Hero
Al avrebbe tanto voluto dirglielo, a Ed.
Più
lo guardava dormire, il viso ancora un po’ umido di quelle che l’interessato
chiamava “lacrime da sonno”, più pensava che gli sarebbe piaciuto farlo una
volta per tutte.
Aveva avuto l’impressione che a nii-san piacesse vederlo sorridere: sarebbe stato bello riuscire a
dirglielo una volta per tutte, socchiudendo un poco gli occhi e illuminandosi
solo per lui.
Ma
non avrebbe saputo da dove cominciare. Insomma, queste non sono cose che si
possono dire così, come se niente fosse.
Ma
più guardava suo fratello e quel braccio nuovamente fatto di carne che sbucava
da sotto la coperta bianco candido, più gli veniva voglia di dirglielo.
Oltretutto quello era il genere di cose che andava fatto il prima possibile,
altrimenti si perdeva il momento.
Decise
di farlo appena si fosse svegliato. Nel frattempo si
divertì a fissare il proprio riflesso nel vetro della finestra lì davanti: era
tutto incredibilmente rosa.
Non
riuscì a trattenere quella soddisfazione: sorrise alla propria immagine. Era
bellissimo guardarsi e, dopo tanto, tanto tempo, vedersi.
-
Nnh... -
Suo
fratello si era girato sull’altro fianco, continuando a respirare piano.
Erano
ore che riposava, doveva essere proprio stanco. In effetti, aveva l’aria di uno
che non dorme da anni.(*)
“-
Ce l’ho fatta, Al.
-“
Il
giorno prima gli aveva detto così niisan, prima di svenire. Stringendolo con
tanta forza da lasciare il segno sul suo polso di nuovo candido, il grigio
ferro solo un ricordo, aveva pronunciato quelle parole, un sorriso quasi folle
sul volto, e poi si era serenamente accasciato a terra.
“Ce l’ho fatta, Al.”
Sì,
aveva ragione. Ce l’aveva fatta eccome.
Perché
se davvero suo fratello avesse mai avuto paura
di qualcosa, oltre che di non ricevere il suo perdono, quel qualcosa era
perderlo. Perdersi proprio lui, Alphonse.
E invece Ed ce l’aveva fatta, e quel timore non si era
avverato.
“Ti
farò riavere il tuo corpo.”
Quante
volte glielo aveva detto, lo sguardo infiammato di chi è sicuro di ciò che dice
e la voce ferma che non ammette repliche.
Era
sempre stato fatto in quel modo, suo fratello. Deciso a non deludere nessuno,
tantomeno se stesso.
O
almeno, era in questo modo che lo vedeva Al.
Da
sempre Ed era stato quello senza timori, che quando
dice una cosa è quella. Non aveva tempo da perdere, e guai a chi si fosse messo sulla sua strada. Era così, lui. Inarrestabile e
orgoglioso.
…
ma in fondo Al lo sapeva, di avere
un’immagine di Ed non esattamente oggettiva. Sapeva,
sì, che tutto quel coraggio diventava spesso avventatezza, e di certo non
negava che quanto a diplomazia suo fratello fosse un
completo disastro.
Ma
tutte quelle verità non contavano niente, di fronte ad Edward che ride e piange insieme aggrappandosi a lui e dicendo: - Ce
l’ho fatta, Al. -
Forse
per qualcuno quel singolare sarebbe stato irrispettoso. Chiunque avrebbe
pensato che la frase giusta fosse “Ce l’abbiamo
fatta, Al.”, e ciò che invece Ed
aveva detto fosse una cosa egoistica.
In
fondo era Al ad avere avuto un’armatura per corpo, ed era Al quello che lo aveva seguito sempre e comunque,
qualunque fosse la destinazione. Era stato Al il suo primo,
fedele compagno di viaggio ed esistenza.
Ma
al diretto interessato non importava assolutamente niente, di ciò che il mondo
poteva dire al riguardo. Formule, esplosioni di luce, risa, lacrime: in
quell’istante erano state solo di Ed.
Lui,
Al, aveva
potuto solo guardare quel ragazzo, un Alchimista
di Stato, il “FullMetal”, suo fratello, riuscire in
una missione alla quale aveva dedicato qualcosa come una vita e dedicare quella
vittoria a lui con una frase.
Per
i riconoscimenti ci sarebbe stato tempo dopo.
Ma
il protagonista di quel momento no, quello sarebbe stato sempre e solo Ed.
Anche guardandolo stringersi inconsciamente il
lenzuolo addosso, i capelli biondi sempre più lunghi sparsi su tutto il
cuscino, la visione quasi tenera di un tipo temuto da tanti che dorme come un
bambino piccolo era, nella sua mente, sovrastata da quel momento.
Dallo
sguardo, la stretta, da quel Tutto con cui suo fratello lo aveva
accecato in quel momento.
Niente
di più, niente di meno. Semplicemente, per un momento in Ed
c’era stato il Tutto di un altro essere umano. Il Tutto di suo fratello.
E
Al lo aveva capito.
Lo
aveva capito, che dentro di sé mai sarebbe riuscito a separare suo fratello da
ciò che gli aveva visto addosso in quel momento, quando lo aveva salvato grazie
al genio, alla fortuna, al destino. A
qualcosa di indefinito e potente che a Ed mai si
sarebbe staccato di dosso, allo stesso modo di quel famoso sguardo determinato.
Qualunque
cosa fosse successa in futuro, Ed e tutte quelle cose che lo rendevano ciò che
era avrebbero seguito Al in un perenne passo avanti alla razionalità.
Un
istante che si sarebbe protratto per sempre da qualche parte dentro di lui che
stava tra il cuore e l’istinto, ricordandogli ciò che davvero era suo fratello.
Senza volere, Ed aveva creato un momento lungo come l’eternità.
E
guardando il proprio umano riflesso nel vetro, Al
seppe cosa voleva dirgli. Le parole giuste, che non
spaventassero per potenza ma nemmeno sminuissero il
proprio significato.
L’espressione
umana di quello che provava a guardarlo.
***
Edward
apre gli occhi. Nonostante l’intontimento da sonno, percepisce di aver dormito
per un bel po’.
Era
anche l’ora, visto che il giorno prima non aveva fatto
che assopirsi e svegliarsi all’improvviso.
Si
guarda intorno, comunque. E vede Al.
Sta
sorridendo a qualcosa, presumibilmente il vetro della finestra, perso in chissà
quali pensieri. Non sbatte nemmeno le ciglia, deve essersi proprio incantato.
Per
qualche istante Ed resta guardarlo. E’ sempre un
piacere vederlo sorridere. E’ un gesto che, fatto da lui, ha un qualcosa di
dolce e liberatorio. Perché fintantoché Al, in carne e ossa, sorride, vuol dire che un po’ di
giustizia nel mondo c’è.
E
perché, beh, quello è Al. Basta
anche solo questo a motivare come mai sia bello vederlo luminosamente felice.
Poi
qualcosa richiama proprio l’attenzione dell’incantato.
Guarda
in basso, sul lettino, e gli angoli della bocca si sollevano ancora di più.
Praticamente brilla tutto.
-
Niisan. -
-
Sì, Al. Cosa c’è? -
Per
un attimo non risponde, e Ed quasi si sente a disagio.
Non vede perché Al debba guardarlo così intensamente e con quell’aria quasi
soddisfatta, come se avesse avuto un’illuminazione su chissà cosa.
-
Tu sei il mio eroe. –
E
Ed si rimangia tutto. Quello non è disagio. E’
felicità.
"Volevo che sapesse
che era una persona speciale, di quelle che si leggono nei libri, di quelle che
lui leggeva nei fumetti. Un eroe. Ecco, forse volevo sapesse che lui era un
eroe." (**)
Fin
Legenda:
(*) Frase fortemente ispirata dalla
citazione di “Forrest Gump”: “Jenny aveva l’aspetto di una persona che non
dorme da anni” (a memoria, sarà presto corretta)
(**)
Ctz. di Alessandro
Baricco, da “Questa Storia”
Nota
di Melchan:
No, questa non è
una fanfiction. E’ un parto bello e buono, ecco XD
Non ci posso
credere di aver finito questa cosa in tempo per la scadenza delle TrueColors.
Davvero, sono quasi commossa ç_ç
Il fatto è che avevo deciso di pubblicare la prima puntata dell’AU su FMA,
per questa scadenza. Mi ci ero pure messa, ed ero arrivata almeno a un quarto
della scaletta totale, quando mi sono resa conto che per continuarla come si
deve avevo bisogno di un episodio particolare. Un episodio che tuttora il mio
cervello si ostina a non fornirmi è_é
Quindi è con una
certa ansia che il dieci giugno mi sono resa conto di avere nove giorni per
creare qualcosa di decente dal nulla.
Ora. Farmi venire
l’ansia per le scadenze, sia scolastiche che non, è una mia caratteristica. Ma
scoprire di fregarmene più del non dover chiedere proroghe alle admin di
TC piuttosto che di studiare per il compito decisivo di chimica
(che deciderà se o il debito o no- per inciso, l’ho scampata con un 6\7) è
stata una sorpresa un po’ inquietante XD.
Ma quanto sarò
secchiona, eh? çOç
Comunque.
Alla fine Hero è nata.
Per rispondere
alla FAQ che potrebbe farsi chiunque
ha letto “Perfezione”: si, è una specie di seguito. Ma visto che le due shot
possono essere lette singolarmente senza troppi problemi non penso di doverle
raggruppare ^^
L’incipit mi è venuto quando, in una delle mille riletture dei miei pezzi
preferiti di Baricco, ho letto la frase in calce alla storia e ho sentito il
solito magone da grande-frase-sua prendermi la gola e
stringerla da star male. Quest’uomo ha il potere di trascinarmi sempre a un
passo dalle lacrime senza fine, ‘cidenti XD
Probabilmente le
uniche frasi che non avrò mai il coraggio di citare saranno quelle che davvero mi fanno a
pezzi dentro, racchiuse perlopiù in quell’opera che è “City” (*si
inchina*).
Tornando alla
storia: questo è lo scritto che, tra tutto ciò che ho prodotto, a livello di
grammatica mi ha dato più problemi. Ho controllato e riletto e sistemato tanti
congiuntivi e passati e presenti tanto da farmi incrociare gli occhi @__@ (e
pure lì perdo meno tempo per i temi d’italiano in classe, dove tanto ho l’8
fisso XD).
In ogni caso, è
stato strano misurarsi con Al.
Normalmente mi trovo meglio con i tipi depressi ed emoeggianti
(un paio di nomi: Edward Elric, Genjo Sanzo XD), ma l’idea di far fare tutto
quel discorso ad Al
e poi svelare la frase tramite la coscienza di Ed mi piaceva troppo.
Mi vedevo proprio
la scena cinematografica, con Ed che chiede: ” - Si, Al. Cosa c’è? –“ e risposta (poi nella testa avevo
pure l’inquadratura del solo sorriso di Al e la faccia di Ed ripresa mentre l’altro
gli dice la frase, ma un po’ d’interpretazione va lasciata, ecchecavolo–
anche perché sennò diventava una cosa alquanto ingarbugliata XD) .
Ah, ovviamente solito desclaimer:
fanfiction scritta per le True Colors (truecolors.iobloggo.com). Il prompt è “This moment is eternity” della categoria “Melodies of
Life”.
Tutti i
personaggi, emo e pucciolerie
che li contraddistinguono sono proprietà della loro autrice, Hiromu Harakawa.
Detto questo,
attendo come al solito critiche e commenti di ogni
tipo.
Grazie mille in
anticipo
Mel