Salve! Questa one shot è di
una comicità (se così si può dire) un po’ diversa dal solito. Non è demenziale,
è più black. Ovvero, a vedere cosa succede a sta povera gente ti viene più da
ridere perché più sfigati di così non si può essere. Non so neanche se si può
definire comico…diciamo commedia, con qualche sorriso ^ ^. Vi chiederete,
perché hai inventato una storia dove sono così sfigati. E la risposta
è….nessuna invenzione, è tratta da una STORIA VERA….buona lettura! (naturalmente
della mia famiglia. Il bambino sono io^__-)
Ah, dedicata a tutti quelli
che sono al mare ad abbronzarsi o che presto ci saranno (beati voi…ç__ç)
“Spiegami ancora
perché siamo qui” Ron aveva l’aria seccata, alla guida di una decappottabile anni
’60. Rosso brillante con cerchioni lucidi argentati. Hermione si alzò dal
sedile accanto e si guardò intorno. Fermi nel traffico. Sbuffò col sorriso
prima di rivolgersi a Ron.
“Perché mi ami e
faresti tutto per me” sorrise ancora, radiosa. Ron inarcò un sopracciglio e
abbassò il capo.
“Già…mi sa che è
così” le schioccò un bacio sulle labbra prima di riappoggiarsi sul volante in
simil radica. Hermione ignorò un paio di clacson troppo rumorosi e tirò le
ginocchia verso di se, coi piedi sul sedile.
“Allora, che ne
pensi delle vacanze babbane?” il venticello lieve le scompigliava i capelli.
Ron alzò gli occhiali da sole sulla fronte.
“I babbani sono
dannatamente stupidi per quanto riguarda a vacanze, scusami, ma è così”
Hermione parve offesa da quel commento, ma probabilmente lo faceva solo per
scherzare un po’.
“Ehi io ho
sempre fatto vacanze babbane fin da quando ero piccola!” replicò Hermione “E
poi è un’esperienza esaltante per un mago, no?”
Ron alzò le braccia
al cielo e abbassò il capo.
“Yuppie…” disse
fingendo un aria profondamente afflitta. Hermione lo colpì al fianco
minacciandolo col terribile solletico e subito lui si chiuse a riccio, contro
lo sportello, proteggendosi con le mani.
“No, il
solletico no, ti prego…” ridacchiava mentre lo diceva e cercava di proteggersi
dalle dita di Hermione che in qualsiasi modo cercavano di passare la sua
difesa. Ridacchiava anche lei e tentò di punzecchiarlo un paio di volte, mentre
Ron si lasciava andare ad una serie di risi nervosi.
“Ok, ok
basta…adesso smetto…” si rassegnò Hermione rimettendosi seduta nel suo sedile.
Anche Ron tornò composto e respirò a lungo, ridendo ancora, per riprendersi.
Hermione fece un ultimo scatto verso di lui, senza reale intenzioni, e lui
subito si ritrasse ridendo sguaiatamente. Hermione ridacchiò alla reazione.
“No,
dai…bastarda…” Ron rise ancora “Ti prego, devo guidare…dai” Hermione mosse il
naso come un furetto emettendo anche un verso simile ad un miagolio. Poi
rassegnata tornò la solita Hermione.
“D’accordo,
d’accordo”si aggiustò i capelli “Per ora basta…” Ron era rosso peperone. Per il
caldo, per il solletico, per molte cose, insomma. Era molto intonato con l’auto
che guidava.
Mise una mano in
tasca per afferrare la bacchetta, e si accorse di non averla con se. Rimase
perplesso un attimo, poi si ricordò il discorsetto con Hermione, qualche giorno
prima.
“Vacanze
babbane, ergo, niente magia. E niente bacchetta!”
Alzò gli occhi
al cielo e sospirò.
“Tesoro, però
questa storia della bacchetta…”
“Oh andiamo, i
babbani ce la fanno benissimo. Ce la farai anche tu” gli schioccò un bacio
sulla guancia e accese l’autoradio. Un rumore gracchiante e sinistro uscì dagli
altoparlanti finché Hermione non ruotò la manovella di sinistra. E poi regolò
il volume con quella di destra. Una canzone pop cominciò ad invadere l’aria.
“Ma che roba è?”
sbottò Ron dopo pochi secondi del brano. Hermione lo guardò scotendo la testa.
“Robbie
Williams, un babbano con una gran voce. Bella no?”
“Bella? Ma hai
sentito che cavolo dice?” Hermione sembrò contrariata.
“Ron, lasciamelo
dire, i maghi ne conoscono un sacco di cose in più dei babbani, ma per la
musica sono proprio negati” e concluse con enfasi la frase arricchendo con un
grazioso e secco gesto della mano.
“Ma scusa e le
grandi Sorelle Stravagarie?”
“Ron, è da
trent’anni che ci sono solo le Sorelle Stravagarie…” rimasero in silenzio un
altro po’, poi fu Ron a sbottare ancora.
“Ma senti!…Io
non voglio morire, ma neanche vivere…E’ suonato, non è un cantante!” Hermione perse
la pazienza.
“Ascoltami bene,
Robbie Williams è un grande cantante, e lo è ancora! Questa canzone è dell’anno
scorso ed è ancora in vetta alle classifiche, quindi” e qui si avvicinò al
visto di Ron che parve sudato più per la paura che per il caldo “Se hai altri
commenti su di lui vedi prima di farti una cultura musicale oltre le Sorelle
Stravagarie” e si sedette seccata al suo posto.
“Ok, scusa!
Scusami, vediamo di non morderci già il primo giorno di vacanza, ok?” le si
avvicinò e le diede un bacio dietro l’orecchio. Lei ancora non lo guardava,
guardava la strada ancora intasata. Ma il traffico stava cominciando a
defluire.
“D’accordo,
scuse accettate” si voltò Hermione per guardarlo negli occhi, ma vide solo due
lenti nere degli occhiali da sole. Glieli tolse incastrandoli dietro le
orecchie e sulla testa. Gli occhi azzurri di Ron sorrisero insieme alle sue
labbra.
“Bacio?”
“Bacio” rispose
lei e gli schioccò l’ennesimo bacio a fior di labbra. Ron si rimise composto e
avanzò di una decina di metri. Ormai la coda stava scomparendo, al contrario
del sole che sembrava sempre più caldo. Un lamento acuto li fece voltare
entrambi verso il sedile posteriore.
“Chris, amore!”
gli sorrise Hermione “Sei sveglio, tu” Chris si stropicciò gli occhi, ben
seduto e bloccato con la cintura, nel suo seggiolone. Poi sorrise ai suoi
genitori con un vagito felice.
“Ciao campione,
ci vuole ancora un po’ per il mare” Ron gli si avvicinò facendo finta di
parlargli all’orecchio, ma in realtà tenne la voce alta così che sentisse anche
Hermione.
“E’ colpa della
mamma. Altrimenti bastava un colpo di bacchetta…pop!” fece un suono
simile ad un palloncino che esplode con le labbra chiuse che fece ridere come
un matto il piccolo Chris. Batté le manine contento e sghignazzò.
“Oh, finalmente
la strada è libera!” un paio di clacson suonarono alle spalle della
decappottabile.
“Sì, sì,
andiamo!” Ron si rivolse ad Hermione “Ma i babbani sono sempre così agitati o è
l’estate?” Hermione gli sorrise mandandogli in bacio a labbra chiuse e inforcò
gli occhiali sul naso. Anche Ron li rimise davanti agli occhi. E Chris, nel suo
piccolo, prese i suoi grandi occhialini da sole blu elettrico e se li mise
tutti storti sul naso.
“Partenza!”
La porta si aprì
di scatto e Ron quasi rovesciò le valige sul pavimento della loro camera. Era
una bella stanza, in effetti. Molto decorata, con parecchi confort. Non avevano
badato molto alle spese. E poi potevano permetterselo.
Hermione entrò
subito dopo con Chris in braccio e il borsone con tutto l’occorrente per il
bebè a tracolla. Chiuse la porta con un piede e raggiunse Ron che prendeva
fiato spalmato sulle valige.
“Bella, che ne
dici?” Ron respirò forte e si guardò intorno.
“Eh!…Sì,
belli…lissima!” rispose fra gli affanni. Si rimise in piedi e lasciò le borse.
Era incredibilmente sudato. La camicia blu elettrico era appiccicata a lui come
una seconda pelle. Si passò una mano fra i capelli e sbuffò accaldato.
“Miseria…si può
fare qualcosa per questo caldo terrificante?” chiese Ron ad alta voce. Hermione
era già nel bagno a dare un occhiata e a sciacquare il faccino di Chris.
“L’aria
condizionata. Ci dovrebbe essere un telecomando in giro”
“Un telecosa?”
Ron sentì chiaramente Hermione sbuffare e poi ridacchiare prima di
rispondergli.
“Una specie di
parallelepipedo con dei pulsanti colorati” Ron si guardò in giro. Cercava quel
dannato parallelepipedo in ogni mobile, comodino, tavolo. E poi lo vide.
“Trovato”
“Bene, puntalo
alla scatola bianca vicino alla finestra, ora. Poi accendilo. Il pulsante
rosso, di solito” Ron prese il telecomando in mano se lo girò un po’ fra le
dita dubbioso. Era molto più complicato da usare che una bacchetta. Almeno per
lui.
Vide la scatola
bianca attaccata alla parete vicino alla finestra e gli si avvicino con fare
perplesso. Guardò la scatola. Poi il telecomando. Poi ancora la scatola. Le
parole ReFresh stampigliate promettevano la tanta agognata frescura.
“Dunque…presumo
agitare a colpire” impugnò il telecomando in maniera ridicola per un babbano.
Ma non più di tanto per un mago. Mosse come una frusta la mano e puntò il
condizionatore.
“Là!” disse
premendo il pulsante rosso. E non successe nulla. Almeno in un primo momento.
Sentì una suadente voce femminile alle sue spalle. Si girò di scatto e vide una
minuscola donna in abiti succinti, praticamente nuda, dentro una scatola grande
poco meno di mezzo metro.
“…fresca e
dissetante. Prova il gusto intenso di SunJuice. Non potrai più farne a meno…”
Ron piegò la testa di lato per osservare meglio quella donna. I babbani
facevano cose strane davvero. Fra cui rinchiudere donne sexy dentro delle
scatole negli alberghi.
“Ron sei
riuscito a…” Hermione rientrò nella stanza principale e subito Ron si girò di
scatto spaventato.
“Non la stavo guardando!”
gridò subito e lasciò cadere il telecomando per terra. Hermione guardò il
televisore acceso e poi guardò Ron. E si mise a ridere. Lasciò che Chris
scendesse a terra a camminare da solo e raccolse il telecomando di Ron. Spense
la televisione.
“Telecomando della
Televisione” disse indicando prima uno poi l’altro. Lo lasciò sul tavolo lì
accanto e prese un altro telecomando bianco, dall’altro lato del tavolo.
“Telecomando del
Condizionatore” ed indicò ancora entrambi. Ron seguì la sua spiegazione con
gli occhi e la bocca semi aperta.
“Ma perché i
babbani hanno bacchette per qualsiasi cosa…” disse voltandosi di scatto. Chris
gli corse fra le gambe facendolo quasi inciampare. Rideva camminando in giro
per la stanza.
“Ehi, mi ammazzi
campione!” gli disse Ron e lo prese al volo per i fianchi. Chris volò in alto
fin davanti alla faccia del padre. Sorrideva mostrando la boccuccia sdentata.
Ron gli sorrise e gli fece una linguaccia. E Chris gliene fece un’altra in
risposta.
“Ah sì? E
allora…” lo fece volare per aria e lo riafferrò al volo. Chris strillò
entusiasta.
“Antola!” rise
il piccolino. Hermione scosse la testa sorridendo e andò in terrazzo. La vista
era splendida. Si poteva vedere l’orizzonte scomparire e quasi fondersi con il
mare. Sicuramente il tramonto sarebbe stato uno spettacolo magnifico. Si lasciò
cullare dal venticello che aveva preso a spirare e chiuse gli occhi. Sentiva
solo il parlare confuso di qualche passante, tre piani più sotto. E gli
“Hoooop!” di Ron mentre faceva volare Chris. E naturalmente le risate del
piccolo e i suoi “Antola!” sdentati.
“Che facciamo? Ormai
è tardi. Una passeggiata al mare prima di cena?” propose Ron sbucando dalla
porta del terrazzo. Hermione gli annuì, voltata di spalle.
“Sì, perché no.
Io e papà la facevamo sempre” si voltò per vedere sorridere Ron. Lui si
avvicinò e le sfiorò le labbra in un bacio leggero, che minacciava di diventare
qualcosa di più.
“Papààààààà!
Antola vola-vola!” Chris strattonò i pantaloni di Ron, appeso come una scimmia
all’albero. Ron smise di baciare Hermione e si strinse nelle spalle con un
sorriso, come per scusarsi.
“Vola- vola!”
gridò d’un tratto, alzando le braccia. Chris ridacchiò divertito e scappò nella
camera, rincorso da Ron che lo inseguiva giocando come un bambino.
“D’accordo,
allora io mi cambio e andiamo, va bene?” chiese Hermione dal terrazzo.
“Sicuro…Hoooop!”
le rispose Ron, seguito dal solito vagito divertito. Hermione sentì un altro
“Hoooop!” e attese il risolino del bambino. Invano. Invece lo sentì piangere.
Con uno scatto attraversò la porta e trovò Ron in ginocchio che teneva stretto
Chris. E Chris piangeva dei lacrimoni disperati.
“Che ha? Che è
successo?!” Hermione si inginocchiò assieme a loro. Ron era bianco dalla paura.
“Non lo so…l’ho
preso e ha cominciato a piangere” gli tastò le braccia e le spalle, anche
Hermione lo fece, ma il piangere di Chris rendeva tutto più complicato.
“Non è rotto, ma
si deve essere slogato il braccio. Oppure la spalla” anche Hermione cominciò ad
assumere una tonalità bianco latte.
“D’accordo, con
calma. Andiamo all’ospedale”
“Ospedale
babbano?!” chiese uno stralunato Ron.
“E’ una
slogatura, la sistemano in un attimo anche i babbani” e il pianto di Chris si
fece più forte. Ron lo cullò un poco e gli poggiò la fronte sul capo.
“Tranquillo,
piccolo. Adesso la sistemiamo” diede il bambino in braccio ad Hermione con
delicatezza.
“Vado a prendere
la macchina, tu prendi quello che ci serve e scendi subito!”
Ron correva per
le strade larghe della cittadina di mare. Per fortuna per strada c’era
pochissima gente. Era ancora tempo di mare per chi se lo poteva permettere.
Svoltò una curva o due un po’ troppo velocemente, ma Hermione non glielo fece
notare, era già abbastanza agitato per conto suo.
In compenso le
coccole della mamma avevano fatto un po’ effetto e Chris piangeva meno.
Strizzava solo gli occhi e si stringeva il petto della madre ripetendo “Ahi,
ahi, ahi…”. Hermione lo cullava dolcemente come poteva. Non voleva causare più
danni di quanti già ce ne fossero.
Ultime due curve
e Ron imboccò il viale davanti all’ospedale.
“Dove ora?”
chiese febbricitante. Hermione gli indicò la strada per il pronto soccorso. Non
era un grande ospedale. E Hermione ne fu contenta. Meno gente, meno fila, meno
attesa.
Ron sterzò di
scatto e frenò. Hermione sobbalzò sul sedile. In un lampo Ron aprì la sua
portiera, scivolò sul cofano, e aprì quella della moglie.
“Dai andiamo!”
la incitò Ron. Hermione scese e Ron gli fu subito dietro.
Hermione si guardò
attorno, poi vide l’entrata del pronto soccorso. Raggiunse la porta che Ron
aprì preventivamente. In un attimo superano il corridoio e furono al bancone
dell’accettazione.
“Salve, è per
mio figlio. Credo che sia una slogatura” parlò subito Hermione. L’infermiera al
di là del vetro alzò gli occhi annoiata. Probabilmente lavorare in pieno agosto
rendeva le persone così.
“Compili il
modulo e aspetti il suo turno di chiamata” Ron lanciò un’occhiata all’infinito
modulo da compilare. Poi guardò alle sue spalle. La sala d’aspetto era
completamente vuota, deserta. Non si sarebbe sorpreso a vedere anche una
carcassa di montone e uno di quei cespugli tipici dei deserti dell’ovest.
“Senta! Non c’è
nessuno e mio figlio sta male, ORA!” sbatté la mano sul tavolo Ron.
L’infermiera non mosse un muscolo del volto. L’espressione rimase immutabile.
Sbuffò seccata e uscì dalla guardiola dell’accettazione. Si avvicinò ad
Hermione e a Chris.
“Dia qua…” prese
il faccino di Chris fra le mani. Lo girò da un lato, poi dall’altro. Due righe
di lacrimoni gli sporcavano le guanciotte paffutelle, e gli occhi erano lucidi
e arrossati.
“Allora, cosa ha
fatto?” chiese l’infermiera continuando a visitare sommariamente il bambino.
Sembrò che un fulmine avesse colpito Hermione da quanto rimase scioccata e
sorpresa. Glielo aveva appena detto! Aprì la bocca per parlarle con molta
calma, ma Ron la anticipò.
“UNA SLOGATURA!
MIA MOGLIE L’HA APPENA DETTO!” urlò con rabbia in faccia all’infermiera. E
questa volta lei aprì appena gli occhi.
“Oh, sicuro,
slogatura. Allora non possiamo aiutarvi”
“Come?”
“Come non potete?”
“Non c’è nessun
reparto di ortopedia in questo ospedale. Dovrete tornare verso le città più
all’interno…Shampton dovrebbe averne uno” Hermione non seppe cosa dire e
boccheggiò a vuoto. Ron strinse gli occhi a fessura e le orecchie cominciarono
a diventargli rosse fuoco.
“Senta, io non
posso credere che in questo…ospedale” pronunciò con disgusto l’ultima
parola “non si riesca a curare un bambino con un braccio slogato!”
“Non ho detto
che non vogliamo” ripeté l’infermiera “Ho detto che non possiamo”
“E che diavolo
significa?” urlò ancora Ron. L’infermiera tornò nella sua guardiola incurante
di dare le spalle al rosso. Assunse la solita espressione annoiata.
“Significa che
non siamo autorizzati. Se capita un controllo dovremmo pagare una multa
salatissima”
“Ascolti
attentamente!” Ron sbatté ancora la mano sul tavolino dell’accettazione che
minacciò seriamente di cedere al suo secondo colpo “Lei mi sta dicendo che non
può curare mio figlio per una cazzutissima legge babbana!” colpì ancora il
tavolo e quello cedette impercettibilmente. La gamba più esterna scalzò di un
poco e piegò il piano in obliquo. L’infermiera non lo notò. O fece finta di non
notarlo.
“Esattamente”
sorrise melliflua. La rabbia di Ron stava per scoppiare definitivamente, ma fu
solo il tocco di Hermione a placargli qualsiasi ira.
“Andiamo, lascia
perdere. Chris si sta agitando…” Ron rivolse un ultima furente occhiata
all’infermiera e seguì Hermione nel parcheggio, sbattendo violentemente la
porta.
“E adesso?”
“Shampton due
chilometri” annunciò Ron ritrovando un po’ di tranquillità “Come sta?” Hermione
accarezzò una guanciotta di Chris che dormiva, ma singhiozzava nel sonno ogni
tanto.
“Dorme.
Probabilmente lo spavento gli è passato” Ron annuì guardando la strada. Un
chilometro. Orami erano arrivati. Sbatté la mano sul volante con rabbia.
“Che sia dannato
io e quel cazzo di vola-vola!” strillò a denti stretti. Hermione lo sfiorò con
la sola mano libera, smettendo di carezzare Chris.
“Dai, non l’hai
fatto apposta. A Chris piaceva” Ron annuì poco convinto e finalmente vide il
cartello: Benvenuti a Shampton. Ringraziò mentalmente qualsiasi forza
nell’universo per essere infine arrivati. Il sole stava calando dietro l’orizzonte
proprio in quel momento.
Per una volta la
fortuna fu dalla loro e videro subito i cartelli per l’ospedale. In una decina
di minuti e di curve, fin troppo azzardate per Hermione, raggiunsero il secondo
pronto soccorso della giornata. Scesero e in un lampo attraversano l’ampia
porta della sala d’attesa. Ad Hermione saltò in cuore in gola. A Ron
semplicemente scappò una bestemmia.
La sala era
colma, anzi, stracolma, di persone. Non le aveva contate ma a Ron parvero
almeno una cinquantina. E sperò di essersi sbagliato vivamente e fossero meno.
L’aria era irrespirabile e il tanfo di sudore e umidità copriva anche
quell’odore di disinfettante tipico degli ospedali babbani. Non senza
difficoltà raggiunsero la guardiola dell’accettazione. Solo due persone davanti
a loro. Almeno quello.
Ron ascoltò
vagamente il discorso di due vecchiette sedute vicino a lui, in piedi per la
coda. Parlavano dei loro mariti, morti. E poi anche di altri parenti. Morti
anche quelli, naturalmente. E sembravano fare a gara a chi conosceva il parente
morto nella maniera più originale. Sembrò spuntarla quella vestita in grigio
topo, un suo cugino di secondo grado si era schiantato contro una vetrina con
l’automobile, ma dopo esserne uscito solo con qualche graffio, in ospedale gli diagnosticarono
un tumore e morì un mese più tardi.
“Ma che
allegria…” sussurrò Ron. Hermione non capì di cosa parlasse, non stava
ascoltando. Ma finalmente venne il suo turno. Ron le fu subito accanto.
“Ditemi, signori”
un’infermiera dai boccoli rossi mise via subito un modulo compilato per
prenderne uno pulito.
“Il bambino,
credo sia una slogatura” Hermione mostrò il piccolo Chris addormentato fra le
sue braccia. Ogni tanto sussultava per un singhiozzo e piangeva qualche lacrima
solitaria che gli annaffiava il faccino.
“Oh, buon Dio,
povero piccolo!” sussultò l’infermiera e assunse un cipiglio dispiaciuto “Ma
quando è successo?” chiese, poi, guardando Hermione. Lei incrociò lo sguardo
con Ron per cercare una risposta.
“Saranno
state…le cinque, credo. Cinque e mezza, al massimo” rispose Ron per lei
cercando di ricordare l’orario di arrivo in albergo. L’infermiera scosse la
testa sconsolata. Li guardò entrambi. Due genitori stanchi, preoccupati e che
avranno avuto poco più di vent’anni. E quel piccolo frugoletto tutto piangente.
“Sentite” disse
avvicinandosi al vetro della guardiola “Facciamo una cosa. Adesso mi date i
vostri dati e poi…” guardò la pila di richieste. Hermione emise un verso di
rassegnazione. Ron si nascose il volto fra le mani e sbuffò.
“…vi faccio
passare. Non potete stare tutta sera e forse anche notte qui ad aspettare”
Hermione alzò lo sguardo per guardare l’infermiera e le sorrise.
“Oh,
grazie…grazie mille davvero! Grazie” stava quasi piangendo per la
contentezza. Ron sospirò soddisfatto e increspò le labbra in un sorriso che gli
distese il volto.
“Grazi, signora. Grazie davvero…” l’infermiera gli sorrise
contenta e un poco imbarazzata da tanta sincerità in quei ringraziamenti.
Compilò il modulo con i loro dati (usarono quelli di Hermione, lei era
registrata nel mondo dei babbani) e l’infermiera, senza farsi notare, lo mise
in cima a tutti gli altri. Uscì dalla guardiola.
“Adesso vi
chiameranno subito. Ma da dove venite?” chiese curiosa.
“Dal mare.
Rawcoast, è verso sud…” rispose Hermione. Le parole le uscivano come un fiume
dalla bocca. Era più rilassata e parlava volentieri. Ron le prese dalle braccia
il piccolo e lo cullò un po’ lui. Si mise contro una parete e prendere fiato.
Finalmente quell’incubo stava finendo.
Hermione salutò
l’infermiera che scomparve dietro ad una porta per il personale e tornò da Ron.
“Come sta? Dorme
ancora?” Ron annuì senza guardarla.
“Sì, è cotto,
poverino” Hermione diede una bacio leggero al figlio, e poi ne schioccò uno a
Ron.
“Siamo dei bravi
genitori?” gli chiese come se temesse già la sua risposta. Somigliava ad una
domanda retorica.
“Facciamo del
nostro meglio…e ci viene benissimo” le rispose un Ron più rilassato e sicuro.
Finalmente il
medico arrivò e prese il pacco di moduli dalla scrivania della guardiola.
Hermione e Ron si avvicinarono, con calma, sicuri di essere subito chiamati.
Solo Hermione alzò gli occhi e quasi si strozzò da quello che vide. Il medico
prese il plico…e lo girò, capovolto. Erano appena finiti in fondo all’elenco.
“Oh, no…”
mormorò Hermione “Non può essere…” i suoi occhi presero a lacrimare per la
disperazione. Ron non capì il perché, poi guardò il medico e i moduli e subito
comprese la situazione.
“No, no, no!”
strillò Ron a bassa voce. Con passo rapido, e Chris ancora in braccio, si
avvicinò al tizio in camice bianco e al tavolo dove stavano poggiati i moduli.
Il medico alzò gli occhi e chiamò “Susan Tratton”, poi li spalancò vedendo Ron
così vicino a lui.
“Prego, dica
pure…” lo incalzò il medico.
“Senta, c’è
stato uno sbaglio, noi eravamo in cima alla lista” disse con quanta più calma
possedesse, Ron. Quindi davvero poca. Hermione gli fu subito accanto e prese di
nuovo in braccio Chris. Ormai il piccolo era addormentato e non si sarebbe
svegliato neanche a cannonate.
“Davvero?
Controlliamo subito…signor?”
“Weasley”
“Granger!”
corresse in fretta Hermione. Ron annuì distogliendo la testa.
“Sì, Granger, mi
scusi” il medico sfogliò i moduli e trovò per ultimo proprio il loro. Lo
sventolò soddisfatto con un orrido sorriso dipinto sul volto. O almeno, a Ron
parve orrido e crudele.
“Eccolo, mi
spiace ma siete ultimi…siete arrivati ora, giusto?” né lui né Hermione
riuscirono a negare “Allora è normale. Non si preoccupi ci sbrigheremo” sorrise
affabile il medico.
Erano già le
nove passate e la coda non era neanche a metà. Ron ed Hermione stavano seduti
su delle scomode sedie in legno lungo la parete. Chris si svegliava ogni tanto
solo per piangere disperato, ma una bella dose di coccole lo calmava
immediatamente. Grazie al cielo, si trovò a pensare Hermione.
“Credo che abbia
fame” disse guardando Chris mentre si ciucciava il dito. Ron annuì con lo
sguardo perso nella parete di fronte.
“Non è il solo…”
si scosse e si alzò in piedi “Cerco del latte. Poi mangeremo meglio da un’altra
parte” Hermione annuì più per la stanchezza che per altro. Ron si avvicinò al
solito tavolo dove ora stavano anche due infermiere. Una gli sorrise affabile.
Era sudata e la fronte era imperlata di piccole gocce.
“Mi dica”
“Scusi, ma siamo
qui da parecchio, e mio figlio avrebbe bisogno di mangiare qualcosa…un biberon
con del latte. Dice che si può avere?” lei sorrise annuendo.
“Certo, me lo
faccio mandare dal reparto maternità. Solo qualche minuto” Ron la ringraziò
esausto e attese il ritorno dell’infermiera.
Ci vollero una
decina di minuti, ma tanto di tempo ne avevano finche volevano. Ringraziò
ancora l’infermiera e afferrò il biberon. Entrambe chiamarono, poi, l’ennesima
persona in attesa e sparirono oltre la porta del pronto soccorso.
Ron raggiunse di
nuovo Hermione. Chris, per fortuna, non si era svegliato di nuovo. Il rosso le
sorrise e mostrò soddisfatto il biberon. Lo agitò un poco. Hermione gli sorrise
di rimando.
“Bravissimo…”
gli disse stancamente. Lui le si avvicinò e si scambiarono un bacio per darsi
forza e coraggio. Poi Ron si rese conto di agitare un biberon. Un biberon di
latte…freddo.
“Ma che testa di
cazzo!” strillò a denti stretti un minuto dopo, seduto accanto ad Hermione.
“Cioè, ci vuole
un genio per scaldare il latte di un bambino? Non va dato freddo, cazzo!”
sbuffò ed alzò un po’ troppo la voce, tanto che una signora accanto a lui lo
guardò sconcertata e gli diede, poi, le spalle.
“E ora? Non ci
sono neanche più le due signorine” stridette nel pronunciare l’ultima
parola, per prenderle in giro. Ron ridacchiò sentendo Hermione parlare in quel
modo. Non era possibile immaginare una giornata più incasinata di quella.
“Non lo so…”
disse sbadigliando “Non lo so propr…” poi gli venne un idea.
“L’auto!”
“Cosa?”
“La macchina,
Herm. Lo scaldò con quella!” schizzò fuori dalla sala d’aspetto, verso il
parcheggio. Hermione non ebbe il tempo di dire, capire o controbattere nulla.
Ron tornò dopo
una mezz’ora. Arrivò di corsa col biberon in mano. Chris si era appena
svegliato e stava piangendo disperato. Inutilmente Hermione cercava di
calmarlo, quella volta non ne voleva sapere di addormentarsi di nuovo.
“Ecco!” disse
Ron fermandosi di scatto, si inginocchiò davanti ad Hermione e Chris “Eccolo il
latte. E’ buono, vero campione?” Chris afferrò subito il biberon e se lo portò
alla bocca. Gli occhietti piangevano ancora lacrime, ma sembrava essersi
calmato. Ron si rimise seduto accanto a Hermione e sbuffò con la testa a
ciondoloni all’indietro.
“Ma che bravo…”
gli sussurrò Hermione “E come hai fatto?”
“Sul motore”
“Hai scaldato il
latte di Chris sul motore dell’auto?!” chiese d’un tratto Hermione. Chris si
lamentò. Non voleva tutta quella confusione. Hermione si zittì subito e parlò a
voce più bassa, ripetendo la domanda.
“Sì…stai
tranquilla. E’ pulito, speriamo che l’auto non si fermi sulla strada del
ritorno, ecco tutto” Hermione non aveva né voglia né energia per controbattere.
Annuì con la testa e la appoggiò a quella di Ron. Si reggevano a vicenda. Come
avevano fatto fino a quel momento, dopotutto.
“Speriamo che
duri ancora poco”
Tre ore più
tardi, finalmente, chiamarono il loro nome. L’ultimo della lista. Entrarono
tutti e tre nell’ambulatorio, dove uno stanchissimo medico spalmò una pomata e
preparò un cartonato per il braccio destro di Chris. Il piccolo Weasley neanche
si svegliò. Ogni tanto si agitava nel sonno con qualche lamento, ma nulla di
più.
“Niente gesso?”
chiese Hermione. Si aspettava un piccola ingessatura sul braccio destro del
figlio. Il medico negò col capo.
“No, il cartone
irrigidito basta. Lo tolga fra un paio di giorni e metta questa pomata per
almeno altrettanti” Hermione lo ringraziò. Ron anche, più per inerzia che
altro. Prese in braccio il bambino addormentato e, finalmente, uscirono
all’aria aperta.
Raggiunsero
l’automobile nel più totale silenzio. Il cicalare fra l’erba faceva loro da
colonna sonora. Hermione mise Chris steso sul suo seggiolone. Lo piegò un po’
all’indietro per farlo dormire meglio. Chris non si accorse di nulla e continuò
a dormire. Ron lo coprì con la sua camicia rimanendo a petto nudo.
“Che facciamo
ora?” chiese Hermione mentre si spalmava sul cofano dell’auto. Ron si stese
accanto a lei.
“Non lo so, io sono
un po’ stanco…a dire il vero…” Hermione ridacchiò per spezzare quel silenzio.
Ron la seguì a ruota e si ritrovarono a ridere come due ragazzini. Dopo un
minuto di risa ininterrotte, Ron riprese il controllo e si asciugò le lacrime.
Ancora ridacchiava.
“Siamo un
disastro…” Hermione scoppiò in un’altra fragorosa risata. Poi annuì e sospirò
fra i singulti, divertita.
“Eh già…” si
tenne la pancia con le mani “…io…non ci posso…posso credere…” Ron mise la
faccia sul cofano e continuò a ridere. Prese un respiro cercando di ritrovare
il controllo.
“Come torniamo a
casa…?” domandò cercando di essere più serio. Hermione negò col capo, ancora
scossa da singulti. Poi entrambi sentirono un pop, proprio davanti a
loro. Alzarono la testa entrambi per vedersi di fronte Arthur Weasley. Ron alzò
il braccio e ridacchiò ancora.
“Ciao papà…”
“Ciao Arthur…”
Hermione ormai rideva soltanto. Il signor Weasley incrinò le labbra in un
sorriso. Non si aspettava di trovarli a ridere sul cofano della macchina in
piena notte.
“Ragazzi…ma che
succede? Non abbiamo ricevuto gufi e poi abbiamo felefonato all’albergo
e ci hanno detto dell’incidente…ma state bene?” domandò poco convinto Arthur.
Ron annuì con la testa senza smettere di ridere.
“Papà…non puoi
immaginare cosa ci è successo oggi…”
Arthur li
smaterializzò fino davanti a casa. Non avevano l’auto. Neanche le valige, ma
almeno erano a casa. Li salutò dicendo che sarebbe passato l’indomani con
Molly. Si smaterializzò, ancora, con un pop.
“Casa dolce
casa…” sbadigliò Ron. Si incamminò verso la porta e sfilò la bacchetta dai
pantaloni…la bacchetta?
“Cacchio la
bacchetta!” esclamò voltandosi di scatto verso Hermione “Come la apro la
porta?” la porta della loro casa aveva uno speciale antifurto. Solo il
proprietario con la bacchetta poteva aprirlo. Quindi solo lui o Hermione.
“Non ci posso
credere…” scosse la testa Hermione. Chris stava aggrappato con le braccia
attorno al collo della madre. Dormiva dalla grossa. Ron alzò gli occhi al cielo
esausto, poi si guardò intorno. Ringraziò un Dio qualsiasi quando vide un
passante camminare lungo il marciapiede davanti alla loro casa.
“Ehi, senta, mi
scusi!” lo richiamò Ron correndogli incontro “Senta, mi sono scordato la
bacchetta in casa. Mi potrebbe prestare la sua un attimo. Solo per aprire la
porta” il signore, un po’ ingobbito e con gli occhi fuori dalle orbite, lo
guardò da capo a piedi. A Ron ricordò vagamente Malocchio Moody.
“E chi me lo
dice che è casa tua? Potresti essere un ladro!” e anche nel parlare sembrava
molto il vecchio Malocchio. Ron sorrise di circostanza.
“Andiamo,
guardi. C’è anche mia moglie, e mio figlio…non siamo ladri, è casa nostra” ma
il signore negò seccamente.
“No, non mi
fido. Poi la colpa ricadrebbe su di me” e si voltò per andarsene. Ron lo
afferrò per la spalla.
“Andiamo…guardi,
sono Ronald Weasley, ha presente? Auror del ministero…Eroe dei sogni, qualche
anno fa. Compaio sui giornali ogni tanto”
“Mi spiace, non
leggo i giornali” sputò secco quello e si incamminò di nuovo lungo il
marciapiede, per la sua strada.
Con un sasso Ron
ruppe il vetro della finestra del salotto. Si graffiò la mano ma riuscì ad
aprirla ed ad entrare senza troppi problemi. Si incamminò verso l’entrata e
aprì la porta.
“Bentornata a
casa!” disse con finto entusiasmo e facendo un inchino ad Hermione che
attraversò la soglia esausta. Portò subito a letto Chris e Ron la seguì per
darle una mano. Gli tolsero i vestiti inzuppati di sudore, facendo attenzione
al braccio cartonato. Chris si lamentò soltanto un paio di volte, ma non si
svegliò.
“Ecco il
pigiama” allungo Ron ad Hermione.
“No, Ron”
“Come no? E’ il
pigiama” lo riprese indietro per guardarlo meglio. Era proprio il pigiamino di
Chris con gli elefantini azzurri.
“Dicevo, no, non
possiamo metterlo a letto così. E’ sudato marcio. Si prederà qualcosa, oltre
che dormire malissimo” spiegò Hermione. Ron gettò il pigiama sul loro letto.
Chris dormiva ancora beato sulle coperte del loro letto.
“Quindi che
proponi?”
“Tienigli su la testa,
mi raccomando” Hermione passava la spugna su tutto il corpicino di Chris
immerso nella vaschetta per il bagno. Ron gli teneva sollevata la testa e il
braccio cartonato. E intanto il piccolo dormiva, ancora.
“Cavoli, proprio
il bagno dovevamo fargli?”
“Era l’unica
scelta, Ron” spiegò Hermione che passò la spugna sulla testa di Chris
pulendogli l’appiccicaticcio del sudore. Chris si mosse per un attimo e
entrambi si immobilizzarono, trattennero il respiro per fare meno rumore
possibile. Solo le gocce che cadevano dalla spugna alla piccola vasca da bagno
interrompevano quel silenzio. Chris si rimise a dormire. Entrambi tirano un
sospiro di sollievo.
“Sposta la mano
che gli lavo il collo” disse Hermione. Ron la spostò cercando sempre di reggere
la testa per non farlo finire sott’acqua. Poi la mano gli scivolò, non quella
della testa, quella del braccio. Il cartonato si immerse nell’acqua.
Hermione lanciò
un occhiataccia a Ron.
“Che cavolo
fai!” gridò in un sussurro. Ron riprese subito fuori il braccio avvolto nel
cartone inzuppato.
“Ops…”
Finirono di fare
il bagno a Chris, ed Hermione, con un incantesimo prosciugante, asciugò al
meglio la protesi di cartone. Ron gli spalmò la pomata nuovamente e insieme
rimisero il cartonato incastrato, alla bene e meglio, attorno al braccio.
Finalmente lo infilarono sotto le coperte nella sua culla.
Ron guardò
l’orologio. Le due e un quarto. Si buttò di schiena sul letto, subito seguito
da Hermione. Stettero a guardare il soffitto per un po’.
“Herm…ma siamo
dei bravi genitori noi?” Hermione continuò a guardare il soffitto e si strinse
nelle spalle.
“Bè…ci proviamo”
altro silenzio.
“Mi dispiace, se
fossi stato più attento…”
“Oh, Ron, non
dire sciocchezze. Poteva capitare in un qualsiasi momento” fece un pausa in cui
sbadigliò “Povera infermiera…lei che pensava di averci fatto un favore” sorrise
e scosse il capo sconsolata.
“Bè, ci ha
provato…è stata gentile, in effetti” cadde ancora silenzio. Si sentì un fruscio
di lenzuola. Chris si agitò nella sua culla per poi calmarsi subito.
“A quando la
prossima vacanza babbana?” chiese con un sorriso Ron. Hermione sollevò
stancamente il braccio, afferrò un cuscino e glielo spiaccicò in faccia.
“Ahi…” disse lui
per nulla convinto. Anzi rideva mentre lo diceva. E Hermione rise assieme a
lui.
Fine
Che dire? E’ una ff che parla di sfortuna nera…se volete
commentare mi fate un piacere! ^__- Ciao alla prossima!