Bene
ragazzi, ci vediamo per la seconda volta in questa fic che ha preso una
curvatura migliore, soprattutto verso la fine, per quanto riguarda il
primo capitolo. Comunque, questo è il secondo capitolo, e
spero che vi piaccia.
Note dell'autore: + o - vi posso dire che la traccia seguirà
la cronologia dell'anime, però non verranno trattati altri
personaggi, se non Nemo ed Electra, quindi invenzioni a tutto andare.
"Ero molto
riconoscente... all'uomo che mi aveva aiutata..."
Quando si svegliò, la prima cosa che vide fu lui che la
fissava, pensieroso. Lei cadde nel suo sguardo profondo e rimase quasi
ipnotizzata da quegli occhi scuri. Poi lui sorrise e parlò:
"Come ti chiami, giovanotta?" le disse sorridendo.
"Medina" disse, ma non uscì alcun suono.
"Medina, hai detto?" a quanto pareva quell'uomo sembrava essere
più erudito di quanto non sembrasse.
La ragazza annui.
"Io mi chiamo Eleusis, ma ormai non sono più degno di questo
nome che ho rinnegato, e per tale motivo, non merito alcun nome, se non
quello di Nemo, che come tu ben saprai, vuol dire 'nessuno'. Per ora
posso dirti solo questo" e le porse dell'acqua. Un'ombra
sembrò oscurare la faccia dell'uomo.
"Va meglio adesso?" domandò lui dolcemente.
Lei voleva rispondergli di si, ma i momenti passati a urlare e a
piangere gli avevano fatto perdere quasi la voce, così si
limitò semplicemente ad annuire, anche se non era l'esatta
verità: anche se era giovane, i suoi genitori le avevano
insegnato ad essere meno d'intralcio possibile, per cui se ci fosse
stato bisogno di mentire per essere meno di peso, avrebbe mentito senza
esitazioni. Ma quell'uomo le sembrava quasi impossibile da ingannare e
in quei primi momenti di dialogo si sentiva un po’ a disagio,
oltre che un po’ imbarazzata. Ma imbarazzata per
cosa? Se lo domandava anche lei in quel momento, eppure era chiaro fin
dall'inizio: anche lei, fosse stata al posto suo, pensò, non
si sarebbe comportata molto diversamente, e avrebbe dato aiuto a coloro
che ne avevano davvero bisogno. Un comportamento del tutto normale, in
fondo. Però, data la situazione e il fatto di essere lei
l'oggetto della loro preoccupazione, non sapeva come comportarsi .
"E' il momento di andare... dobbiamo riuscire ad abbandonare queste
lande desolate, prima che i viveri scarseggino" e ordinò
agli altri di smontare l'accampamento.
La ragazza, che voleva essere in qualche modo utile a qualcosa, si
avvicinò a Nemo e cercò di attirare la sua
attenzione. Lui capì all'istante le intenzioni
della fanciulla
"No, non ti preoccupare, al resto pensiamo noi. Adesso, pensa solo a
riprenderti". Così lei se ne stette in disparte, mentre li
osservava.
Sfecero in fretta il campo, e quindi partirono presto. Nemo si
presentò di nuovo da lei e le tese per l'ennesima volta la
mano.
"Vieni"
Questa volta lei fu più sicura e afferrò senza
indugi quella mano che tanto bene le aveva portato.
Camminarono a lungo per i campi, e per la prima volta, dopo sette
giorni di tenebre, spuntò il sole.
Il paesaggio si trasformò: avevano ormai oltrepassato le
aspre cime che circondavano Thartessos, e si avviavano verso verdi
pianure e boschi incontaminati. Il grigiore del cielo non se ne era
ancora andato, ma tuttavia appariva più rado e meno
compatto. Lei procedeva sempre accompagnata da lui, e ogni tanto
rimaneva incantata a fissarlo. Adesso doveva fare ciò che le
aveva detto lui: preoccuparsi solo di riprendersi. L'unica cosa da
fare, perciò, era andare avanti, e guardare ciò
che si aveva. E lei, per quanto le rimaneva, vedeva lui, e lui
soltanto. Andarono avanti così fino a che, nel
tardo pomeriggio, non raggiunsero l'oceano, mentre il sole splendeva
lontano all'orizzonte.
"...e quando, col tempo,
quel sentimento si trasformò e divenne amore... ne
fui felice..."
Bene, questo è il secondo capitolo, un
po’ più tranquillo del primo, spero vi sia
piaciuto!
Al prossimo aggiornamento!
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