Angolino:
ed eccoci
qua. Stavolta non ho
molto da dire, cioè, è più facile
leggerlo che commentarlo(?).
Però posso fare qualche anticipazione! D'ora in poi la mia
(in)sanità mentale peggiorerà, perché
tra i provini per il film, e
il minestrone GrimmIchiHimeLinaKandaPincoPancoPancoPinco
riserverà
parecchie sorprese. Specie Grimmjow, che mica può stare
all'angolo
ad osservare. E quando Kanda si smuove, le cose diventano
così
facili di colpo! Ah, già, farò del mio meglio per
concedere qualche
parola in più al boss. In fondo, cambiano l'orologio, mica
roba da
poco. Mi scuso, a proposito, per le continue ripetizioni sul verbo
incepparsi, e su altri eventuali errori. Cercherò di
rimediare.
Ringrazio,
per le splendide recensioni, Haily, HaChiElriC,
Sidan,
Angy_Valentine, KayeJ, zombiecch, Ookami san, Kumiko_Walker, M e g a
m i, matechan!
Grazie di cuore
per riuscire a dedicare parte del vostro tempo per un commento!
Ringrazio
di cuore Angy_Valentine, AriCastle66, jeanny991,
M e g a m
i, matechan, Ookami san e
Haily
per aver
inserito la storia
nelle preferite!
Ringrazio
moltissimo JeannyMatt e
zombiecch per averla
messa nelle ricordate e Arsenico, HaChiElriC,
KayeJ,
Kumiko_Walker, M e g a m i, matechan, S h a i l a, Sidan, Tiamath e
zombiecch per averla
messa nelle seguite! Grazie di cuore a tutti coloro che leggono e
apprezzano, e buona lettura! Aspetto i vostri commenti!
Hortum
Septentriones
Dieci
Quando
l'orologio si inceppa
«
Questo è un giardino, di come se ne trovano in qualunque
viale.
Ogni
giorno uomini e donne organizzano un mercato, di come se ne trovano
in qualunque viale.
Ogni
giorno uomini e donne passeggiano in questo giardino, di come se ne
incontrano in qualunque viale.
Ogni
giorno qualcuno si perde e arriva qui, oppure ci viene di sua
spontanea volontà.
Questo
giardino è una casa. Per chi? Voi che venite lo sapete.
Per
chiunque è alla ricerca. Di cosa? Voi che venite lo sapete.
Per
chiunque.
Hortum
septentriones »
«
Nessuno chiederà informazioni su di te, a meno che la tua
natura non
lo voglia.
Tutto
ciò che accade nel giardino resta nel giardino.
Nessuno
è obbligato a rivelare il proprio nome.
Non
è necessario sapere esattamente cosa si sta cercando.
Qualunque
cosa sia, qui la si troverà.
Sicuramente.
I
brividi che sentite non sono dettati dalla paura.
La
vostra natura lo sa perfettamente.
È
possibile organizzare particolari eventi quali concerti o feste.
Qualora
lo si desideri, è possibile alloggiare per una o
più notti nelle
locande.
Non
vi è alcun obbligo di rilasciare i veri dati personali o
documenti.
Il
pagamento varia a seconda delle locande.
O,
per meglio dire, a seconda della natura dei rispettivi gestori.
Qualunque
cosa succeda, mai chiedersi se sia giusta o sbagliata.
Il
giardino non conosce queste sottigliezze.
Il
giardino esiste per voi cercatori.
Qualsiasi
modifica venga apportata, viene fatta per il vostro benessere.
Siamo
certi che le vostre nature rimarranno soddisfatte.
Loro
sanno cosa vogliono.
È
presente un registro su cui è possibile rilasciare i propri
recapiti.
Potete
scrivere il vostro vero nome o uno pseudonimo, a libera scelta.
Il
giardino si assume ogni responsabilità sulle conseguenze di
ciò che
lascerete trascritto.
Solo
all'interno di esso, però.
Dopotutto
non si smette mai di girare.
Non
c'è niente di male nel voler sapere.
L'importante
è essere coscienti che a volte la troppa conoscenza uccide.
A
vostro rischio e pericolo.
I
precedenti dei visitatori non hanno alcuna importanza.
Non
nel giardino.
Quelli
appartengono al mondo che lasciate fuori.
Si
invitano i visitatori a non fare totale affidamento al giardino,
e
alla sua stella. Può capitare che si inceppi.
Ma
possono sempre aiutarlo a ripartire.
Un
aiuto, uno sprono, prima o poi, ne hanno bisogno tutti. »
Lavi
ferma il passo deciso appena oltrepassa i cancelli e si trova al
cospetto dell'imponente orologio dell'Hortum Septentriones. Soffia
forte sulle mani, tira il colletto del cappotto nero, a doppio petto,
per proteggere il collo, per una volta scoperto dalla sciarpa
lunghissima che è solito portare. Non sentiva
particolarmente
freddo, prima di uscire, ma gennaio non tarda a farsi riconoscere. La
neve cade con dolcezza sulle sue spalle, sulla ghiaia, sull'orologio,
su ogni cosa, in piccolissimi fiocchi che si sciolgono all'istante.
Nonostante tutto, è un inverno gentile, quello che sente.
Rivolge
lo sguardo all'orologio e avverte una strana sensazione, può
definirlo un presentimento vago, come quando senti i brividi e ti
dici “sta per succedere qualcosa”, ma non sai cosa
sia, e poi,
che importanza può avere? Succede sempre qualcosa, ogni
giorno, in
ogni parte del mondo, che tu te ne accorga o meno, non fa differenza.
Si
chiede se le persone attorno a lui provino la stessa cosa quando
vengono assalite da quei brividi. È un tremore che quasi
spaventa,
perché improvvisamente qualcosa si blocca e la prima spinta
non
basta a far ripartire il tutto. Nota che l'orologio gira con
più
scatti, come se avesse milioni di sassolini sul cammino. Sono fatti
così, i brividi dell'essere umano, anche quando sono dettati
dal
freddo. Ogni cosa si fa assalire da un qualcosa di sconosciuto che
impedisce di andare avanti, e si prova quasi vergogna a chiedere
aiuto. Tutti vivono su un equilibrio precario, anche quell'enorme
macchinario che risente del tempo, proprio come un bambino che nasce,
cresce, invecchia. Troppo riduttivo classificare gli oggetti come
“inanimati”. Risentono del tempo come tutti, hanno
i brividi
anche loro e si inceppano. Lavi soffre per questa insofferenza.
Torna
sui suoi passi, e si dirige a passo veloce verso il bar dove
è
solito incontrarsi con Grimmjow. Lo vede in lontananza, mani
insaccate nel giubbotto nero, e un cappuccio blu tirato sui capelli.
Si vede rivolgere un veloce cenno del capo, quando viene visto, e si
scambiano un veloce sorriso. Poi viene invitato ad entrare, per
prendere qualcosa di caldo.
C'è
molta gente, quella mattina, con lo scopo comune di bere qualcosa in
un posto che non sia casa propria, ma ugualmente caldo e accogliente,
sperando di colmare il vuoto interiore che ognuno sente. La clientela
del giardino è aumentata, notano entrambi. Ormai ben pochi
riescono
a sopravvivere ignorando quella trottola forsennata. Anche se capita
che si inceppi anche lei. L'accoglienza che ricevono è la
solita,
fatta di discrezione e movimenti leggeri, per accompagnarli ad un
tavolino per due persone, a ridosso da un muro laccato di vernice
verde foresta e foto incorniciate che ritraggono persone comuni
intente nell'altrettanto comune azione di prendere un tè, un
caffè,
un dolce, o di passeggiare. Il vociare dei clienti attorno a loro
appare subito lontano, mentre ordinano un caffè e un
tè.
Mentre
Lavi si toglie il cappotto e lo adagia sulla sedia, Grimmjow rimane
con le mani in tasca, e schiocca la lingua rumorosamente. Non
è
giornata per lui, intuisce lo scrittore.
«Oggi
non lavori?» gli chiede, con un sorriso incoraggiante. Di
solito
funziona, lo contagia.
Sul
viso dell'altro si dipinge un sorriso sghembo e autoironico. «Mi
sono dato malato.»
«Come
mai?»
«Tanto
non avrei fatto molto comunque. L'officina campa lo stesso se manco
un giorno. Tanto, per quello che mi pagano...»
«Potresti
sempre licenziarti e trovarti qualcos'altro.»
«Forse
mi sono espresso male. Mi piace stare in officina, non mi pagano
moltissimo, ma almeno riesco a campare. Solo che oggi non mi va. Mi
sono svegliato e... bè, prendere un caffè da solo
oggi non era il
massimo.»
Lavi
nota subito la piccola differenza nel tono di voce. «E
Ichigo?»
«Ha
detto che andava a scuola, ma si è dimenticato fin troppi
libri per
i miei gusti. Ultimamente è strano. È
contento.»
«T'infastidisce
pensare che sia contento per una cosa che non hai fatto tu?»
«M'infastidisce
pensare che lui non mi dica perché è contento,
tutto qua. Sono
presuntuoso a volerlo sapere?»
Il
discorso viene interrotto brevemente nel momento in cui si vedono
servire caffè e tè. Nessuno dei due perde tempo,
mentre Grimmjow si
avvicina la tazzina al naso per pregustarsi la caffeina, Lavi riempie
la propria tazza d'acqua calda e ci butta dentro la bustina di
té,
riemergendola ad intervalli di pochi secondi. Anche lui si pregusta
la colazione e guarda con innocente desiderio i biscottini serviti
sul piattino, insieme a due fette di limone.
«Mettila
così. A volte è bello vivere col
dubbio.»
«Per
quelli come te, forse. Voi artisti ci campate con questi
misteri.»
«Definirmi
artista è un po' esagerato. Tra i due, il vero artista sei
tu.»
«Oh,
andiamo.» accenna una risatina e sorseggia il
caffè, bevendolo
tutto d'un fiato. Chiude per pochissimi secondi gli occhi, cercando
di immaginare un piacere più ammaliante di una tazza di
caffè in
compagnia di una persona interessante che non si limita a sentire
quello che dici, ma fa tesoro di ogni frase che pronunci, anche se
non rientra nel suo punto di vista. Ma dopotutto Lavi è uno
scrittore; per lui è importante ascoltare. Lo lusinga notare
che
abbia scelto di ascoltare lui, invece dei tanti suoi colleghi.
«Dico
sul serio. Tu vivi nella maniera più autentica. Chiunque
può
svegliarsi la mattina, andare al lavoro e preoccuparsi del proprio
coinquilino, perdendo il conto dei giorni che passano. Tu, al
contrario, ti svegli la mattina, contento di essere ancora vivo,
trovi due minuti per apprezzare del vero caffè, vai al
lavoro non
perché ci devi andare e basta, ma perché la tua
natura non
concepisce lo stare a girarsi i pollici o fare quei lavori che
portano guadagno ma che non lasciano niente, e nemmeno quelli nei
quali puoi dare il massimo, ma senza avere la possibilità di
essere
gratificato. Non rinunci alla tua dignità e cogli le vere
cose belle
della vita, che solo la tua natura sa capire a colpo d'occhio, tu
l'assecondi e basta. Questo è un agire da artista.»
«E
tu che cosa sei? Non sei come me?»
Lo
scrittore fa cadere un paio di gocce di limone, affoga un cucchiaino
di zucchero e mescola con calma. Sorride, per lui, al contrario
dell'amico, è una buona giornata, anche se si sente
incepparsi a
causa di quei brividi, ma da tempo si è ormai rassegnato al
fatto
che anche quelli fanno parte del gioco, e che bisogna assecondarli.
«È
innegabile che ti senta un po' simile a me. Però il fatto
che io sia
uno scrittore non mi include automaticamente nella lista degli
artisti. Io scrivo libri e basta.»
«Libri
e basta? Un “libro e basta” è quello che
quando l'hai finito
dici “ah, sì, bella lettura”, lo rimetti
sullo scaffale e non lo
ripeschi più, nemmeno per ingannare la noia di aver letto
tutto. Lo
sai come sono fatto, non sono il tipo che si ferma in libreria per
più di cinque minuti e al cinema non sta a cercare di capire
un film
che tutti riempiono di fronzoli. Sono uno di quelli che si fa colpire
a pelle e si fa scavare a fondo in un istante. Forse è
perché tu
sei riuscito a far questo che vado tanto d'accordo con te, che ti
senta simile a me e che ti faccia considerare artista.»
«Allora
posso cullarmi in questa certezza? Io sono come te, dunque sono un
artista?» nasconde il sorriso lusingato nella tazza di
tè fumante,
poi ci inzuppa mezzo biscotto al cioccolato.
«Non
c'è niente di male. Piuttosto, anche tu mi sembri parecchio
contento.» prende anche lui un biscotto senza chiedergli il
permesso, sa che con lui non serve. Aspetta con calma che Lavi mandi
giù tutto e si pulisca le dita leccandosele.
«Faranno
un film su “Harriet”.»
Grimmjow
spalanca gli occhi, e subito gli rivolge un sorriso estasiato. Come
se non fosse mai stato di malumore per un ragazzo sfortunato che
tutto ad un tratto lo sta tenendo fuori dalla sua vita.
«Scherzi?»
«Domani
assisterò ai provini per la parte della
protagonista.» gli rivolge
un occhiolino.
«Porca
puttana! Complimenti! Spero solo che non lo stravolgano. Capita con
fin troppi film.»
«Penso
che li farò dannare un bel po'.»
«Andrò
a vederlo comunque, poco ma sicuro. Mi porto pure Ichigo.»
«Ma
lui odia i miei libri.» addenta un altro biscotto.
«Non
si è mai sforzato di leggerlo veramente. Magari con il film
va
meglio. Ho scoperto che è più interessato alle
pellicole, che ai
libri. E a qualcos'altro che io non riesco a sapere
cos'è.»
«Dagli
tempo, è in una situazione particolare.»
«Pensavo
che nutrisse più fiducia in me.» Lavi lo guarda
con un misto di
stupore e malinconia. Solo lui sa quanto Grimmjow si sia impegnato
per non far mancare niente a Ichigo, che vive in un mondo tutto suo,
controvoglia. Sicuramente quel ragazzo sogna una vita senza
allucinazioni che lui scambia per fantasmi e senza aver paura di
sentirsi male, di soffrire troppo i raggi del sole, di non farsi dire
continuamente “come sei pallido, ma mangi come si
deve?”. Se
Ichigo si tiene distante, avrà sicuramente le sue ragioni,
ma è
proprio questo che Grimmjow non sopporta, perché in
realtà lui, che
sembra un re, uno che non deve chiedere mai, teme la solitudine. Che
razza di re è, uno che governa da solo, uno che non ha
nessuno da
guidare? Grimmjow capisce bene, come un artista che vive con
naturalezza farebbe, che è Ichigo che gli riempie un po'
quel buco
allo stomaco. Grimmjow odia incepparsi, perché comprende che
le
prime spinte che dà non sono sufficienti a ripartire. Lavi
vorrebbe
aiutarlo, davvero, ma sa che non può prendere il posto di
Ichigo.
Spera per lui che il giardino riesca ad aiutarlo a ripartire. Tanto
anche l'orologio comincia ad incepparsi. Due anime inceppate si
aiutano meglio di chiunque altro.
Linalee
passeggia da sola lungo i viali ciottolati del giardino. Le scarpe
col tacco, che solitamente indossa sempre con orgoglio e
disinvoltura, questa volta le procurano un po' di male. Mentre vede
le bancarelle, le persone, stagliarsi accanto e davanti a lei,
riepiloga tutta la sua vita precedente. Vorrebbe dimenticarla, ma
è
obbligata ad affrontarla, di tanto in tanto, e convincersi che quella
non era lei, che la vera Linalee sia nata nel momento in cui ha messo
piede nel giardino. Ripensa ai suo primi anni di vita, a parecchi
chilometri di distanza, chiusa in un villino con altre tre persone;
sua madre, suo padre e suo fratello maggiore, Komui. I loro genitori
non erano mai a casa, per lavoro, ma era sicura che ci fossero anche
altri motivi legati ad un'evasione che entrambi volevano vivere per
poche ore, non sopportando l'abitudine di una famiglia. Quando le
cose si fanno troppo facili, l'uomo raramente è contento.
Cercavano
di farsi perdonare le rispettive mancanze alla figlia con regali. I
più gettonati erano le scarpe, graziose come dovevano essere
quelle
di una signorina, mentre suo fratello preparava la cena, le
raccontava una favola per addormentarsi e le teneva la mano
finché
non si addormentava. Tuttavia Komui, troppo giovane all'epoca per
potersi improvvisare genitore, combinava sempre qualche pasticcio
casalingo. Più volte i pasti si rovinavano o si bruciavano e
dovevano adattarsi con cibi precotti, ma accanto a lui avevano
comunque un buon sapore. Un documentario non era affatto noioso se
c'era suo fratello a commentare o a spiegarle ciò che non
capiva. Un
vestito diventato magicamente di un altro colore a causa di un
miscuglio disattento nella lavatrice diventava per lei un accessorio
con cui ricordare quei momenti e ravvivare il proprio guardaroba
senza spendere. Tutto questo i suoi genitori non potevano saperlo, e
come tutti gli adulti, vedono nei bambini esseri talmente innocui e
fantasiosi da non poter trovare la solitudine un nemico rimpiazzato
da un compagno immaginario, e di rallegrarli viziandoli. Linalee ha
sempre nutrito un disprezzo di fondo per suo padre e sua madre, che
invece di colmarle un vuoto le hanno instillato un'ossessione, quella
per le scarpe.
I
suoi primi tacchi li aveva indossati a tredici anni, dopo
l'improvvisa morte di suo fratello. Le aveva insegnato alla buona
come cucinare, lavare, stirare e occupare il tempo da sola, ma lei
non riusciva ad abituarsi. Cucina decisamente meglio di lui, ma
allora i suoi piatti rimanevano sempre insipidi. Non aveva
più
guardato un programma in televisione e i vestiti preferiva affidarli
ad una lavanderia, così poteva andare indisturbata nei
negozi a
spendere tutto nelle scarpe. Per un'adolescente i regali non bastano
più di tanto, darle dei soldi le dà l'illusione
di essere
indipendente e libera da un'ombra, che cammina sotto i propri piedi e
ci si accorge della sua presenza solo grazie a strani giochi di luce
che la rendono mostruosamente più grande, o la fanno trovare
accanto, e spaventano con il loro constatare che ci sono sempre.
Comprare delle scarpe con il tacco aveva dato a Linalee l'illusione
di essersi tolta il loro peso, si sentiva più leggera e i
piedi
davvero contenti. Era stata lei ad accontentarli comprando quello che
preferiva. Ebbe la sensazione che suo fratello la stesse
accarezzando.
Ormai
di paia di scarpe ne aveva a dozzine, quasi tutte con il tacco. Non
trovava altro modo per sfogarsi e colmare un desiderio dettato da uno
sconosciuto che albergava dentro di lei, e che non era l'ombra dei
genitori. Ormai le scarpe che acquistava erano dotate di vita
propria. L'avevano spinta a staccarsi dai genitori e di trasferirsi
per frequentare una città nuova, una scuola differente, un
dormitorio con persone, credeva, simili a lei. L'avevano spinta verso
il giardino. Loro sapevano già cosa cercava Linalee e adesso
continuano ad accompagnarla nella sua ricerca, e il riepilogo sulla
propria vita non è più così pesante,
grazie ai piedi coccolati da
insani acquisti, ad un giardino pieno di anime come lei, ad Orihime,
una ragazza come lei in tutto e per tutto, che tenta di riempirsi di
una vita che a loro è mancata. Chissà chi era
stata Linalee, in
quella vita precedente.
Incrocia
il banco delle statuette di vetro, il ragazzo che le realizza
è
intento a impacchettare qualcosa per una coppia, mano nella mano,
felice e innamorata. La sua espressione però non presenta
nessun
segno di tenerezza nei confronti di amori tanto semplici, e dice un
“grazie” stentato. Orihime parla sempre di lui, ne
è rimasta
affascinata come pochi, e Linalee non può che essere
d'accordo con
lei, almeno dal punto di vista fisico. È un ragazzo, ma
dotato di
lineamenti tanto delicati, e di capelli così lunghi, curati
e
ordinati, che alla lontana è facile scambiarlo per una
donna. Veste
in maniera così formale e anche monotona che è
difficile dire cosa
gli piaccia e se gli piaccia davvero. Sembra che la sua unica ragione
di vita sia realizzare statuette. Sono davvero belle, ne ha
già
acquistata una. Ma si chiede da cosa esattamente la sua amica sia
affascinata. Forse parlando con lui lo capirà, pensa.
Così gli si
avvicina, lui la osserva di rimando ma non si scompone, se ne frega,
o almeno così lei interpreta il suo repentino abbassamento
di
sguardo.
Per
vari momenti ci sono silenzi. Al contrario della sua amica, Linalee
non fa finta di guardare le statuette e di dedicarsi allo shopping.
Fissa lui e cerca di incrociare i suoi occhi blu oltremare per
carpire quel qualcosa che Orihime ha notato. Lui però non si
lascia
guardare, e lo fa con una naturalezza tale da spaventare e
indietreggiare al suo cospetto.
Capita
che Kanda sorprenda, quando è di buonumore. Quel giorno
è
decisamente di buonumore, perché ha completato l'orologio
finalmente, e funziona che è una meraviglia. Nulla
paragonato ad
Alma, pensa, perché con Alma non può esserci
confronto alcuno.
Quella statua è praticamente lui, il pezzo mancante,
bellissimo e
fragile, ma immortale. L'orologio, invece, l'ha realizzato secondo la
natura del fondatore, per quanto ha potuto conoscere di lui. In
questo caso, si è limitato ad estrapolare la natura di
quell'uomo
che nessuno, eccezion fatta per lui e Shinji, conoscono. Potrebbe
rivelarsi un errore, perché le domande sul fondatore sono
tabù e
un'esposizione sì indiretta ma al contempo palese potrebbe
svelare
molte cose. Però Shinji, vedendo l'opera completata, si
è detto più
che soddisfatto, ed è sicuro che il boss
apprezzerà. Invece di
abbondare coi complimenti ironici, come di consuetudine, è
rimasto
zitto ad ammirare e a farsi cogliere da brividi che non aveva mai
avuto in vita sua. Avrebbe anche pianto, forse, poiché lui
conosce
davvero intimamente il fondatore e ha dunque capito a fondo quel
ritratto tanto atipico che gli è stato fatto. In ogni caso,
il
lavoro è piaciuto e si è concluso nel migliore
dei modi, Kanda non
può che esserne contento. E quando è felice,
sorprende.
«Non
c'è la tua amica oggi?»
Linalee
alza la testa di scatto, sorpresa dalla domanda. Non ha lo sguardo di
chi si preoccupa per qualcuno. Ad ogni modo, felice che le abbia
rivolto la parola, risponde. «Ci vediamo stasera, qui, per
vedere
gli artisti di strada.»
«Ah.»
«Tu
non ci vieni?»
«Non
mi interessa.»
«Sei
sempre inchiodato qua? È un peccato. Il giardino bisogna
viverlo.»
«Guarda
che già ci vivo.»
La
ragazza inarca un sopracciglio. Lui le indica un piccolo appartamento
poco distante, modesto, e la guarda come se la stesse prendendo in
giro. «Io vivo là.»
«Oh.
Ehm...» arrossisce, spera non troppo, si porta una mano sulla
bocca
in segno di profonda vergogna. «Scusa... non sapevo
che...»
«È
così strano?»
«Bè,
sì... perché vivi qui? Non hai un posto dove
stare?»
«È
questo il mio posto.»
«...
anche per me.» accenna un sorriso, rincuorata dal fatto che
anche
lui viva appieno quel posto e che lo percepisca come una
necessità
primordiale. «E per Orihime.»
«La
tua amica?»
«Sì.
Io sono Linalee.»
«Kanda.»
Il
ragazzo si vede allungare la mano, un gesto spontaneo che sul momento
lo spiazza, come il sorriso che accompagna lei. La mano è
tesa come
se una bambina si aspettasse una caramella per premio. Resta
lì,
sorridente, e non si muove di un millimetro. Si trova costretto a
rispondere al saluto, e afferra lentamente la mano. La stretta
diventa subito salda, e anche la sua, per non avere nulla da
invidiargli.
Il
sorriso si allarga e Linalee, poco prima di tornare a passeggiare per
far contenti i propri piedi, adornati con quelle belle scarpe col
tacco, riformula l'invito in una forma più cortese.
«Stasera vieni
comunque. Non ci sono solo gli artisti di strada e casa tua, sai?
Orihime sarà contenta di vederti, e, bè, anch'io.
Se poi non vuoi,
non importa, ma facci un pensierino. Questo è il posto di un
sacco
di gente.»
~
Ore 22.00 ~
Ichigo
è felice e al tempo stesso no. La felicità
è dettata dalla
corrispondenza con Orihime che si è prolungata per alcuni
giorni,
fino a giungere ad una svolta decisiva, importante, fondamentale per
uno come lui che sogna di essere normale. Non sa ancora da dove abbia
tirato fuori il coraggio, se ci ripensa, ma è riuscito a
combinare
un incontro con lei, utilizzando una banale scusa, come farebbero i
ragazzi della sua età. Finalmente respira la
normalità.
«Stasera
ci sono gli artisti di strada al giardino.»
«Già,
me l'ha detto Linalee. Io vado a vederli con lei.»
«Ah,
capisco. Peccato.»
«Perché,
non ti piacciono?»
«No,
mi piacciono, è questo il punto. Sono stato battuto sul
tempo. Avrei
voluto... invitarti ad andare a vederli.»
«Oh...
che pensiero carino, Kurosaki! >V<
Bè,
ma puoi venire lo stesso, no? Così parliamo senza cellulari
in
mezzo.»
Più
che un invito, è stato un salvataggio in extremis, ma gli
è andata
di lusso comunque. Per ore è stato ore davanti allo specchio
per
scegliere cosa indossare, se Grimmjow lo avesse visto, gli avrebbe
riso in faccia. Ma vuole fare bella figura con lei, così ha
deciso
di rinunciare a cappelli e cappucci, di scoprire un po' di pelle
chiara, di sorridere senza vergognarsi di mostrare i canini, e se
quegli spiriti fastidiosi attorno a lui chiacchierano, li
ignorerà
senza tanti complimenti. Ne varrà la pena, senza dubbio.
Ma
ecco, dunque, la nota dolente: Grimmjow. C'è anche lui,
interessato
allo spettacolo, e sa che allontanarsi da lui sarà
difficoltoso. Il
guaio è che, proprio ora che si avvicina il momento
decisivo, non sa
cosa fare, se rinunciare alle cure di chi c'è sempre stato e
ci
sarà, o buttarsi a capofitto nelle braccia di una donna che
non lo
conosce appieno, sebbene abbia espresso il desiderio di farlo.
Proprio come un parassita, si tira indietro fino all'ultimo. Si sente
di peso per Grimmjow ma senza di lui si sente completamente indifeso,
poiché lui lo completa. Non può dimenticare di
punto in bianco ciò
che li ha legati e gli sforzi per andare avanti. Una figura con la
sua stessa faccia, molto più pallida però e con
un sorriso
malizioso, gli intima di darsi una mossa a decidere. Tra i tanti
fantasmi che vede, è certamente il più
fastidioso. Gli dà
continuamente dell'incompetente, del debole, che si atteggia a re
quando nel suo destino è scritto che sarà sempre
il destriero che
lo porta in groppa.
Ichigo
non ci sta. Lui esiste, ora se ne rende conto, perché nel
proprio
essere sente una cosa che si muove, gira senza sosta ed è
animato da
desideri innocui, normali, umani. Non è un fantasma, merita
di
vivere, farsi coccolare quando serve e farsi trascinare dal girotondo
quando non riesce a resistere. Fa un respiro profondo grazie al quale
il fantasma si arrende, sempre sorridente, fiducioso di altre
occasioni future, e si fa da parte. Poi tira la manica del giacchetto
di Grimmjow.
«Vado
a prendere da bere.»
Non
gli dà il tempo di ribattere che sguscia subito nella folla,
passa
davanti a Renji e Allen, intenti a lavorare con il sottofondo dei
soldi buttati nel cappello -un suono che all'albino piace molto- si
avvicina di sfuggita ad un bar ma resta davanti all'entrata. Si
guarda attorno nervoso, si porta le mani tra i capelli, controlla che
non ci sia niente di spiegazzato.
La
vede spuntare fuori all'improvviso. È bellissima, nel suo
giubbotto
bianco, con un cappotto in finta pelliccia, nei suoi blue jeans
racchiusi in stivaletti bassi con altra finta pelliccia, dai toni
pastello. Lo saluta con un cenno della mano, un sorriso, sembra
così
felice di vederlo. Si scosta dalla fronte alcuni ciuffi di capelli,
lunghissimi e di un colore brillante, soprattutto al buio. In sua
compagnia c'è un'altra ragazza, Ichigo la riconosce. L'ha
incontrata
di fronte alla bancarella di Kanda, avvicinandola per capire qualcosa
di Orihime. Si era comportato da vile quella volta, se ne vergogna
ancora, e sa una parte gli dispiace non riuscire a stare solo con
quella persona, dall'altra è contento, perché ha
modo di
riscattarsi e scusarsi nei confronti dell'altra.
Linalee
ha un sussulto non appena lo vede. Si ricorda benissimo di lui. Un
ragazzo dai lineamenti rudi, ma belli a suo dire, anche troppo, e con
uno sguardo gentile. Le rivolge un sorriso tenue e un po' timido.
Spera di non arrossire.
«Kurosaki,
lei è la mia amica...»
«Linalee
Lee. Mi ricordo di lei.» un altro sorriso, e la ragazza
è pronta a
giurare di avere il cuore prossimo all'esplosione. È come se
non
capisse più nulla all'improvviso. Il viso di quel ragazzo le
ricorda
qualcosa di lontano, affetti dimenticati che avrebbe voluto, le
attenzioni di suo fratello, le prime scarpe acquistate per conto
proprio. Trova incredibile come le sia bastato vedere che si ricorda
tanto bene di lei per farla tornare innocente, spensierata, allegra.
«Vi
conoscete?» Orihime è piacevolmente sorpresa. Si
rivolge alla sua
amica senza nemmeno immaginare il groviglio che la sua natura
affronta in quel preciso istante.
«Sì...»
dice sbrigativa lei. Gesticola troppo per i suoi gusti, ed evita di
far intendere che è imbarazzata. «Da
Kanda, cioè, davanti
al suo banco, io ero là e per caso c'era anche lui,
ehm...»
«Ichigo
Kurosaki.» conclude lui. In realtà lei il nome lo
ricordava
benissimo, ma l'emozione l'ha beffata e l'ha fatta passare per una
smemorata.
«Ichigo,
sì, certo, ecco... Ichigo.»
«Che
bello!» Orihime batte le mani e prende sottobraccio i
compagni. Il
ragazzo viene colto alla sprovvista di fronte a quei gesti che
solitamente espone solo a Grimmjow, ma nel momento esatto in cui
inspira l'odore della ragazza, si dimentica volentieri del resto.
Anche Linalee ha un buon profumo, pensa. Si preannuncia una serata
felice, finalmente.
«Andiamo
a bere qualcosa tutti insieme?»
Entrambi
accettano l'invito. Entrano nel bar subito davanti, semi deserto dal
momento che sono tutti fuori ad assistere allo spettacolo. Si erano
visti con l'intenzione di vederlo, ma tutti e tre, ne sono
consapevoli, hanno deciso di assecondare qualcos'altro. Ci sono
pochissimi clienti seduti attorno a tavolini e divanetti, e due di
loro, appostati accanto all'entrata, rivolgendo lo sguardo di tanto
in tanto sulla finestra, cattura l'attenzione di Orihime, che con
discrezione li indica.
«Quella
è Mai Shirafune! L'ho vista diverse volte qui! È
bellissima, vero?»
«Dici
l'attrice?» l'amica presta più attenzione e
qualche momento dopo le
dà ragione. «Oddio, è proprio
lei!»
«Quanto
vorrei chiederle un autografo, ma mi vergogno da morire...»
«Posso
chiederlo io, se vuoi.»
Non
si accorgono di Rukia che li ha notati, ha visto come l'hanno
guardata, e sorride divertita a Lavi, il quale assiste alla scena
addirittura intenerito. È curioso vedere come le persone
possano
idealizzare tanto una persona da vergognarsi di rivolgerle la parola.
Lui, essendo scrittore, vive la situazione in maniera leggermente
diversa. Le persone che ricordano un viso ritratto nel retro della
copertina di un libro sono inferiori rispetto a chi ricorda la
protagonista di un film, ma quelle volte in cui viene riconosciuto, o
si presenta come l'autore di un proprio titolo, assiste a rossori e
balbuzie davvero buffi. Fosse per lui, risparmierebbe a quei ragazzi
l'imbarazzo e le figuracce e andrebbe personalmente a porgere un
autografo di Rukia. Ma lei non si muove di un passo, dedicando la
propria attenzione alle sue mani, e capisce che non è il
momento
adatto, forse più tardi. E guardandola, non può
che dar loro
ragione; la trova incantevole, e la bellezza attira ma ha anche
qualcosa che incute timore, in un'altalena devastante di sensazioni.
È come innamorarsi e dire rassegnati “è
troppo bello per me”.
Linalee
ha avuto la sensazione di cadere, una vertigine spaventosa, ma non
per lo stesso motivo di Lavi. Se un tacco si rompe e si inciampa su
di esso, dev'essere questo che si prova. Il modo con cui Ichigo si
è
esposto per Orihime in qualche modo la inceppa e non sa come
ripartire. Lo guarda e si domanda se non sia di troppo, in quel
quadretto. Però vuole conversare con lui e conoscerlo
comunque, è
questo che le detta la natura, e se le scarpe si rovinano, basta
riacquistarne di nuove. E poi non vuole essere tanto sciocca da
provare invidia per una cortesia. Dopotutto, lui si è
ricordato di
lei. Qualcosa deve avergli lasciato.
«Non
ci pensare, Kurosaki. Grazie del pensiero, ma sai che imbarazzo!
Piuttosto, il ragazzo che è con lei... sono sicura di averlo
già
visto da qualche parte...»
«Aspetta,
ora che ci penso, ho visto una sua foto sul giornale stamattina, ed
era anche in TV... ah, ma certo, Deak! Lo hanno intervistato
perché
fanno un film tratto dal suo libro.»
«L'autore
di Harriet?» domanda Ichigo, stavolta guardando Linalee.
Subito ha
la sensazione di aver ripreso l'equilibrio, e ciò la sprona
per
esporsi.
«Sì,
proprio quello! Ti piace?»
«Grimmjow...»
si corregge subito, per non dare l'idea di essere un parassita.
«Un
mio amico ha tutti i suoi libri, ma io non riesco a leggere
più di
due pagine. Non so dire se mi annoia o se lo trovo troppo difficile.
Forse la seconda, perché una cosa difficile annoia
presto.»
«Ah...
capisco.»
«A
me piace, l'ho letto appena uscito in libreria. Sono così
contenta
che ne facciano anche il film! Sarà senz'altro bellissimo!
Andiamo a
vederlo tutti insieme, Kurosaki?»
Ci
sono momenti in cui l'orologio sembra rotto e bisogna cambiarlo,
quando si è solamente inceppato ed ha bisogno di
più tempo per
ripartire. Grimmjow si sente un tale groppo alla gola, all'orgoglio,
che stenta a riconoscersi. Orologio, orgoglio, suoni troppo simili
per non farci paragoni. Non si era sentito minimamente in colpa nel
ritrovarsi a seguire Ichigo, per controllare che non facesse pazzie,
ovviamente. Oggi la sua natura si è inceppata troppe volte,
e
proprio quando stava per rassegnarsi ad essere contento per quel
ragazzo, compare la causa di tutti i problemi. Quella
lì non
si è fatta gli affari propri e ha trascinato Ichigo in un
mondo che
non gli appartiene, che non può vivere con colori normali,
ha
bisogno che lui gli dia la tavolozza giusta per disegnare. E non solo
lo trascina dove vuole, lo invita al cinema per vedere un film a cui
tiene. Ichigo non ha mai letto con impegno i libri di Lavi e aveva
pensato che il cinema fosse l'occasione migliore per sentirselo
più
vicino ed indispensabile, fargli capire che in Deak, come lo
conosceva lui, non c'era niente di terribile e al momento opportuno
farglielo conoscere, e poi chissà, avrebbero passato le
giornate
insieme a bere qualcosa. Ed invece quella
lì stava
cercando di soffiargli il posto, la sua natura di re, colui che guida
gli altri, non lo tollera. E quell'altra che
accidenti vuole, per guardare il ragazzo in quella maniera attenta?
Sente
di dover fare qualcosa, ma l'inceppo dura più a lungo del
previsto.
Ha bisogno di una spinta, ma quella di solito gliela dà
proprio
Ichigo con il suo cercare aiuto da lui. Si accorge di Lavi, in dolce
compagnia, ma non lo saluta, non ha tempo e modo di badare a lui e
l'altro fa lo stesso. Entrambi sanno rispettare i propri tempi e
spazi, tra loro funziona così. Però si aiutano,
quando le
circostanze lo permettono, anche indirettamente.
«Rukia,
può dirmi che ore sono?»
«Uhm?
Le dieci e venticinque.»
A
Grimmjow basta sentirlo per riprendersi; è tardi. Deve
muoversi.
Muove il primo passo e in quel momento qualcuno lo supera. Un viso
noto a molti, che si mostrano sorpresi nel vederlo in un luogo
diverso dalla solita bancarella sulla quale espone i propri pezzi.
È
diretto verso i il trio di Orihime, gli sta dando le spalle e non
può
accorgersi di lui. Linalee invece lo nota e fa per salutarlo, non
viene ricambiata però. Kanda si dirige dritto al bancone del
bar e
fa l'ordine. Adesso l'angolazione è giusta, sembra fatta
apposta.
Lei lo vede e si inceppa nel farlo. Ha in mente molte cose da dirgli
ma non riesce a dar loro voce. Allora si avvicina, con la scusa di
ordinare.
Non
sa che in questo modo blocca Ichigo, che in questo modo si sente
sostituito e tradito. Poi pensa che invece di correre a lamentarsi da
Grimmjow sarebbe meglio agire e riprendersela, ma non riesce a fare
alcunché, non vedendo il capo della ragazza che si volta a
destra, e
i loro sguardi si incrociano. Lui ostenta un'espressione di
superiorità e questo gli fa sperare che lei scappi via
intimorita.
Ma non avviene niente di tutto questo.
«Che
ci fai qui?» gli viene chiesto.
Lui
sorride. Quando è di buonumore, Kanda sa anche sorridere, ed
oggi è
decisamente una giornata buona.
«Ciao,
Orihime.»
«C-ciao...»
Al
ragazzo viene porto un cocktail e, dopo aver pagato, si volta,
guardando con noncuranza la marmaglia che vede attorno. Lei esplora
con lo sguardo a sua volta, in cerca d'aiuto. Aveva tante cose da
dirgli, ma ora, non sa neanche spiegarsi perché, non riesce
a dire
alcunché. Ichigo guarda la scena come disorientato. Quasi si
spaventa quando sente la mano di Linalee posarsi sul suo braccio.
Anche lei non riesce a nascondere l'improvviso vuoto che sente. Gli
rivolge un sorriso amaro, solo lui può comprenderlo.
«Andiamo
da loro.» ha capito, evidentemente, che lui tiene alla
presenza
della sua amica. Un po' la ferisce, questo, perché sperava
in un
interesse reciproco, ma è chiaro che non è lei la
persona che
cerca. Il manifesto del giardino avverte distintamente su questo
punto. Non sempre si raggiunge la meta al primo colpo. Ma è
possibile cogliere il fallimento per ripartire, cosa che fanno i due.
Quando non si è da soli, è più facile
far ripartire un oggetto
difettoso.
In
quel momento Kanda si stacca dal bancone, e alla domanda su dove stia
andando, con un malcelato perché, non risponde. Si limita a
dare
un'occhiata parzialmente nascosta dalla frangia, Orihime lo
interpreta come un “ci vediamo”. Sicuramente si
sbaglia, ma per
una volta vuole cullarsi nelle illusioni di qualsiasi sedicenne.
Oramai
non può sentire le parole del ragazzo, stavolta rivolte alla
sua
amica. Nemmeno Ichigo ci fa caso, ha riacquistato quel poco di
sicurezza che ha per sorridere e dedicarsi alla birra che hanno
ordinato per lui. È bello farsi guidare dall'istinto ogni
tanto, si
dice.
Linalee
decide di distrarsi focalizzandosi su Kanda. «Mi fa davvero
piacere
vedere che hai deciso di venire. Perché non ti fermi con
noi? Sono
persone per bene.»
«Ho
da fare.» le risponde, poi si sporge di poco su di lui con
fare
indagatore. «Sei proprio strana, tu.»
«Come?»
«Perché
non ti metti delle scarpe da ginnastica o delle ballerine, di tanto
in tanto? Se vai avanti così, perdi l'equilibrio e
cadi.»
La
ragazza rimane come pietrificata, o forse, in questo caso, è
meglio
dire che è diventata di vetro. Perché ha avuto la
sensazione di
essere una di quelle statuette bellissime che realizza lui, e di
essere stata scrutata dentro. Lui ha visto benissimo quanto precario
sia il suo equilibrio, dal momento che dentro ha un turbinio di cose
che rischiano di farla sbandare. Lui l'ha capito al primo sguardo.
Vorrebbe piangere per la felicità.
«Sto
bene così.» gli dice, seppur non ne sia pienamente
convinta sul
momento.
«Non
è poi così male avere i piedi per
terra.»
Riesce
a leggerle dentro con una facilità inquietante. Le viene da
piangere
per quanto sta vivendo, era da tanto tempo che non si sentiva
compresa a tal punto. Qualche lacrima effettivamente le scappa, e se
ne rende conto, lui è sbalordito, si calma subito, certo, ma
è
evidente che non sa come comportarsi di fronte alle lacrime di una
donna. Vorrebbe suggerirle di lasciare un po' a riposo quei piedi
piccoli e all'apparenza fragili, ma ha l'impressione che
così
peggiorerebbe la situazione e non sa cos'altro dire. Per qualche
secondo, non si parlano, e a volte è proprio di questo che
ha
bisogno l'essere umano, del totale silenzio, per poter respirare come
si deve.
«Ci
vediamo.» così chiude il discorso. Non sa se
seguirà il suo
consiglio e, onestamente, nemmeno lo dovrebbe riguardare. Tuttavia,
vivendo in un posto come l'Hortum Septentriones, si è reso
conto di
essere anche lui soggetto ad una strana forza dominante, che ha molti
nomi quali istinto, natura, ego, inconscio. In fondo, è un
essere
umano anche lui, e non è totalmente indifferente a questa
dolce
padrona. C'è anche da dire che più di chiunque
altro, non sopporta
le persone che restano indietro per piccolezze, non sono che un peso,
e lui delle persone che non riescono ad avanzare non se ne fa niente.
Linalee
si sente più tranquilla ora, purificata. Sorseggia gli
alcolici che
le passano senza preoccupazioni, ride, scherza, abbraccia Orihime,
parla con Ichigo, si diverte in loro compagnia. Si sente ancora
funambola, ma riesce a viverla meglio, cogliendo il brivido come
un'occasione e non come un ostacolo che le impedisce di avanzare.
Quanto vorrebbe che le persone incontrassero un uomo come Kanda, il
quale è riuscito a guardarla dentro con tanta
semplicità. Si
domanda come ci possa essere riuscito. Non può sapere che
quel
ragazzo ha creato un orologio da un materiale delicato, ma che non si
inceppa mai, di fronte a niente.
|