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(fdp)
Disclaimer: Magari
fossero roba mia. Li tratterei meglio dei loro veri possessori e_e
N/A: Scritta
per il Santa
Fest @ maridichallenge,
per la Staffetta
in Piscina @ piscinadiprompt,
prompt ""I
only wish you weren't my friend/then I could hurt you in the end"
(Snuff - Slipknot)" e per 500themes_ita,
prompt #469.
Eco di un legame.
Così non scontentiamo nessuno.
─
Titolo sempre da I Will Wait dei M&S.
You forgave and I won’t forget
«Now
I'll be bold
As well as strong
And use my head alongside my heart
So tame my flesh
And fix my eyes
A tethered mind freed from the lies »
(Mumford & Sons - I Will Wait)
Non
sai perché vai a cercarlo, ma quando apre la porta e vi
ritrovate a fissarvi negli occhi lì sull'uscio di casa sua,
Klaus non sembra affatto sorpreso di vederti, quindi forse almeno lui sa che
diamine ci fai lì invece di essere al fianco di Elena.
(Elena
che intanto è probabilmente al fianco di Damon, insinua una
vocina all'interno della tua testa, prima che tu possa soffocarla.
Riesci ad ignorarla, però. Almeno in questo stai diventando
bravo).
Ma
qualunque cosa gli passi per la mente, Klaus non sembra intenzionato a
rivelartela, e nemmeno il bourbon che pochi minuti dopo ti mette tra le
mani ─ e di cui poi si serve abbondantemente anche lui ─ riesce a
sciogliergli la lingua.
«Grazie»,
mormori infine, rivolto al tappeto sotto i tuoi piedi, spezzando il
silenzio di quel salone troppo sfarzoso, riscaldato dalle fiamme vivaci
di un camino che, non molto tempo prima, ti è stato
mostrato decisamente troppo da vicino.
È
l'unica cosa che ti viene in mente di dirgli, ed è anche un
po' ridicola. Ha salvato Elena, sì, ma non provi alcuna
particolare gratitudine per lui, perché sai che se lo ha
fatto non è certo per gentilezza nei tuoi o nei suoi
confronti. Anzi.
Ha
qualcosa in mente, e dovresti davvero cercare di indagare, ma questa
sera sei troppo stanco per quel gioco. Siete di nuovo tutti vivi, Elena
sta bene, Caroline ti ha fatto una promessa ─ la stessa promessa che
tuo fratello non è stato in grado di mantenere ─ che ha
sollevato non di poco le tue speranze per il futuro, e per il momento
questo è più che abbastanza.
«È
per questo che sei venuto qui?», ti domanda Klaus dopo un
po', facendo roteare l'ultimo sorso di alcool all'interno del bicchiere
di cristallo, prima di rovesciarselo in gola con uno scatto secco del
polso.
No, pensi.
Ma annuisci. Per che altro, sennò?
Klaus
ride. Afferra la bottiglia, riempie di nuovo i vostri bicchieri, poi
alza il suo in un brindisi di scherno.
«Ti
direi che è a questo che servono gli amici,
ma...», la frase cade nel vuoto, e presto si spegne anche la
sua risata. Il ghigno sul suo volto resiste per qualche istante ancora,
ma infine anch'esso crolla come un castello di carte.
C'è
qualcosa che gli fa paura, pensi all'improvviso. Fantasmi di un passato
lontano, o forse di un futuro imminente. Un brivido ti scende
giù per la schiena, ma poi scacci via quel pensiero. Non sei
in grado di psicanalizzare nessuno in questo momento, men che meno
quell'abisso di ombre che è Klaus.
Per
un tempo indefinibile il crepitio del fuoco e il tintinnio del ghiaccio
che si scioglie nei bicchieri sono gli unici rumori in tutta la casa, a
parte, ovviamente, i vostri respiri fin troppo lievi.
«Hai
bisogno di me», sbotta infine Klaus, sputando fuori ogni
parola con una soddisfazione più che palese.
Non
te l'ha detto chiaramente in quel momento, davanti al letto in cui
giaceva Elena, ma te lo sta dicendo adesso. E forse, in un certo senso,
sei venuto proprio per sentirti dire questo.
Tutto
va a catafascio intorno a te, e ironicamente le uniche persone che si
prendono la briga di dirti la verità sono quelle di cui
sopporteresti meglio le bugie.
«Hai
avuto bisogno di me per salvare tuo fratello e poi la tua ragazza, ma
prima di tutto hai avuto bisogno di me per salvare te
stesso»,
continua Klaus a voce bassa, alludendo nemmeno troppo alla lontana ai
vostri giorni a Chicago. «Odiarmi può servirti a
farti dormire meglio la notte, ma non cambia certo le cose, Stefan.
Ricordatelo la prossima volta che cerchi di uccidermi. Hai
bisogno di me».
Ha
ragione. Lo sai che ha ragione.
Hai
avuto bisogno di lui, hai ancora bisogno
di lui e lo odi per questo motivo più di qualsiasi altro.
Dai
recessi della tua mente un pensiero si insinua viscido intorno a quella
constatazione: odio, amore... c'è poi così tanta
differenza?
Forse
per la maggior parte della gente sì, ma non per te. Non dopo
Damon. Non dopo Katherine.
E
se odi Klaus... no. Non “se”.
Lo odi. Lo odi così tanto che è una sensazione
quasi fisica, come una pietra bollente e dai bordi affilati incastrata
alla bocca dello stomaco, come un furioso ringhio sottopelle, un odio
così cieco e brutale che quasi senti le zanne vibrare dal
desiderio di mordere e dilaniare, e strappargli via quel sorrisetto
onnipresente dalla faccia.
Silenzio
assenso, starà pensando lui, intanto. E non a torto.
«Anche
io potrei aver bisogno di te, comunque», ammette
all'improvviso, in un tono meditabondo che non ti piace per niente.
È il tono con cui di solito annuncia i suoi grandi e spesso
sgradevoli piani.
Alzi
finalmente gli occhi per incontrare i suoi.
«Hai
detto di non volere niente da me», gli ricordi con voce
piatta.
Klaus
si stringe nelle spalle.
«Volere e avere
bisogno sono
due cose completamente diverse, amico mio».
Annuisci
e non distogli lo sguardo. Klaus ti lascia sulle spine per qualche
istante ancora, poi sogghigna di nuovo. Ormai sembra più una
paralisi permanente che un gesto volontario.
«Ma
non ne parleremo stasera. È tardi, e abbiamo entrambi molte
altre cose di cui occuparci, non è vero?»
Non
insisti, anche se potresti farlo. Hai già deciso di essere
troppo stanco per questo genere di discorsi, e comunque è
facile capire che lui vuoleparlartene,
quindi non c'è alcuna fretta.
Ti
alzi per andartene, sentendoti un idiota già solo per essere
venuto, ma dopo pochi passi ti volti indietro a reclamare di nuovo il
suo sguardo.
«E
prima? Cosa volevi da me, prima?»
Ora
anche Klaus è in piedi, e improvvisamente ti sembra molto,
molto vecchio. Come se, nei pochi momenti che hai impiegato per alzarti
dalla poltrona e voltargli le spalle, l'ombra dei decenni gli fosse
piombata addosso con violenza, ricalcandogli le rughe sottili intorno
agli occhi e alla bocca con una mano pesante e impietosa.
«Non
lo ricordi? Non è ovvio?», replica lui lentamente.
Non sapendo cosa rispondere, ti rifugi di nuovo nel silenzio.
«Volevo
che fossi mio fratello. Lo voglio ancora. E ancora non capisco
perché ti sembri così difficile. Lo sei
già stato una volta, in fondo, e perlomeno io non cercherei
di infilarmi nei pantaloni della tua cara Elena», aggiunge,
con un guizzo di malizia che vorrebbe forse nascondere la sensazione di
essersi esposto troppo.
Non
raccogli la provocazione, perché la tua mente è
ferma su quelle cinque parole essenziali. Alla fine è tutto
lì il cuore della questione, pensi.
Klaus
vuole un fratello, e questa è probabilmente l'unica cosa che
non puoi dargli. Non solo perché Damon non lo permetterebbe,
ma soprattutto perché sei tu a non volerlo.
Su
quel fronte c'è già troppa confusione nella tua
testa e, al contrario di lui, non hai mai davvero voluto rimpiazzare la
tua famiglia. Le uniche due volte che ci hai provato (con Lexi e con
Klaus stesso) è finito tutto in lacrime e sangue, tanto per
usare un eufemismo.
Ma
questo ovviamente non puoi dirglielo, perché lo faresti
arrabbiare e di conseguenza metteresti in pericolo Damon. La gelosia
che provano l'uno per l'altro un po' ti esaspera e un po' ti diverte,
ma ti infileresti un paletto rovente nel cuore piuttosto che metterti
volontariamente a fare da vertice ad un altro, insensato triangolo.
La
famiglia non te la scegli, ed è meglio così.
Questione chiusa.
«Non
posso», rispondi allora.
Ora
è Klaus ad annuire.
«O
forse non vuoi. O più probabilmente non ne hai bisogno»,
aggiunge con giusto una punta di astio.
Non
confermi né smentisci.
All'improvviso
ti è addosso. Be', forse non così all'improvviso. Forse stanotte
è un po' troppo ubriaco per il ruolo del grande lupo
cattivo, e forse hai
avuto tutto il tempo di evitare il suo movimento, ma dopotutto
perché mai avresti dovuto farlo? Se è al gioco
della verità che state giocando, tanto vale andare fino in
fondo.
Quindi
resti immobile mentre le sue mani ti affondando nelle spalle come
artigli. Non escludi che lo siano davvero. Il suo alito è
caldo ed è reso dolciastro dall'alcool, e anche se non
c'è nessun baluginare di zanne i suoi occhi hanno comunque
un vago riflesso dorato.
«Vattene»,
ti ringhia in faccia, e sarebbe ovvio fargli notare che trattenere
violentemente una persona per le braccia non è certo un buon
modo per costringerla ad andarsene, ma, ubriaco o meno, Klaus
è di sicuro in grado di rendersene conto da solo.
Lo
guardi e non capisci cosa vedi. Disperazione? Rabbia? Un moto di stizza
per essersi visto rifiutare di nuovo la tua amicizia? O per avertela
chiesta di nuovo, nonostante tutti i rifiuti precedenti?
Una
delle mani di Klaus scivola in basso e ti afferra la maglietta
all'altezza del petto, in quello che in tutta probabilità
dovrebbe essere un gesto minaccioso, ma quando la stringe con forza nel
pugno l'unico effetto concreto che ottiene è quello di
attirarti ancora di più verso di lui.
Allora
un barlume di comprensione comincia a farsi strada nella tua mente.
Forse
non vuole niente da te, ma ti vuole comunque.
E perché no, in fondo?
Cerchi
una ragione. Provi ad evocare il volto di Elena, ma pensare a lei ora
ti fa arrabbiare. Allora pensi a Damon, ed è anche peggio,
perché la rabbia comincia a raggrumarsi come polvere
accumulatasi per troppi anni.
Perché
no, in fondo?
Amore
e odio li hai confusi già altre volte in passato. E sai che
spesso sono solo termini senza senso, perché ci sono quei
dannati momenti in cui ti ritrovi addosso sensazioni che non hanno un
nome o che ne hanno troppi, e in quei casi tutto quello che riesci
ragionevolmente a pensare è perché
no?
Sei
tu a chiudere la distanza tra i vostri volti. Sei tu a schiacciargli la
bocca contro le labbra umide, e sei tu, adesso, a stringertelo contro.
Perché
hai bisogno di lui e lui ha bisogno di te. Solo di te.
Niente dubbi o competizioni che ti spezzano il cuore, questa volta. Non
con lui.
E
comunque questa non è una di quelle cose di cui ti troverai
a discutere (o a dover giustificare) con chicchessia. È fra
te e Klaus. Rimarrà lì, insieme a tutte le cose
non dette, insieme a quei pochi mesi di sangue e quei novant'anni di
silenzio, insieme all'odio, ai desideri non espressi e quelli espressi
ma non esauditi, insieme ad un miliardo di altre cose che conteranno
domani mattina, forse, ma che in questo momento non hanno alcuna
importanza e che, con un po' di fortuna, continueranno a non averne per
il resto della notte.
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