare perché sarebbe
un errore madornale, ora però cominciava a capire che se lo amava davvero,
allora doveva lasciarlo libero. Libero di avere la vita che meritava, con una
donna che meritava.
- Noi ci
siamo sempre detti tutto. Ma oggi, mentre tornavo al Manor.. – Draco deglutì,
non riusciva ancora a chiamarla casa.- ho incontrato Ron. Bhè, sai lui è
stato il primo che ha scoperto di questa nostra avventura..- Perdonami
Draco, ti prego.
-Avventura? Granger ma che diamine
stai blaterando? La nostra non è mai stata un’avventura!- Draco percepì di
avere gli occhi umidi, ma poco gli importava. Perché lo stava facendo? Tutte le
promesse, i baci, i sorrisi, no quella era molto più di una distrazione. Cosa
gli stava succedendo? Il mondo gli stava crollando addosso, ma stavolta lei non
c’era.
-.. mi ha
chiesto di te.- Hermione singhiozzò piano, pulendosi la guancia con la manica
del cappotto scuro. – Perché non mi hai detto della proposta della famiglia
Greengrass?- Va da lei, ti offrirà una vita migliore, potrai
prenderla per mano davanti alla tua famiglia senza che loro storcano il naso.
Draco serrò i pugni così tanto da farsi male, mentre gli occhi si annebbiavano
pericolosamente.
-Come fa a
saperlo Weasley?- chiese in preda all’ira. La guardò, perlustrò ogni centimetro
del suo viso chiaro, col timore che sarebbe fuggita da un momento all’altro.
Hermione pronunciò qualcosa come “Voci di corridoio”, prima di immergersi nuovamente
nei suoi occhi, per invitarlo a rispondere. Quel ghiaccio nelle sue iridi
credeva di non doverlo più vedere. –Non sono interessato a lei, ma a te.- Hermione
si sentì morire. Non glielo aveva mai detto, non apertamente. Si stava aggrappando
a lei perché non voleva lasciarla.
Tirò su col
naso. –Dovresti pensare alla tua vita.-
-Lo faccio,
la mia vita è con te.- No Draco, non farlo. –Hermione io ti ..-
-No! Cazzo,
no!- Hermione si scostò dalla scrivania, si alzò in piedi, quasi
fronteggiandolo. Draco corrucciò la fronte, confuso, arrabbiato. –C’è un mondo
fuori quella porta, di ragazze perfette per te..-le lacrime scorrevano copiose
sulle sue guance, riusciva a parlare a fatica. –ragazze davanti alle quale
potrei inginocchiarti senza essere diseredato!-
-Non voglio
lasciarti Hermione, non voglio..- una scia umida cadde dagli occhi sempre
sicuri e attenti di Draco. Smettila, non dire più niente, basta! Devo
lasciarti andare. Hermione abbassò lo sguardo nuovamente a terra, sul
pavimento color carta da zucchero che lo aveva pregato di comprarle, come una
bambina piccola. Lui glielo aveva concesso, le aveva dato tutto, se ne rendeva
conto.
-Hai bisogno
di una Purosangue, lo sai anche tu…- prese aria a pieni polmoni perché sembrava
esserle mancata di botto nell’istante in cui il suo cuore metabolizzava quel
doloroso addio. –dirigeresti l’azienda di famiglia, è sempre stato quello che
volevi.- Draco si avvicinò a lei, in uno scatto dettato dall’istinto, ma non
la toccò, avrebbe fatto più male.
-Io non ho
mai voluto altro che te, e lo sai Granger. – La fissò, come se il tempo si
fosse fermato. Non gli importava della cena, non gli importava di Weasley, non
gli importava della Greengrass, non gli importava di essersi esposto troppo.
Gli importava solo di quegli occhi dorati fissi a terra, quegli occhi che gli
avevano insegnato cosa voleva dire la felicità, la spensieratezza, il
divertimento, e che ora erano rossi e spenti. Hermione sospirò piano.
-Non partirò
con te domani.-
-Non partirò
neanche io.- Hermione chiuse gli occhi. Un giorno capirai le mie azioni
Draco, un giorno le tue labbra si incurveranno ancora nel sorriso che tanto
amo. Si allontanò da lui, facendosi violenza quasi per non baciarlo ancora
un’ultima volta, aprì il suo cassetto e tirò fuori un paio di magliette
invernali. Le mise nella voluminosa borsa, poi si fermò. Se ne stava andando
davvero. Non avrebbe più fatto l’amore con Draco, non avrebbero più discusso la
notte riguardo alla sua paura del buio, non l’avrebbe più accompagnata al
lavoro, non l’avrebbe più abbracciata, né sfiorata. Era.. finita. Si. Può
essere corretta una cosa che lacera dentro?
-Non
lasciarmi, non lasciarmi, ti prego, rimani..- più lacrime distrussero la
facciata di menefreghista senza cuore con la quale Draco era additato. La stava
perdendo. La stava supplicando. Hermione singhiozzò, scosse la testa. Strinse
più forte il gancio della borsa.
-Non..è me
che meriti..-
-A me non
frega un cazzo di quello che pensa la gente!- esplose Draco. Non aveva senso
quello che lei diceva. Senza Hermione lui non sarebbe stato felice, perché non
lo capiva? Che fosse Purosangue, nata Babbana, a lui non importava. –Io ti amo,
non dovrebbe essere abbastanza, Granger?- Il labbro di Hermione tremò forte,
respirò ancora.
-So che mi
ami anche tu Hermione, lo so!- Draco diede un pugno alla parete accanto a se,
facendo franare dei pezzettini blu a terra. Scusa Draco, scusami, scusami..
-E’ stata
un’avventura, te l’ho detto.- Hermione si impose una voce ferma invano, ma
riuscì a reprimere le nuove lacrime. Bugiarda, si disse. Draco boccheggiò, era
come se il suo cuore si stesse richiudendo in se stesso, troppo provato dal
dolore. Si accorse che il battito cardiaco era fermo, immobile.
-Cos..-
-Andrò a
casa di Ginny e Harry .- Ti amo Draco, devi lasciarmi andare. –Non so
che farò. Ci devo pensare Draco. – Bugiarda! Hermione si pulì gli occhi con il
dorso della mano, lo fissò un attimo. Non avrebbe mai pensato di dirgli addio,
quindi non lo fece. Era giusto così. Doveva concedergli l’opportunità di avere
una vita diversa, non una di sacrifici. La mano scattò sulla maniglia,
sentendola fredda al contatto. Che sciocca, per un attimo aveva sperato che
avesse ancora il suo calore. Le spalle scosse dai tremiti, i capelli
arruffati, le guance e le mani umide, Hermione decise di mettere fine a quello
strazio,perché non più capace di sopportarlo.
-Tornerai.-
la voce di Draco la raggiunse, lontana, fredda. Come ai vecchi tempi. Era immobile,
ancora rivolto verso la parete vuota dove Hermione l’aveva lasciato. Ma c’era
di più, era ferito. Hermione si ripeté che gli sarebbe passata, che non lo
aveva scosso veramente.
-Devo
tornare a prendere le mie cose. –
-Quindi hai
già deciso.-
Hermione non
rispose, lui aveva capito. Ed era meglio così, forse. Fece pressione sulla
maniglia, aprì la porta e piangendo silenziosamente, uscì. Ciao, amore mio.
Era una
menzogna. Hermione non tornò più al Manor, mai più in tutta la sua vita. Lasciò
tutte le sue cose a Draco, nella stanza Blu. Ora sono ricoperte di polvere,
mordicchiate dai tarli e Draco non ci è più entrato. Non ci tornerà, non vuole
farlo. L’ha aspettata così tanto nei successivi anni, sempre sicuro di vederla
bussare con la sua manina piccola sull’enorme portone di Villa Malfoy, che
quando ha capito che lei non sarebbe tornata era troppo tardi. Si è sposata, ma
non è felice. Spera che Draco lo sia, ma si illude. Crede che lui l’abbia
dimenticata, ma si sbaglia.
Sono passati
nove anni e il blu è ancora il suo colore preferito