Che cosa esattamente,
piaceva ad Hajime
Saito, di Souji Okita?
Quali erano le
qualità di quel ragazzo
che lo avevano attirato così tanto, da portare Hajime Saito
a
chiedergli di condividere un appartamento, finito il liceo?
Mentre fissava Souji che
cercava di
spegnersi i capelli che avevano preso fuoco dal fornello della
cucina, Hajime cercavano risposta a delle domande che gli balenavano
in testa.
Souji Okita faceva fatica
ad alzarsi la
mattina, ignorava la sveglia, si lamentava per un buon quarto d'ora
del fatto che non avesse dormito abbastanza, che voleva stare ancora
dieci minuti, che gli faceva male la testa, che faceva freddo, non
aveva voglia di andare a lezione, odiava i vicini che facevano casino
già dalla mattina presto, voleva fare a fette il loro cane,
Hajime-kun vieni a farmi le coccole.
Poi, quando finalmente
riusciva a
mettere i piedi sul pavimento iniziava il calvario per arrivare al
tavolo da pranzo.
Hajime teneva tutti i
giorni il conto
dei secondi che ci impiegava, e ogni giorno un secono si aggiungeva
al conteggio.
Se Souji riusciva a sedersi
senza
mancare la sedia, cominciava la seconda fase delle sue lamentele
mattutine: quando in tavola trovava il caffè, lui voleva il
tè;
quando c'era il tè, lui voleva il caffè. Quando
non c'erano né
latte né caffè, ma davanti ai suoi occhi
troneggiava una bella
caraffa di sana spremuta d'arancia, si dimenava come un bambino
perché il succo era troppo acido; ma se Hajime ci metteva lo
zucchero prima di servirglielo, Souji storceva il naso, dicendo
“Vuoi
farmi venire il diabete?”.
Dopo la maledetta
colazione, che faceva
ritardare entrambi di ben dieci minuti, Souji Okita occupava il bagno
per un quantitativo infinito di minuti, per farci chissà
cosa.
Col tempo Hajime aveva
imparato a
svegliarsi almeno mezz'ora prima di lui.
E dopo la ta toeletta,
Souji usciva
bello pimpante, profumato e vestito di tutto punto, e se per caso,
nel momento in cui Souji metteva piede fuori dal bagno, Hajime si
stava sistemando i capelli, o il colletto della camicia, o qualsiasi
altra cosa, arrivava subito la voce squillante dell'altro ad
ammonirlo: “Sei ancora a questo punto, Hajime-kun? Guarda che
perdiamo il treno!”.
E finchè non si
separavano per andare
ognuno verso la propia facoltà, Souji parlava senza sosta,
principalmente per lamentarsi di quanto fosse pieno il treno e dei
passeggeri che avrebbe felicemente eliminato per farsi spazio.
Durante le lezioni, inoltre, non faceva altro che mandargli sms per
informarlo di ogni minima cosa, dall'orario di inizio della lezione
seguente, alle sue sporadiche visite al bagno.
All'ora di pranzo
ovviamente, non aveva
mai il portafoglio con sé perchè “Tanto
viviamo assieme, i soldi
sono in comune!”.
Quando poi si separavano di
nuovo,
solitamente arrivava tardi alle lezioni del pomeriggio
perchè i si
intratteneva fuori per chiacchierare con i colleghi (lamentandosene
poi all'ora di cena), per poi non seguire il 60% della lezione e fare
figure da imbecille (e lamentarsene poi all'ora di cena).
Quando tornava a casa era
sempre troppo
stanco per cucinare/ pulire/ fare il bucato/ riordinare il loro
gigantesco monolocale.
Ma aveva voglia di fare
sesso.
E così si
ritrovavano nel letto,
ancora sfatto dalla mattina (dalla parte di Souji) perchè
“Tanto
devo dormirci di nuovo stanotte!”, con un Souji
improvvisamente
pieno di vitalità. Anche durante il sesso non riusciva a
tenere la
boccaccia chiusa, facendo continue osservazoni su quanto fosse bello
Hajime-kun, su quanto fosse sexy quando si muoveva su di lui, su
quanto fosse bravo, eccitante e tanti altri aggettivi legati alla
sfera sessuale.
Non che gli dispiacesse
questa parte in
realtà, ma ogni tanto sarebbe stato bello fare l'amore con
in
sottofondo solo i loro gemiti e respiri.
Quello che investiva in
preservativi e
lubrificanti era Hajime, ovviamente. Fosse stato per Souji,
l'avrebbero fatto senza usare nulla.
E dopo il sesso, Souji
crollava sul
letto, quasi addormentato. La doccia, prima di venti minuti, era
impensabile, e la cena doveva prepararla Hajime-kun, in ogni caso.
Se non c'era il sesso, al
ritorno
dall'università, c'era Heisuke, con conseguenza il dover
preparare
da mangiare per tre, sorbirsi gli schiamazzi dei due amici che
giocavano ai videogiochi, mentre lui lavava i piatti, e spesso e
volentieri arrangiare un letto sul divano per l'amico,
perchè,
stranamente, aveva perso l'ultimo treno.
In tutto questo, Souji non
studiava
mai. “Tanto vado in un'accademia d'arte, non fa nulla se non
studio
queste quattro righe!”, diceva. Poi se prendeva voti che non
lo
soddisfacevano, se ne lamentava all'ora di cena.
Souji era pigro, scostante,
lunatico e
irresponsabile. Logorroico, critico e pungente. Permaloso ed
irascibile.
Hajime lo guardava e non
sapeva darsi
una risposta.
“Ricordami
perchè sto assieme a
lui.” rivolgendosi ad Heisuke.
Dal canto suo Heisuke stava
ancora
mangiando la sua pizza, quando Hajime gli aveva fatto quella domanda
“Uhm, non lo so. Perchè lo ami?”
Hajime continuava a fissare
Souji, che
intercettato lo sguardo dell'altro, gli aveva rivolto uno dei suoi
sorrisi migliori. Di quelli che gli trasformavano il viso, che gli
socchiudeva i profondi occhi verdi, formava una deliziosa fossetta
all'angolo sinistro della bocca e che faceva risaltare le sue labbra
carnose.
Lo stesso sorriso che aveva
fatto
battere il cuore di Hajime, la prima volta, quando ancora andavano
alle medie.
“Giusto.”
e Hajime si era ritrovato
a sorridergli a sua volta.
Maledizione, Okita
Souji.
Sei davvero un
irresistibile
demonio.
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