Bleeding but keep breathing.

di IoAmoJoe
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BLEEDING, BUT KEEP BREATHING


 
Non ho mai pianto.
Certo che ho pianto, io piango sempre, piango sin dalla nascita e sono sicura che piangerò fino alla morte.
Io non soffro.
Certo che soffro, tutti soffrono. Giorno e notte, dal Lunedì alla Domenica e poi ancora.
La vita è questa, si soffre e si piange. Ma qui ci insegnano che noi soffriamo più di tutti, ma dobbiamo piangere di meno.
Perché abbiamo una grande forza interiore e tanta, tantissima voglia di vivere. Loro dicono che siamo contenti della nostra vita.
Ma non diciamo stupidaggini: chi vorrebbe avere il cancro a vent'anni?
A vent'anni la tua vita è "Vita", con la V maiuscola, una vita piena, che si aspetta da tempo.
A vent'anni fai parte del mondo e puoi dimostrare chi sei e quello che sai fare.
A vent'anni sei libero.
E io? Io no. Io faccio i conti con i dottori sul cibo, mi lamento del bagno sporco, imparo a vivere con un ago nelle vene.
A vent'anni sei bella, luminosa, attiva, i tuoi occhi brillano e i tuoi capelli sono morbidi e lucenti.
I miei no.
Non sono morbidi, sono pagliosi. Non sono lucenti. E se è per questo, non sono nemmeno miei.
Quando li odoro non sento nulla di buono, sento odore di plastica. Fa schifo per essere un odore di capelli.
«Bene, signorina Grimmie.» dice il dottor Jackson avanzando verso di me. In faccia ha un sorriso che illumina il suo bel viso roseo.
«Salve dottore.» ricambio il sorriso e butto la testa sul cuscino.
«Ho una buona notizia per lei!» 
«É quello che penso?» chiedo sospirando.
«Hai terminato un'altra chemioterapia.» annuncia serio.
«Menomale.» dico soddisfatta. «Sta migliorando?»
«Sempre di più. Sono molto fiero di te.» mi sorride. Che bel sorriso, Dio mio. Ho sempre considerato Jackson come un padre, sebbene me ne manchi uno. Riprendo a dormire non appena il dottore esce dalla stanza.
 
 
Odio il mondo. Odio la vita, questa vita. Odio il cancro. E a rendere tutto più odioso c'è questa canzone pop romantica che trasmette la radio del telefono. Le cuffie sono quasi rotte, le uso molto ultimamente. Mentre la musica mi penetra nel cervello sento il vento sfiorarmi le labbra, che mi bruciano da morire. Sophie arriverà a momenti. É bravissima a far aspettare la gente al freddo alle undici di sera. Sento della musica rap aumentare e superare la canzone che stavo ascoltando due secondi fa. 
É Sophie, nella sua decappottabile rossa. 
La intravedo con una scollatura alquanto esagerata e mi chiedo come faccia a sopportare questo freddo. É per questo che indosso una felpa, la più pesante che ho. Non posso permettermi di indossare abiti attillati, le mie costole praticamente fuoriescono dal sottile strato di pelle e poi non ho un petto così importante da poter indossare certe scollature. Non ho forme arcuate quanto quelle di Sophie, ma non fa nulla. Vedo la macchina avvicinarsi all'ospedale. Sfilo le cuffie dalle orecchie e le ripongo in borsa assieme al telefono. Entro in macchina e schiocco un bacio sulla guancia a Sophie.
«Weezy a palla anche stasera?» domando annoiata appoggiando i piedi sul cruscotto.
«Piuttosto, non lo sai che andare in discoteca con delle Converse è come andare nuda in chiesa?» domanda ironica.
Abbasso i piedi e la guardo male. É sempre stata una campionessa in complimenti e robe varie.
Sophie.
Sophie è una a posto. É bella e ricca. Ma a scuola -e non solo lei ne è consapevole- è considerata una "poco di buono". Detto in termini più semplici: è una sgualdrina. Non è carino dire certe cose, specialmente della tua migliore amica -se non l'unica- ma certe cose bisogna dirle. Ma, per quanto possa essere troia, è l'amica più sincera che abbia mai avuto. É 
schietta, divertente, sincera, allegra e (chissà perché)  esperta in fatto di ragazzi.




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