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Ben ritrovati a coloro che mi
hanno seguito nella Kurtbastian Oktoberfest e un saluto a chi ancora
non ho
avuto il piacere di incontrare su queste pagine.
Anche in questo periodo
natalizio mi sono cimentata nell'ideare qualche raccontino su questa
meravigliosa
ma, ahinoi, coppia non canon. Al solito, la mia prima reazione a parte
un
attacco di fluff per le tracce, è stata un po' scettica
perché il mio timore
era quello di ideare delle trame troppo smielate o banali per come
immagino la
collisione/fusione trai personaggi. Evidentemente qualcosa deve prima
suscitarmi perplessità (therentgirl
è pregata di non ridere) prima di
piacermi, come è stato con Sebastian stesso. Quindi non mi
dilungo oltre e vi
auguro una buona settimana precedente le festività e un buon
Natale Kurtbastian
per i fan.
Un'ultima annotazione: a parte
gli avvertimenti per ogni singola storia, devo avvisarvi che le ho
progettate
quasi tutte verso la fine di Novembre, o inizi Dicembre, ragion per cui
non
sarà poco frequente un discostarsi dalla trama originale.
Buona lettura!
Merry Kurtbastian Christmas
Jingle bell, jingle bell, jingle bell
rock
Jingle bells swing and jingle bells ring
Snowing and blowing up bushels of fun
Now the jingle hop has begun
Jingle bell, jingle bell, jingle bell rock
Jingle bells chime in jingle bell time
Dancing and prancing in Jingle Bell Square
In the frosty air.
(Bobby Helmes)
PLAYING
IN THE SNOW
I'm
giving you the permission
Non
avrebbe immaginato che rivedere la Dalton potesse emozionarlo fino a
quel
punto: era sceso dalla scalinata esattamente come la prima volta che ne
aveva
varcato la soglia, mentre i ricordi divenivano persino più
vividi. E dolorosi.
Ma aveva sentito che quel passo era legittimo ed opportuno dopo la
visita al
McKinley per quanto, come avevano ripetuto lui e Rachel a
più riprese, non
sembrasse più essere la loro casa.
La
sola accoglienza dei vecchi compagni, tuttavia, era stata sufficiente a
dirsi
che non poteva ignorare che una parte di sé era rimasta
ancorata a quei luoghi:
laddove al McKinley non si era più sentito protetto dai suoi
amici e dalle
persone che costituivano una seconda famiglia; la Dalton si era subito
distinta
per la rigida osservanza delle regole e del rispetto delle
diversità.
Dopotutto, persino alla primissima visita non aveva potuto che restare
emozionato e commosso di fronte a simile calore tanto sincero da
metterlo
persino a disagio, accrescendo il senso di colpa per gli scopi della
sua
intrusione.
In
quello stesso edificio era sorta la sua passione per Blaine ed era
giunta a compimento,
fino al suo primo vero bacio d’amore. Tornarvi a distanza di
tempo, quando lui
e Blaine non si appartenevano più, era un modo di chiudere
il cerchio.
Il
tour con Nick e Jeff era culminato nella sala delle prove nella quale,
un
sorriso nostalgico e lo scintillio commosso dello sguardo,
incontrò altri
Warblers che si alzarono dalle loro sedie e dai divani o dalla comoda
postazione di fronte al camino, per stringerlo. Nuovi abbracci, nuove
parole di
nostalgia, qualche dispiacere per la fine della sua storia con Blaine e
si era
nuovamente seduto tra loro constatando, ancora una volta, come fosse
particolare stare in quella sala senza indossare l’uniforme
prevista. Un po’
come guardare quella realtà dall’esterno malgrado
vi fosse uno spirito di
coesione e di appartenenza tra i membri del Glee Club che sembrava
sopperire le
differenze.
Lo
avevano anche informato circa i cambiamenti avvenuti
nell'organizzazione
interna del coro: era stato non poco sorpreso nel constatare che
Sebastian
aveva cambiato realmente condotta da quel loro colloquio al Lime Bean,
dopo la
– per fortuna sfiorata - tragedia che si era abbattuta sulla
famiglia Karofsky.
“Sebastian
non è più il capitano?” aveva chiesto
in tono incredulo ed era stato in quel
momento che la poltrona di fronte al fuoco, che nessuno aveva osservato
fino a
quel momento, era stata voltata e Kurt scrutò con le
sopracciglia inarcate il
giovane che vi stava seduto.
Aveva
un portamento tronfio, un sorrisetto suadente ed allusivo mentre lo
scrutava
con espressione sicura di sé – evidentemente,
pensò Kurt con fastidio, aveva
origliato l'intera conversazione – e teneva in grembo un
gatto dal pelo bianco
e vaporoso che accarezzava indolentemente. Vi era qualcosa del tutto
particolare nel suo scrutarlo: un evidente compiacimento
nonché una certa
alterigia che ne faceva curvare le labbra in un sorrisetto supponente
ed
arrogante per quanto apparisse pacato e quasi statico, tanto da non
averne
minimamente colto la presenza fino a quando non era stato lui, a quella
maniera
teatrale, a palesarsi.
Ma
fu un'altra voce ad attrarre l'attenzione di Kurt che, con un movimento
della
coda dell'occhio, notò l'alta figura che si stagliava sulla
soglia della sala:
era cambiato dall'ultima volta che lo aveva visto. Soltanto un
accorgimento dei
capelli più morbidi e lunghi che aveva modellato con
attenzione: aveva le mani
conficcate nelle tasche dei pantaloni della divisa, incurante di star
così
sgualcendo il blazer mentre copriva la stanza in ampie falcate. Lo
sguardo
rivolto proprio a lui, il viso inclinato di un lato e il sorriso
beffardo.
“Sono
lieto che tu ti preoccupi tanto per me, Kurt, ma non credevo che ti
avremmo
rivisto”. Commentò
in tono pacato, un
lieve stringersi nelle spalle ma lo stesso sorrisetto che ne faceva
sfolgorare
le iridi smeraldine mentre lo scrutava dalla sua posizione,
evidentemente
divertito.
Kurt
non ebbe modo di formulare una risposta per un lieve schiarirsi della
voce ed
entrambi, così come gli altri Warblers, si volsero ad
osservare il giovane
seduto sulla poltrona.
“Kurt
Hummel” lo indicò con un cenno del mento,
continuando ad accarezzare
svogliatamente il suo micio. “Lascia che mi presenti, sono
Hunter Clarington,
il nuovo Capitano degli Usignoli, quello che
li ha condotti alla vittoria delle Provinciali” soggiunse.
Kurt
spiò di sottecchi le espressioni di Sebastian – il
suo stringere il pugno lungo
il fianco e il corrugamento della fronte – e non lo sorprese
che apparisse così
poco entusiasta di colui che lo aveva messo in ombra. Tuttavia, anche
Nick e
Jeff si erano scambiati uno sguardo tutt'altro che sereno.
“Le
mie congratulazioni, mi dispiace essermi perso la performance ma sono
sicuro
che abbiate reso onore alla vostra fama ben meritata” aveva
commentato in tono
ossequioso ma era a Nick e Jeff e ai suoi vecchi amici che aveva
rivolto un
sincero sorriso.
Hunter
inarcò le sopracciglia, vagamente divertito.
“Accetterò
i tuoi elogi più che comprensibili ma sarò
esplicito: qui non sei il benvenuto”
aveva continuato a sorridere, un sorriso persino più
suadente ad increspargli
le labbra e il solo suono udibile, nel silenzio imbarazzato che ne
seguì,
furono le fusa del gatto.
“Perché
no?” aveva chiesto Jeff, la voce più alta per
l'indignazione. “... lui è nostro
amico!” alla sua frase così spontanea e diretta
seguirono molti cenni di
approvazione che fecero ulteriormente sorridere Kurt nell'osservarli
con uno
scintillio commosso.
Hunter
non parve minimamente toccato da simile dimostrazione d'affetto e
Sebastian
continuava a scrutarli tutti con il viso inclinato di un lato e le mani
affondate nelle tasche dei pantaloni.
“Vi
ha portato via l'Usignolo Blaine che adesso è dalla parte
dei perdenti”.
“Usignolo
che si è rifiutato di tornare e sottostare alla tua guida, a
quanto ne so”
aveva replicato con un sorriso velenoso e, era una sua impressione?,
gli parve
che un sorrisetto increspasse persino le labbra di Sebastian mentre
Hunter
inarcava le sopracciglia.
Lasciò
cadere il gatto sul pavimento e si mise in piedi: si
avvicinò a Kurt fino a
fermarsi di fronte a lui, un atteggiamento arrogante e compiaciuto che
ne
rendeva i lineamenti persino più marcati, così la
piega delle labbra e quell'inarcata
provocatoria delle sopracciglia.
“Sei
piuttosto... strafottente per chi ha fallito clamorosamente l'ingresso
all'unica università alla quale aveva fatto domanda. Vuoi
ricordarmi il numero
con cui ti sei esibito?”.
Kurt
aveva sentito le guance arrossarsi ma aveva stretto gli occhi in due
fessure
mentre Hunter continuava a sorridergli con fare divertito e soddisfatto
di sé.
Quest’ultimo cercò lo sguardo di Sebastian ma
questi aveva il proprio diretto a
Kurt.
Sorrise
Kurt, un sorriso serafico.
“Certo
e magari tu mi suggerirai un altro numero: uno che parli di qualche
curiosa
frustrazione sessuale”.
Se possibile il
silenzio era divenuto persino più intenso ma Hunter non
sembrò minimamente
imbarazzato, al contrario inarcò le sopracciglia, una
risatina roca.
Si
volse a guardare Sebastian pur continuando a rivolgersi a Kurt.
“Ora
capisco cosa intendeva sulla tua falsa innocenza”.
Quel
commento fece inarcare le sopracciglia di Kurt che, ignorando la mano
di Hunter
che si era appoggiata sulla sua spalla stringendola appena, aveva
gettato lo sguardo
in direzione di Sebastian. Quest'ultimo si strinse nelle spalle ed
incrociò le
braccia al petto, un'occhiata di blando interesse.
“Oh,
e così ti ha parlato di me” aveva domandato in
tono quasi divertito.
E
poi cosa voleva dire con “falsa innocenza”?
“No,
non ho parlato di te più del necessario perché
sapesse di Blaine e progettasse
di rubargli il trofeo e di convincerlo a tornare alla Dalton”
aveva ignorato lo
sguardo ammonitore di Hunter ma aveva continuato a scrutare Kurt, un
vago
sorriso ironico.
“E
no, non l'ho fatto con piacere quindi togliti quel sorrisetto
compiaciuto, Miss
Hummel”.
Era
stato nuovamente Hunter a schiarirsi la gola, evidentemente poco
propenso ad
esser nuovamente un elemento scenico, completamente escluso dagli
scambi di
cortesia tra i due ragazzi. Si era scostato da Kurt per tornare a
sedersi sulla
sua poltrona e così il micio fece un balzo per accomodarsi
nuovamente sul suo
grembo.
“Perché
tu e Sebastian non continuate la vostra discussione fuori di qua e
così tutti
voi che evidentemente siete lieti di rivedere il vostro
amichetto?”. Con lo sguardo
aveva abbracciato il resto della sala, prima di voltarsi nuovamente
verso il
fuoco.
Era
appena stato congedato, constatò Kurt che
appoggiò la mano sul braccio di Jeff
notandone l'espressione incupita prima di sorridere.
“Hunter
ha ragione: non vorrei essere ulteriormente sottoposto alla vista delle
sue
folte sopracciglia o del suo ghigno da Joker che neanche il fondotinta
mal
distribuito riesce ad attenuare”. Fu la sua ultima scoccata
prima di stringersi
nelle spalle e scuotere il capo.
“Torna
a trovarci, Hummel... ” gli giunse la voce di Hunter seppur
non si fosse
voltato in sua direzione e fosse così costretto a fissare lo
schienale della
sua poltrona.
“...
quando deciderai di ricordare come si sta davvero su un palco: non
perderti le
Regionali, vinceremo anche quelle”.
Kurt
strinse i pugni lungo i fianchi, le sopracciglia aggrottate: sapeva che
non
sarebbe valsa la pena rovinare il suo ritorno alla Dalton per le sue
manie di
protagonismo, tanto più che egli era l'ultimo arrivato e, a
quanto aveva capito,
non sembrava incarnare assolutamente i valori che aveva conosciuto ed
apprezzato in quell'Accademia.
“E'
molto probabile, se il numero di apertura non sarà il
tuo” volse appena lo
sguardo a Sebastian che non si era mosso dalla sua postazione, il viso
inclinato di un lato nel seguirne l'uscita.
“Se
continuerai a parlargli di me, digli che preferivo la tua leadership,
buona
giornata” si era voltato ed aveva seguito gli altri ragazzi
fuori dalla sala.
Risalirono
la scalinata e Kurt ascoltò i commenti di disapprovazione
degli altri ragazzi
con un sorriso.
“Non
lasciate che Hunter cambi ciò che vi rende così
perfetti: voi siete una squadra
unita, qualunque cosa lui possa dire”.
“E
tu sarai sempre nostro amico” aveva ribattuto Nick
rivolgendogli un sorriso più
ampio che indusse Kurt a cingerlo in un abbraccio prima di osservarli
nuovamente tutti.
“E'
stato bello rivedervi ma devo sbrigarmi: tra due ore ho il volo per New
York e
devo ancora finire le valigie”. Notò come
sembrassero tutti essersi rabbuiati e
si promise che sarebbe dovuto tornare a far loro visita e intrattenersi
più a
lungo, soprattutto senza sgradite presenze come quella del nuovo
Capitano.
“Tornerai
a trovarci, vero, Kurt? E se arriviamo alle Nazionali-”.
“Sarò
lì per voi”. Concluse la frase al posto di Jeff,
beandosi dei sorrisi che
apparvero nuovamente sui loro volti prima che Nick facesse cenno con il
mento
all'uscita.
“Andiamo,
accompagniamolo fuori”.
“Ma
che bel quadretto” si volsero ad osservare Sebastian, fermo
qualche scalino più
in basso, le braccia incrociate al petto e lo sguardo baluginante in
direzione
di Kurt che aveva sospirato prima di allacciare il cappotto per uscire.
“Sì,
Sebastian ti ho fatto un complimento ma soltanto perché
Hunter è persino più
viscido di te”. Immaginava
fosse quello
il motivo per cui si fosse preso la briga di seguirlo, ma lo
scrutò appena
mentre insinuava i guanti.
“Non
metterci troppa passione nei complimenti, Miss Hummel, non vorrei
rischiare di
arrossire”.
Un
vago sorriso increspò le labbra di Kurt mentre uscivano e
contemplavano il
grande parco dell'Accademia. Kurt aveva amato quello spazio verde nel
quale
soleva passeggiare, soprattutto ai tempi della sua passione segreta per
Blaine,
quando quel luogo gli permetteva di rilassarsi e di riflettere in
solitudine.
Era tutto sormontato dalla neve e notò come Jeff gettasse
un'occhiata di
desiderio in direzione di un bel cumulo: non attese l'opinione di Nick
ma ci si
gettò letteralmente, seguito dall'altro che lo stava
ammonendo circa la
possibilità di raffreddarsi ma desistette quando, come
bambini, Thad e gli
altri lo seguirono.
Kurt
li scrutò con un sorriso più dolce mentre cercava
le chiavi dell'auto del
padre, pronto a lasciare Westerville ma si riscosse alla voce di
Sebastian,
alle proprie spalle.
“Verrai
davvero a vederci trionfare?”.
“Verrò
per vedere i miei amici” replicò, il sorriso
ancora dolce nello scrutare gli ex
compagni di corso mentre Jeff, beatamente steso sulla neve, muoveva
braccia e
gambe a formare la figura di un angelo.
“Questo
non mi include nella lista? E' davvero poco gentile, soprattutto dopo
avermi
detto quanto ti piacesse che io fossi il
Capitano”. Aveva sottolineato e
non aveva bisogno di voltarsi a scrutarlo per immaginare il sorrisetto
che gli
increspava le labbra in quel momento.
Si
strinse nelle spalle con fare pacato.
“Stavo
solo facendo un paragone e-” si volse in sua direzione per
poi restare immobile
e sconvolto quando una palla di neve lo colpì sul colletto
del cappotto per poi
colare lungo lo stesso, lasciandolo letteralmente senza fiato.
Il
gelo improvviso che si era abbattuto sul collo scoperto – non
aveva avuto tempo
di avvolgerlo nella sciarpa – e la macchia umida sul tessuto
scuro.
Un
ghigno trionfante sul viso di Sebastian mentre Kurt – gli
occhi ridotti a due fessure
– si scrollava di dosso, con espressione stizzita, quei
rimasugli di neve.
“Ne
hai dimenticata un po' qua” commentò Sebastian,
indicandone il collo mentre il
ghigno si accentuava.
“D'accordo”
commentò Kurt con la stessa intonazione composta. Si tolse i
guanti e li adagiò
nelle tasche del soprabito prima di chinarsi a sua volta a raccogliere
un
piccolo cumulo di neve che – malgrado i brividi di freddo e
il tremore delle
dita affusolate – modellò in una palla.
“Non
oserai” commentò Sebastian, stringendosi
nuovamente nelle spalle.
“Non
sottovalutarmi”.
E
così iniziò quella personale sfida.
Persino
gli altri interruppero i loro giochi e inseguimenti nel denotare quello
scambio
di lanci tra Kurt e Sebastian: gli strilli isterici del controtenore
quando Sebastian
infieriva nuovamente sul suo cappotto o sui capelli, seguiti dagli
appostamenti
strategici e dal seguirsi e nascondersi dietro agli alberi.
Un
cambiamento non poco curioso dagli scorsi Natali quando duettava con
Blaine in
qualche canzone dallo sfondo romantico o quando immaginava di
trascorrere con
lui quella ricorrenza, ma qualcosa di assolutamente nuovo e non per
questo meno
vissuto.
“Allora,
Miss Hummel, devo ancora infierire o ti arrendi?”.
Kurt,
riparatosi dietro l'albero, sollevò gli occhi al cielo
malgrado il sorriso
divertito: raccolse un altro cumulo di neve per crearne qualche altra
arma ma non
riuscì a muovere ad avanzare da quel nascondiglio
perché scivolò. Sgranò gli
occhi in quel secondo necessario a rendersi conto di star per cadere:
Sebastian
si sporse istintivamente in avanti per cingerne la vita fin quando non
caddero
entrambi distesi, e Kurt gemette all'impatto duro.
Ma
fu una sensazione momentanea.
L'attimo
dopo, quando schiuse gli occhi, fu un altro tipo di sorpresa a
paralizzargli il
respiro: Sebastian giaceva su di sé.
Aveva
gli occhi a sua volta sgranati nei propri, le labbra schiuse e riusciva
a
percepire il suo profumo avvolgerlo intensamente, tanto da procurargli
quell'istintivo socchiudere gli occhi, ad inspirare un momento come
quello. Il
suo respiro era caldo e ne faceva intirizzire la pelle, sentiva il
cuore
scalpitare furiosamente a quel contatto.
“Almeno
l'atterraggio è stato morbido” fu il commento di
Sebastian e Kurt sembrò
ritrovare abbastanza lucidità da comprenderne l'implicazione
mentre l'altro,
per nulla imbarazzato, sorrideva suadente, respirando sul suo viso.
“Mi
stai schiacciando, pervertito”. Lo aveva aspramente
rimproverato, ma egli non
sembrò oltraggiato. Rise ma quando si chinò al
suo orecchio, Kurt sentì un
brivido serpeggiare lungo la spina dorsale. Schiuse le labbra confuso e
un
insolito calore affluì al viso malgrado la temperatura
tutt'altro che clemente.
“Ti
sei fatto male?” gli chiese e Kurt scosse il capo,
improvvisamente incapace di
proferire parola: era il primo contatto più... intimo che
aveva con qualcuno
dopo la rottura con Blaine ma persino da prima della partenza per New
York. E
non avrebbe dovuto provare quell'emozione. Non con Sebastian.
Schiuse
le labbra per dire qualcosa ma non ne uscì nulla: indugiava
nello sguardo di
Sebastian e non riusciva a non soffermarsi sui puntini scuri che ne
punteggiavano la pelle diafana.
Nei.
Piccole imperfezioni che, al suo posto, avrebbe nascosto con vigore
come
difetti estetici, come cercava di fare giorno per giorno con le efelidi
sotto
l'occhio. Ma sembravano quasi tratti di lui, qualcosa di unico.
Se
anche Sebastian avesse notato l'indugiare di Kurt, non
sembrò prestarvi troppa
attenzione o non lo fece notare. C'era qualcosa di curioso nel suo modo
di
osservarlo a propria volta.
C'erano
frasi non dette, pensieri celati dall'altro. C'era la
curiosità su come dovesse
vivere quell'anno scolastico senza concedersi quelle schermaglie che lo
avevano
reso un temibile rivale per il McKinley, c’era la
curiosità su quanto avesse
raccontato ad Hunter di sé e in quali termini, con quale
attenzione, c’era la
constatazione che avesse preferito battibeccare con lui che rivolgersi
al suo
Capitano; c'era quel continuare a scrutarsi, quasi aspettandosi fosse
l'altro a
trovare una spiegazione per quel momento particolare che stavano
vivendo.
C'era
tutto questo e probabilmente quanto non sarebbero stati disposti ad
ammettere
ma quando Sebastian sembrò voler coprire la distanza, Kurt
scoprì di non
riuscire ad impedirglielo. La sua mano era protesa, domandandosi come
sarebbe
stato tratteggiare quei puntini che aveva osservato così
minuziosamente o quale
fosse l'esatta gradazione azzurrina negli occhi apparentemente
smeraldini
dell'altro.
Lo
vide chinarsi ma non lo fermò.
Attese,
le labbra schiuse e uno scalpitio incessante.
“Kurt!
Sebastian! Vi siete fatti male?”.
Le
voci degli amici giungevano lontane ed indistinte, probabilmente
provenienti da
un'altra realtà o almeno fu quella la percezione che ne ebbe
Kurt. Ma fu
sufficiente a spezzare quel momento che non avrebbe saputo comunque
spiegare
con normali parole.
Boccheggiò
e fissò nuovamente Sebastian come se lo vedesse soltanto in
quel momento.
Arrossì
prima di improvvisare la sua espressione più stizzita.
“Ti
dispiacerebbe alzarti? Se non lo avessi notato, mi stai
schiacciando”.
Sebastian
non si fece attendere: l'incanto era stato infranto o, come avrebbe
continuato
a ripetersi Kurt quella sera, era stato soltanto frutto della sua
immaginazione, probabilmente un bisogno inconscio di ricevere simili
attenzioni.
“Non
mi sembrava ti fosse dispiaciuto negli ultimi tre minuti”
aveva sottolineato,
facendolo arrossire mentre il sorriso si estendeva agli occhi,
rendendone
l'espressione persino più sorniona e sicura di
sé. “... e, poi, credimi, me ne
sono accorto”. Gettò un'occhiata ben poco celata
al di sotto della propria
cintura e Kurt emise un verso stridulo prima di levarselo di dosso e,
accettata
la mano protesa da Nick, rimettersi in piedi per poi scrollarsi.
La
nuca pulsava leggermente laddove aveva urtato il suolo, ma non se n'era
accorto
pochi istanti prima quando aveva Sebastian su di sé.
Riformulò mentalmente la
frase.
Quando
accidentalmente Sebastian era caduto
su di sé e poco
accidentalmente vi aveva indugiato.
“E'
tardi... devo andare”.
Non
si guardò alle spalle, salutò nuovamente i
ragazzi con la promessa di restare
in contatto, ed ignorò lo sguardo di Sebastian che sembrava
perforargli la
schiena.
Soltanto
quando fu al sicuro nell'abitacolo dell'auto del padre,
riuscì a rilasciare il
respiro.
Si
lasciò alle spalle Westerville, vecchi ricordi e la
possibilità di inciderne
nuovi.
O
almeno era ciò che sperava.
~
Pattinare
a Central Park sembrava qualcosa di incredibilmente newyorchese:
sicuramente un
modo piacevole di naturalizzarsi, se così la si poteva poi
definire una simile
iniziativa.
Faceva
persino più freddo, o quella era una sua percezione:
osservò il proprio respiro
condensarsi in una nuvola, lo sguardo volto a Rachel e Brody che,
già muniti di
pattini, sembravano incoraggiarsi vicendevolmente a muovere i primi
passi.
Sorrise
divertito alla caduta di Brody e osservò Rachel porgergli la
mano per poi
cadere a sua volta, coronando il tutto con sorrisi stucchevoli e uno
scambio di
sguardi che già alludevano ad una particolare sintonia. Non
aveva sbagliato:
fin da quando aveva scorto quell'aitante giovane alla porta del loft
– quando
ancora cercavano di renderlo esteticamente accettabile pitturandolo -
aveva
potuto facilmente indovinare il tipo di legame che vi fosse tra loro.
“Non
cadono affatto come noi” aveva commentato una voce alle sue
spalle e Kurt aveva
sollevato gli occhi al cielo. Si era voltato in sua direzione, le
braccia
incrociate al petto mentre cercava di trattenere il sorriso che,
impudico e
traditore, voleva solcarne le labbra.
“Sei
in ritardo”. Lo accusò, a mo' di saluto.
“Ti
sono mancato”. Lo rimbeccò, un vago sorriso sulle
labbra.
“Non
ho detto questo”. Rimarcò in tono altezzoso.
“Lo
hai pensato”. Il sorriso persino più esteso e lo
scintillio dello sguardo.
“Speri
di sentirmelo dire o ne hai bisogno?” non aveva atteso
risposta, si era seduto
sulla panchina e aveva insinuato i pattini mentre egli si chinava al
suo
orecchio, restando dietro di lui.
“La
parte del conquistatore senza cuore non ti si addice”
sussurrò sulla pelle
sensibile del collo che non poté che intirizzirsi a quel
contatto.
Rise
Kurt e si rimise in piedi, osservandolo.
“Hai
intenzione di farmi attendere ancora per molto? O ammetti di non saper
pattinare?”.
“Non
sono io quello che sembrava avere un attacco epilettico per non
sbilanciarsi”. Aveva
ribattuto, vagamente piccato.
“Non
sono io quello che si è sporto ad evitare la caduta
dell'altro, fallendo
miseramente”.
“Oh,
ma io non ho affatto fallito, anzi”. Non ci voleva molta
fantasia a comprendere
il significato implicito. Rise del vederlo arrossire ma Kurt scosse il
capo ed
entrò in pista senza più attenderlo ma non
occorse molto perché Sebastian lo
seguisse.
Non
sembrò esser cambiato nulla: non potevano lanciarsi addosso
della neve ma
presero a seguirsi sulla pista da ghiaccio e Sebastian non si fece
remore a
nascondersi occasionalmente dietro Brody o urtare Rachel nella sua
fuga,
suscitandone urla isteriche (sul fatto che questo fosse stato casuale,
Kurt
aveva dei legittimi dubbi), ma la serata era trascorsa piacevolmente.
Con
la stessa leggerezza eppure lo stesso contatto reciproco tra i loro
sguardi o lo
scrutarsi in silenzio, cercando di non esser visti.
Fino
a quando Kurt non gli aveva proposto di dormire sul divano del loft e
un
Sebastian sogghignante aveva accettato, alludendo a come sarebbe
facilmente
sgattaiolato nella sua camera, quando Kurt stesso lo avesse supplicato.
Gli
aveva porto coperte e cuscino per sistemare il divano letto e gli aveva
augurato la buonanotte ma era stato allora che Sebastian lo aveva
trattenuto,
inducendolo ad adagiarsi contro la porta della sua camera.
“Buonanotte”.
Si
era chinato verso il suo orecchio e Kurt ne aveva inspirato nuovamente
quel
profumo suggestivo, lo aveva sentito sollevargli il mento e aveva
trattenuto il
fiato quando i loro sguardi non si erano intrecciati.
“Stavi
per baciarmi quel giorno”. Si sentì dire: una
frase tutt'altro che programmata
eppure era stata naturalmente proferita quando i loro sguardi si erano
fusi a
quella maniera del tutto intima e particolare.
“Stavi
per non respingermi”. Fu la replica di Sebastian, il sorriso
compiaciuto ma lo
scintillio dello sguardo che ne fece scalpitare furiosamente il cuore.
“Cosa
te lo fa credere?” Domandò, sorprendendosi di come
sembrasse perfettamente sapere
a cosa stesse pensando, cosa stesse provando.
“Mi
stavi guardando esattamente così”.
“Così
come?”. Aveva chiesto, quasi timoroso di saperne la risposta
e sentirla così
esplicita ed evidente sulle sue labbra.
“Come
se avessi paura di desiderarlo così intensamente”.
Sussurrò nuovamente, un
respiro caldo sulle sue labbra e Kurt fremette, consapevole che se non
vi fosse
stata la parete, alle proprie spalle, sarebbe stato incapace di
sorreggere
quelle emozioni.
Emise
un verso di emozione e di sorpresa.
“Sebastian”.
“Non
dire nulla”.
Malgrado
sembrasse un imperativo, suonò come una sussurrata preghiera
ma Kurt trattenne
il fiato e il suo cuore scalpitò furiosamente: era un
momento di suggestiva
sospensione quello in cui ne vide le palpebre celarne lo sguardo, ne
sentì il
respiro sulle labbra, percepì la pressione delle sue braccia
intorno alla
propria vita.
Un
istante semplice eppure intenso quello in cui la sua mano ne
sfiorò la guancia:
morbida e vellutata, la pelle calda e profumata, ne disegnò
i nei prima di
socchiudere gli occhi e percepire il contatto tra le loro labbra.
La
pressione del braccio di Sebastian divenne persino più
intensa, ne cinse il
collo con le braccia affusolate perché adesso che riusciva a
sentirlo realmente
così vicino, non avrebbe voluto lasciarlo andare in alcun
modo. Indugiò anche
quando quella prima pressione cessò. Sentì il
respiro di Sebastian intrecciarsi
al proprio, le loro fronti si sfiorarono.
Schiuse
gli occhi un solo istante prima che Sebastian ne artigliasse la guancia.
“Non
ho finito” commentò suadente ma sembrò
anche quella un'accorata preghiera,
quasi timorosi che la consapevolezza li avrebbe privati di quel momento.
Sorrise,
Kurt, sulle sue labbra, si prestò a quel tocco
più esigente, ne cinse più
strettamente il collo e insinuò le dita tra i capelli
più lunghi e morbidi
sotto il proprio tocco.
Indugiarono
ancora una volta così vicini.
“Non
mi ero fatto male” si sentì dire, riferendosi a
quella domanda che gli aveva
posto quando gli era caduto addosso nel giardino della Dalton.
“Ma
avevo paura”. Aggiunse.
“Ora
non più?”.
“Più
che mai”. Rispose, un vago sorriso.
“Ma...
”. Indugiò a scrutarlo con le sopracciglia
inarcate.
“Ti
sto dando il permesso di baciarmi di nuovo”.
Precisò con sguardo sornione che
lo fece sogghignare.
“L'avevo
detto che sarei entrato in quella camera prima del previsto”.
Rise
sulle sue labbra, ne schiaffeggiò il braccio ma lo cinse
nuovamente a carpirne
il respiro e, quando Sebastian lasciò indugiare le labbra
sul suo viso, sospirò
e socchiuse gli occhi.
“Verrò
a vedervi vincere” gli sussurrò quando
l'altoparlante annunciò il volo di
Sebastian e questi sorrise ironicamente, trattenendo la borsa sportiva
per la
fascia a tracollo.
“Verrai
a vedere i tuoi amici?” lo canzonò, ricordando la
sua promessa e Kurt rise.
Scosse
appena il capo.
“I
miei amici, un Capitano insopportabile e... ”.
“Un
esemplare unico e deleterio di giovane gay meravigliosamente
affascinante ed
irresistibilmente sexy?”. Domandò con sorriso
tronfio, sciorinando quella
manfrina quasi senza prendere fiato. Quasi la conoscesse a memoria, il
che non
era del tutto escludibile a priori.
“...
quello che spero si consideri il mio ragazzo”.
Un
sorriso increspò le labbra di Sebastian, si chinò
a carpirne un bacio, ne
sfiorò appena la guancia e si ritrasse.
L'altoparlante
fece l'ultimo annuncio e Sebastian indicò
l’imbarco: Kurt annuì,
incoraggiandolo.
“Chiamami
quando arrivi”.
Annuì,
indietreggiò con un sorriso e si volse.
Sospirò,
Kurt, indugiando con lo sguardo sulla nuca fin quando non scomparve per
imbarcarsi con gli altri viaggiatori.
Stava
per uscire dall'aeroporto quando sentì il trillo del
telefono.
Sorrise
a lungo, stringendoselo al petto.
[Da
Sebastian]
Ti
avverto: il tuo ragazzo non tollererà un'assenza
ingiustificata.
Eccoci qui al finale della prima one-shot che,
se non ricordo male, è
stata la terz’ultima in ordine di scrittura visto ho cambiato
idea sulla trama
stessa ma questa mi ha soddisfatta, specialmente la new entry di Hunter
(forse
non dovevo dirlo °^°).
Al solito commenti e punti di vista sono
sempre ben accolti, saluto la
mia Blaine che purtroppo ha il pc
fuori uso e già mi manca da impazzire ed ovviamente la Sebastian del mio Kurt ♥.
Non mi resta che darvi appuntamento a domani,
il tema sarà “Mistletoe”
il che dovrebbe già dirla a lunga ;)
Buon proseguimento di giornata.
Kiki (soso ouioui nonnon)87
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