Nuova pagina 1
Woah! Prima fic pubblicata su
Naruto! *_*
Ci ho provato così tante volte, che mi sembrava ormai impossibile raggiungere
questo traguardo. E invece ce l'ho fatta! Già solo questo mi rende felice (se
poi mi fate sapere che ne pensate, lo sarò ancora di più =D ).
Ho scoperto la passione per questa
coppia poco tempo fa, ma mi ci sono rapidamente fissata *_* Amo Asuma, la sua
barbetta e le sue sigarette, ecco! *_*
Attenzione: La fic contiene
spoiler del capitolo 342 del volume 38.
Disclaimer: I personaggi non
mi appartengono, sono frutto di fantasia e non li utilizzo certo a scopo di
lucro (ma solo perché sono bellissimi!).
Falsi Cuori
Si inganni il mondo con la
mostra del sorriso:
un viso falso per nascondere i
segreti di un falso cuore.
Macbeth – William Shakespeare
“Sempre
in ritardo, eh Kakashi?”
Lo
spiazzale era illuminato dalla luna e la figura di Asuma, seduto sul muretto di
delimitazione, sembrava poco più di un’ombra minacciosa.
Kakashi
avanzò verso di lui, con un sorriso sghembo sotto la maschera.
“Sai
com’è… gli obblighi di un jonin.”
Il
sorriso si allargò tanto da creare una piccola increspatura sulla stoffa. Asuma
gli rivolse la sua solita occhiata di rimprovero e cacciò fuori dalla tasca il
pacchetto di sigarette. Ne prese una, fermandola tra le labbra, e poi, per un
attimo, la fiamma dell’accendino illuminò il suo viso. Era chiaramente
un’espressione preoccupata quella che Kakashi vi scorse.
“Allora?
Cosa dovevi dirmi?” indagò, fermandosi poco distante da lui e poggiando la
schiena al medesimo muretto.
Asuma
sospirò, sollevando la testa verso il cielo scuro. “Ci siamo un po’ allontanati,
ultimamente, non ti sembra?”
“Rispetto
a quando andavamo a letto insieme?”
Emise uno
sbuffo divertito. “Cretino. Sto parlando sul serio…”
Kakashi
abbandonò finalmente quel sorriso giocoso e scrollò le spalle. “Naruto ha
bisogno del mio pieno appoggio.”
Asuma
annuì. “Già. Sembra proprio che, tra Akatsuki, Orochimaru e Sasuke, arriveranno
tempi bui per Konoha.”
Continuò
a guardare il cielo, mentre l’uomo accanto a lui emetteva un mugugno di assenso.
Espirò il
fumo. “Ci saranno sacrifici da fare…”
“Asuma.
Cosa vuoi dirmi?”
La voce
di Kakashi aveva assunto quel tono basso e confidenziale che gli riservava tanto
tempo prima, quando erano soli. Si voltò a guardarlo, sentendo un languore di
familiarità diffondersi nello stomaco, ma non riuscì ad incontrare il suo
sguardo. Riabbassò il proprio per osservare la cenere della sigaretta che teneva
tra le dita cadere al suolo e poi il rosso della brace sparire gradualmente,
mentre la spegneva sulla pietra accanto a sé. Scese dal muretto con un balzo,
inspirò aria e avanzò di qualche passo verso Kakashi.
“Kurenai
è incinta,” disse.
E poi il
silenzio. Nessun movimento intorno a loro, né prodotto da loro.
L’occhio
scoperto di Kakashi restò fisso nei suoi, senza alcuna variazione, fino a che
non si socchiuse per il sorriso nato sulle sue labbra, uno dei tanti che non
avevano sapore.
Asuma
sapeva riconoscerli, anche al buio; sorrisi troppo diversi da quelli che un
tempo gli illuminavano il viso, quando ancora glielo lasciava vedere.
“Congratulazioni, papà!”
E il suo
tono scherzoso lo gelò, come se mille aghi di ghiaccio lo avessero trafitto.
Così si mosse istintivamente, alla ricerca di calore. Sollevò un braccio e lo
fece scivolare attorno alle spalle di Kakashi, attirandoselo contro.
Stava
diventando tutto improvvisamente pericoloso, ma la familiarità del gesto,
compiuto tante altre volte, anni e anni prima, gli dava sicurezza, calore,
ed era ciò di cui più aveva bisogno.
Kakashi
lasciò scivolare le dita sulla sua maglietta e vi si aggrappò.
“Che stai
facendo?” mormorò.
“Niente,”
fu la risposta.
Ma era un
niente triste, saturo di nostalgia e dolore e mancanza. E amore.
Quell’amore che aveva provato ad ignorare, a cancellare, a uccidere, che, a
dispetto di tutto, resisteva, sgusciando fuori all’improvviso insieme ad
insistenti fitte allo stomaco.
Asuma
avvolse Kakashi anche con l’altro braccio, la distanza tra loro diminuì e le
fitte allo stomaco furono avvertite da entrambi.
“Certe
cose non si dimenticano, nonostante tutto,” gli sussurrò all’orecchio, per poi
sfiorargli la tempia con le labbra.
Kakashi
deglutì e abbandonò la presa sulla maglietta di Asuma. Lo spinse leggermente e
si divincolò dal suo abbraccio, indietreggiando per mettere al più presto dello
spazio tra loro.
“Vedrai
che invece ce la farai,” disse, e sul suo viso era ricomparso uno di quei
sorrisi.
“E adesso
devo proprio andare. Allenare quel ragazzo è terribilmente sfiancante…”
concluse, ostentando noncuranza.
Asuma lo
guardò e semplicemente annuì, sentendosi troppo impotente per fare altro.
Sollevò una mano in segno di saluto.
“Ci
vediamo, allora.”
“Sì, ci
vediamo.”
Il tempo
di finire la frase e Kakashi non c’era già più.
Asuma
prese un’altra sigaretta e, per qualche secondo, la fiamma dell’accendino brillò
ancora una volta nell’oscurità, mostrando una punta di malinconia nel suo
sguardo.
L’attimo
dopo, lo spiazzale era nuovamente vuoto e desolato e nemmeno la luna, ora
coperta da nuvole, lo illuminava più.
|