Prendi la mia mano.

di ArgusApocraphex_
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“Prendi la mia mano.”

“Non ci riesco…”

“Fallo.”

“Come posso farcela?”

“Tu prendila, vedrai che ci riuscirai.”

“E come faccio?”

“Basta che chiudi gli occhi. Tutto il resto verrà da sé.”

Sbuffo un po’ rassegnata, con gli occhi rivolti verso l’alto. Tendo il braccio e allungo la mano, abbandonando le dita al tocco leggero dell’aria e muovendole, come se fossero in cerca di qualcosa. Chiudo gli occhi.

“Ehi… ce l’ho fatta”

“Ecco, visto?”

“Sì… ecco, la sto prendendo adesso… la senti?”

“Sì, la sento. Vedi che non era così difficile?”

“Ho dubitato di te. Scusami”

“Ora non lasciarla più quella mano.”

“Ecco… questa volta non posso farcela per davvero…”

“Niente è impossibile. Tutto dipende da te e da quello che tu vuoi.”

“Io lo voglio, davvero… solo che non posso farlo.”

“Mantieni sempre gli occhi chiusi. Vedrai che ce la farai.”

Mantengo le palpebre ancora accasciate sugli occhi. Le dita della mano continuano a muoversi in cerca della sua, e la trovano. Combaciano e non vogliono più lasciarsi; si completano come i pezzi di un puzzle i cui pezzi sono stati ritrovati. Una lacrima mi scende lungo la guancia.

“Ehi, non piangere.”

“Non lo farò…”

“E’ ora di andare a letto”

Una voce risveglia i miei pensieri e mi fa aprire gli occhi di scatto. Mi asciugo la scia della lacrima violentemente, con il palmo della mano.

“Adesso devo andare…”

“Buonanotte.”

“Buonanotte…”

Allontano la mano dallo schermo del computer e la appoggio sul petto. Lo spengo.

Eravamo troppo lontani per poterci abbracciare. Così mi diceva di prenderci per mano: io non riuscivo a farlo. Ma lui mi diceva di chiudere gli occhi e che tutto sarebbe successo.

E ci riuscii. La sua mano la vidi, la incrociai, la toccai.

 

Nella mia mente era la sua mano; nella realtà era solo un vetro.





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