«Ancora uno, Toto!»
La ragazza scattò velocemente alla sinistra
dell’uomo
che, con un ghigno, pareva sfidarla: stupido – non era mica
l’ultima arrivata!
Con un movimento rapido e un colpo secco, riuscì a disarmare
senza problemi il
suo avversario. Con un sorriso vittorioso, osservò il suo
sfidante guardare
incredulo la spada che, adesso, giaceva a terra, inutilizzata.
«Non hai una buona presa, vero?» lo
schernì,
allontanandosi dallo spazio degli allenamenti.
Il suo stomaco brontolò, segno che era giunta
l’ora di
pranzo. Stese le braccia verso il cielo, stiracchiandosi e
già pregustandosi il
suo pranzo più che meritato, quando la sua attenzione fu
catturata da uno
scontro che sembrava aver radunato un discreto capannello di
spettatori.
Incuriosita, si avvicinò al piccolo pubblico, facendosi
spazio tra la gente che seguiva in religioso silenzio un combattimento
che
sembrava essere senza esclusione di colpi: protagonisti, Deva
– uno degli
spadaccini più promettenti tra gli allievi, pochi e
prediletti, della tribù
Yambala – e il nuovo arrivato, il biondino con cui Toto si
era già misurata,
proveniente da Sindria.
Si morse il labbro inferiore, sentendo la rabbia crescere
in lei in memoria di quell’ultimo scontro: non solo il
ragazzo era stato in
grado di sconfiggerla, ma l’aveva…
Il ricordo del suo imbarazzo venne offuscato da un colpo
secco e ben calcolato di Deva, che per un pelo non fece saltare il
braccio del
ragazzo di Sindria, il quale fece rapidamente un passo indietro. Fu in
quel
momento che Toto intuì le sue intenzioni: il giovane,
infatti, sollevò la sua
lama da allenamento con un movimento fluido, portando una mano dietro
la
schiena ed attaccò con un colpo apparentemente impreciso
l’avversario. Deva
ebbe un sussulto, seguito da un sorriso, convinto di avere la vittoria
in
pugno: il biondo, invece, si trovò perfettamente alle sue
spalle e, con un
movimento velocissimo del braccio, puntò la punta della
spada contro la schiena
dell’altro.
«Sembra che abbia vinto io!» Uno scroscio di
applausi seguì quella frase, detta
con un mezzo sorriso modesto e quasi stupito.
Toto rimase in disparte, anche quando gli altri uomini che si stavano
allenando
e che si erano intrattenuti con quel breve spettacolo, andarono a
congratularsi
con il vincitore. Non riusciva proprio a capire: inizialmente, aveva
pensato
che quel ragazzino fosse solo uno spaccone, in grado di concludere, in
un posto
come Laem, ben poco… Eppure adesso sembrava essersi
ambientato alla perfezione
e pareva conoscere tecniche di spada mai viste prima. Almeno, non da
lei.
I curiosi e gli impiccioni si allontanarono in fretta,
lasciandolo da solo ad asciugarsi la fronte con uno straccio. Non seppe
bene
perché, ma lo raggiunse con un paio di passi, tormentandosi
le mani congiunte
dietro la schiena.
«Non male, per essere nuovo qui a Laem» disse
soltanto,
cercando così di attirare la sua attenzione. Il ragazzo si
voltò allora verso
di lei, mentre ancora era intento a liberarsi dal sudore. Le rivolse un
sorriso
soddisfatto, forse riconoscendola.
«Grazie» si limitò a rispondere,
guardandola dritto negli
occhi. Toto ebbe un lieve sussulto. «Tu
sei…» Sembrava, però, che non si
ricordasse del suo nome.
«Toto» rispose, un po’ scocciata.
«Ecco, non mi ricordavo come ti chiamavi!» si
giustificò, un po’ a disagio. Poi
le tese la mano, in segno di amicizia. «Io invece sono
Alibaba» si presentò, di
conseguenza.
In effetti, si rese conto in quel momento la ragazza, non si erano mai
presentati. Afferrò la mano di Alibaba, il ragazzo di
Sindria, avvertendo che
la sua presa era più solida di quanto avesse mai immaginato.
E anche le sue
braccia, che in un primo momento le erano sembrate asciutte e non
adatte ad uno
spadaccino, ad uno sguardo più attento si rivelarono toniche
ed allenate. «Sei
davvero forte!» si complimentò, trascinandola
nuovamente sulla Terra.
Si era scoperta a fissare le sue spalle e i muscoli del
suo collo più di quanto non avrebbe dovuto. Scosse appena la
testa, cercando di
scacciare il calore improvviso sulle guance.
«Beh, faccio parte dei--»
«Lo so» rispose lui, sedendosi sulla porzione di un
piccolo muretto in pietra grezza. Toto si accomodò vicino a
lui, interessata ad
ascoltare la sua storia. Era incredibile quanto il suo atteggiamento
apparente
l’avesse ingannata: sembrava uno sprovveduto, un ragazzino
convinto di poter
fare chissà quali grandi cose solo perché a casa
propria era riuscito a mandare
al tappeto uno o due soldati. Invece, sembrava aver capito in fretta
quanto
fosse difficile cavarsela in quel paese.
«Hai cominciato ad ambientarti?» gli chiese,
incuriosita.
Lui sembrò pensarci su per un attimo, quasi la domanda
l’avesse messo in
difficoltà.
«E’ un posto molto diverso da quello da cui
provengo e
dagli altri che ho già visitato, ma mi piace la gente di
qui. Mi state
trattando come un membro della vostra famiglia» rispose, con
una sincerità
sconcertante.
Toto distolse nuovamente lo sguardo da lui, trovando
d’improvviso un maggiore interesse nei suoi calzari. Intanto,
sentiva di nuovo
il volto accaldato. «Ti va un altro scontro?»
Stavolta però l’occhiataccia le
partì involontaria. «A-Ah, non… Non ti
distruggerò più l’armatura, te lo
prometto!»
Ancora poco convinta da quella strana promessa e
riservandogli ancora un po’ di rancore per l’esito
del loro secondo scontro, si
sollevò ed estrasse la sua spada.
«D’accordo, allora».
Lui sorrise, entusiasta all’idea di affrontarla di nuovo
e si sollevò. Stavolta, però, non
impugnò la lama da allenamento, ma la sua
spada lavorata e rifinita con cura. Toto si era chiesta da dove potesse
provenire, ma non si stupiva di certo che un pupillo di quel Sinbad
possedesse
un oggetto dalla realizzazione tanto pregiata. Inoltre –
già lo sapeva – quella
spada in realtà serbava non solo un’ottima
fabbricazione, ma l’animo di un
djinn. Era un oggetto molto potente.
«Sai che nell’arena ti è proibito fare
uso del djinn?» lo
avvertì, mettendosi in posizione da combattimento.
Il ragazzo sembrò cadere dalle nuvole. «Eeeeh? Sul
serio?
Non lo sapevo…» Per un attimo, sembrò
che la cosa lo stesse preoccupando più
del dovuto.
Toto storse la bocca, in segno di disapprovazione: basava
tutta la sua sicurezza sulla forza del suo djinn e non sulla propria?
Patetico.
«Si parte dalla gavetta, qui» gli fece notare.
Il biondo sembrò rifletterci un attimo su, poi assunse
quella sua stravagante posizione (che, per quanto ne sapeva, si
rifaceva ad uno
stile di un paese piuttosto lontano), segno che era pronto a
combattere.
Gli fu addosso in un attimo, con un attacco veloce e ben
mirato: la lama sfiorò di pochi centimetri la sua guancia,
senza però ferirlo.
Alibaba fu veloce nello schivare, ma sembrava essere stato messo in
difficoltà,
a giudicare dallo sguardo che adesso le riservava.
Solitamente, la vista di un avversario tanto concentrato
nell’affrontarla l’avrebbe resa ancora
più combattiva. Invece, quella volta, si
rese conto che quegli occhi dorati, così penetranti, la
stavano distraendo: si
accorse infatti conto con un attimo di ritardo che le si stava
avventando
addosso. Trattenne il respiro e tutto quello che riuscì a
fare fu cercare di
contrastare l’attacco diretto.
L’impatto fu fortissimo e un rumore metallico le fece
intuire che le loro spade si erano scontrate con ferocia: perse
l’equilibrio,
cadendo a terra e trovandosi immobilizzata dal corpo di Alibaba che
aveva
cercato di sorreggerla.
Adesso i loro visi si trovavano a pochi centimetri l’uno
dall’altro. Le spade erano sfuggite di mano ad entrambi e
Toto si sentì, forse
per la prima volta in vita sua, vulnerabile di fronte ad un uomo.
Sentì le
guance andare letteralmente a fuoco, mentre il biondo tentava di
rialzarsi,
dolorante. Si sollevò appena, con espressione colpevole.
«Tutto bene?» chiese, scostandosi e permettendole
di
alzarsi quantomeno a sedere. La ragazza annuì, ancora con il
cuore in gola per
motivi che neanche riusciva a spiegarsi. «Phew, pensavo che
l’avresti
schivato!» si giustificò Alibaba, ridacchiando.
«N-No, ecco…» tentò di
difendersi – abbastanza stupido, visto che neanche lei
sapeva bene come poteva essere stata così poco reattiva. Era
la prima volta che
si lasciava addirittura cadere la spada. Non riusciva proprio a
spiegarsi come
fosse stato possibile…
«Tranquilla, forse sei solo stan--» ma fu
interrotto da
un rumoroso gorgoglio, proveniente dallo stomaco di Toto. La ragazza
trasalì,
imbarazzata, alzandosi di scatto in piedi. «Mi correggo:
forse sei affamata.
Ora di pranzo?».
Toto annuì e prese a camminare spedita verso il luogo di
mensa comune, mentre
il giovane pupillo di Sinbad la seguiva, ridacchiando.
Ecco
una delle prime one-shot che ho scritto di Magi ;/////; Il fatto che
sia una AliToto è un dettaglio, giuro. Toto è
adorabile, mi piace il fatto che sia tsundere. E' la prima vera
tsundere di Magi, a dirla tutta... Anche se sono convinta che l'unico
motivo per cui le piaccia Alì è la sua dark-side
in stile Cassim.
Dettagli
anche questi.
Dicevo, insomma, che scrivere qualcosa dal punto di vista di una
ragazza tsundere su Alì era la cosa più semplice
in cui potessi cimentarmi, dato che è così in
linea con me. Coff.
Spero di non essere andata OOC, perché mi dispiacerebbe
molto.
PS: Ho notato che nello special tradotto del volume 15, la lingua in
cui parla Toto è un po' sgrammaticata... Ma nei capitoli
l'hanno sempre tradotta abbastanza corretta e io questo l'ho scritta
almeno un mesetto fa. Se dovessi di nuovo scrivere su di lei,
vedrò di correggermi. (_ _)
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