I
bet, this time at
night you're still up.
Taylor
Swift guardò distratta fuori dalla finestra. Da quando si
era
trasferita in città, lontana dalla sua famiglia, le notti
che ogni
tanto passava in bianco a suonare e a scrivere canzoni erano
diventate più malinconiche. Sfregò distrattamente
le dita sulle
corde della sua chitarra preferita, quella che teneva in casa e non
usava per i concerti. Era con quella che componeva la maggior parte
delle sue canzoni.
Accanto
a lei, sul letto, il suo IPhone vibrò per l'ennesima volta.
Taylor
si passò una mano tra i capelli, esausta. Erano le due di
notte ma
lei aspettava quella chiamata da ore. Era per questo che, nonostante
avesse tentato di coricarsi, non vi era riuscita.
Appoggiò
la chitarra sulle lenzuola chiare e prese il cellulare in mano. Nella
sua mano, quello continuò a muoversi, trasmettendole le
vibrazioni
sulle punte delle dita scorticate dalle corde.
Erano
ore che aspettava quella chiamata, eppure, adesso che era arrivata,
non riusciva a rispondere. Come ogni santa notte.
I
bet, you're tired
from a long hard week.
Il
tour australiano si avvicinava ed i preparativi fremevano. Eppure,
lei riusciva a trovare il tempo per scrivere. C'era sempre riuscita,
anche a costo di svegliarsi in piena notte in preda all'ispirazione,
o stare impalata a fissare il vuoto se quella non arrivava. Scrivere
la aiutava ad affrontare la vita.
Il
cellulare vibrò per qualche altro secondo, poi si
zittì. Taylor lo
guardò, immobile, nella sua mano. Non si era nemmeno accorta
che le
erano salite le lacrime agli occhi. Aspettava quella chiamata per
notti intere e poi non rispondeva. Perchè aveva paura.
I
bet, you're sitting
in your chair by the window, looking out at the city and I bet,
sometimes you wonder about me.
Senza
pensarci, sbloccò il cellulare e guardò la
chiamata persa. Sapeva
già da parte di chi era, ma voleva vederlo, leggere il suo
nome.
Farsi del male. Come le piaceva ferirsi in quel modo? Attendere per
ore una chiamata e poi non rispondere? Perchè lo faceva? Non
sarebbe
stato più semplice rispondere, parlarci, sentire cosa aveva
da dire?
La
scritta “Tay” sembrava farle lo sberleffo dallo
schermo.
Taylor.
Lui, solo lui. Era da quando lui l'aveva riportata a casa quella
sera, dopo la premiazione, che non lo vedeva. Il ricordo di quella
notte le faceva ancora male; come lui l'aveva accusata di essere
falsa, di non provare niente, e di aver scritto Back To
December
solo perchè i suoi fan se lo aspettavano. L'aveva ferita
così tanto
che lui non avesse capito quanto la fine della loro relazione
l'avesse quasi uccisa, lasciata senza più niente da provare.
La
ragazza non aveva mai provato le sensazioni che aveva sentito quando
l'aveva baciato sotto la pioggia; un bacio così leggero e
sfiorato,
il fantasma di un bacio, ma che l'aveva fatta tremare, fino al cuore,
fino all'anima. E quando si era staccata e aveva visto il suo viso,
il viso del ragazzo che ancora amava, tanto, troppo intensamente -
aveva cercato di reprimerlo, senza riuscirci - così
stravolto da
quel bacio, da quella discussione, e dagli stessi sentimenti che lei
provava, era scoppiata a piangere, sopraffatta dall'emozione e da una
sola consapevolezza: non potevano tornare insieme. Nonostante - ne
era sicura - lui la amasse ancora, e nonostante quel bacio
così
sconvolgente e così flebile, non potevano tornare indietro.
Lui le
aveva detto che era troppo tardi per scusarsi ed ormai, avevano perso
tutto. Tutto tranne il loro orgoglio, che era l'unica cosa reale che
ostacolava il loro ricongiungimento.
Era
per questo che Taylor non riusciva a rispondere a quella chiamata.
Lautner chiamava puntualmente ogni notte, ogni sera. Era convinta che
volesse solo parlare. Ma lei non ce la faceva e basta.
Disperata,
lanciò il cellulare sul pavimento, e si buttò sui
cuscini, incapace
di trattenere oltre il pianto che le premeva agli angoli degli occhi.
And
I just want to tell
you, it takes evererything in me, not to call you; and I wish I could
run to you, and I hope you know that, everytime I don't, I almost
do... I almost do.
Dopo
qualche lacrima amara di rimpianto, la ragazza strisciò sul
bordo
del letto e recuperò il cellulare.
Certe
volte le era presa voglia di chiamarlo. Magari lo aveva visto in tv,
in qualche talk show, oppure semplicemente aveva desiderato sentire
la sua voce. Ma si era sempre trattenuta. Sapeva che non poteva, non
poteva lasciarsi andare, o sarebbe successo di nuovo. Sarebbe andata
di nuovo in mille pezzi. E non era sicura che sarebbe riuscita a
recuperarli tutti, questa volta. La sera della premiazione, quando
era tornata a casa, aveva chiamato sua mamma ed era stata
lì, con la
cornetta attaccata all'orecchio, a piangere disperata, mentre
accarezzava ossessivamente Meredith. Andrea era rimasta in silenzio,
tanto che Taylor non si era nemmeno accorta che aveva attaccato ed
era corsa da lei. Quella notte aveva dormito abbracciata a sua madre,
come faceva quando era piccola ed aveva fatto un brutto sogno.
Appoggiò
il cellulare sul letto, con delicatezza, quasi dispiaciuta di averlo
trattato così male, ed imbracciò nuovamente la
chitarra. Una
melodia risuonava nel suo cervello, e lei sapeva bene cosa
significava. Ispirazione in arrivo.
Ma
non
era sicura di essere pronta a scrivere una nuova canzone su Taylor.
Il suo cuore palpitava ancora dolorosamente, stanco di soffrire.
Forse, scrivere era l'unico modo per sfogare tutto quel dolore.
I
bet, you think I
either moved on or hate you: 'cause each time you reach out there's
no reply. And I bet, it never, ever, occured to you, that I can't say
hello to you and risk another goodbye.
Era
quella la verità, si disse sorpresa, mentre le frasi si
disponevano
naturalmente nella sua mente; non poteva avere un nuovo contatto con
Taylor, perchè avrebbe rischiato un nuovo addio, e questa
volta, non
sarebbe sopravvissuta.
Realizzarlo
fu un sollievo tale che la Swift rischiò di cadere
all'indietro
sulle coperte. Non c'entrava l'orgoglio, era solo paura. Taylor
avrebbe voluto ricominciare a piangere. Era lei stessa che aveva
insegnato ai suoi fan di non avere paura e di esprimere sempre i
propri sentimenti senza timore. Ed adesso non ci riusciva, e si
vergognava di questo.
Avrebbe
dovuto chiamarlo. Avrebbe dovuto chiamare Taylor e sentire cosa aveva
da dirle. Ne sentiva il bisogno. Ma di nuovo, qualcosa la tratteneva.
Le lacrime cominciarono a sgorgare, senza darle tregua. Non sapeva
come avrebbe fatto a tirare avanti così.
Stava
quasi per mettere a posto la chitarra, spegnere il cellulare e
mettersi a letto, in un vano tentativo di addormentarsi, quando
l'IPhone tremò di nuovo.
Senza
esitazioni, Taylor prese la chitarra e, con una melodia dolce e
triste, coprì quel suono che la tormentava, e l'urlo
straziante di
dolore del suo cuore.
9
mesi dopo.
Taylor
Lautner sfogliò furiosamente il libretto di Red,
cercando qualcosa, qualsiasi cosa, un singolo segno di lui.
Lo
aveva comprato, nonostante si fosse ripromesso di non
farlo - la Swift, la sua amata Swift, si era fidanzata. Non sarebbe
stata più sua, ormai - non era riuscito a resistere alla
tentazione
di cercare qualche segno che la ragazza aveva pensato a lui, in
quegli ultimi dieci mesi. Avrebbe accettato anche una canzone sul
loro scrontro / incontro di quella sera, quella sera terribile in cui
l'aveva accusata di essere falsa. Qualsiasi cosa, purchè lo
convincesse che lei non lo odiava, non del tutto almeno.
L'aveva
chiamata cento, mille, diecimila, milioni di
volte. Sapeva che spesso rimaneva sveglia ad ascoltare musica, o a
fare musica, e quindi aveva sempre scelto le due.
Quando
stavano insieme, lei gli aveva rivelato che era il momento che
preferiva della notte, perchè le luci della città
non nuocevano
alla meravigliosità chiara delle stelle, che in
quell'istante
brillavano più belle e più lucenti di sempre. Lui
sapeva quanto lei
amasse le cose che brillavano. Anche lui le amava, le amava da quando
aveva visto i suoi occhi per la prima volta. A suo parere, non
esisteva stella più luccicante.
Ma
adesso, rassegnato mentre fissava il libretto del cd,
si sentiva umiliato e deluso. Non c'era niente, o almeno, niente per
lui. Non si riconosceva in nessuna di quelle canzoni. Non c'era un
solo indizio che le riportasse a lui, nemmeno nei messaggi segreti -
sapeva benissimo che era una delle parti che la Swift preferiva.
Avrebbe
voluto sotterrarsi centomila chilometri sotto la
superficie terrestre. Era così stupido. Lei era fidanzata.
Era uscita con altri ragazzi. E a lui non ci
pensava più. E
faceva bene, visto come l'aveva trattata quella sera.
Ricordava
il bacio con la stessa intensità. Si faceva
mille domande. Perchè non aveva impedito che lei si
separasse?
Perchè non l'aveva stretta, e baciata con più
passione? Perchè era
un idiota, un idiota orgoglioso. E adesso si sentiva uno schifo.
Si
sentì invadere dalla rabbia. Con una mano, liberò
il tavolo e buttò a terra cd, custodia e libretto. A passo
svelto si
diresse verso la porta, afferrò un giaccone ed
uscì, lasciando
tutto com'era. Non stava andando da nessuna parte in particolare,
voleva solo camminare e sfogare la rabbia. O almeno così
credeva.
Andò
avanti per un tempo che sembrò infinito. Era
freddo, ed il giaccone non lo proteggeva dai brividi. Non erano
brividi di freddo. Continuava a pensare a Taylor. Ai suoi capelli. Al
suo viso, ai suoi capelli. Al suo corpo...
Scosse
la testa, veloce, per scrollarsi quei pensieri
dalla mente. Ma non era facile, non lo era per niente. Continuavano a
tornargli in mente immagini: occhi blu, ciuffi biondi, pelle chiara
a contrasto con la sua, scura e abbronzata.
Si
fermò di colpo quando si accorse dove era arrivato.
La
casetta bianca sembrava quasi sorridergli, invitarlo.
Le tendine azzurre, alla finestra della prima camera a destra, in
alto, lo facevano sentire a casa. Era un sacco di tempo che non
andava lì, che non si fermava lì davanti.
L'ultima volta aveva
visto quella casa dal finestrino scuro della sua macchina sportiva.
La volta precedente, era stato fermo sulla soglia, ad ascoltare
incantato la donna della sua vita parlargli con voce dolce.
Il
cancello era socchiuso; Taylor era a casa. Era
strano, si disse. Avrebbe dovuto essere da qualche parte, a
promuovere il cd, a cantare le nuove canzoni che - tanto per farsi
ancora un po' più male ricordandolo - non erano per lui.
Senza
accorgersene, spinse il cancello ed entrò. Non
sapeva nemmeno perchè lo stava facendo; sempre ammesso che
lei gli
avesse aperto la porta, cosa avrebbe potuto dirle? “Grazie
di
non aver nemmeno pensato a me per il tuo nuovo album”.
Non
sarebbe stato giusto; la vita era sua, le canzoni sue, e lui non
poteva arrivare davanti a casa sua e fare l'offeso per una cosa del
genere. Di nuovo, si disse che era uno stupido.
Ma
non fece in tempo a pensarlo, che la porta, su cui
era appeso un gatto di polistirolo che reggeva un cartello con su
scritto 'Welcome', si spalancò. E la vide, alta, bionda,
pelle
chiara, occhi di cielo. Come l'aveva immaginata venendo lì.
E lo
guardava, non come aveva immaginato, non con astio o con fastidio: lo
guardava con sincera sorpresa. Indossava una t - shirt bianca con un
gatto stampato sopra e dei pantaloni della tuta, e teneva i capelli
raccolti in uno chignon disordinato, ma rimaneva comunque la creatura
più bella che Taylor avesse mai visto. I suoi occhi
risplendevano,
si erano accesi nell'istante esatto in cui aveva incrociato il suo
sguardo, lo vedeva anche da lontano. Senza accorgersene, il ragazzo
affrettò il passo. E la Swift, scossa la sorpresa iniziale,
aveva
lasciato la soglia della casa ed era corsa nel freddo pomeriggio di
novembre, stringendosi una mano al petto. L'altra mano la protese
verso di lui, mentre correva veloce lungo il sentiero di ghiaia, come
se potesse raggiungerlo prima, in quel modo. Anche lui
cominciò a
correre, ad accorciare la distanza, spinto da qualcosa, da quel
qualcosa che, da quando si erano lasciati, non l'aveva mai
abbandonato: il suo amore incontenibile per lei.
-
Taylor! Tay! - urlò la
ragazza, avvicinandosi sempre di più, inciampando nella
ghiaia con
le scarpe da ginnastica. Rischiò di cadere ma si riprese in
fretta
e, con le lunghe gambe, in pochi istanti lo raggiunse. Lui
aprì le
braccia e lei gli si buttò addosso, stringendolo
così forte da
togliergli il respiro. Lautner perse l'equilibrio ed entrambi
urlarono mentre cadevano sul sentiero freddo. Taylor si fece male
alla schiena quando atterrò sui sassi freddi del vialetto,
ma quando
aprì gli occhi, dimenticò ogni dolore,
dimenticò ogni cosa. Perchè
la ragazza lo stava guardando dritto negli occhi, con un sorriso
così
grande che Taylor avrebbe voluto stringerla e baciarla, mordendole le
labbra e passandole le mani tra i capelli. I suoi occhi erano ancora
più blu di come li ricordava, ancora più luminosi
e splendenti.
Quando aveva aperto la porta, per un attimo, erano stati freddi, bui,
ma poi l'aveva visto, ed il suo viso si era illuminato come irradiato
dai raggi del sole. Era scombussolata e disordinata ma per Taylor non
era mai stata più bella di così.
La
Swift si alzò, imbarazzata, con le guance in fiamme.
Lautner non riusciva a smettere di pensare che fosse bella,
bellissima. Si alzò anche lui, così in fretta che
rischiò di
cadere di nuovo. Si guardarono per un istante così lungo che
sembrò
infinito, nero contro blu, terra contro cielo. E poi la ragazza si
fece avanti e si strinse a lui. Sembrava così piccola,
nonostante
fosse quasi più alta di lui; ma mentre lo abbracciava,
sembrava una
bambina che aveva appena ritrovato il suo giocattolo preferito.
-
Tay... Io... Pensavo che non ti avrei più rivisto -
disse, la voce piena di pianto. Stava piangendo? Senza pensarci - con
lei gli veniva naturale agire d'impulso - le prese il viso tra le
mani e lo sollevò. Aveva le guance rigate di lacrime, ma
sorrideva,
era felice. Non l'aveva mai vista così.
Per
lui fu inevitabile. Non aspettava altro da dieci
mesi e non aveva intenzione di attendere oltre. Si chinò su
di lei e
la baciò, dolce ma impetuoso. Dapprima, la ragazza
spalancò gli
occhi sorpresa e si staccò dal suo abbraccio, ma Taylor non
aveva
intenzione di mollare la presa. E la Swift, dal canto suo, non aveva
atteso che quello da quando l'aveva visto entrare nel suo giardino
dalla finestra della cucina. Per questo smise di opporre resistenza,
lo abbracciò e si lasciò andare.
Taylor
controllava a stento le emozioni che lo
rimescolavano. Sentiva le farfalle nello stomaco, il cuore a mille ed
il cervello, beh, quello era completamente andato già da un
po'.
Sapeva un sacco di cose: lei era fidanzata, qualche paparazzo avrebbe
potuto beccarli, e per entrambi sarebbe stata la fine. Ma non gliene
importò un fico secco. Anzi, strinse la ragazza ancora di
più ed
approfondì il bacio, mordendole il labbro e accarezzandole
la
schiena. La sentì fremere mentre le scioglieva i capelli,
che le
caddero morbidi sulle spalle. Lui vi infilò le mani, e lei
tremò di
nuovo. Il ragazzo sentiva il cuore rimbombare nelle orecchie; avrebbe
voluto che quel momento non finisse mai perchè, per quanto
fosse
lungo il loro bacio, non sarebbe mai stato abbastanza. Ma un pensiero
fastidioso cominciò a ingombrare la sua mente; ben presto,
si
trasformò in una consapevolezza, così grande e
così pesante da
impedirgli di andare avanti.
Prese
la Swift per le spalle e l'allontanò da lui con
dolcezza; gli costò un grande sforzo di volontà,
ma ci riuscì. La
ragazza rimase un attimo imbambolata, intontita da quello che era
appena successo; ma poi si riprese e gli lanciò un'occhiata
stranita.
-
Tay? - fece, flebile come un soffio di vento. Lautner
dovette serrare i denti per impedire ai suoi impulsi di prendere il
sopravvento.
-
No, Swifty - disse lui. Staccò le mani dalle sue
spalle e si allontanò di un passo. - No, non possiamo. Tu.
Tu sei
fidanzata. E tra noi è finita da tempo ormai.
La
bionda spalancò la bocca, a metà tra la sorpresa
e
la delusione. Incrociò le braccia, come se dovesse
sorreggersi per
non cadere a pezzi. - Cosa stai dicendo, Taylor? Cosa diavolo sei
venuto a fare? - sbottò, alzando il tono di voce ad ogni
parola. -
Vieni qua, entri nel mio giardino, senza chiedere niente, mi baci, e
poi dici che non possiamo? Mi stai prendendo in
giro!?
Il
ragazzo smise di guardarla. Si ficcò le mani nelle
tasche e cominciò a calciare per terra. Non sapeva cosa
rispondere;
aveva la sensazione che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata mal
interpretata. La ragazza che amava, di fronte a lui, sembrava sul
punto di spezzarsi; si era chinata a terra, reggendosi lo stomaco
come se stesse per vomitare, e piangeva.
Taylor
non resistette oltre. Si buttò vicino a lei e la
strinse tra le braccia, mentre lei continuava a piangere,
apparentemente inconsolabile. Cercò di divincolarsi.
-
Lasciami. Lasciami! - gli urlò, tanto che lui la
lasciò davvero. La Swift si alzò, fece qualche
passo verso casa e
poi si fermò. Girò appena la testa verso di lui.
-
Cosa vuoi? Se non sei qui per... Cosa vuoi, Lautner? -
disse, piatta. Taylor si sentì morire; lei non l'aveva mai
chiamato
così. - Sono dieci mesi che non ci vediamo, come ti permetti
di
venire in casa mia, di baciarmi in quel modo? Non
siamo
nemmeno più amici!
Il
moro non l'aveva mai vista in quelle condizioni.
Certo, gli era capitato di vederla arrabbiata, ma non così:
era
furiosa, disperata. Taylor comprese che, ancora una volta, non aveva
capito niente.
-
Tay... Mi dispiace - riuscì a dire. - Non dovrei
nemmeno essere qui. Ma ti ho chiamata così tante volte, e tu
non mi
hai mai risposto... Pensavo mi odiassi.
La
ragazza lo fissò impalata, scuotendo la testa. Non
era nemmeno sicuro che lo stesse ascoltando.
-
Quello che è successo la sera della premiazione... Mi
dispiace, Tay - continuò, a fatica. - Io avevo ancora tante
cose da
dirti, ma non me ne hai dato il tempo. Ho cercato di parlare con te
ma non me ne hai mai data l'occasione. Ho cercato di resistere ma non
ce l'ho fatta, dovevo vederti. Parlarti. Quando sono uscito di casa,
non era mia intenzione venire qui, ma non me ne sono nemmeno reso
conto. Ti prego Tay.
Si
avvicinò, cauto, e lei non si mosse. Fece un altro
paio di passi e la raggiunse; poi la strinse di nuovo tra le braccia,
mentre lei rimaneva inerme. Perchè gli appariva
così distrutta? Era
stato lui a ridurla in quelle condizioni.
-
Volevo solo parlarti ma quando ti ho visto corrermi
incontro, e guardarmi come se fossi la cosa migliore del mondo per
te... Non ce l'ho fatta. E mi dispiace - continuò il
ragazzo,
baciandole i capelli. Subito dopo averlo fatto, se ne pentì.
Non
doveva farlo. - E dire che quando sono uscito di casa, ero anche
arrabbiato con te.
La
Swift alzò la testa. Aveva gli occhi rossi, e questo
faceva emergere ancora di più il blu intenso delle sue
pupille. -
Arrabbiato con me?
-
Sì. Me ne vergogno quasi. Ho comprato Red, sai?
Volevo vedere se c'era qualcosa su di me. Adesso mi sembra tutto
così
ridicolo. Non avevi niente da dire su di me. Ho rovinato tutto, non
avrebbe avuto senso - disse, più a se stesso che alla
ragazza. Era
vero, arrabbiarsi per le canzoni era stata una cosa ridicola, ed
infantile. Ma si era sentito così umiliato, e deluso.
Tra
le sue braccia, la bionda sussultò. Taylor la
guardò di nuovo: lei distolse lo sguardo, le guance rosse.
Continuò
a guardarla, interrogativo, ma lei si strinse a lui, nascondendosi
alla sua vista.
-
Tu non hai rovinato niente - mormorò semplicemente. -
Io... Dovevo prendermi una pausa. Quello che è successo
quella sera
mi ha ferita troppo.
-
Ed è giusto che tu sia passata oltre - fece allora
lui. La scostò di nuovo da sé, ma
lasciò le mani sulle sue
braccia. Non riusciva ad interrompere quel contatto. - E non
è
giusto che io ti abbia baciata. Non avrei dovuto. Tu sei fidanzata,
ed io sono un cretino.
Taylor
spalancò gli occhi, così sorpresa che ogni
traccia di tristezza sul suo volto scomparve. - Fidanzata?
-
Sì, Swifty, ed io sono un cretino - ripetè lui. -
Vorrei solo che...
-
Aspetta, Tay - lo interruppe lei, scrollandosi le sue
mani di dosso e riavvicinandosi. - Io non sono fidanzata. Non
sto nemmeno uscendo con qualcuno ultimamente.
-
Ma... Tu, e il Kennedy... - balbettò lui. Okay, era
ufficiale. Aveva smesso di capirci qualcosa già da un bel
po'.
Lasciò cadere le braccia ed aspettò spiegazioni.
La
bionda si fece improvvisamente più cupa. - Io e
Conor non ci sentiamo più. Sono molto impegnata con la
promozione
dell'album e... Le cose non funzionavano più già
da un po' tra noi.
Taylor
faticò non poco a contenere il sollievo che
quelle parole gli avevano procurato. Allungò una mano e
accarezzò
piano la guancia della ragazza. - Oh, mi dispiace, T. Ma era successo
qualcosa? - chiese, tentando di non suonare sarcastico.
Pensò alla
sfilza di ragazzi che le aveva spezzato il cuore, e sperò
per
Kennedy che lui non fosse uno di loro.
Ma
la ragazza scosse la testa. - No, ero io il problema.
Io... io non riusciva a smettere di pensare ad un'altra persona. E
questo ha ucciso il nostro rapporto.
Taylor
smise di accarezzarle la guancia. Era il giorno
delle strane rivelazioni, quello. Si chiese se la persona a cui
pensava la sua amata fosse lui. Ma non aveva il coraggio di
chiederglielo. Sarebbe stato imbarazzante.
La
Swift si strinse tra le braccia e tremò. - Senti,
non prenderla come una proposta strana, ma ti va di entrare? Sto
gelando qua fuori.
Lui
annuì; si avviarono verso casa fianco a fianco. La
ragazza continuava a sfregarsi le braccia e a non guardarlo: Taylor
era convinto che lei gli nascondesse qualcosa. Entrarono in casa e
lei chiuse la porta. Sorrise, felice per il calore che invadeva
l'ingresso. Si diresse verso un salotto lì vicino e fece
cenno a
Taylor di seguirla.
Il
ragazzo guardò con attenzione ogni minimo
particolare di quell'abitazione, imprimendolo nella mente a fuoco. Si
vedeva che era la casa della Swift: foto di gatti ovunque, mobili in
stile vintage, plettri di chitarre sparsi qua e là. La
bionda non
era mai stato un tipo ordinato, si disse Taylor.
Nel
salotto, c'era un camino dall'aria retrò acceso.
Non c'era traccia della ragazza, quindi Taylor rimase impalato
lì in
mezzo per un po', indeciso; non sapeva se addentrarsi nella casa e
cercarla o se aspettarla lì, magari seduto su uno di quegli
invitanti divani - stranamente, rossi. Non si era
accorto di
come gli facessero male i piedi. Alla fine cedette e si sedette,
appoggiandosi allo schienale e chiudendo gli occhi. Chissà
dov'era
finita la Swift. Forse avrebbe dovuto chiamarla. Stava per farlo,
quando un gatto grigio e bianco gli balzò sulle ginocchia,
sibilando.
-
Ti consiglierei di spostarti da lì - fece una voce
alle sue spalle. - Quello è il posto di Meredith, e ne
è molto
gelosa.
Taylor
si voltò a guardare la sua omonima, che tentava
di reprimere una risata, reggendo una tazza fumante con entrambe le
mani. Seguì il suo consiglio e si spostò; il
gatto lo lasciò
perdere, ed andò ad acciambellarsi nell'angolo, facendo le
fusa.
-E'
una gatta molto dolce - affermò la ragazza,
sedendosi accanto a lui. Appoggiò la tazza sul tavolino
lì di
fronte, e poi si mise a grattare la pancia all'animale, che
miagolò
gioioso. - Ma non azzardarti a rubarle i suoi spazi perchè
diventa
una tigre.
-Va
bene, prenderò nota per la prossima volta -
sdramatizzò lui. La ragazza gli sorrise, facendogli battere
il
cuore. Prese la tazza e cominciò a sorseggiare, in silenzio.
Rimasero in quel modo per un bel po', osservando le fiamme danzare
dinanzi a loro, senza tenere conto del tempo. Il ragazzo
allungò il
braccio e lo mise intorno alle spalle della Swift, che non si mosse.
-
Dove eravamo rimasti? - disse invece.
-
Hai detto che tu e il Kenn... Conor avete rotto perchè
tu continuavi a pensare ad un'altra persona - mormorò lui,
continuando a fissare il fuoco.
Lei
rimase in silenzio per un altro po', prima di dire:
- Hai detto che eri arrabbiato con me perchè pensi che non
ci siano
canzoni per te in Red.
Finalmente,
Taylor spostò lo sguardo su di lei.
Sembrava imbarazzata; le sue guance erano rosse, non sapeva se per il
calore o se per altre cose. - Sì, è
così - confermò.
-
Aspetta qua - disse lei. Si liberò dal suo abbraccio
e scomparve dietro una porta. Taylor si mise ad osservare Meredith,
che se ne stava a pancia in su ronfando beata. Se la Swift fosse
stata un gatto, probabilmente sarebbe stata Meredith. Non sapeva
perchè lo pensava, ma aveva questa sensazione.
Finalmente,
la bionda riapparve. Portava con sé una
chitarra; Taylor la guardò curioso.
Lei
nemmeno gli badò. Si sedette accanto a lui ed
imbracciò la chitarra. Per lei sembrava una cosa naturale,
come se
lo strumento fosse parte di lei. Finalmente lo guardò, i
suoi occhi
blu sprizzavano serietà.
-
Riguardo a quello che hai detto - mormorò, poi
cominciò a suonare. Nonostante il ragazzo avesse ascoltato
solo una
volta l'album, riconobbe subito la canzone: I Almost Do. Taylor
cominciò a cantare, piano, come se stesse parlando con
sé stessa.
Anche quello gli veniva naturale, era parte del suo essere; non
sarebbe stata Taylor Swift, se non fosse stato così.
Il
ragazzo ascoltò il silenzio, affascinato di come lei
riuscisse a perdersi nella sua stessa musica. Era completamente
persa, mentre suonava e cantava, ed era una delle cose che Taylor
amava di lei.
Oh,
we made quite a mess, baby; it's probably better off this way. And I
confess, baby: in my dreams you're touching my face, and asking me if
I want to try again, with you... And I almost do.
Quando
la Swift finì di cantare, il ragazzo accennò un
applauso, che la fece sorridere. Un sorriso così luminoso,
che
riuscì a riempirlo di calore. Ma continuava a non capire.
-Tay
- disse lei. Posò la chitarra a terra e strisciò
verso di lui. Con sua grande sorpresa, gli prese il viso tra le mani.
- Tay, la persona a cui non riesco a smettere di pensare, sei tu.
Lo capisci, vero? E l'unico motivo per cui non ti ho mai risposto,
era che avevo paura. Paura che se ti avessi detto ciao, saremmo
arrivati a un altro addio. Non riesco a smettere di pensare a te,
tanto che ne ho scritte due di canzoni su di te. E anche se non
avevo aggiunto grandi particolari, pensavo che avresti capito. Che
non ti odio, e che mi manchi. Ma evidentemente ho sbagliato qualcosa.
Time is taking its sweet time erasing you. And
you've got
your demons and darling, they all look like, me.
Taylor
era stupefatto. Come aveva fatto a non capire che
quelle canzoni erano per lui? Come aveva fatto ad essere
così cieco?
Adesso tutto tornava: lei pensava ancora a lui, non lo odiava. Le
mancava. E adesso riusciva anche a capire, i piccoli dettagli
di
quei testi, cose che solo loro potevano capire. Il cuore gli batteva
così forte che temeva che sarebbe scoppiato di gioia. La
speranza
inondò la sua mente. Trascinò la Swift sopra di
sé, la strinse
forte e poi la baciò. Mille, diecimila, centomila volte. Non
voleva
fare altro per il resto della sua vita. Sentì Meredith
miagolare ma
non ci fece nemmeno caso. La ragazza gli infilò le mani nei
capelli,
gli accarezzò il collo; Taylor realizzò che tutto
questo gli era
mancato. Fece scorrere le mani lungo la schiena della bionda. Gli era
mancato tutto di lei, il modo in cui i loro corpi
aderivano,
come si incastravano, come se fossero fatti per stare insieme.
Si
staccarono un secondo, perdendosi l'uno negli occhi
dell'altra. Taylor sapeva che sarebbe esploso se non gliel'avesse
detto. Quindi, prese fiato e, prima che lei si riavvicinasse, gli
posò un dito sulle labbra.
-Tay,
aspetta. Devo dirti una cosa, me la sto tenendo
dentro da dieci mesi - gli disse, accarezzandole le labbra. La
guardò
negli occhi, e vide che lei sembrava quasi commossa. Già
sapeva cosa
stava per dirle. Ma questo non lo fermò. - Io ti amo. Ti ho
amata, e
ti amerò sempre. Non ho fatto altro da quando ci siamo
lasciati, e
questo sentimento, queste parole mi hanno tormentato fino ad oggi.
Non hai idea di quanto sia felice ora.
-
Oh, Tay. Tay Tay Tay - fece lei, appoggiando la testa
sul suo petto. Taylor sapeva che poteva sentire il suo cuore battere
come un tamburo. - Non sai quanto ho desiderato che mi dicessi
questo.
Si
accanì di nuovo sulle sua labbra. Anche quelle si
incastravano alla perfezione. Si appartenevano, e non si sarebbero
separati mai più. Taylor ne era sicuro. Continuò
ad accarezzarla,
lento, dolce, riscoprendo il suo corpo e compiacendosi di come lei
tremasse al suo tocco. Entrambi erano coscienti di come sarebbe
finito, quel crescente accalcarsi di emozioni, ed entrambi non
aspettavano altro...
… Almeno
finchè il cellulare della Swift non si mise
a suonare.
Sulle
prime lo ignorarono. Erano completamente persi
l'uno nell'altra, in un modo tutto loro. Ma quell'aggeggio infernale
continuava a suonare, così alla fine, la bionda interruppe
il bacio,
si allungò verso il telefonino e guardò chi era.
-
E' Scott - disse, riferendosi a Scott Borchetta. -
Potrebbe essere importante. Devo rispondere.
Senza
aspettare risposta, si alzò e rispose alla
chiamata. - Pronto, Scott? E' successo qualcosa?
Taylor
si tirò su a sedere e la guardò a lungo, per
tutta la durata della chiamata. Era così bella, mentre
telefonava si
muoveva per la sala, si attorcigliava i capelli tra le dita.
Incrociò
il suo sguardo e gli sorrise. Non vedeva l'ora che la telefonata si
concludesse, in modo che potesse finalmente riabbracciarla.
Dopo
un po', la ragazza chiuse la chiamata e tornò da
lui. Sorrideva ancora, come una bambina la mattina di Natale, e
Taylor non poteva credere che fosse lì, con lui. Che fosse
di nuovo
sua.
La
strinse di nuovo a sé.
-
Dove eravamo rimasti? - le chiese, sfiorandole il naso
con un dito. Anche il suo naso era perfetto, piccolo e a punta. Lei
ridacchiò, un suono angelico che le veniva dal cuore.
-
Credo, più o meno qua - fece la Swift, fiondandosi
sulle sue labbra. Ogni volta che si scambiavano un bacio, sembrava
sempre la prima volta; era strano, visto che il loro primo bacio era
stato in mezzo a un campo da baseball, circondati da telecamere e
microfoni.
Ma
erano passati quasi tre anni. Ed era tutto diverso,
nuovo. Adesso si conoscevano, erano consapevoli dei
loro
sentimenti, delle loro labbra a contatto, del calore dei loro corpi
vicini, e dei loro respiri sincronizzati. Le sensazioni scorrevano
tra loro come un fiume in piena, rendendo tutto più magico.
Ma
non era destinato a durare.
Il
cellulare della bionda squillò di nuovo. Taylor
imprecò, mentre lei si alzava e gli lanciava uno sguardo di
scuse. -
E' di nuovo Scott. Solo un attimo.
Ma
non fu un attimo. Passò una buona mezz'ora, nella
quale la Swift cominciò a camminare nervosamente per la
stanza. Ogni
volta che sembrava che stesse per chiudere, l'uomo dall'altro capo
del telefono ricominciava. Taylor si alzò in piedi e si mise
di
fronte a lei, per impedirle di scavare un solco sul pavimento, a
forza di camminare. Lei lo guardò, lo sguardo stufato e
annoiato. Il
ragazzo allungò una mano e le sfiorò una guancia,
facendola
sorridere di nuovo.
Finalmente,
anche quella telefonata si concluse. I due
si abbracciarono, lì, in mezzo alla stanza. Non riuscivano a
non
toccarsi, l'attrazione tra loro era troppo forte.
La
Swift si strinse forte a lui. - Ho sognato questo
momento per mesi, sai? Non facevo altro che pensarci, e pensarci e..
Lui
la zittì con un bacio. Sembrava la volta buona.
Taylor moriva dalla voglia di toccarla, di toccare la sua pelle, di
sentire il suo cuore battere e ricoprirla di baci. Ma non era davvero
la serata adatta, perchè il telefono suonò di
nuovo.
Questa
volta, fu la bionda ad imprecare. Taylor ne fu
sorpreso; non l'aveva mai sentita dire qualcosa di più
volgare di
“diamine”. Evidentemente, doveva essere sull'orlo
di una crisi
isterica.
Si
allontanò da lui stizzita e rispose di nuovo, in
tono monocorde. Lui si appoggiò allo schienale del divano,
in
attesa. Anche questa telefonata sembrava non finire mai. Il moro
vedeva che la ragazza stava per perdere le staffe. Si massaggiava le
tempie e sibilava contro il telefono. Era davvero, davvero strano
vederla così.
Quando
la Swift riattaccò, non lo stava guardando. Era
voltata verso una finestra; il cielo si stava imbrunendo.
Chissà
quanto tempo era passato.
-
Non funzionerà nemmeno stavolta, vero?
La
voce carica di pianto della ragazza arrivò alle
orecchie di Taylor a frammenti. Gli lanciò un'occhiata di
fuoco,
incapace di capire cosa volesse dire, e la raggiunse, facendola
voltare.
La
bionda stava piangendo. In silenzio, come si piange
la morte di qualcuno caro. Aveva gli occhi chiusi, quindi Taylor la
scosse un po', per farglieli aprire. Si lasciò affondare in
quei
pozzi blu, tanto che quasi non sentì cosa gli stava dicendo
lei.
Parlava piano, più a se stessa che a lui, e si ripeteva la
stessa
frase: non funzionerà.
-
Cosa stai dicendo, Tay? Ehi, guardami - la incintò.
Lei sollevò la testa, il viso distrutto, stanco.
-
Sarà di nuovo come prima - singhiozzò lei. -
Staremo
bene per un po', poi i miei impegni ci allontaneranno di nuovo, e ci
perderemo, T. Ci perderemo. E io non posso sopportarlo, non una
seconda volta.
Dentro
Taylor, l'angoscia saliva impetuosa. Cosa stava
dicendo? Era impazzita? Prima stava andando tutto bene. - Ehi,
Swifty, calmati. Non andrà così, chi lo dice?
-
Io lo dico! Non lo vedi? Non riusciamo nemmeno a...
a... a passare una serata insieme, senza che la mia spaventosa
carriera non ci interrompa! - sibilò lei. Le lacrime
continuavano a
scivolare, copiose, sulle sue guance. Tremava come una foglia,
sembrava in preda alle convulsioni.
Il
ragazzo dovette deglutire, per mandare giù l'amaro
che aveva in bocca. Purtroppo quello che stava dicendo la Swift era
vero; ma non capiva perchè lei avesse così poca
fiducia in loro
due. Le prese il volto tra le mani. - Tay, ti prego, ragiona. Sono
passati tre anni. Siamo cresciuti. Ce la possiamo fare.
-
No, non possiamo. Io non ce la faccio, T. - sussurrò
lei. - Vivrei con l'ansia che possa succedere di nuovo, la paura
tornerà e alla fine romperemo, di nuovo.
E io non lo
sopporterei, Tay, ne morirei.
Lui
la abbracciò, così stretta che avrebbe potuto
soffocarla. Perchè stava succedendo tutto ciò?
Non si meritavano la
felicità? Non avevano il diritto di stare insieme? -
Perchè,
Swifty? Perchè dici questo?
-
Perchè ti amo, idiota! Ti amo
così tanto che
in questi anni, nel tentativo di contenerlo, sono quasi esplosa! -
gli urlò contro lei, scoppiando in un pianto a dirotto. - Ed
è
proprio perchè ti amo che non ho intenzione di ripetere
tutto,
un'altra volta.
-
E' per questo che uccidi tutto sul nascere? Non vuoi
nemmeno provarci? - balbettò Taylor. La sua voce era aspra,
perchè
stava tentando di non piangere. Non davanti a lei.
-
Io vorrei, Tay, lo vorrei davvero - singhiozzò la
bionda, appoggiando il viso sul suo petto. - Ma non posso, non ce la
faccio. E mi dispiace così tanto che vorrei morire.
Quando
sentì quelle parole, Taylor non resse più. Una
lacrima scivolò sul suo volto, e le sue spalle cominciarono
a
sussultare. - Non farmi questo, Swifty. Ti prego.
-
Non voglio, ma devo - mormorò lei.
-
Non devi fare niente.
-
Lo devo fare per la mia sanità mentale - rispose la
ragazza, sussultando. Taylor la sentiva fragile tra le sue braccia;
stava per spezzarsi, e lui con lei.
-
Ti importa solo di te stessa? - gli gridò contro lui.
Era come quella sera della premiazione, anzi, mille volte peggio;
perchè quella sera non aveva speranze, ma adesso, adesso lei
le
stava mandando in frantumi, tutte.
-
Io lo faccio anche per te! Non riusciremmo più
nemmeno a guardarci in faccia! E io non voglio questo - gli disse
lei, guardandolo, gli occhi rossi e disperati. - Non piangere, ti
prego.
-
Non ce la faccio - le disse lui in risposta. - Senza
di te non ce la faccio. Ti avevo appena ritrovata, non voglio
perderti di nuovo. Io ti amo, Taylor Alison Swift. Con tutto me
stesso. Perchè non lo capisci?
-
Io provo la stessa cosa, T. Ed è per questo che
dobbiamo lasciarci andare. Prima che faccia troppo male -
sussurrò
lei, impercettibile. Nella sua voce c'erano tristezza, ansia e
rassegnazione. Non vedeva davvero nessuna speranza.
Niente. I
suoi occhi erano spenti, pieni di rammarico e di rimpianto. Ma
spenti.
A
Taylor cascarono le braccia. Si sentiva debole, come
un animale ferito. Avrebbe voluto correre fuori ed urlare. Non si era
mai sentito così afflitto, senza più nessuna
voglia di andare
avanti.
La
biondina piangeva, coprendosi il viso con le mani, i
capelli dorati a coprirla, a proteggerla. Era così fragile.
Nonostante fosse più grande di lui, sembrava una bambina.
Taylor non
avrebbe voluto lasciarla andare, mai. Ma sapeva che lei non
gliel'avrebbe permesso; e che in fondo, nelle parole della Swift,
c'era un fondo di verità.
Ma
voleva avere un ultimo ricordo, un ricordo su cui
crogiolarsi, su cui farsi del male, ripensandoci e tirandolo fuori in
ogni momento. Per ricordarsi che non era riuscito a tenersi l'amore
della sua vita.
-
Una notte.
La
ragazza alzò lo sguardo. Il suo volto era stupito,
la disperazione messa dapparte per un attimo. - Cosa?
-
Voglio solo una notte, Tay. Una notte con te.
L'ultima. Ti prego - azzardò lui. Non sapeva con che
coraggio le
chiedeva una cosa del genere. Chissà cosa avrebbe pensato
lei.
Sicuramente che era un pervertito, o un maniaco, o qualcosa del
genere. Ma voleva solo che fosse sua, per un'ultima volta. Come
avrebbe dovuto essere per il resto delle loro vite.
Con
sua grande sorpresa, il volto della ragazza si
sciolse in una maschera di dolcezza. Lui deglutì, in ansia,
mentre
lei si avvicinava. La abbracciò, quasi sollevandola da
terra, spinto
dal desiderio, dall'amore, dalla voglia di lei.
Quando
lei si avviciniò al suo orecchio e sussurrò un
“ti amo” appena accennato, Taylor capì
che, almeno per quella
sera, si sarebbero amati come avrebbe dovuto essere. Per un istante
si sentì pieno di gioia: anche lei lo voleva, sapeva che
erano fatti
l'una per l'altro. Ma dall'altra parte arrivò la
consapevolezza che,
dopo quella notte, non ce ne sarebbero state altre. Una notte per
amarsi. Non sarebbe mai stata abbastanza.
Non
volendo sprecare nemmeno un attimo, Taylor sollevò
davvero la ragazza da terra, prendendola per i
fianchi; lei si
avvinghiò a lui, mentre le loro bocche si cercavano,
fameliche, e si
trovavano, incontrandosi in un bacio lungo e che trasmetteva tutta la
disperazione e l'attesa per quel misero istante di vita che si
concedevano. Gli occhi chiusi, il cuore a mille, si concessero un
bacio più profondo e meno cauto del solito; ogni bacio
poteva essere
l'ultimo. Entrambi avrebbero voluto che non fosse così.
Si
strinsero, cercandosi, baciandosi, cercando di
assorbire quell'amore, di tenerlo dentro, perchè era l'unica
cosa
che poteva salvarli dall'oblio.
Fu
la Swift la prima a fermarsi. Si separò dolcemente,
sotto lo sguardo torvo e pieno di desiderio di lui. Si
divincolò e
lui la mise a terra, senza smettere di fissarla. Voleva memorizzare
ogni parte di lei, le ciglia lunghe, le labbra morbide e le guance
rosa. Ma lei lo prese per mano e lo trascinò verso la porta
dietro
la quale era scomparsa prima, per andare a prendere la chitarra.
Taylor capì all'istante, e per un momento, fu grato. Non
sapeva bene
a cosa, ma sapeva che lo era. Forse era grato a quei capelli biondi,
a quelle labbra rosa per i baci, o semplicemente a quegli occhi, una
vera droga per lui.
Ma
per quel momento, mentre la ragazza che amava
spingeva la porta e lo guidava su per una rampa di scale, si
sentì
in pace col mondo.
La
mattina seguente era freddo, ancora più freddo di
quando il ragazzo era arrivato lì.
La
Swift si strinse nel cappotto leggero che si era
buttata addosso prima di scendere con lui; le ci erano voluti anni
per alzarsi, per lasciare le lenzuola. Non avrebbe voluto
interrompere l'incanto che aveva trovato quella mattina, svegliandosi
alla luce dell'alba che entrava dalla finestra. Non avrebbe voluto
interrompere l'abbraccio con Taylor, ma aveva dovuto. Ultimamente
faceva più quello che doveva che quello che voleva. Avrebbe
voluto
trattenerlo, mentre lui guardava il sole sorgere all'orizzonte,
impalato sul portone di casa. Alla bionda sembrò
così bello, ma
così lontano; stava uscendo dalla sua vita, almeno da quella
amorosa.
Ma
lei non poteva permettersi di perderlo, un'altra
volta. Era contenta di averlo ritrovato, ma una relazione implicava
troppe, tante cose, e sapeva che prima o poi, avrebbero rotto di
nuovo. E lei sarebbe morta davvero. Spezzata dal
troppo amore.
Il
moro si voltò, rivolgendole un sorriso timido. Nei
suoi occhi, la ragazza vedeva che stava ripensando a quella notte, a
loro due. A quello che stavano lasciando andare.
Le
si strinse il cuore e le tornò la voglia di
piangere. Quella mattina l'aveva fatto a lungo, appoggiata al petto
di Taylor che le accarezzava i capelli, quando la consapevolezza le
si era abbattuta contro. Non poteva credere che lo stesse facendo
davvero. Non aveva pensato che a lui, l'amore per lui l'aveva
accompagnata da quando si era lasciati, ed adesso, lo stava lasciando
andare. Perchè voleva averlo nella sua vita, anche solo come
amico;
rischiare con una nuova relazione e poi finire come la prima volta,
sarebbe significato perderlo. Perchè per una volta si
può tornare
indietro. Ma non due.
Il
moro si avvicinò a lei e le sfiorò una guancia,
così leggero che non poteva dire se lo avesse fatto davvero
o no. Le
lacrime stavano per uscire, lo sentiva. Non riusciva a dirgli addio.
-
I can't say hello to you and risk another goodbye
- canticchiò, la voce rotta dal pianto. - Sapevo che sarebbe
successo.
-
Ehi, Swifty, ehi - la richiamò lui, abbracciandola. -
Va tutto bene.
E
lei cercò di convincersene. Ma senza successo.
Il
pianto finalmente si sfogò quando lui le sollevò
il
mento per un ultimo bacio.
-
Mi dispiace - sussurrò la ragazza. - Ti amo.
-
Ti amo anche io, Tay - disse lui. - Lo farò sempre. E
questo non è un addio. Okay? Continueremo a sentirci.
-
Ma non sarà lo stesso - mormorò. Ma lo disse
così
piano che lui non la sentì. Si abbracciorono a lungo,
così a lungo
che il sole sorse e inondò il giardino di luce.
-
Devo andare - fece Taylor. La Swift lo strinse; non
voleva che se ne andasse. Voleva cambiare idea, riportarlo dentro, e
tenerlo con sé per l'eternità. Ma non poteva, e
si maledì per
questo. Quindi disse solo: - Okay.
Si
baciarono di nuovo, una, dieci, cento, mille volte.
Non ne avevano mai abbastanza. Ma il sole sembrava incombere su di
loro, come la consapevolezza che niente di tutto ciò sarebbe
stato
reale.
Quindi
lui le sfiorò le labbra un'ultima volta, e poi
si allontanò. Si incamminò lungo il vialetto ma,
dopo pochi metri,
si voltò a guardarla di nuovo.
La
ragazza sentì di nuovo l'impulso, fortissimo, di
corrergli incontro, di trattenerlo. Di dirgli che lo amava. Ma i suoi
piedi rimasero incollati sulla soglia.
Taylor
la salutò con un gesto della mano, e lei fece
altrettanto.
Senza
nemmeno accorgersi delle lacrime che le scorrevano
sulle guance.
I
bet, you're sitting in your chair by the window, looking out at the
city and I hope, sometimes you wonder about... me.
Angolo Autrice
Buonasera! Lo so, sono anni che non scrivo niente... Ed
eccomi, torno con una nuova os, sui miei amati TaylorSquared. Tutto
scatenato dal nuovo album della Swift! Allora, le canzoni citate qua
sono questa
e questa.
Non chiedetemi come le ho collegate a Lautner perchè
è troppo complicato HAHAHAHAHAHH però vi
consiglio di ascoltarle, perchè sono meravigliose.
Come al solito, dedico questa os a MaryLouise,
la persona e l'amica migliore del mondo.
Grazie ad Effy per la copertina.
E ovviamente,
grazie a voi per essere arrivati fin qua :33
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