Camminavo
lentamente per strada, con calma, assaporando la frescura mattutina che
mi faceva intorpidire la pelle perennemente pallida, nonostante il
caldo sole estivo che batteva a Napoli.
Quella notte
non avevo dormito, troppo eccitata ero rimasta a pensare a lungo. Su
cosa bene non so, i ricordi erano riaffiorati lentamente uno dopo
l'altro facendomi versare sul cuscino calde lacrime di nostalgia verso
quella terra che non avrei potuto più rivedere.
Gli avevo
mandato un messaggio per confermare il nostro appuntamento alla
metropolitana il giorno dopo e lui aveva risposto con la sua solita
ironia. Leggere il suo nome sul display aveva fatto stringere il mio
stomaco in una morsa accogliente, che non avevo mai conosciuto prima
d'allora.
Mi ero
svegliata presto quella mattina e dopo un abbondante dose di
caffè, che mi avrebbe fatto affrontare quella giornata
importante al meglio andai nella doccia e mi lavai.
Spazzolai
distrattamente i capelli e li lasciai bagnati, si sarebbero asciugati
da soli di li a poco. Rimasi davanti al guardaroba aperto per una buona
mezzora, pensando inutilmente a cosa poteva rendermi più
carina ai suoi occhi, dimenticando che, quando eravamo sulla
Scacchiera, lui mi aveva visto nei momenti peggiori: dai capelli
arruffati ai vestiti puzzolenti di fumo, passando per il viso sporco e
struccato.
"Va al
diavolo, Ryan!" pensai prendendo la mia mise abituale: La maglietta con
il logo dei Metallica, i jeans neri e sgualciti dove al fianco pendeva
una catenella consunta, gli anfibi scuri e una borsa larga. ci infilai
dentro qualche cosa e prendendo una felpa mi avviai verso la porta
salutando distrattamente i miei genitori.
Ero per
strada, e stavo lentamente raggiungendo il ragazzo che amavo.
La mente mi si
affollò di ricordi. Ripensai al nostro primo incontro e come
lui si era lanciato nel fiume per salvarmi, i bivacchi insieme in cui
ci scambiavamo insieme a Morten i turni di guardia, pensai al ragazzo
danese che ci avrebbe raggiunto domani con un sorriso, il buon vecchio
Mort.
Senza che me
ne accorgessi arrivai alla metropolitana che era già piena
nonostante fossero solo le otto.
Lui avrebbe
preso la prima corsa, in modo che avremmo passato insieme
più tempo possibile prima di ricongiungerci il giorno dopo
ai nostri due compagni.
Mancavano
ancora dieci minuti prima che arrivasse così mi comprai una
rivista di chitarre e cercai di leggere ma la mia mente non riusciva a
concentrarsi. Sfogliai svogliata le pagine finche non sentì
il rumore della metro che si avvicinava e infine si fermava proprio
davanti a me. Scattai in piedi come una molla.
La gente
affaccendata e frettolosamente usciva dagli scompartimenti oscurandomi
la vista, “Cavolo se è piena oggi!”
pensai distrattamente mentre i miei occhi saettavano veloci da una
parte all’altra cercando il mio ospite. Inizia a saltellare
per vedere sopra le spalle della gente che usciva e mi venne
improvvisamente in mente quando lui mi chiamava ranocchia, aveva
ragione dopotutto. Decisi di farmi più indietro e di
aspettare che la confusione si diradasse e continuai a osservare una ad
una le persone che mi si paravano di fronte, girando la testa a destra
e a sinistra. Guardai avanti e finalmente lo vidi. Eccolo li, 17 anni
compiuti, abbastanza alto, capelli e occhi scuri e un innato senso
dell’umorismo. Mi veniva incontro a passi svelti e non
riuscì a non pensare quanto fosse bello averlo li vicino,
dopo mesi che potevo sentirlo solo su skype.
Quando fece
l’ultimo passo arrossii violentemente e l’unica
cosa sensata che mi venne in mente di dire fu << Ryan
>>. Non mi diede il tempo di finire e carpì le
mie labbra con foga. Gli gettai le braccia al collo, temendo che tutto
quello fosse solo un sogno e stringendolo il più possibile,
mi infilò la mano nei capelli. Dio solo sa quanto mi piacque
e quanto avevamo aspettato quel momento. Finalmente, dopo tutto il
tempo passato sulla Scacchiera potevamo toccarci senza nuocerci
l’un l’altro. Non so quanto rimanemmo li,
avvinghiati come due polipi a scambiarci saliva, emozioni e sentimenti.
Non avevamo bisogno di nessuno infuso magico per capirci. Quando Ryan,
un po’ riluttante allontanò il suo viso dal mio,
tenendolo fra le mani, scoppiammo in una grossa risata.
L’imbarazzo passò subito e ci abbracciammo.
Il giorno dopo
arrivarono Mort e Satsuki e in quei pochi giorni non ebbì
alcun pensiero se non la felicità di averli vicini. Mostrai
loro tutti i luoghi più curiosi della città, li
portai a mare e li feci assaggiare la vera pizza italiana.
Ma anche i
sogni finiscono e presto dovemmo dirci addio.
La prima a
ripartire fu la giovane giapponese, il suo lavoro nei musei la
pretendeva e lei non poteva non adempiere al suo dovere.
Partì con la promessa che sarebbe tornata.
Una parte del
mio cuore se ne andava con lei e fece scendere tra di noi una leggera
nebbia di tristezza. Sapevamo benissimo che non era possibile vederci
spesso perché i voli oltreoceano costavano davvero molto, i
più fortunati, se così si può dire,
eravamo io e Mort che abitavamo relativamente vicino.
Ma anche lui
dovette tornare in Danimarca.
Rimanemmo io e
Ryan, come all’inizio della nostra avventura.
L’ultima mattina ci incontrammo in un bar per fare colazione,
aveva l’aria stranamente felice << Non vedi
l’ora di andartene, eh? >> gli dissi brusca nel
mio inglese abbastanza decente, << Beh, se me lo dici con
questo tono acido potrei farci un pensierino sai? E comunque devo dirti
una cosa.. >> si inginocchiò ai miei piedi, lo
fissai con orrore << Ma che cazzo fai? Sei scemo?!
>> gli urlai contro. Lui gettò la testa
all’indietro e rise di gusto << Camilla Nevi,
detta Milla, vuoi tu passare ogni estate insieme a questo stupido
piantagrane di Ryan Aleksander Kasalevic? >>
<<
Cosa? Ma ti costerebbe troppo! Conta il viaggio, l’albergo,
il cibo! >>
<<
Stiamo affittando casa qui. >>
Mi si
riempirono gli occhi di lacrime e gli saltai addosso pronunciando
qualche distratto si prima di mordergli le labbra.
Io, Ryan,
insieme, ogni estate.
Il sogno in
cui ero caduta quella settimana stava continuando, avrei sopportato di
buon grado la sua partenza con il pensiero che dodici mesi dopo ci
saremmo potuti vedere di nuovo.
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