Il Sesto Guardiano
I: Il tradimento
degli Incubi.
Il mio nome è Pitch Black.
Io sono la Paura.
Oscurità.
Da lungo
tempo Pitch aveva smesso di cercare l’uscita da quella oscurità totale. I suoi
stessi incubi l’avevano incatenato nel suo stesso elemento, privandolo del
potere e delle forze di ribellarsi. Da lungo tempo aveva smesso di combattere.
Si era
reso conto che era meglio così.
Era
meglio sprofondare.
Non
aveva più potere, non aveva più forza, ma nemmeno soffriva più. E nessuno era a
conoscenza del suo destino, a parte i suoi aguzzini.
Andava
bene così.
Finché
si rese conto che le catene si erano allentate. Nessun peso che lo bloccava.
Poi un
raggio di luce, tagliente come una lama, squarciò l’oscurità. E la Luna, il
freddo satellite si alzò a dissipare il nero.
La Luna,
e il suo abitante, l’acerrimo Nemico.
L’Uomo
Nero alzò lo sguardo verso quell’unica, odiosa fonte di luce che invadeva il
suo regno.
- Cosa
vuoi? – chiese con un sorriso amaro. – Farti beffe di me? Prego allora, ho
tutto il tempo dell’universo. - allargò
le braccia alla Luna, senza distogliere lo sguardo.
Era
cosciente di aver perso tutto.
Gli
Incubi l’avevano abbandonato.
Non
aveva più nulla per cui valeva la pena combattere, e nulla con cui
difendersi. Solo l’oscurità era rimasta
lì per lui come una serva fedele, come un velo per celare la sua presenza.
Nient’altro.
E ora,
il suo più grande nemico si era presentato al suo cospetto.
Con la
sua luce fredda e odiosamente rassicurante, e una domanda.
La più crudele che Pitch potesse immaginare.
*
Il mio nome è Crysis.
Io sono la Discordia.
La donna
cadde in ginocchio, stremata. Aveva corso a lungo, senza fermarsi, nel
disperato tentativo di sfuggire ad un inseguitore invisibile.
Aveva paura.
Paura,
perché non poteva difendersi. Paura, perché non poteva dare una forma, ferire ciò che la minacciava.
Non ne
aveva il potere.
Alzò lo
sguardo al cielo: solo la Luna era lì, ad osservare il suo terrore, la sua
rabbia crescente.
-
…PERCHE’?! – urlò. Da quant’è che fuggiva? Non lo sapeva. Non ricordava. Sapeva
solo chi era il colpevole della sua paura e della sua sofferenza.
Era la
Luna, la fredda luna che da lassù sembrava deriderla. E lei odiava essere
derisa.
- Perché-perché-
PERCHE’?! – urlò con tutta la voce che aveva in gola.
- Perché
mi fai questo? PERCHE’ MI HAI ABBANDONATO QUI?! - i polmoni erano in fiamme, il cuore le
scoppiava, non sentiva più né le mani né i piedi dal gelo che si stava
lentamente insinuando dentro lei.
Ma nulla
di ciò era forte quanto l’odio che sentiva crescere dentro.
La Luna
non le rispose. Fluttuava nel cielo di velluto nero, silenziosa.
La donna
abbassò lo sguardo solo per vedersi le ginocchia nude, violacee a causa del
gelo e graffiate. Si alzò lentamente.
La
foresta intorno a lei non era altro che una massa contorta di rami nero e
argento e davanti a lei si stagliava un piccolo laghetto che rifletteva la luce
lunare.
La donna
si avvicinò all’acqua e vi si specchiò.
Una
giovane le restituì uno sguardo spaventato. Alta e pallida, era avvolta soltanto in un leggero e
largo vestito di seta blu scuro, strappato in più punti. Le braccia nude erano
graffiate, così come lo era il bel viso incorniciato di capelli grigio cenere,
fluidi come acqua. Gli occhi sembravano due pozze nere, in cui non si
specchiava nulla. Sussultò nel rendersi conto del suo aspetto: il suo viso, i
suoi capelli non erano così. Non sapeva spiegarselo, ma sapeva che lei non era così.
Diversa.
Bella.
E con
una corda che le penzolava al collo.
Indietreggiò
spaventata, afferrando il pesante oggetto che le pendeva sul petto, rendendosi
conto solo in quell’istante della sua presenza.
In
quello stesso istante, uno scricchiolio dietro di lei la fece sussultare. La
donna tremò.
…non devi avere paura…
Non era
una voce. Per lo meno, non era una sola
voce. Erano decine, centinaia di voci, che sussurravano all’unisono.
Non devi aver paura... non aver
paura…
La donna
si voltò: le voci provenivano dagli alberi. All’improvviso, centinaia di occhi
gialli si spalancarono nell’oscurità, e osservarono la giovane. E avanzarono.
Decine,
centinai di cavalli neri emersero dall’oscurità.
Non devi aver paura, perché tu
sei la paura.
Si
avvicinarono lentamente alla donna con le fiere teste chine, come timorosi di
ricevere una punizione. La donna tese una mano tremante verso una delle
creature, che si lasciò accarezzare, quieta. Era lucente come polvere di
diamanti neri, ma al tatto sembrava fatta di seta e di fumo.
…La più profonda e la più umana. Il
veleno.
Sei tu la vera Regina.
Fu
allora che le creature la chiamarono per
nome. Il suo nome.
Crysis.
Discordia.
-+-
Ooops. Fandom sbagliato. Che ci
faccio io qua?
Eeeeee sono tornata a scrivere. E no,
non ho intenzione di mettere nemmeno un po’ di impegno in questa ficcy.
Piuttosto,
ho deciso di fare una scommessa con me stessa.
Voglio
vedere se riesco ad uploadare più frequentemente di
quanto faccio con le mie altre store, il che
significa prima di ogni morte di papa. Ok, perdonate i mie deliri, ora vi lascio.
Già mi vergogno di
quest’obbrobrio… :|