- Dì a Rosalie che le auguro
tante care cose e che verrò a trovare lei e Emmett
più avanti, dopo il ritorno dalla Luna di miele. E auguri
per il bambino. –
Al telefono con mia sorella Alice,
osservai con malcelata irritazione le macchine che mi sfrecciavano
davanti ad una velocità sin troppo elevata per il centro di
Parigi. Ero in un ritardo mostruoso e quel maledetto semaforo non
sembrava minimamente intenzionato a scattare e farmi riprendere la mia
corsa contro il tempo o, per meglio dire, contro una sfuriata epica del
mio capo. Non so bene quando è stato il momento in cui avevo
deciso di abbandonare la mia impostazione caratteriale che mi aveva
reso famosa come la regina delle stronze, probabilmente lo scorrere del
tempo e la maturità avevano giovato persino ad un carattere
pessimo come il mio. Una sorta di miracolo probabilmente, un
cambiamento così radicale e profondo da portarmi spesso a
chiedermi se della Bella di un tempo fosse davvero sopravvissuto
qualcosa. Il mio cuore non di certo e tantomeno quegli stupidi sogni
d’amore in cui spesso avevo indugiato durante il periodo
della mia relazione con Edward.
“ Per favore Bella, almeno per
una volta: smettila di fare l’idiota! Lo so, sarebbe come
chiederti di andare contro la tua natura ma provaci! Nostra sorella
è incinta e si sposa, non puoi davvero pensare di non
venire. E perché? Perché ci sarà
Edward? Per favore, è ora di crescere! “
strepitò Alice al telefono. Potevo quasi vederla: viso
arrossato, fronte aggrottata e labbra ritratte in un ringhio
animalesco. Tutti avevano sempre detto che mia sorella avesse le
fattezze di un folletto, ma per me lei sarebbe rimasta sempre e
comunque una sorta di gnomo malefico e dagli artigli velenosi. Una
visione piuttosto estremista ma profondamente veritiera, almeno a mio
avviso.
Imprecai, osservando il semaforo che
diventava verde e attraversando in fretta e furia la strada. Alice non
capiva niente, proprio niente! Per lei era troppo facile parlare e
visto come stavano le cose non ne aveva proprio alcun diritto.
Pretendeva che io andassi al matrimonio
di Rosalie come se niente fosse, sopportando la presenza di Edward?
Come poteva anche solo lontanamente pensare che dopo quello che mi
aveva fatto sarei rimasta nella stessa stanza con lui per anche solo un
secondo?
Neanche morta. Senza scherzi, avrebbero
dovuto legarmi con spesse catene per impedirmi la fuga. Dicono sempre
che il passato è passato, ma per me non era affatto
così. Sentivo ancora il suo peso sulle spalle, la sua
nefasta presenza pronta continuamente a torturarmi e farmi soffrire.
Probabilmente ero diventata più responsabile ma allo stesso
tempo anche più realista e con ciò, molto
più pessimista. L’amore? Una favola per i bambini,
per quelle innocenti creature capaci di credere in qualsiasi cosa
venisse raccontata loro. Io da tempo avevo perso questa purezza e lo
scontro con la realtà ancora mi bruciava.
- Senti, mi dispiace. Davvero. Ma non ho
alcuna intenzione di tornare, non me la sento. Ho sofferto troppo a
causa sua e non posso tornare e fare finta che non sia successo niente.
È impossibile e non posso farlo nemmeno per Rose. Dio,
perché non provi ad essere dalla mia parte una volta tanto?
Ti è davvero difficile preoccuparti anche solo per un
secondo di che effetto potrebbe farmi se tornassi? Cosa potrebbe
provocare in me tutto ciò?! Sei la solita dannata egoista,
Alice. –
Il mio cuore sembrava essersi diviso in
tanti frammenti, uno che gridava la sua fedeltà a mia
sorella e uno che voleva metterla da parte per salvaguardare la mia
sanità mentale. Ma dimenticare, quello mi era impossibile:
nella mia mente era impressa a fuoco l’immagine di Edward, la
notte di Natale a letto con Tanya, una troietta che si era da poco
trasferita vicino a casa Cullen.
E io che, stupida e innamorata, ero
andata da lui con la ferma intenzione di portare un regalo di pace,
vista la stupida discussione avuta il giorno prima. È vero,
in quel periodo non facevamo che discutere per ogni piccolezza ma
questo non aveva mai autorizzato il mio uomo a tradirmi. Io, da regina
delle stronze, non avrei mai fatto una cosa del genere, semplicemente
perché ero profondamente, totalmente ed incondizionatamente
innamorata di lui.
La sorpresa, purtroppo per me, era stata
lui a farmela. Vedere il mio uomo a letto con un'altra era stato un
colpo troppo duro da sopportare e l’unico stupido e insensato
pensiero che riuscivo a formulare non era altro che: Edward
è stato con un'altra oltre me. Io, che continuavo a nutrire
la mia mente con pensieri come “sono stata la prima e
sarà l’unica” avevo avuto la smentita
peggiore che potessi mai ricevere.
Avevo preso il primo aereo disponibile
per Parigi e dopo un anno di relazione interrotta in quella maniera
così subdola e disgustosa, ero scappata da lui e da Forks. I
miei genitori avevano capito che avevo bisogno di andare via, staccare
la spina, e mi avevano lasciata andare per la mia strada.
Avevo trovato lavoro in uno studio
legale e la mia vita era continuata in maniera piana e monotona, ma per
lo meno non avevo più sofferto per amore. Le scopate
occasionali non portano poi così tanti drammi amorosi, no?
“ Bella, forse non hai capito!
Nostra sorella aspetta un bambino e si deve sposare, non possiamo non
andare! Sarebbe un colpo basso, una pugnalata, un modo per farla
soffrire… “
La interruppi bruscamente. –
Ti farò sapere. Ciao. – Prima di darle il tempo di
replicare, la chiamata era già conclusa. Conoscevo mia
sorella e sapevo bene quando cercava di fare leva suo miei sensi di
colpa per convincermi a fare come diceva lei. Ma non stavolta.
***
- Sei venuta. –
Ero una persona incoerente, me lo
ripetevo da secoli. Dicevo una cosa ma mi ritrovavo sempre a fare
l’opposto, per quello che valeva potevo benissimo stare zitta.
Alla fine, Alice aveva raggiunto il suo
scopo: ero tornata a Forks. Solamente per tre giorni, poi sarei
ritornata a Parigi e avrei messo di nuovo chilometri su chilometri tra
me e la mia vecchia città.
Non sarei rimasta un solo minuto
più del necessario lì e la mia presenza
lì per me era l’equivalente della condanna a morte
peggiore che sia mai stata emessa.
- Ovviamente. – risposi con
voce incolore, osservando Rosalie. Sembrava felice e io ero contenta
per lei. Se lo meritava alla grande. Per quel che riguardava me, si
vedeva lontano chilometri che non ero affatto emozionata dallo stare
lì. Il disgusto e il pallore dovuto alla pressante nausea
che mi serrava lo stomaco parlavano da soli.
Ma alla fine non era la mia
felicità che importava, no? Io ero solo un pezzo di scena,
un mobile che doveva presenziare e dispensare falsi sorrisi.
- Non sei felice di essere tornata,
vero? – mormorò, afferrando una delle mie borse e
aiutandomi a portarla. L’aeroporto era gremito di persone e
Emmett ci aspettava poco lontano, un sorriso stupido dipinto sul viso.
- Non sei felice di essere tornata,
vero? – mormorò, afferrando una delle mie borse e
aiutandomi a portarla. L’aeroporto era gremito di persone e
Emmett ci aspettava poco lontano, un sorriso stupido dipinto sul viso
che si incrinò non appena vide il mio accompagnatore.
- L’ho fatto per te. Per te
posso sopportare di vederlo. E poi ho Matt con me! –
sussurrai con un groppo in gola. Stavo mentendo in maniera
così spudorata e perfetta da risultare perfettamente
credibile. Non a me stessa, ovviamente, purtroppo non ero ancora
così brava da riuscire in una simile impresa ma contavo di
diventarlo presto. Per lo meno, avrei avuto sicuramente un sacco di
occasioni per fare pratica.
Mia sorella mi guardò di
sfuggita e sorrise. – Sono felice di riaverti. Qui. Mi sei
mancata tantissimo, le sorelle non dovrebbero rimanere così
a lungo separate come è accaduto a noi. –
- Bella, mio Dio! Ma sei bellissima.
Fatti abbracciare! – Emmett e il suo entusiasmo. In altri
tempi mi sarei lanciata tra le sue braccia e avrei iniziato una
discussione fatta di battutine e di puro cazzeggio, ma quei tempi non
esistevano più da parecchio. Ricordandomi che lui
condivideva lo stesso sangue di Edward lo strinsi in un freddo
abbraccio e misi subito una distanza di sicurezza tra me e lui, quasi
temessi che potesse contagiarmi un morbo incurabile e altamente
dannoso.
- Emmett, ciao. – risposi
senza la minima traccia di entusiasmo, intrecciando le dita della mano
destra con quelle di Matt. Gli innamorati facevano così,
no?! Non me lo ricordavo più. Era passato davvero tanto
tempo dall’ultima volta che quel sentimento aveva avuto modo
di sbocciare nel mio cuore. – Lui è Matt, il mio
uomo. – risposi con voce perfettamente credibile, sfoggiando
il sorriso migliore che potessi metter su in quel momento.
Mio cognato storse la bocca ma si
riprese velocemente, tendendo la mano verso il mio pseudo fidanzato e
stringendogliela con un po’ troppa calorosità. Non
me ne curai, mi limitai ad entrare in macchina e a tirarmelo dietro,
senza riuscire a non sentire il saluto di Emmett. - Piacere di
conoscerti, Matt. Benvenuto in famiglia. -
Quale famiglia?!
La mia o la sua?!
Sono un'unica cosa, realizzai con un
attacco di bile. La mia famiglia e quella di Edward stavano per
diventare un tutt’uno.
Cos’era la bruciante voglia di
piangere che provai al solo pensarci?!
Volevo tornare di nuovo a Parigi, volevo
scappare. Non sarei mai dovuta tornare, non ero affatto pronta per
affrontare tutto ciò, mi resi conto disperata. Il mio cuore
batteva veloce e il mio petto si alzava e abbassava rapido, troppo, al
ritmo dei miei affrettati respiri. Stavo avendo una vera e propria
crisi di panico. A quanto pare ero stata appena fatta prigioniera di
qualcosa con cui presto avrei dovuto fare i conti: il mio passato.
Ci sarebbero state vittime?
Probabilmente.
Sarei stata risparmiata e graziata? Ne
dubitavo.
***
Il gran giorno era arrivato. Per me era qualcosa di simile al giorno
del giudizio, il clima di festa che accomunava tutti quanti non
scalfiva minimamente il mio animo grigio. Si vedeva lontano un miglio
che non volevo essere lì, eppure eccomi a sorridere come se
una paralisi facciale avesse appena colpito il mio viso.
- Bella, sorridi. Prova almeno a far
finta di essere felice di esser qui, tua sorella è
già depressa di suo. Non contribuire! – Accanto a
me, Matt cercò di convincermi che un sorriso non avrebbe
ucciso nessuno. Io non ne ero poi così convinta, soprattutto
perché all’orizzonte era appena apparso il mio
incubo.
Edward Cullen.
Come poteva essere così
sfacciatamente bello, dannazione a lui!
I capelli erano la solita massa
disordinata, eppure erano così perfetti che pareva che il
loro disordine fosse studiato alla perfezione. Gli occhi verdi
intelligenti e brillanti come sempre, le labbra piene piegate in un
sorriso sghembo che sparì non appena mi vide.
Non ero l’unica a non aver
chiuso i conti con il passato, era chiarissimo dal suo sguardo pieno di
sensi di colpa. Edward avanzò verso di me e io non riuscii a
fare di meglio che voltarmi verso il mio accompagnatore e trascinarlo
in un bacio vietato ai minori di almeno venticinque anni.
Capì il messaggio: quando mi
staccai da Matt, di Edward nessuna traccia. Andava bene così
perché in fin dei conti era esattamente ciò che
volevo. Dunque perché la mia espressione non trasmetteva
alcuna soddisfazione ma, al contrario, la peggiore delle sofferenze?
***
- Dobbiamo parlare. È tutta
la sera che mi eviti. Quanto ancora hai intenzione di continuare con
questa pagliacciata? –
Catturata nella peggiore delle trappole.
Ferma dinanzi lo specchio del bagno osservai il riflesso che si
presentava davanti a me, quello che vedeva me e Edward sullo sfondo.
Sostenere quella visione era davvero difficile ma grazie al mio
sconfinato orgoglio ne uscii vincitrice. Probabilmente fu anche
l’enorme irritazione e lo stress che ormai filtravano dentro
di me e si diffondevano come un male, consumandomi come se avessi
appena contratto una malattia mortale.
Stare vicino a lui mi faceva sentire
infetta, sporca. Eppure, assurdamente, anche viva e ardente. Di rabbia,
certo, ma comunque ardente, un’emozione che non provavo da
tempo immemore.
Sollevai il viso con uno scatto
orgoglioso del mento e socchiusi gli occhi in un’espressione
carica di rancore e rabbia, sentimenti di cui mi ero nutrita negli
ultimi mesi. Finalmente dinanzi a me il mio incubo peggiore e che Dio
mi aiutasse, l’unica cosa che volevo era colpirlo con uno
schiaffo in pieno viso. E perché no, magari colpirlo anche
con un calcio abbastanza forte da castrarlo definitivamente.
– Rammentami per quale motivo dovrei parlare con te.
Illuminami su quale argomento dovrei condividere e con te e
soprattutto, spiegami cosa cazzo ci fai qua dentro. È il
bagno delle donne. – Sibilai verso lo specchio, incrociando
il suo sguardo su quella superficie lucida e fredda.
Edward mi scoccò
un’occhiataccia e provò ad allungare una mano
verso il mio braccio, forse per sfiorare la mia pelle o forse per farmi
voltare. Non lo so, il mio sibilo di ammonimento fu abbastanza chiaro
da permettere ad entrambi di comprendere cosa sarebbe accaduto se
avesse osato sfiorarmi. – Dobbiamo parlare di noi, di quello
che è successo. Non hai mai risposto alle mie chiamate, ho
passato due settimane a cercarti in giro per la Francia
perché nessuno della tua famiglia ha mai voluto dirmi
dov’eri. Ti ho cercato come un disperato, maledizione! Penso
di essermi meritato un attimo del tuo tempo e un briciolo della tua
attenzione, direi. –
- Non esiste alcun noi e per la cronaca:
quell’attimo l’hai già avuto. Pensi
davvero che starò qui con te ad ascoltare le tue patetiche
scuse? Dirai che ti dispiace, che non volevi e che non ha significato
niente. Aggiungerai che… -
- E’ stato così,
maledizione! Io… -
- … è stata la
rabbia del momento, che non volevi ferirmi e che era solo sesso. Dirai
tante cose ma a me non importa niente. I rapporti si basano sulla
fiducia e io non mi fido più di te, semplice. Non avrei mai
pensato fossi capace di un gesto così subdolo, avresti
potuto lasciarmi e tutto sarebbe finito. Entrambi liberi, senza impegni
né vincoli. Ma non era abbastanza, vero? No, dentro di te
hai sempre covato rancore per la scommessa che io e le altre abbiamo
fatto al liceo. Dovevi vendicarti, farmi capire che anche tu sei in
grado di giocare sporco. Beh, sai che ti dico? Hai vinto, Cullen.
– La mia voce era fredda e nessuna esitazione
accompagnò le mie parole. Per quel che mi riguardava il
discorso era chiuso e per tale ragione mi voltai, pronta ad andarmene.
Edward però mi
fermò prima che potessi abbandonare il bagno, premendomi con
forza contro il lavandino e bloccandomi. I suoi occhi verdi
scintillavano minacciosi, segno inequivocabile che a quanto pare non
aveva gradito affatto il mio discorso. Beh, affari suoi. –
Pensi di sapere tutto, pensi come sempre di avere ragione. Sai cosa
significa rendersi conto di aver commesso l’errore
più terribile che si possa mai commettere? Sai cosa
significa odiarsi ogni ora della giornata, rimpiangendo ciò
che hai perso? Io si cazzo, lo so sin troppo bene. Ho sbagliato e me ne
rendo conto, entrambi eravamo stupidi e giovani. Ma le cose sono
diverse, io sono diverso. Ho passato anni a domandarmi come stessi e se
qualcuno avesse preso quel posto che era mio. Mi sono
domandato… -
- Non mi interessa. Tieniti le tue
dannate domande per te, Cullen. Hai detto bene, sono passati anni.
Dimmi, sei mai tornato a cercarmi? Esistono vari modi per rintracciare
le persone, se ci tenevi davvero avresti potuto trovarmi. Ma non
l’hai fatto perché la verità
è che solo un dannato codardo che marcirà
all’Inferno. – Urlai spintonandolo con violenza e
allontanandolo da me. Mi odiavo per la debolezza che iniziava a
manifestarsi chiaramente dentro di me, per quella lieve spaccatura che
iniziava a scalfire la mia corazza. – Non hai fatto un cazzo
e il tempo è passato. Sei un illuso se davvero pensi che
tutto possa davvero tornare com’era prima. I giorni passano e
le persone cambiano. Fattene una ragione e vai avanti. –
Sibilai spingendolo nuovamente e avviandomi velocemente verso la porta
del bagno.
La voce di Edward però mi
raggiunse trasmettendomi un brivido. Assurdamente il suo tono mi parve
così simile a quello di una condanna che a fatica riuscii ad
impedirmi di portare una mano al petto per massaggiarmi laddove il mio
cuore palpitava furioso. – Sai che non è finita
così, vero? Ora che ti ho ritrovato farò tutto
ciò che posso per riaverti. Imparerai a fidarti nuovamente
di me e il tuo cuore sarà di nuovo mio. –
Affondai i denti nel labbro inferiore,
percependo subito il metallico sapore che si riversò nella
mia lingua. – Sei un illuso, Cullen. E non azzardarti a dire
che mi hai trovata. Io sono sempre stata in questo fottuto pianeta
Terra, è la voglia di cercarmi che ti è mancata.
– Commentai freddamente aprendo la porta e mettendo un piede
in corridoio.
- Tu dici, Bells? Ma che
dici… Scommettiamo che andrà come ho detto?
–
Tutto era iniziato con una scommessa.
Tutto il mio futuro si basava, a quanto
pare, nuovamente su un’altra.
- Vai al diavolo. – Riuscii
solamente a dire andandomene. Assurdamente sentivo il disperato bisogno
di andarmene, lontano da Edward, quel bagno e quella scommessa che con
un nefasto peso sembrava essersi appena insinuata dentro il mio cuore.
-----------------------
Note ---------------------------
Se
iniziassi chiedendo umilmente scusa per questo ritardo, probabilmente
servirebbe a ben poco. La verità è che ho davvero
pensato di mollare e l’ho quasi fatto. La verità
è che la mia ispirazione è sparita, smarrita e
persa chissà dove. La verità è che la
Saga Twilight era da me sempre più distante, forse
perché ormai troppo commerciale, aveva perso quel fascino
che esercitava su di me e che mi forniva l’ispirazione utile
per scrivere.
La verità è che mi sono
detta che non sarei mai stata in grado di scrivere questo epilogo, non
se le cose non fossero cambiate.
La verità è che non ho
cancellato il mio account per il rispetto verso voi lettori,
perché non sarebbe stato giusto ma solo un gesto di enorme
scorrettezza verso di voi che tanto mi avete supportato. E ringrazio
Shinalia, la mia migliore amica, che ho conosciuto grazie a questo sito
e che mi sopporta ormai da quasi tre anni, tra vacanze insieme e
improbabili telefonate. È anche grazie a lei se non ho
cliccato sul malefico tasto “elimina”.
Il tempo è passato, io sono cambiata e
probabilmente lo stile di questo capitolo ne è testimone.
Rileggendo i primi capitoli, a me pare quasi che fosse
un’altra persona a scrivere tutto ciò.
Fatto sta che stasera, dal nulla, ho avuto un
barlume che da tempo mi mancava. L’epilogo che avevo scritto
mesi e mesi fa è stato ripreso e cambiato totalmente. Sono
finalmente riuscita ad estrapolare dalla mia mente ciò che
da un anno avevo pensato ma che non riuscivo a scrivere.
E sono soddisfatta, enormemente.
Tutto è iniziato da una scommessa.
Tutto finisce con una scommessa ma come sappiamo,
niente si conclude davvero.
Non c’è la parola fine
perché questa storia avrà un seguito, incentrato
interamente sulla situazione Bella/Edward. Loro per ora non vivranno il
loro lieto fine perché voglio affrontare il percorso che
bisogna affrontare per riconquistare quella fiducia che ora lei non
prova. È vero, le storie devono aiutarci a sognare, ma in
fin dei conti bisogna anche mantenersi sul realistico.
Quando si è giovani si commettono
tanti errori, Bells e Edward ne hanno collezionato parecchi e in fin
dei conti entrambi hanno molto da perdonarsi reciprocamente. Sviluppo
che leggerete, appunto, in “Scommettiamo 2 – When
The Play Become Hard”.
Precisamente non so quando la storia
verrà pubblicata, potrebbe comparire tra due settimane, come
domani o un mese. Chissà. Ma ci sarà, di questo
potete esserne certi. E sarà hot, perché
ritroveremo Edward e Bella adulti e con una consapevolezza maggiore che
porterà dunque un’altrettanto carica erotica
maggiore.
Potrebbe essere a rating rosso, ma so bene che
molti di voi sono minorenni e dunque probabilmente il rating
sarà arancione, con extra rossi. Ancora una volta:
chissà.
Per ora vi saluto, augurandovi una buona serata e
scusandomi ancora una volta.
Vale_Cullen1992