La Clessidra

di NotFadeAway
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30 aprile 1998
Spinner’s End
Notte
 
Severus si rigirò nel letto per l’ennesima volta e alla fine si arrese e aprì gli occhi.
Sul soffitto si proiettavano le ombre degli oggetti illuminati dalla luce bluastra che proveniva da fuori.
Sentiva Lily respirare nel sonno accanto a lui.
Non riusciva a dormire.
Il giorno dopo sarebbe dovuto andare con le proprie gambe al patibolo e, stavolta, lo avrebbe fatto consapevolmente, e, anche se continuava a ripetersi che non aveva senso avere paura della morte, questo non cambiava di molto le cose. Lui era comunque atterrito dall’idea di soffrire, e sapere di dover soffrire è mille volte peggio che soffrire e basta.
Se l’idea del post mortem non lo spaventava più, il ricordo del dolore accecante che gli aveva pervaso tutto il suo  corpo quando Nagini lo aveva morso gli faceva venire i brividi. Ebbe un flash e s’immaginò se stesso, la notte seguente, nell’ormai familiare condizione di impotenza sul suo corpo, davanti a Voldemort e a quel serpente, quando avrebbe urlato, ma non sarebbe potuto scappare.
Si rigirò nelle coperte, cercando di scacciare quel pensiero, e si voltò verso Lily.
Anche nel buio della stanza si poteva vedere che non aveva più trentotto anni, ma la parte più bella di lei non era cambiata: gli occhi erano quelli di sempre.
Il seno le si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro, aveva una spalla lasciata scoperta dalla camicia da notte.
Ma non sarebbe finita così per loro, Severus non aveva ancora confidato a Lily il suo piano, ma non aveva ancora abbandonato l’intenzione di chiedere a Silente, una volta giunto nel Limbo, di ripetere l’esperienza della Clessidra tutta daccapo. Certo, avrebbe vissuto di nuovo il 1997, per la quarta volta in totale, ma non gli importava, non era pronto a perdere di nuovo Lily e non poteva sopportare l’idea di non rivedere mai più i suoi figli.
Sorrise, si ricordò Lily che gli raccontava di Jojo, che era diventata un’Auror provetta, come sua madre, ma che ancora cantava ai matrimoni di quando in quando; e poi c’era Ali, che si era specializzata in Magia per lo Sviluppo, e Paul che stava frequentando la Scuola per Guaritori. Jordan si era sposata un paio d’anni prima, aveva continuato Lily, adesso aspettava un bambino, una femminuccia. Anche Ali aveva un compagno e una bambina di due anni. Severus era persino nonno.
Avrebbe dato qualunque cosa per vederli cresciuti, per vedere i suoi nipoti, per vedere se stesso invecchiare con Lily, ma non poteva: lui era vincolato al 1997, perché, nel suo mondo, la sua vita finiva lì!
Poi l’idea geniale: il Ponte! Se Lily era venuta dal 2018 al 1997, allora lui forse poteva fare il contrario e seguirla nel 2017! Perché non ci aveva pensato prima!
Gliel’avrebbe detto l’indomani, avrebbe avuto tutto il tempo di dirle il suo piano, quando si sarebbero rivisti nel bosco  della montagna che avvallava Hogsmead, dove lui si era rifugiato due anni prima, quando aveva lasciato il Castello, dopo lo scontro con Minerva.
Il pensiero lo fece calmare un po’, le immagini di Nagini si sbiadirono e lui, alla fine di addormentò.
 
1 maggio 1998
2 maggio 1998
Notte
 
La figura nera dell’uomo quasi non si distingueva, mentre si librava nel cielo, era solo una macchia un po’ più scura rispetto al buio del firmamento.
Continuò a volare, fino a quando il Castello di Hogwarts non fu lontano, sorvolò il villaggio di Hogsmead, quindi arrivò sui boschi che lo circondavano. Il burattinaio gli disse dove atterrare e lui fu libero.
-Lily … - chiamò – Sono arrivato … -
La donna, che aveva seguito la voce, si mostrò all’uomo in nero.
-Sono qui – disse e iniziò ad avvicinarsi a lui, prima molto piano, poi correndogli incontro. Si abbracciarono, poi per un lungo istante non dissero niente, il cuore di Severus iniziò a battere così forte che quasi spezzava il silenzio.
-Come ti senti? – mormorò Lily.
Severus aprì la bocca per risponderle, ma non riuscì ad articolare la parola “Bene”, sembrava priva di senso in quel contesto. Infatti gli uscì: - Ho paura –
Lily lo fissò con uno sguardo carico di una cosa che Severus non avrebbe mai creduto di sopportare prima di allora: compassione.
Lo abbracciò di nuovo.
-Mi dispiace…
-Ti voglio dare una cosa – aggiunse sempre lei, poco dopo, tirando fuori dalla veste un foglio piegato in quattro parti – Lo porto sempre con me, ho pensato che fosse meglio che lo avessi tu – glielo porse.
Severus se lo rigirò in mano e lo aprì: era un disegno di un bambino, c’erano sei persone, ciascuna indicata con una freccetta: una diceva Paul, un’altra mamma, un’altra ancora Jojo, poi c’era quella di Ali e poi c’erano due figure pressoché identiche, entrambe indicate con “Papà”. Era firmato “Paul”.
L’uomo guardò la moglie, senza capire.
-L’ha fatto Paul, quando aveva quattro anni. Gli era stato chiesto di disegnare la sua famiglia. –
-Gliel’hai detto? – chiese, stupito.
- E’ questo il punto: no! Non so come sia possibile, ma nemmeno lui ti ha dimenticato –
Severus s’impedì di piangere, in nome di una dignità che doveva ancora esserci, da qualche parte. Poi ripiegò il disegno e se lo mise sotto la veste. Nel farlo si ricordò cosa stava andando a fare alla Stamberga e si rese conto di quanto inutile fosse dare quel foglio a lui: di lì a un’ora, quel disegno sarebbe stato sono un pezzo di carta nella tasca di un cadavere freddo e coperto di sangue.
-Lily,non serve che lo dai a me – disse, ripescandolo – Tienilo tu – lo porse di nuovo a lei, ma questa gli spinse via la mano.
-No, voglio che lo conservi … tu … - si spense sul finale della frase, aveva capito, guardando in faccia il marito, cosa intendeva. Parve ripensarci per un attimo, ma poi insistette – Non importa, tienilo tu! –
L’uomo si arrese, poiché non aveva voglia di discutere, e lo tenne con sé.
-Ho un piano – disse poi.
-Che cosa vuoi dire? –
Severus glielo disse. Le spiegò che aveva intenzione di tornare indietro un’altra volta con la Clessidra da loro, nel 1997, oppure che l’avrebbe seguita, attraverso il Ponte. L’uomo parlò ininterrotto fino alla fine, colto dall’entusiasmo di quell’idea; in quel momento la morte era più lontana.
-E poi potresti fare lo stesso anche tu un’altra volta. Potremo ancora passare anni assieme, in questo modo!-
L’eccitazione dell’uomo fu messa  a dura prova dalla reazione della moglie: Lily l’aveva ascoltato in silenzio,e ora, mentre lo fissava, stava iniziando a piangere, senza emettere un suono.
-Amore …  non … non si può fare … - disse, come se stesse cacciando quelle parole a fatica fuori dalla sua bocca.
-Che cosa?  Certo che si può fare! Basta che … -
-Non si può tornare nella stessa realtà più di una volta –
-Ma … cosa … il Ponte però … -
-Lo stesso vale anche per il Ponte, Sev. Me l’ha … me l’ha spiegato Silente in quella lettera, e poi l’ho letto anche io, quando studiavo per attivare la Clessidra. Non è possibile. Mi dispiace – Si aggrappò un’altra volta a lui, le mani strette alla tunica, il viso nel suo petto. Severus le mise una mano sui capelli, una sulla schiena e rimase così.
Allora era finita, niente più sotterfugi, niente più scappatoie, quella era veramente la fine. Per la prima volta sentì il peso della morte schiacciarlo, comprimergli i polmoni e impedirgli di respirare.
Lily lo stava abbracciando, ma lui non sentiva più il suo calore. I capelli di lei erano lì, vicino al suo viso, ma perché avrebbe dovuto sentirne l’odore? Riusciva solo a sentire lei che piangeva, tutto il resto era lontano.
 
L’ambiente della Stamberga Strillante era scuro, le pareti erano scrostate, il pavimento era sporco, tutto era al suo posto: i mobili, le scale, il baule, il Signore Oscuro, Nagini, lui stesso. Tutto era come ricordava.
Adesso Voldemort parlava, stava già parlando da un po’, e quello che tirava i fili di Severus gli faceva rispondere; Nagini fluttuava.
-Ho cercato una terza bacchetta, Severus. La Bacchetta di Sambuco, la Bacchetta del Destino, la Stecca della Morte. L’ho presa al suo precedente proprietario. L’ho presa dalla tomba di Silente – aveva appena detto Voldemort, quando qualcuno gli fece ribattere, inutilmente:
-Mio Signore … lasciatemi andare dal ragazzo … -
-E’ l’una, Lily, tra poco devo andare – mormorò, con una stretta al cuore.
-No, ti prego, resta qui ancora un po’. Non te ne andare –
-Lo sai che non posso –
-Posso venire con te, allora? – fece, con tono implorante.
“Certo, non vorrei altro” avrebbe voluto risponderle, sapeva che con lei vicino sarebbe stato tutto più facile. Invece disse:
-No, non ti lascerò … vedere … una cosa del genere! –
-Quello che mi lascerai fare tu, non i interessa, Severus Piton. Io vengo lo stesso! –
Severus espirò, sentiva che i suoi nervi stavano per cedere.
-Lily,ascolta, anche se tu venissi, non potresti intervenire. Inoltre, io no farò nient’altro che non abbia già fatto l’ultima volta … tu non c’eri, quindi non potrei … interagire con te … non avrebbe senso … -
-Ma io non voglio abbandonarti! – insisté.
-Tu hai già fatto abbastanza per me, Lily. Sei venuta fin qui, sei stata con me l’ultimo anno della mia vita, è quanto di meglio avessi mai potuto sperare. Non mi hai abbandonato –
- … E credo di avere la risposta. Forse la conosci già? Sei un uomo intelligente, dopo tutto, Severus. Sei stato un servitore bravo e fedele e mi dolgo di ciò che deve accadere –
-Mio Signore … -
Loro parlavano, ma, nel frattempo, lui non li stava ascoltando. Ali stava recitando una filastrocca.
“Era una bella giornata di sole
Sembrava che con le mani
Potevamo toccare il cielo. Tutti.
Adulti e piccini. Grandi e bambini…”
-La Bacchetta di Sambuco non può servirmi in modo adeguato, Severus, perché non sono io il suo vero padrone. La Bacchetta di Sambuco appartiene al mago che ha ucciso il suo ultimo proprietario. Tu hai ucciso Albus Silente. Finché tu vivi, Severus, la Bacchetta di Sambuco non può essere davvero mia –
-Mio Signore! – rispose, poi il burattinaio tirò un filo e lui alzò la bacchetta.
Ecco. C’erano quasi. Era arrivato il momento. La voce di Ali si fece sempre più flebile e lontana, fino a quando non riuscì ad udirla più. Il cuore picchiava nel petto, era l’unica cosa che gli giungeva alle orecchie, ormai.
-Non può essere altrimenti. Devo dominare la Bacchetta, Severus. Se domino la Bacchetta, finalmente dominerò Potter –
Ci fu un attimo in cui credé di non essere più in grado di respirare, poi, nello steso momento, Voldemort sferzò l’aria, Jordan le corde di una chitarra.
Severus urlò, mentre veniva ingabbiato un’altra volta in quella sfera maledetta, e poi attaccò, Jojo a cantare, Nagini la sua gola.
Il dolore fu così forte da assordarlo, non sentiva più niente, aveva coperto anche la voce di Jordan, era insostenibile.  Il serpente si accanì e continuò a perforargli la pelle, mentre già sentiva i fiotti di sangue scorrergli lungo il corpo, caldi.
Ebbe una vertigine, le gambe persero di ogni vigore e crollò sul pavimento.
Voldemort parlò ancora, ma era una voce lontana per lui, riusciva solo a sentire le pulsazioni della ferita in cui Nagini continuava a rigirare le zanne. Sembrò passare un secolo prima che la ritirasse, la gabbia incantata volò via da lui e Severus si accasciò a terra, mentre una mano si mosse alla gola, nel tentativo di arrestare l’emorragia.
Il sangue aveva già formato una pozza sul pavimento e lui sentiva la voce della sua coscienza sempre più flebile, come se stesse per crollare in un sonno profondo. Jordan, però, aveva ripreso a cantare, ma era lontana, non ne distingueva le parole.
Severus si aggrappò a quella voce per cercare di mantenersi cosciente, ma il sangue non si fermava. In quel momento, finalmente, Potter arrivò.
Una mano gli fu mossa e la bocca gli fu aperta.
-Prendi … prendi … -
E i ricordi fluirono.
Il sangue doveva essere arrivato dove aveva nascosto il disegno di Paul.
-Vuoi fare l’amore con me? – chiese Lily, con gli occhi bagnati.
-Devo andare –
-No, non è vero, c’è tempo! – lo trattenne, gli si fece vicinissima, schiacciandosi a lui.
-No, Lily. E’ finita. Devo andare – disse, evitando il suo sguardo e cercando di scostarla.
-Non dire così. Non è finito niente! Siamo ancora qui! Baciami, voglio fare l’amore con te –
-E’ inutile discuterne adesso. È tardi –
Stava lottando per rimanere sveglio, sentiva freddo, sentiva tutto sempre più lontano.
Parlò per l’ultima volta, ma non ci fu bisogno del burattinaio.
-Guar .. da … mi … - sussurrò.
-Ti chiedo solo un’ultima cosa, Lily. Guardami –
Potter lo guardò. Ebbe solo un istante per vedere quegli occhi. Jordan non aveva smesso un secondo di cantare.
“Brilliamo,
 come una stella infuocata,
che sta cadendo dal cielo,
stanotte.”
Jordan cantava.




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