La carcassa del Jet degli X-Men riluceva sinistra negli ultimi raggi solari.
Tony la osservò a distanza, l’odore del carburante che si insinuava prepotente
sotto il casco dell’armatura facendogli lacrimare gli occhi. Volse il capo, attirato da un luccicare a
limitare del suo campo visivo e muovendosi a fatica nell’erba alta, si mosse
forse i due muri cadenti, che reggendosi
l’un con l’altro facevano da angolo della scalcinata proprietà che era stata teatro dello schianto.
Si chinò, poggiandosi una mano sul ginocchio e raccolse da terra la parte bruciata di un cip elettronico.
La osservò reggendola fra le dita guatate,
prima di farla cadere nel palmo , contro il dischetto del propulsore. Strinse il
pugno e guardò verso la casa diroccata al centro del rettangolo di terra battuta e sterpaglie in cui si trovava.
Era una delle tante fattorie abbandonate con la crisi portata dal governo Bush
a giudicare lo stato di abbandono. Tony si mosse con cautela, spostando lo sguardo dalle finestre oscurate
ai muri scrostati che lasciavano vedere i mattoncini rossi con cui la casa era
stata tirata su.
Tony sorrise, sembrava lo scenario di film dell’orrore.
Fece il giro per arrivare alla porta d’ingresso, alzandosi sulle punte per guardare oltre i
riquadri di vetro sporco che davano all’interno della casa. Non si vedeva un
accidenti.
-JARVIS, visione termica.-
Una velo azzurrato calò sulla visuale di Tony.
Afferrò il pomolo della porta, provò a girarlo un paio di volte , prima di
strapparlo via con uno strattone dei servomotori dell’armatura. Lo lasciò
cadere sul gradino consunto e spinse la porta con la punta delle dita.
Tony avanzò di un passo, alzando gli occhi al soffitto, per poi abbassarli
verso il pavimento. Abbracciò l’ambiente con uno sguardo, da destra, verso.
Si bloccò, incapace di muovere il collo.
Sgranò gli occhi, provando a forzare la presa che sembrava averlo bloccato come
un gatto.
Una. Due. Tre volte, prima che qualcuno entrasse nella sua visuale.
Grazie alla visione termica poteva vedere che era un uomo, era troppo grosso
per essere una donna, e che teneva un braccio sollevato verso di lui.
Nel muoversi di colori, dal giallo al rosso all’interno di quella figura
umanoide abbozzata che lo sovrastava, Tony non notò nulla di strano. Era una
persona come tutte le altre, tranne per il fatto che lo stava tenendo fermo con
una sola mano sollevata verso di lui.
-Discreta la sua armatura signor Stark.-
Tony sollevò un sopracciglio, prima di
sentire la pressione sull’armatura allentarsi.
Sollevò la visiera e nella penombra illuminata solo dagli ultimi raggi del sole
morente, vide in volto l’uomo che l’avevo bloccato.
Sui trentacinque anni, capelli castano
rossicci tenuti spettinati sulla fronte , e occhi azzurri. Indossava una
maglietta a maniche corte bianca su un paio di pantaloni neri infilati negli
scarponi.
-Sei uno di quelli dell’aereo?- gli chiese Tony portando una mano al collo, che
toccò goffamente da sopra la gorgiera.
-Mi chiamo…- Lo sconosciuto parve riflettere mentre osservava Tony con i
profondi occhi chiari. Aveva lo scollo della maglietta macchiato di sangue e le
tracce di una botta che gli aveva escoriato la pelle a lato della fronte - …Erik.-
-.-.-.-.-.--.-.-.-
-Grazie per essere venuto
a salvarci signor Stark.- mormorò Tempesta.
Tony portò le mani al casco e lo sfilò piegando in avanti la testa.
Si guardò attorno, gli occhi che piano
si abituavano alla penombra di quella che doveva essere stata una bella e
accogliente sala da pranzo prima della chiusura della casa. Ora la carta da
parati a fiorellini su fondo bianco pendeva scollata creando un ricciolo fino a terra, i pavimenti
di cotto erano coperti da uno spesso strato di polvere , e i mobili di legno
chiaro erano stati saccheggiati del loro contenuto e spaccati per diventrimento.
Ovunque c’erano scritte spray più o meno volgari e nell’aria risegnata una forte puzza di marijuana.
-Credo di aver pestato una pipa da crack.- borbottò Logan intanto che lanciava nel focherello che ardeva nel centro
della stanza una pallottola di carta da parati che, fra le fiamme, piegò su se
stessa, crepitando e scoppiettando per via della colla.
Sollevò il piede destro, e lo girò afferrandolo con la mano sinistra per
guardare la suola dello stivale. Guardò indietro sul pavimento, arricciando il
naso.
Charles, sdraiato su un fianco accanto alla porta, sospirò - E’ già tanto che
abbiamo trovato questo ricovero Logan.-
-Gli altri saranno qui a breve.- cercò di rassicurarli Tony, intanto che sedeva
per terra a fatica, impicciato com’era dall’armatura - Come avete fatto a scampare allo schianto? Vi siete lanciati col paracadute?-
Ci fu un giro di sguardi fra i presenti e
Erik alzò gli occhi verso il soffitto.
Tony fece altrettanto perplesso.
Era buio, e il soffitto era alto fatto a travi di legno. Socchiuse gli occhi, prima di realizzare che non era un ombra
quella che stava vedendo.
-Hallo![*]- lo salutò Kurt.
Era appeso a testa in giù come un enorme pipistrello. Si reggeva con le gambe
ripiegate e teneva le braccia incrociate al petto. Se Tony non gridò per la
sorpresa, su solo perché, da quando
aveva indossato per la prima volta i panni di Iron
Man, ne aveva viste di tutti i colori.
E un uomo, dall’aspetto vagamente demoniaco, azzurro puffo… Beh, non era poi questo granchè.
-Lui?- chiese indicando Kurt con un cenno della testa.
-Sì, è un teleporta.- spiegò Charles -Significa che
riesce a teletrasportarsi. Ha visto l’aereo
in caduta e ci ha teletrasportato fuori uno ad uno.-
-Lasciandoci a due metri d’altezza per fare prima.- si lamentò Erik passandosi
una mano sulla ferita che doveva aver sanguinato parecchio a giudicarelo scollo della maglietta. C
Charles gli sorrise da sotto il
rettangolo di stoffa viola che lo copriva
da metà petto fino alle caviglie, il capo sollevato da terra da una
giubba ripiegata a mo’ di cuscino.
I vestiti di Erik che si era tolto per tenerlo al caldo.
-Stai male?- gli chiese Tony notando solo ora il pallore e il velo di sudore
freddo che gli copriva la fronte e gli incollava i capelli alla pelle..
Charles chiuse gli occhi, mantenendo l’espressione sorridente - Ho visto giorni
migliori Tony.-
-.-.-.-.-.--.-.-.-
La Fortezza di Thanos era immersa in un silenzio innaturale.
Illuminata da fasci di luci basse,
piazzate dall’esercito per non avere mai l’obbiettivo in ombra, si stagliava
contro il cielo buio come un gigante addormentato.
Diane passò la mano sul vetro appannato dal suo respiro e si volse verso la
porta aperta a lasciar entrare una spiraglio di luce dal corridoio. Socchiuse
gli occhi, e volse il capo, abbagliata dal cambio di illuminazione e Clint si
fermò sulla porta, vedendola in piedi, inginocchiata sul divano posto alla
strombatura della finestra.
-Sono le quattro del mattino che fai alzata?-… E in camera sua e di Natasha, ma si
limitò a fissarla confuso intanto che si chiudeva la porta alle spalle.
Diane lo guardò andare verso il divano,
incrociare le braccia sullo stomaco e sfilarsi la maglietta dalla testa.
soffiò dalle narici - E tu? Che vieni a
letto adesso?-
Clint sfilò da sotto il cuscino la maglia del pigiama -… Ho aspettato di avere
notizie di Xavier.- spiegò alla sorella che si girò sui cuscini del
divano, per sedersi con le ginocchia radunate al petto -…Che a parte sembrare
tuo coetaneo, non ha più pelle sulla
schiene per le frustate che si è preso.-
-Si riprenderà?-
-Non finirà ancora in sedia a rotelle.-
Sfibbiò la cintura dei jeans, si abbassò
i pantaloni fino a mezza coscia e si sedette sul bordo del materasso dopo
essersi scalzato . Diane arricciò il
naso, tornando a guadare il Castello che dominava Manhattan -… Natasha l’hai sentita?- gli chiese.
-Sì, Francis sta bene.- annuì Clint
intanto che infilava i pantaloni del pigiama - Era spaventato a morte, ma sta
bene. Le ho detto di non mettersi in macchina con il buio e di rimanere con lui
e la babysitter.-
-Povera Chloe se la sarà fatta addosso.-
Clint si buttò all’indietro sul letto - Un po’ come tutti.-
Rimase per un momento immobile , a braccia larghe a mo’ di stella marina, prima
di tirarsi su e scostare le coperte - Vieni.- disse facendo segno a Diane di
avvicinarsi con la mano.
-Dove?-
-A dormire…- sbadigliò Clint -Non possiamo fare altro.-
-Davvero?-
Clint la guardò con gli occhi chiari sorridenti - Stasera , o meglio stamattina
non possiamo fare nulla. E soprattutto assonnati non si vincono le battaglie.-
Diane mordicchiò il labbro inferiore, prima di convincersi.
Si alzò dal divano per andare al letto. Gattonò fino al cuscino dopo essere salita sul materasso puntando le
ginocchia e lasciandosi cadere sulle mani, e
si infilò sotto le coperte accanto al fratello che si volse verso di lei.
L’afferrò per la maglietta e la fece rotolare per portarsela contro il petto.
Diane sentì la schiena riscaldarsi immediatamente, volse il capo verso la
spalla per guardare Clint che l’abbracciava
e sorrise mettendosi già con la testa
sul suo braccio.
-Buona notte.-
-Non russare.-
-Io non russo Clint non iniziare.-
-.-.-.-.-.--.-.-.-
Per Bruce Banner, di solito, i numeri che prendevano vita sullo schermo,
confondendosi in una nebbiolina fastidiosa, era un segno di staccare con il lavoro e andare a dormire.
Ma quella sera, invece, benché si strofinasse gli occhi ogni due per tre, non
riusciva a trovare la decisione per staccarsi di suoi calcoli e trovare la
strada del letto.
Aveva ascoltato sia il racconto del Professor Xavier
che di Magneto ed erano stati entrambi una delusione.
Il Professore, aveva riferito di essersi svegliato ragazzo dopo aver sentito un
dolore allucinante spaccargli in due la testa
mentre era nel suo ufficio alla Scuola e Lehnsherr , aveva riferito di quella forza,
simile ad un campo magnetico, che gli
aveva fatto tremare il casco sulla testa tanto che aveva dovuto tenerselo sulla
testa con le mani.
Niente che spiegasse un simile ringiovanimento.
Guardò verso la finestra.
La Fortezza che sembrava allargare su Manhattan un ombra buia come una mano pronta a ghermire.
-Charles Xavier, età
biologica, ventotto anni.- lesse ad alta voce il
risultato dell’analisi per poi passare a
quella di Erik -Erik Lehnsherr,
età biologica, trentatre anni.-
-Sono ringiovaniti più di trentacinque
anni a testa!- esclamò una voce sbalordita oltre lo schermo del pc.
Bruce alzò gli occhi e spostò la testa
per affacciarsi oltre il computer che gli occupava la visuale della porta.
Darcy, si stropicciò il viso sfregandolo con entrambe le
mani, prima di entrare nel laboratorio deserto a passetti. Bruce distolse
immediatamente lo sguardo, in difficoltà, dedicandosi con morboso interesse al
grafico sul suo schermo.
La ragazza indossava solo una semplice
camicia da notte , azzurra.
Troppo poco per i suoi gusti e per i suoi poveri nervi ancora scossi dopo
quello che era accaduto in ascensore.
Si fece di lato per farle spazio davanti al computer e si maledisse quando Darcy, invece di prendere una sedia, si accomodò sulle
ginocchia per guardare i risultati.
-Stupefacente.-
Bruce gemette alzando gli occhi al soffitto.
Perché a lui?
Con i casini che l’Altro combinava non c’entrava nulla. Lui, era una
brava persona.
-Bruce.-
-Uhn?- Il dottore
si stava strizzando la radice del naso fra due dita, gli occhi chiusi e le
labbra tirate.
-Sei in imbarazzo?-
Bruce alzò la testa di scatto.
-No.- sbottò dopo un ritardo di qualche secondo che
rese la sua risposta per nulla
convincente.
La verità era che ormai era del tutto
disabituato a relazionarsi con una donna per cui provava interesse. Darcy gli si appoggiò al torace con le spalle e allungò la mano per muovere il mouse sul
tappetino - Uhm… Sarà.-
Bruce
le appoggiò la fronte su una spalla -Darcy.- sospirò.
-Sì?- gli rispose la ragazza
-Lo stai facendo a posta?-
-Sì.-
Voleva spingerlo a essere sincero con sé stesso, voleva spingerlo ad accettare
lei e i loro sentimenti, quelli che si
intravisti in quell’ascensore, anche a
costo di forzare un po’ la mano.
-.-.-.-.-.--.-.-.-
Loki osservava l’uomo oltre il rettangolo di vetro che
dava sulla stanza che, un anno prima, l’aveva visto urlante sotto i ferri di
Sharon, incerto se entrare o lasciarlo
riposare.
Sospirò dondolando sui talloni prima di
decidere di provare a dormire almeno un paio d’ore prima di ritrovarsi con gli altri attorno al tavolo
della colazione. Mosse un solo passo prima di senti, nella testa, una voce
familiare sussurrare debolmente.
Non ti va di conoscermi di persona Loki?
Loki volse il capo verso il vetro, intuendo
un movimento nell’ombra che era il letto occupato da Xavier.
Sorrise girandosi , una mano al retro del collo che sfregò indolenzito.
Charles spostò lo sguardo verso la porta che si apriva con un sibilo,
sorridendo paterno al dio che si avvicinava al suo letto.
Era voltato su un fianco, per via delle ferite alla schiena e idratato da due sacche di soluzione
trasparente. Loki le osservò per un momento, prima di
cercare con gli occhi una sedia e afferrarla per la spalliera.
La volse e si sedette a cavalcioni su di essa -… Come ti senti Professore?-
-Come uno che ha bisogno di un trapianto di pelle.-
-Non puoi farti una trasfusione del sangue di Logan invece di soffrire?-
Da quello che gli era stato raccontato, era grazie a lui se Tony e Bruce erano
ancora in vita. Al suo sangue che era capace di guarire.
-No, è meglio non mischiare il sangue di due mutanti.- spiegò debolmente il
professore chiudendo gli occhi azzurri con un sospiro indolenzito. Faceva pena in quelle condizioni.
Oltre che sembrare tremendamente giovane, sembrava terribilmente debole e
indifeso.
Loki appoggiò il mento sulle braccia con cui aveva
avvolto la spalliera della seggiola, osservandolo vagamente preoccupato. Aveva
la brutta impressione di essere stato lui a tirarlo in quella situazione.
-Non sei stato tu a mettermi in pericolo.-
Loki sussultò.
-Ci sarei finito comunque a causa delle mie capacità.-
Loki aggrottò la fronte - Non dovresti leggere nella
mente delle persone senza permesso.-
Charles sorrise - Non lo faccio di proposito, sono troppo debole per
autodisciplinarmi.-
Loki lo osservo in silenzio.
-Devo liberare i miei ragazzi che sono intrappolati in quel castello. Gli
alunni della mia scuola, telepati come me.-
-Li libereremo vedrai.-
-Mentire a qualcuno che può leggere i tuoi pensieri come parole su una pagina,
che spreco di tempo.-
Loki abbassò gli occhi sulle punte delle scarpe
mentre Charles tornava a guardarlo - Con me, puoi anche mostrarti turbato.-
-Quella che si prepara è la più grande battaglia per il genere umano.-
-Lo so.- mormorò Charles -… E ognuno dimostrerà cos’ha
nel cuore.-
Fine capitolo
uno.
Primo capitolo del sequel di Dazed and
Confused. Se vi va, fatemi sapere che ve ne pare.
Note e disclamers.
[*] Ciao in tedesco!