Ehi, Bernie, ho paura che la tua band sia impazzita

di incismile
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Dovrei scrivere un che tutto quello che racconto è frutto della mia fantasia eccetera eccetera, ma questi fatti si sono svolti realmente, come ha dichiarato lo stesso Paul Simonon. Io ho solo dato la mia versione dei fatti. L'ultima parte (dall'arrivo di Bernie in poi) è puramente inventata.

«Cosa diavolo stai combinando, qui?»

Paul esibì un largo sorriso, indicando agli altri il suo ultimo capolavoro. Su una parete della stanza in cui si trovavano, subito sopra il camino, c’era un murale che ritraeva il loro manager, Bernie Rhodes, completamente nudo. Sul soffitto, invece, era dipinto Bernie con dei piccioni in testa.

«Non è bellissimo?»

«Chi, Bernie? Hai degli strani gusti» disse Mick.

«Ma no, idiota! I miei dipinti!»

«Sono s…stupendi» balbettò Joe, tentando di non far trasparire il suo unico pensiero: il loro amico era impazzito.

Paul, però, non lo stava ascoltando. Osservava il suo lavoro, dubbioso. «Manca qualcosa» disse, e corse via.

Joe e Mick si guardarono, preoccupati. Avevano seri dubbi sulla salute mentale del loro bassista.

Paul tornò poco dopo, con della seta viola e alcune candele. Stese il drappo di seta sul camino, e poi ci poggiò sopra le candele.

«E quello che sarebbe, un altare?» scoppiò a ridere Joe.

«In onore di Bernie?» anche Mick si aggiunse alla risata.

«Proprio così!» annuì convinto Paul, guardando il suo capolavoro con aria soddisfatta.

«Che sia sempre lodato» disse Mick, con un tono da religioso.

«Lode a lui» annuì Joe.

Paul li guardò, con l’aria di chi ha appena avuto un’idea geniale. Un’altra. Poi si mise a cantare: «Lode a lui, lode a lui, lode a lui!» Ben presto, anche Mick e Joe, che ormai avevano rinunciato a cercare di fermare il loro amico, si unirono al coro.

«Ehi, ma cosa sta succedend…» Alcuni ragazzi di Rock Against Racism, erano entrati nella stanza in quel momento. «I…Interrompiamo qualcosa?»

«Q…Qualche c… cerimonia religiosa, t…tipo?»

«Qualche r… rito s…satanico? »

«Ehi, Bernie, ho paura che la tua band sia impazzita!» gridò uno di loro. Si sentì un rumore di passi, e la testa del manager dei Clash fece capolino dalla porta.

«Ma che cazzo state facendo?»

«Bernie… Noi possiamo spiegarti…» iniziò Joe.

«E’ tutta colpa di Paul!» lo interruppe Mick.

«Ora che ci penso, io avrei da fare dall’altra parte della città, mi dispiace, devo anda…»

«Paul-Gustave-Simonon, tu non vai da nessuna parte, vieni qui! Vieni qui! Io ti ammazzo!»

Paul afferrò il suo basso, tentando di usarlo per difendersi. E con ogni probabilità lo sapeva usare meglio come arma che come strumento musicale, ma dettagli. «E' solo il mio modo per ringraziarti di essermi venuto a prendere quando ero in prigione*»

«Oh santo cielo, ancora con questa storia?»

«Volevo solo dimostrarti che ti voglio bene lo stesso anche se non hai fatto niente per me» disse Paul, tentando di fare gli occhi da cucciolo. Ovviamente, gli occhi da cucciolo su un musicista punk con un passato da skinhead non sono un granché, ma lui non ci badò.«Ah, e poi tentavamo di propiziare il nostro prossimo tour chiedendo al Dio della pateticità di stare lontano da noi» aggiunse, tornando serio

« SIMONON, IO TI AMMAZZO! »





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