tom e chris sms
Questa
storia è
partita come qualcosa alla “Winter is coming” ma
poi si è trasformata in “Non so neanche come
definirla”. Comunque, è una fic Hiddlesworth Tom
POV senza troppe pretese.
Con la partecipazione di Zachary Levi, che per chi non lo
sapesse
(giusto quei due, tre), è il nuovo Fandral nel sequel di
Thor.
La Caitlin nominata è la fidanzata reale di
Zach, mentre
tutte ciò che leggerete è frutto della mia
fantasia bacata e non rappresenta
(ahimèèèèè) la
realtà. Non sapendo dove ambientare la storia (ero troppo
indecisa x_x), non ho
specificato la città, per cui fate viaggiare la vostra mente
e decidete voi il luogo che più vi aggrada.
La canzone "Happiness" che sarà nominata nel
corso della
storia, è questa qui (CliccamiTutta),
che se ascolterete
durante la scena, sono certa vi regalerà momenti
indimenticabili! (ma anche no)
Mi sembra tutto.
Vi auguro buona lettura ^^
kiss kiss Chiara
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Friend
Zone [Quel limite sottile]
«Andiamo,
solo una birra!»
Tom sospirò cercando inutilmente di reprimere un
sorriso di sconfitta.
«Ok, ma solo una.» Precisò indicando il
numero con l’indice destro. Zachary annuì
vittorioso.
«Perfetto! Ti aspetto nella hall.» E con un enorme
sorriso uscì dalla sua stanza.
Rimasto solo, Hiddleston si
ritrovò a ridacchiare scuotendo
il capo. Zach era dannatamente bravo a convincere la gente, che forse
avrebbe potuto interpretare Loki anche meglio di lui.
Si
sfilò la maglia e la gettò sul letto alla
ricerca di qualcosa di comodo da indossare quella sera.
Non aveva molta
voglia di uscire. Era stanco per le riprese, soprattutto per tutte
quelle scene d’azione che erano state provare e riprovare
così tante volte, che Tom non si sarebbe stupito se le
avesse perfino sognate!
Si passò più volte la mano fra i capelli corti
ponderando la scelta fra due capi.
«Questa o quella lì?» si
interrogò mordendosi un angolo della bocca. Faceva
decisamente freddo quella sera, avrebbe fatto meglio a vestirsi
adeguatamente se non voleva beccarsi un raffreddore o peggio. Ci
mancava solo quello: chi avrebbe voluto sentirsi Alan e le sue urla?!
Nella sua stanza invece la temperatura
era gradevole. Tanto che non gli
risultava faticoso gironzolare a petto nudo, intento a recuperare un
paio di scarpe dalla valigia. Quelle nere di Versace. Comode ma calde.
Mentre le riponeva ai piedi del letto, qualcuno bussò. Non
poteva essere Zach, non era passata che una manciata di minuti da
quando era uscito. Non perse tempo a chiedere chi fosse che
andò ad aprire.
«Chris!» Gli venne istintivo, come tutte le volte,
rispondere al sorriso del collega con il proprio.
«Ti ho disturbato?» Ghignò il biondo
indicandogli il petto nudo. Solo in quel momento Tom si accorse
dell’aria gelida che gli stava investendo la pelle e si
ritrovò a scuotere la testa ridacchiando.
«No, figurati. Mi stavo... cambiando.» Lo
informò facendogli segno di entrare.
Quando Chris mise piede nella stanza,
l’inglese si
affrettò a chiudere la porta. Forse avrebbe fatto meglio
a mettersi qualcosa addosso prima di doversene pentire. E di certo il
raffreddore, in quel momento, era l’ultimo dei suoi pensieri.
Non si trovava molto a suo agio a farsi vedere così da
Chris. Si sentiva maledettamente in soggezione sotto i suoi occhi. Ma
non aveva mai osato confessarglielo. Non lo riteneva necessario.
Soprattutto perché quel disagio non era provocato dal suo
essere mezzo nudo -in fondo era un attore abituato ad essere guardato
in ogni "condizione"-, ma da quegli occhi azzurri che vi si posavano
sopra.
«Stai uscendo?» Si sentì chiedere ed
annuì sbrigandosi nell’afferrare la maglia
poggiata sul letto. Ed ovviamente nella fretta, aveva preso la maglia
scartata nella scelta di prima. Ma andava bene lo stesso.
«Con Zach. Andiamo a prendere una birra»
bofonchiò mentre la sua testa si incastrava nel colletto
della maglia. Andiamo,
come poteva divetare così goffo
quando Chris era nei dintorni?!
«Ah, capisco... » gli sentì sospirare,
mentre era
ancora impegnato ad uscire da quella trappola infernale che aveva le
fattezze di una t-shirt. «Tom, vuoi una mano?»
Quella domanda lo fece imbarazzare più di quanto
già non si sentisse.
«No, grazie...» biascicò dando un fermo
strattone e potendo finalmente sentirsi libero da quella stoffa.
«Ho fatto!»
Dallo sguardo di Chris, capì che era in condizioni
decisamente ridicole, quando poi il biondo gli indicò i
capelli con un ghigno, si precipitò davanti allo
specchio del bagno.
«Se comprassi maglie della tua taglia, non avresti di questi
problemi» sorrise ancora Chris affacciandosi dalla porta.
«Ma sono della mia taglia» precisò lui
sistemandosi i capelli che avevano assunto un aspetto più
scomposto del solito. Gli era pure venuta una bella linea rossa giusto
sulla fronte. Fantastico!
Tom sentì nascere
l’urgenza di chiudersi dietro la tenda della doccia e non
uscire per i prossimi mille anni. Ma il sorriso divertito di Chris era
uno spettacolo che non poteva perdersi.
«Andiamo, Tom, usi indumenti due volte più piccoli
del dovuto» ridacchiò ancora Hemsworth, ma prima
che potesse ribattere, lo sentì aggiungere: «Ah
dimenticavo, sono slim.»
Si ritrovò a ridere al suo stesso riflesso prima di uscire
dal bagno e sorpassare il collega per tornare in camera da letto.
Non
avrebbe potuto reggere ancora per molto il suo sguardo sottile che
pareva bruciargli fra le scapole. Non che Chris lo facesse di
proposito, questo Tom lo sapeva, ma era l’effetto
involontario ed assolutamente inevitabile che aveva su di lui. Era
caduto nuovamente in quel vortice di agitazione, da rendersi conto solo
in quel momento di non avergli ancora chiesto perché fosse
lì.
«Chris, volevi dirmi qualcosa?» Magari riguardava
qualche scena, di certo la sequenza del pomeriggio era stata stancante
anche per lui. Lo vide sdraiarsi sul letto con le braccia piegate
dietro la testa.
«Nulla di importante» sospirò il biondo
chiudendo gli occhi, e Tom si sentì invadere nuovamente da
quell’inopportuna agitazione. Chris disteso beatamente sulle
sue lenzuola: non andava bene! Per il suo cuore, non andava per niente
bene.
«Ehm... » Sentì la salivazione
azzerarsi e prese a torturarsi le dita. Cercò di
concentrarsi sul legno intarsiato della testiera, sul color salmone
delle tende, ma non riusciva ad impedire ai suoi occhi di
posarsi sul petto del biondo, che si alzava ed abbassava regolarmente,
perfettamente
riconoscibile in ogni sua curva dalla sottile stoffa di cotone che lo
avvolgeva. Ma non aveva
freddo?
Quell’ultimo pensiero
così fuori luogo, ma indubbiamente d’aiuto, gli
permise di venir fuori da quello stato comatoso. «Hai
già qualche impegno? Ti va di venire con noi?» Era
una richiesta cortese e doverosa da fare, ma alle sue stesse orecchie
era suonata quasi come una preghiera disperata. Sperò che la
sua voce non tradisse la sua vera emozione, e parve esser
così.
Chris riaprì gli occhi, ma non si sollevò,
rimanendo a fissare il soffitto con i bicipiti decisamente costretti
nelle maniche dalla sua maglia verde.
«No, grazie. Preferisco buttarmi a letto»
sospirò decidendo finalmente di alzarsi.
Tom
sentì un freddo fastidioso attraversargli la spina dorsale.
Avrebbe gradito la compagnia di Chris ed onestamente non si aspettava
quel rifiuto. A dire il vero, non voleva quel rifiuto. Ma forse Chris
era solo stanco, anche lui era sfinito in fin dei conti, e se si era
lasciato convincere ad uscire, era solo perché Zach era
provvisto di un’eccellente capacità di persuasione.
«Sicuro? Ci facciamo solo una birra.»
Tentò un ultimo affondo provando quasi
un’adorabile tenerezza per se stesso e per
quell’ultima disperata supplica, ma parve tutto inutile.
Chris scosse la testa dirigendosi verso la porta.
«Divertiti, Thomas» gli sorrise prima di uscire.
Poi il tonfo sordo della serratura che si chiudeva.
Era abituato a sentire quel nome pronunciato dalla voce di sua madre,
di sua sorella, con tutto il naturale affetto che ne derivava, ma
quando era Chris a pronunciarlo, Tom non poteva negare sentisse un
profondo calore avvolgerlo. Partiva dalle sue orecchie, che venivano
accarezzate dalla sua voce profonda, per poi espandersi in ogni fibra
del suo corpo. Era raro che Chris lo chiamasse così, ma
quelle poche volte avevano un effetto decisamente devastante su di lui.
Si sedette sul letto facendo un profondo sospiro. Quella situazione
andava solo peggiorando.
Quando era iniziata? Due mesi fa? Quattro? Un anno? Due anni? Non se lo
ricordava più il momento in cui il suo maledetto cuore aveva
preso a giocargli brutti scherzi, né l’attimo
esatto in cui aveva iniziato a fare pensieri ben poco casti sul suo
amico. Non aveva mai negato a nessuno, né tanto meno a se
stesso, quale profondo affetto lo legasse a Chris, ma adesso era
diverso. Quell’affetto si era lentamente ma irrimediabilmente
trasformato in altro, e Tom non osava neanche provare a dargli un nome.
Non poteva accusare nessuno, se non il proprio io, per
quell’incauto cambiamento. Chris in fin dei conti non aveva
mai fatto niente per fomentare quei sentimenti. Era sempre stato un
buon amico, nulla di più. Un complice, un invidiabile
collega di set. Ma nient’altro.
Era Tom che si era lasciato
trascinare senza riuscire a frenarsi, senza impedire al suo cuore di
battere palpiti dal sapore diverso, che riempivano le sue notti di
amari sospiri, ed i suoi pensieri di così tante domande, a
cui dare risposta, era decisamente difficile.
Tutto sommato, quell’uscita con Zach sarebbe stata
un’ottima occasione per chiudere almeno per qualche ora quel
cassetto, che stava inesorabile strabordando di emozioni laceranti.
***
«E così le ho detto che poteva raggiungermi questo
fine settimana» sorrise Zach bevendo un sorso di birra
direttamente dalla bottiglia. Tom annuì lasciandosi cadere
con le spalle contro lo schienale di pelle del divanetto.
«Almeno potrete stare un po’ insieme. È
molto romantico, Zach» ghignò sinceramente
felice per il suo amico. il biondo
ridacchiò alzando un
sopracciglio.
«Ma io sono un ragazzo romantico, Tom. Cosa
credevi?» Tom rise ancora dando uno sguardo al locale poco
affollato. Era un posto decisamente tranquillo ed accogliente. Quasi
fosse una locanda d’altri tempi.
Al bancone del bar,
c’era una giovane coppia: una ragazza dai capelli castani ed
un giovane uomo con un berretto sulla testa. Lui le stava dicendo
qualcosa all’orecchio e lei era arrossita. Una scena di pura
normalità, qualcuno avrebbe detto anche banale, ma Tom si
perse in quella banalità che sentiva così
lontana. Avrebbe dato tutto per potersi sentire come un tempo. Come un
banale e normale uomo che faceva un complimento ad una bella ragazza.
«Ehi, tutto ok?» la voce di Zach arrivò
accorta alle sue orecchie. Annuì con un sorriso tirato.
«Perdonami, mi sono assentato un attimo»
confessò bevendo un sorso di birra.
«Me ne sono accorto,» ridacchiò il
biondo. «C’è qualcosa che ti
preoccupa?» Gli occhi di Levi emanavano una luce comprensiva
ché Tom quasi provò l’istinto di
liberarsi di quel
macigno che gli pesava sul cuore.
«Nulla che non possa aspettare a domani»
affermò facendo cozzare la sua birra contro il vetro di
quella di Zach. Non era il caso in quel momento di lasciarsi andare
alla tristezza. Non era da lui.
«Ci facciamo un altro giro?» Alla domanda del
collega, si affrettò a fargli segno di no con un dito,
giacché era ancora occupato a bere.
«No, non voglio ritrovarmi con l’emicrania
domani» gli confidò quando poté
nuovamente parlare.
«Ok. Allora buttiamoci sui crackers in omaggio!»
scherzò ancora Zach infilandosi in bocca, in modo davvero
poco elegante, una manciata di salatini dalla forme più
disparate, e facendo inevitabilmente ridere Tom.
«Sono con te» affermò imitandolo,
sebbene lui fosse più tipo da dolciumi e schifezze
dall’alto tasso glicemico.
Nel locale iniziò a risuonare una vecchia
canzone anni settanta, che immediatamente attirò
l’attenzione di Zach.
«Adoro questa canzone!» affermò esaltato
l’americano dopo le prime note. Sul viso
un’espressione
allegra assolutamente contagiosa, che avvolse ovviamente Tom.
«Non l’avrei mai detto!»
affermò con un
ghignò l’inglese mangiando un altro salatino. Ma
Zach non
gli prestò ascolto, alzandosi dal divanetto e facendo
qualche
passo di ballo, sotto lo sguardo divertito ed anche sorpreso del resto
del locale.
«Happiness...»
canticchiava Levi con tanto di gestualità degna della
migliore
cantante gospel, mentre qualche altro coraggioso si univa a lui in
quella danza così retrò. Tom si dovette tenere la
pancia
per non crollare dalle risa.
«Zach ti giuro: sei adorabilmente imbarazzante!»
annaspò fra una risata e l’altra sbattendo una
mano sul
legno de tavolo. Il collega intanto era nel pieno di uno sfrenato ballo
in compagnia di una signora non più giovanissima. Tom si
godette
quella scena così stramba ma assolutamente irresistibile,
che
riuscì ad esaltarlo senza neanche bisogno di altro alcol
nello
stomaco.
«Signora, è una ballerina bravissima»
terminò
infine Zach baciando la mano della donna che se ne tornò al
suo
posto ridacchiando. Qualcuno si concesse anche qualche applauso che Tom
si affrettò ad infoltire con il suo battere di mani.
«Sei stato sensazionale!» si congratulò
con l’amico quando gli si sedette di fronte.
«Bontà vostra, sire»
enfatizzò
quest’ultimo con tanto di accenno ad un inchino. Tom si
sforzò di smorzare le risate per puro contegno, asciugandosi
perfino una lacrima rimasta sospesa sulle ciglia. Quella risata gli
aveva completamente indolenzito i muscoli, quasi avesse fatto una
decina di vasche. Ma la cosa era assolutamente piacevole. Era grato al
compagno per quella fatica così divertente. In fondo lui era
sempre stato un tipo che amava divertirsi, sebbene ultimamente pareva
averlo dimenticato.
«...And over
again!» canticchiò ancora il biondo.
«Ti prego, smettila!» Era quasi era certo di non
riuscire
più ad usare gli addominali almeno per qualche ora.
Quando uscirono dal locale, l’aria era
inevitabilmente
gelida. Tom sentì il freddo pungergli dolorosamente sul
viso, e si pentì di aver indossato solo quel blando
giacchetto di pelle.
«Stai congelando?» ridacchiò Zach dal
caldo del suo piumino grigio, senza nascondere un certo divertimento
nel fargli notare quella palese verità.
«No, è la tua impressione!»
sospirò con una nuvoletta di vapore l’inglese.
«Dovrebbe essere il tuo ambiente naturale, gigante di
ghiaccio» ridacchiò ancora l’altro
mentre si incamminavano per le strade illuminate da pallidi lampioni e
dalle luci a neon delle insegne. Tom annuì nascondendosi
quanto più possibile nella sua giacca. Diede uno sguardo
all’orologio constatando che erano le due passate di notte.
Alla fine aveva fatto più tardi di quanto non si fosse
ripromesso di fare. Ma la compagnia di Zach era stata come al solito
irresistibile, che non era riuscito a comportarsi da bravo
professionista, quale si era sempre ritenuto.
Una
leggera nebbia celava le stelle e perfino la luna,
trasformatasi in
una macchia poco più che accennata nel nero pece del cielo.
«Stanotte nevica» sospirò come un
pensiero a voce alta. Zach alzò il naso all'insù
sprofondando le
mani nelle tasche accoglienti del suo giaccone.
«Ne senti l’odore?» chiese senza alcuna
ilarità. Tom annuì. Sì, ne sentiva
l’odore. Ne sentiva la consistenza sulla pelle. Sentiva quel
freddo pungente ma al tempo stesso avvolgente che solo l'aria di neve
sapeva creare.
Lui
amava la neve ed i paesaggi freddi, sebbene preferisse essere
adeguatamente munito di indumenti caldi quando vi si trovava.
«Sai, l’altro giorno parlavo con Chris,»
iniziò Zach catturando immediatamente la sua attenzione
«E lui diceva che riusciva a sentire il profumo del mare
anche se si trovava a miglia di distanza. Anche qui.»
ghignò ancora il biondo. «Tu invece senti il
freddo...»Tom si perse con lo sguardo al cemento umido del
marciapiede. «Siete come l’estate e
l’inverno...
È buffo, non trovi?»
«Chris ha il sole dentro,» sospirò con
un sorriso appena accennato. «Lo riesci a vedere nel suo
sguardo, nel suo sorriso. Nella sua sola presenza.»
La risata di Zachary si levò nell’aria gelida
della notte.
«Questa è la cosa più sdolcinata che
abbia mai sentito!»
Tom ridacchiò imbarazzato sprofondando il mento nel colletto
alzato, e l’unica cosa positiva di quell’improvviso
imbarazzo, era che gli stava decisamente riscaldando il viso.
«Gli devi voler molto bene.» Non era una domanda,
ma lui
non riuscì a trattenersi dal rispondere, come se a Zach
fosse
davvero servita una risposta.
«Sarebbe impossibile non volergliene.»
Il biondo alzò una mano per fermare un taxi senza
però avere successo. «Hai ragione, è
tremendamente simpatico!» ghignò riprovando
nell’impresa pocanzi fallita.
«Già» si limitò a sospirare
lui, perché aggiungere che era anche tremendamente dolce,
tremendamente sincero, tremendamente bello e tremendamente perfetto,
gli
sarebbe sembrato decisamente eccessivo.
Finalmente un taxi decise di fermarsi e permettere ai due attori di
trovare un buon calore ad accoglierli nei suoi sedili posteriori.
«Non sento più il naso»
biascicò l’americano alitando fra le mani chiuse a
cucchiaio sul viso. Tom alzò un sopracciglio mal celando un
certo divertimento.
«Ti lamenti tu che hai un piumone addosso?»
Nel
mentre il tassista era partito verso l’indirizzo indicato.
«Io che dovrei dire? Ho le dita ghiacciate!»
Provò a muoverle sentendole poco sensibili e
preferì infilarle nelle tasche del giaccone, sebbene non gli
desse poi un granché di sollievo.
«Taci tu, annusatore di neve» borbottò
ancora Levi con finta irritazione scatenando un'altra risata nel moro
al suo fianco. «Sarei dovuto uscire con Chris, almeno mi
sarei potuto riscaldare con il suo sole...» Stavolta Tom non
gli
risparmiò una gomitata nel fianco con tanto di occhiataccia
infastidita, che però fece solo sorridere il biondo.
«Cos’è, ti sei offeso? Sei stato tu a
dire che ha il sole dentro!» Altra gomitata, altra risata.
«Piantala, Levi!» lo ammonì ancora con
poca convinzione.
«Ti giuro che neanche Caitlin mi ha mai detto una
cosa simile. E lei è molto sdolcinata.
Credimi.»
«Per quanto hai intenzione di continuare?» Sul viso
di Zach si stampò un sorriso per nulla rassicurante.
«Oh, fino alla fine delle riprese. O magari fino alla Prima.
Sarebbe un ottimo aneddoto da raccontare sul Red Carpet. Non
credi?»
Tom scosse la testa lasciandosi scivolare sul sedile del taxi.
«Come vuoi... » sospirò.
Non era per Zach né per il suo umorismo, solo che quel gioco
lo
obbligava a riportare a galla i suoi pensieri, i suoi sentimenti per
l’amico.
«Andiamo, non mettete il muso. Chris sa stare molto
più a
gioco di te.» Quella frase gli fece spuntare sul viso
un’espressione incerta che immediatamente fu afferrata dal
collega. «Beh non crederai che lui non mi abbia parlato di te
qualche volta, e scommetto che vuoi sapere cosa ha
detto.»
Si sentì improvvisamente accaldare, e non era certo merito
del
riscaldamento antiquato del veicolo. «Ammettilo! Te lo leggo
negli occhi!» ghignò ancora Zach punzecchiandolo
sul
braccio con un dito.
Tom prese a ridere imbarazzato e dannatamente allo scoperto.
Sì,
moriva dalla voglia di sapere cosa dicesse Chris. Cioè,
sapeva
cosa dicesse, cosa provasse, ma era comunque terribilmente curioso di
sentirlo dalle labbra di Zach. E se invece gli aveva fatto qualche
confidenza poco lusinghiera sul suo conto? Era possibile?
Quella sua intensa brama doveva essere così palese, che
ovviamente l’americano si guardò bene dal metterlo
subito
a conoscenza di ciò.
«Eh, caro Hiddleston, questa te la devi sudare.»
«Zach, quanti anni hai: cinque?» Tentò
di fare
l’annoiato, ma quando non era sul set, gli riusciva
maledettamente male fingere. E di fatti Levi prese a ridere guardando
fisso davanti a sé, mentre il taxi continuava la sua corsa
verso
l’hotel.
«È inutile, non mi convinci.»
Alitò ancora
vago e Tom pensò che avrebbe dovuto adottare una tecnica
diversa.
«Andiamo, davvero credi che non sappia cosa pensi Chris di
me?» Era la pura verità. Si frequentavano ormai da
così tanto che non faceva fatica ad ammettete di conoscere
quasi
ogni lato dell’australiano.
«Oh, invece ti potresti stupire di quali confidenze mi ha
fatto.»
Ok, la sua curiosità si era irrimediabilmente fusa con
un’accecante necessità di sapere. Con ogni
probabilità quella di Zach era solo una trovata per
prendersi
gioco di lui, ed era dannatamente bravo nel farlo
ché Tom
ci stava cascando con tutte le scarpe. Era inutile, era sempre
più convinto che Zach sarebbe stato un Loki perfetto!
«Sei un infame...» Si arrese con un
sospirò mentre
al suo fianco Levi se la rideva di gusto, e Tom fu quasi certo di aver
visto un sorriso divertito comparire anche sul viso barbuto del
tassista.
«Mi hai dato dell’infame?» Lo
guardò con la
coda dell’occhio. «Allora devi tenerci proprio
tanto a
sapere.» Si voltò verso il suo viso sorridente e
fastidiosamente allegro.
«Non riuscirò a prendere sonno se non
parli!» E con quella confessione, si accodò alla
sua risata.
Le strade erano quasi deserte, ma l’asfalto a
tratti ghiacciato, costringeva il taxi a viaggiare ad una
velocità decisamente bassa, il che permise ai due attori di
godersi quel tragitto nel comfort del sedile e nel tepore del
riscaldamento.
Tom non stava più nella pelle di sentire ciò che
aveva da
dire Zach, che quasi non si domandò cosa avesse pensato il
collega di quella sua brama così forte. A dirla tutta, non
è che gli importasse poi molto. Non faceva fatica ad urlare
ai
quattro venti quanto ci tenesse a Chris, né quanto gli
volesse
bene. Il fatto che poi quel bene si era con il tempo tramutato in
altro, era poco più che un dettaglio.
«Una sera -credo fosse durante la seconda settimana di
riprese- andammo a cena fuori con Chris, Idris e gli
altri» iniziò Zach, «Tu non
c’eri
perché avevi un evento a cui partecipare -te lo
ricordi?»
Tom cercò di fare mente locale, ma onestamente non riusciva
a
ricordarsi. Ma in fondo a chi importava?
«Sì, lo ricordo» mentì con
sorprendente convinzione, tanto che Zach proseguì.
«Beh, trascorremmo una piacevole serata, ma Chris era
più
taciturno del solito e continuava a guardare il cellulare,»
il
viso di Levi tradiva un certo divertimento che fece crescere
ulteriormente la curiosità che già ribolliva
nello
stomaco di Tom. «Sai, chiunque avrebbe pensato che stesse
aspettando una telefonata da sua moglie, così nessuno gli
chiese
nulla in merito. Oddio, nessuno a parte me!» Rise passandosi
appena la lingua sulle labbra e Tom sentì il suo cuore
prendere
a battere sempre più velocemente. Zach era anche bravo a
tenere
la gente sulle spine, o forse era lui che ormai stava bruciando troppo
di curiosità. «Così a metà
cena, mi
avvicinai a lui e gli chiesi cosa stesse facendo. E Chris, con tutta la
tranquillità di questo mondo e senza staccare un attimo gli
occhi dal cellulare, mi rispose: “Ho mandato già
tre sms a
Tom ma ancora non mi ha risposto.”» Mentre Zach
rise Tom
sentì il cuore saltargli un battito e la sua mente
ripescò velocemente quel momento. Ora ricordava quella
serata di
Gala, e soprattutto ricordava il numero di messaggi di Chris che aveva
trovato sul telefono quando era rientrato in albergo, dove
l’aveva, per l’appunto, dimenticato. «Non
riuscii
neanche a ridere perché la sua faccia -Tom, credimi- era
qualcosa di impagabile, che rimasi a fissarlo rapito!» Zach
strabuzzò gli occhi con un enorme sorriso. «Hai
presente i
teen movie? Quelli con la ragazza che guarda il telefono ripetendo come
un’ossessa “adesso
mi chiama, adesso mi chiama”?
Era esattamente così!» Tom non riuscì a
trattenersi
dal sorridere. «In pratica ha passato tutta la cena con una
forchetta nella mano e il cellulare nell’altra. Se non fosse
stato un ragazzone di quasi due metri con la barba sul viso,
l’avrei trovato anche adorabile» ammise sornione
Zach
scatenando un’altra risata nell’inglese.
Perché per
lui, Chris, con barba o meno, era sempre adorabile. Ma pensò
bene
di negare a Levi quella confidenza così imbarazzante.
«Perché poi non gli avevi risposto?» Si
sentì
chiedere.
«Avevo dimenticato il cellulare in albergo.» Zach
scosse la testa ghignando.
«E quando sei tornato?»
«Beh, gli ho risposto subito. Era così
preoccupato!»
Si accorse solo dopo del tono che aveva assunto la sua voce nel
pronunciare quella frase, ma ormai Zach aveva già afferrato
anche quello.
«Tom, se adesso mi dici che avete passato il resto della
notte a
messaggiarvi, ti giuro che apro la porta e mi getto per
strada!»
Sarebbe stato uno spettacolo impagabile ed anche assolutamente
verificabile, perché sì, era così:
avevano
trascorso il resto della serata a messaggiarsi finché Tom
non si
era addormentato con il cellulare sul cuscino. E la mattina dopo aveva
due occhiaie così profonde da fare concorrenza ad un panda.
Sul
set anche Chris era nella sua stessa condizione, e passarono il resto
del giorno a darsi reciprocamente dell’idiota,
perché
avevano sprecato un’intera ricarica per dirsi alla fine, solo
stupidaggini. Tom aveva dimenticato quel momento
così
particolare...
Avrebbe voluto evitare a Zach il suo triste destino, ma non
riuscì neanche a negare quella verità che
l’americano aveva già avuto la risposta dal suo
sguardo
colpevole.
«Non ci credo...» sospirò con la bocca
semi aperta
«Ora devo gettarmi per strada sul serio.» Finse di
aprire
la portiera ed ovviamente Tom lo bloccò con un sorriso.
«Andiamo, che c’è di male?»
sospirò inclinando la testa da un lato.
«Di male, nulla. Di strano, tutto!»
«Siamo amici. Non c’è nulla di
strano» sorrise innocentemente Tom.
«Tom, io non passo la notte a messaggiare con un mio amico,
almeno che quest’ultimo non sia sul punto di suicidarsi ed io
non fossi la sua unica speranza» ironizzò,
«Ma voi
due...» scosse la testa con un sospiro divertito.
«Tu dici
che ha il sole dentro, lui sospira che sei la persona più
bella
che abbia mai conosciuto... Insomma, siete degli amici proprio
strani.» Ma Tom si era fermato alla frase precedente.
«L’ha detto sul serio?» chiese temendo
quasi di porre
quella domanda. Zach lo guardò per qualche attimo tornando
temporaneamente serio.
«Ha detto che non credeva che esistesse una persona
così,
finché non ti ha incontrato.» Fece un accenno di
sorriso
«Era alquanto ubriaco quella sera, ma credo che questo
dimostri
solo la sincerità delle sue parole»
ghignò infine.
Il cuore di Tom era un uragano di emozioni. Sapeva che Chris gli
voleva bene, ma non avrebbe mai pensato che lo considerasse in quel
modo.
La persona
più bella che conosceva. Più di
Elsa? Più di chiunque altro? Lui?
Si sentì pervadere da un profondo calore, anche quando sceso
dal
taxi, si ritrovò nel freddo pungendo della notte.
«Perdoni le chiacchiere» sorrise Zach pagando il
tassista, che si limitò a scuotere la testa con viso sereno.
«Figuratevi, mi piace sentire le storie di coppie
innamorate.» L’americano rise forte mentre
l’auto
andava via.
«Vi ha chiamato "coppia innamorata"»
ridacchiò
avviandosi verso la hall. Tom scosse la testa andandogli dietro.
Sì, l’aveva sentito, ma aveva preferito non
puntualizzare
nulla per evitare di avere l’effetto contrario a quello
voluto.
Lui e Chris una coppia innamorata... Magari nei suoi sogni. Nelle sue
fantasie, nei suoi desideri.
«Di' un po’, ti va una cioccolata calda prima di
andare a
letto?» Certo che gli andava, ma avevano già fatto
abbastanza tardi da avere le borse pronte ad aspettarlo sotto il
cuscino, e di certo la cioccolata con Zach si sarebbe trasformata in
un’ulteriore chiacchierata fino alle luci del mattino.
«Grazie, ma facciamo un’altra volta»
aveva sospirato entrando in ascensore.
«Sicuro? Avrei qualche altro aneddoto sul tuo amico speciale.»
Scherzò Zach beccandosi un’occhiataccia severa da
parte
sua. «Ok, come non detto» sospirò
guardando il
numero dei piani che si intervallava ad intermittenza. «Io lo
dicevo per te» terminò con un tono di finto
rammarico.
«Ti ringrazio per l’interessamento.»
«Per me è un dovere.»
Tom rise. «Diciamo che è più un
piacere, pettegolo che non sei altro!»
«Pettegolo? Io?» La sua espressione di stupore
durò
giusto il tempo che le porte si aprissero al piano
dell’inglese.
«Sì, lo ammetto: sono un pettegolo.» Tom
uscì
ridendo, per poi voltandosi verso il collega che doveva salire altri
due pani.
«Buona notte, pettegolo!»
Zach gli sorrise salutandolo con un gesto da soldato.
«'Notte a te, bella persona.» Ed il suo sorriso si
chiuse dietro le pareti d’acciaio.
Tom si ritrovò a scuotere la testa ridacchiando con palese
felicità. Magari non avrebbe mai potuto avere da Chris
ciò che il suo cuore gli chiedeva, però la sua
amicizia
era qualcosa che non aveva prezzo. Quelle parole, sebbene non le avesse
udite dalla sua voce, poteva sentirle comunque risuonargli calde nelle
orecchie, nel suo stesso petto.
***
Una
volta in camera. Tom
indossò velocemente il pigiama e si infilò sotto
le
coperte. Sonno, agognato e rinvigorente sonno.
Ma quando chiuse le palpebre, un suono lo obbligò a
riaprirle.
Il suono del suo cellulare. Per fortuna l’aveva poggiato sul
comodino, così gli bastò allungare una mano ed
afferrarlo.
Il suo viso si
illuminò e non solo per la luce dello telefono.
“ZACH MI HA
DETTO CHE VI SIETE DIVERTITI” lampeggiava sullo
schermo.
Si affrettò
a rispondere: “NON CI CREDO CHE TI HA DISTURBATO
A QUEST’ORA!”
E dopo qualche attimo,
un nuovo messaggio: “TANTO
NON STAVO DORMENDO”.
“COME MAI? INSONNIA?”
“FORSE
TROPPA STANCHEZZA... O TROPPI PENSIERI.”
“Se
fossi venuto con noi, ti saresti
divertito.” Lo scrisse ma poi lo
cancellò, preferendo un semplice “ALLORA
DOVRESTI RIPOSARE.”
La sua risposta non tardò ad arrivare: “DOVRESTI FARLO ANCHE TU, INVECE
DI PERDERE TEMPO A MESSAGGIARE.”
Nella
solitudine della stanza risuonò la risata divertita di Tom.
“SEI TU CHE MI
STAI TENENDO SVEGLIO.” Solo dopo averlo inviato
si rese conto di quanto quella frase risultasse ambigua.
«Accidenti!»
borbottò sotto le coperte digrignando i denti con stizza.
Passò qualche
secondo ma non gli arrivò alcuna risposta, e si chiese
se
quell’ambiguità non fosse arrivata tale anche a
Chris. Ormai quel poco
di sonno lo aveva completamente perso ed era certo che non sarebbe
stato più capace di recuperarlo.
Dopo qualche attimo che gli parve eterno, un nuovo suono: “ANCHE TU MI TIENI SVEGLIO...”
Cercò di non badare a quei puntini finali, altrimenti la sua
mente avrebbe iniziato a viaggiare per lande pericolose.
“ALLORA SAREBBE
MEGLIO SMETTERLA DI TENERCI SVEGLI A VICENDA.”
“VUOI
CHE TI LASCI DORMIRE, THOMAS?”
Benché fosse impossibile, a Tom parve di sentire la voce di
Chris sospirare il suo nome e d’istinto si morse un labbro.
“NON CREDO
RIUSCIRÒ PIÙ A FARLO.”
“SIAMO IN DUE.”
Si prese qualche attimo quando gli arrivò un altro
messaggio: “AVREI
VOLUTO USCIRE CON TE STASERA.”
Quella frase lo
fece agitare inspiegabilmente.
“PERCHÉ
NON L’HAI FATTO? POTEVI VENIRE CON NOI, TI SARESTI DIVERTITO.”
Non riusciva a capire, magari Chris ci aveva ripensato dopo aver
rifiutato, ma quando lesse
il successivo messaggio, per poco il cuore non gli
arrivò in gola.
“MA IO VOLEVO USCIRE CON TE...
SOLO CON TE.”
Rilesse quella frase più volte, cercando di trovarci il
significato più
logico che ci fosse, ma gli era difficile impedire al suo cuore di
leggerne un altro.
“SE LO SAPESSE
ZACH CI RIMAREBBE MALE... ” Tentò di buttarla
sullo scherzo.
“ERA PER QUESTO CHE ERO VENUTO DA
TE PRIMA.” Ma Chris non parve
dello stesso parere.
“PERCHÉ
NON ME L’HAI DETTO?”
“AVEVI GIÀ PRESO UN
IMPEGNO.”
“L’AVREI
DISDETTO.”
“SE LO SAPESSE ZACH CI RIMARREBBE
MALE.” Si ritrovò a
ridere ancora.
“MANTIENI IL MIO
SEGRETO ED IO MANTENGO IL TUO. OK?”
“OK
;)”
Rimase a guardare quello smile potendo vedere il sorriso di Chris
risplendere sullo schermo, ma prima che potesse rispondere, gli
arrivò
un altro sms. “TI
LASCIO DORMIRE. NON VOGLIO AVERE LE TUE OCCHIAIE SULLA COSCIENZA.”
Tom sentì una fitta allo stomaco. Non voleva dormire, non ne
aveva più
la necessità. Aveva solo bisogno di sentire quel doppio bip
risuonare nella
stanza scura, la luce dello schermo illuminargli il viso sotto le
coperte con il nome di Chris a lampeggiarvi sopra.
“ALLORA BUONA
NOTTE...” Ma sapeva che non avrebbe potuto
farlo. Non più.
“BUONA NOTTE.”
Tenne il cellulare nella mano per qualche minuto di silenzio. Non ci
furono più messaggi.
La stanza tornò ad essere immersa
nell’oscurità e lui, senza rendersene conto, si
addormentò tenendo stretto al petto quel piccolo telefono
sottile.
Quando la mattina si sarebbe svegliato, Tom avrebbe avuto due
fastidiose occhiaie sotto gli occhi con tanto di aria sfiancata sul
viso, ma non gliene sarebbe importato più di tanto. Ci
sarebbero state altre due cose a risollevargli la giornata: la vista
splendida della città coperta dalla neve, ed il messaggio
che avrebbe lampeggiato sul suo cellulare appena recuperato da sotto le
coperte: “BUONGIORNO,
THOMAS. STASERA NON PRENDERE IMPEGNI... SOLO TU ED IO.”
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