La danzatrice della vita
Mi
hanno detto che sono perduta. Quando ogni
notte apro la porta ad un uomo diverso, avvicino di un passo la mia
anima alla
dannazione. Ma chi dice questo non sa che voglio essere esattamente
così. Una
prostituta o puttana, come più vi piace, sono quello che
volete.
Gli uomini che entrano nel
mio letto non hanno viso, sono ombre vacue e grigie. Li scorgo a tratti
ondeggiare sopra di me, gementi quanto fastidiosi. Credono di
possedermi, di
avere il controllo del mio piacere. Chissà quanto sarebbero
disposti a pagare
se, invece di finti gemiti e mugugni, spiegassi che il corpo davanti a
loro è
un vaso vuoto senza vita.
Questa sono io, non ho
forma né sostanza, sono solo profumo e respiri.
La ragazza che muoveva
lesta i piedi per evitare le numerose pozzanghere, era in ritardo. Non
che le
importasse particolarmente essere puntuale, ma era sempre stata
dell’idea di
mantenere, con quanto più impegno possibile, gli impegni
presi. Le altre
dipendenti del Red Illusion si scapicollavano giù dai loro
miseri appartamenti,
per arrivare il prima possibile e trovarsi un cliente per la serata,
quanto
meno guardabile. A chi arrivava tardi restavano gli scarti, ridicoli
ometti
troppo presi dai loro istinti per accorgersi del ribrezzo che
provocavano alla
loro compagna di turno.
Le cose per Ginevra erano
diverse. La natura, con suo grande rammarico, non le aveva regalato
splendide
ed eleganti gambe lunghe, ma per compensare la mancanza aveva a suo
favore
agilità e scioltezza di movimenti. Il fisico minuto ma
proporzionato era
perfetto per la danza, e Ginevra non si era certo tirata in dietro.
Quei fianchi che di
lì a
poco avrebbero ipnotizzato un centinaio di persone, scartarono con una
ampia
curva un sacco di immondizia finito in mezzo alla strada dopo la
pioggia. Uno
sguardo di ammirazione e malizia si posò su di lei
seguendola con lo sguardo
mentre il suo corpo riprendeva il naturale dondolio sensuale della
camminata. E
se anche Ginevra si fosse accorta di quello sguardo, non vi
badò.
Sentiva il corpo muoversi,
ondeggiare e inclinarsi di proprio volontà. Sapeva che era
il suo cervello a
comandare gambe e braccia ma, se non avesse avuto un minimo di cultura
anatomica, avrebbe detto che era il vento o la musica a farla muovere.
Si
sorprendeva ogni volta, quando crollava a terra ansimante di come tutti
nella
sala la stessero guardando ammaliati. Cosa aveva mai fatto di
così speciale da
meritarsi tutti gli elogi e le grida eccitate di quella folla, stipata
in
scomode e troppo attaccate sedie di legno, venuta lì quella
sera solo per
vedere lei. La sua mente restava vuota, non registrava nulla di quello
che
faceva sul palco. Non riusciva a prendere coscienza di quanto potesse
risultare
attraente agli occhi di chi la guardava quel suo muoversi sensuale e
ritmico.
In quei minuti sentiva solo la musica, una delle poche cose belle della
sua
arida vita. Sentiva il ritmo della batteria risuonarle nella testa e
perdeva il
senso di sé. Preda di quel suono capace di illuminarle la
vista per un istante,
un attimo di meraviglia dove poteva sentirsi in pace, libera dai
vestiti e
dalle regole. Sola e viva.
“Ti hanno
comprata per
questa sera”
La voce biascicante e resa
rauca dal troppo fumo apparteneva a Bill, proprietario del locale
nonché suo
datore di lavoro. A dispetto dell’impresa, fruttifera quanto
illegale, che
mandava avanti da anni, era un uomo piuttosto simpatico e disponibile.
“Proprio oggi?
Dovevo
finire di leggere un libro” brontolò Ginevra
lasciandosi cadere sul piccolo
sgabello davanti al luminoso specchio a muro. Con gesti esperti si
sfilò il
fermaglio dai capelli, liberando la cascata ramata per cui non pochi
avevano
perso la testa.
“Questo te lo
prendi, poche
scuse. Ha pagato parecchio e in contanti” esclamò
risoluto Bill aprendo con la
grossa mano la porta del camerino. Era risaputo in tutto il locale che
il
grosso uomo riservasse un trattamento di favore a Ginevra. In fin dei
conti,
molti dei clienti venivano per vederla danzare e se ogni tanto lei
rifiutava di
restare con qualcuno di loro per tutta la notte, non era un problema.
Anzi,
meno si concedeva in giro più quelli erano disposti a
pagare. Quella sera però
non ammetteva capricci, quel tipo mai visto aveva sborsato
più di quello che
lui guadagnava in un’intera sera solo per avere quella
ragazzina rossa.
“E sentiamo
quanto valgo
stasera?” cinguettò altezzosa Ginevra
spazzolandosi i lunghi capelli.
“Diecimila
sterline”
Poi la porta si chiuse e la
ragazza dentro la stanza, restò a fissare la sua immagine
allo specchio.
Diecimila sterline per quella figurina che vedeva riflessa davanti a
lei,
scompigliata e con le guance accaldate. Chi mai potrebbe pagare tanto?
Un
pazzo.
Psicopatico o no, doveva
rimettersi in sesto. Voleva dimostrare di valere per lo meno la
metà di tutti
quei soldi. Finì di sistemare i capelli con due secchi colpi
di spazzola e
sfilandosi dalle spalle il bianco accappatoio prese a esaminare con
minuzia
ogni capo presente nell’armadio davanti a lei. Pensando che
non avrebbe tenuto
addosso per molto nessuno di quei vestiti le pareva inutile tanto
affanno per
la scelta, ma voleva lasciarlo senza respiro.
Venti minuti dopo una
snella figura uscì dal camerino per presentarsi davanti al
balcone in legno del
bar. Raggiunse Bill maledicendosi per non essere abbastanza alta da
vedere
meglio la persona con cui stava parlando. Poteva vedere solo qualche
ciuffo di
capelli biondi fare capolino da sopra la pelata ormai inarrestabile del
suo
capo. Ne dedusse che doveva essere parecchio alto per arrivare
all’altezza di
Bill, in pratica dal suo punto di vista era un gigante.
Draco Malfoy non aveva mai
pagato una donna per la sua compagnia. Del resto da quando aveva dodici
anni
nessuna ragazza si era mai rifiutata seguirlo dovunque volesse andare.
Alcune
erano talmente patetiche da fargli quasi pena. Quella sera
rappresentò l’unica
eccezione di una vita.
Aveva notato quella rossa
qualche ora prima, mentre guardava distratto una vetrina di abiti
sciatti. Nel
riflesso del vetro un po’ opaco, lo aveva stuzzicato
l’immagine di un corpicino
minuto camminare veloce. Il modo in cui quella bella ragazza aveva
aggirato un
sacco in mezzo al marciapiede lo aveva lasciato piacevolmente sorpreso.
Aveva
gli stessi modo di una vivace bambina intenta a saltare la corda ma
allo stesso
tempo si muoveva con la malizia di una donna che sa come far girar la
testa a
un uomo.
Poi era arrivato in quel
locale. Ospitale, ma per il resto era una bettola considerati i locali
che era
solito frequentare. Così se ne era stato dieci minuti seduto
su una piccola
sedia di legno con il ginocchio di uno sconosciuto puntato contro la
coscia
destra. Quando ebbe perso il conto delle maledizioni lanciate in quanto
più
silenzio possibile contro quel posto e quella compagnia, le
già fioche luci si
spensero del tutto, mentre il ridicolo palco di due metri si
illuminò.
Guardò quella
figura
ballare per mezzora e rimase più che mai perplesso.
Dov’era finita quella
bizzarra energia che aveva visto nel pomeriggio? Che la vetrina del
negozio gli
avesse giocato un pessimo scherzo? Certo doveva ammettere che come
ballerina
era brava, anzi molto. Non era mai stato insensibile al fascino
femminile e in
quel momento si sentiva rimescolare lo stomaco dal desiderio, ma questo
era
insufficiente. Quella ragazza sembrava una marionetta, e si diede dello
stupido
quando sorprese sé stesso a controllare l’assenza
di eventuali fili legati ai
polsi e alle caviglie. Sembrava drogata, in un completo oblio di musica
senza
emozioni.
Lui voleva vedere la
bellezza di un movimento spontaneo, uno sguardo che non guardasse il
vuoto ma
solamente lui. Per questo si era frugato nelle tasche e dato tutto il
loro
contenuto al bislacco proprietario del locale, assicurandosi la
bambolina di
ceramica per l’intera notte.
Certo non si aspettava di
vederla comparire sorridente al fianco del bestione con jeans e
maglietta a
maniche lunghe. Come unico vezzo un piccolo diamante ornava
l’altrimenti nudo
decolté.
Ginevra si accorse dello
sguardo perplesso del giovane davanti a lei e ne fu piacevolmente
orgogliosa.
“Dove mi
porti?” civettò
afferrando con una lieve presa il braccio di Draco. Per sua natura non
sarebbe
mai stata tanto oca con un uomo, ma quello era il suo lavoro e del
resto ciò
che lui poteva pensare di lei la lasciava indifferente. Doveva
ammettere però,
che come riccone pazzo era decisamente bello. Proprio una meraviglia.
Alto,
forse un po’ troppo per lei, biondo e con l’aria da
selvaggio pirata. Magari
quella sera si sarebbe persino divertita. Solo gli occhi stonavano con
il
quadro del perfetto amante. Grigi e inquisitori. Voltò il
viso verso di lui con
quanta più vanità possibile e trovò ad
aspettarla il freddo gelo di uno sguardo
senza espressione.
“Non deve
importarti”
mormorò una voce secca e priva di tono. Ginevra
cominciò a pensare che forse il
bel tipino non fosse poi tanto affascinante caratterialmente come lo
era
nell’aspetto esteriore.
Percorsero molta strada a
bordo di una lussuosa e comoda auto, con tanto di autista privato.
“Questo tipo fa
il bagno in
banconote da cento sterline. Probabilmente sono una delle cose meno
care che
abbia mai comprato” pensò Ginevra accarezzando
invidiosa la morbida e fresca
pelle nera dei sedili.
Il silenzio si stava
facendo troppo pesante per i suoi gusti così decise di
giocare un po’.
“Puoi smetterla
di guardare
i miei vestiti in quel modo assurdo. Mai madre diceva sempre che non
c’è
eleganza in nessun abito da sera, se sotto hai della biancheria in
disordine e
magari di colore diverso. Seguo sempre i suoi consigli”
concluse Ginevra
guardando con un pizzico di puro divertimento il ragazzo al suo fianco.
L’espressione che
apparve
sul viso dei Draco, scambiata da Ginevra per imbarazzo, fu di diversa
natura.
Dopo un lasso di tempo parso infinito e una considerevole somma sparita
dalle
sue mani, Draco aveva rivisto quella scintilla di vera
vivacità che cercava.
Ricambiò la
frase
provocatoria della ragazza con uno dei suoi enigmatici sorrisi,
sperando di
farle arrovellare il cervello nel tentativo capire cosa gli passare per
la
testa, ma erano arrivati a destinazione e gli occhi della ragazza erano
persi
sulla figura della villa davanti a loro.
Fosse stata anche una
settimana intera in quella casa non le sarebbe bastato il tempo per
vederla
tutta. Ginevra abituata al suo comodo appartamento di cinquanta metri
quadrati,
calpestabili molti meno, si sentiva dispersa in quelle stanze
dall’alto
soffitto e talmente grandi che i mobili faticavano a riempirle del
tutto.
“Vieni”
ordinò con poco
grazia Draco avviandosi lungo la grande scalinata davanti alla porta
d’entrata.
Ginevra non fece caso al tono o ai modi del ragazzo, si era vista
trattare
molto peggio ma questo nuovo cliente la turbava. La guardava in modo
strano,
sembrava quasi che la esaminasse.
Se poco prima aveva deciso
con fermezza di lasciarlo senza respiro ora doveva complimentarsi con
sé
stessa. Era rimasto senza colore. Arrivati in un piccolo salottino del
secondo
piano lui si era seduto su una pesante poltrona di velluto verde e
quasi non la
guardava.
Aveva camminato piano fino
a lui, mentre con gesti lenti ma decisi si slacciava i jeans facendoli
poi
scivolare sulle snelle gambe una volta arrivata davanti a lui. La
maglietta di
cotone seguì ben presto i pantaloni sul pavimento lasciando
Ginevra con gli
abiti tanto attentamente scelti. La leggera sottoveste di seta bianca
le
fasciava il corpo con impalpabile perfezione, lasciando bene
intravedere il
completo rosa pastello che indossava sotto. Rimase ferma sotto quello
sguardo
di ghiaccio per interi minuti ma non mosse un muscolo. Non poteva, si
sentiva
inchiodata da quegli occhi che con piacevole e tremenda lentezza
percorrevano
ogni più nascosta parte di lei. Per un istante le parve di
vedere il desiderio
bruciare dentro quello sguardo ma la porta finestra del terrazzo si
spalancò e
il fresco vento estivo la distolse dai suoi pensieri.
“Esci”
mormorò Draco
alzando brevemente una mano in direzione del terrazzo. Questa volta
però non
aveva il suono di un ordine, ma sembrava una calma richiesta.
Ginevra
indietreggiò finché
avvertì la fredda pietra grigia solleticarle i piedi nudi.
Normalmente si
sarebbe chiesta quale stano gioco avesse in mente ma la ragione non
funzionava
più. Sentì lontana una musica avvicinarsi mano a
mano che raggiungeva il centro
del terrazzo e quando si fermò la melodia era arrivata fino
a lei, chiara e
sonora.
“Balla”
La voce di Draco le
arrivò
sotto forma di flebile sussurrò e lei non esitò
un solo istante. Forse le aveva
fatto qualche strana magia ma sapeva che se le avesse detto di buttarsi
lei lo
avrebbe fatto. Cominciò a muoversi, seguiva il ritmo della
musica con esperta
sintonia ma qualcosa non andava. Il suo corpo non rispondeva
più al richiamo
delle percussioni, lo sentiva stonare come se ballasse una musica tutta
sua.
Poi capì. Lei stava sentendo quello che faceva. Poteva
avvertire chiaramente il
movimento della mano aperta sul ventre o il piede scivolare lento
all’indietro.
Cosa mai le aveva fatto questo uomo? Scioccata da sé stessa
rimase immobile
lasciando che solo la sottoveste ballasse sospinta da un impertinente
vento.
Qualcosa le cadde sulla
guancia per poi scivolare veloce verso il collo e sparire assorbito
dalla lieve
seta attorno al seno. Arrivarono altre gocce dopo quella e presto tutta
la sua
pelle fu percorsa da piccoli fiumiciattoli diretti a terra.
Guardò per istinto
verso l’alto ma non vide nuvole arrabbiate cariche di
pioggia. Lassù c’erano
solo un’infinità di luminose stelle e una sottile
luna a falce come unica fonte
di luce.
“Cosa?”
balbettò confusa
Ginevra aprendo il palmo della mano per accogliere una tonfa goccia.
“Balla. Balla per
me”
Questa volta la voce giunse
limpida e forte, e il cuore che Ginevra credeva spento, fece un
inaspettato e
doloroso balzo.
Chiuse gli occhi e
ascoltò
la musica. Non era come quella assordante e metallica del Red Illusion.
Questa
melodia sembrava venire apposta per lei da paesi dall’altra
parte del mondo,
con flauti e tamburi uniti a formare un suono melodico e coinvolgente.
Prese a danzare con calma,
non dirigeva il suo corpo da un bel po’ di tempo e doveva
abituarsi. Fece in
fretta. Quella musica era inebriante e presto perse la cognizione del
luogo, le
pietre che talvolta le graffiavano i piedi non venivano considerate e i
capelli
ormai fradici erano lasciati liberi di ondeggiare seguendo le sue
mosse. Il suo
stesso sangue fremeva dalla voglia di muoversi, era tanta la voglia di
sfogarsi
dopo tutti gli anni di letargo che temette di scoppiare.
Aprì gli occhi di
scatto e lo guardò. Come era possibile, decine di uomini le
erano stati
talmente vicini da poter vedere ogni sfumatura dei suoi occhi, e ora
questo
ragazzo venuto dal nulla la sconvolgeva fino alle ossa
fissandola da cinque metri di distanza.
Quello sguardo apparentemente privo di emozioni la stava infuocando,
attrazione
e desiderio crescevano sempre più dentro di lei e la sua
danza si fece via via
più vitale. Stava scoprendo quelle emozioni conosciute solo
a parole e il
piacere era tanto intenso da tramortirla. Cadde sulle ginocchia e
curvando il
busto all’indietro si riempì di vita. Poteva
vedere i capelli mollemente
abbandonati sulla pietra come uno splendido tappeto rosso, e qualche
ciocca
rimasta attaccata alla pelle umida disegnava gotici ricci sul seno
quasi
scoperto. Si sentì bella. Per la prima volta fu consapevole
dell’effetto che
avevano la sua pelle lucida di pioggia e i suoi fianchi sinuosi sulla
persona
seduta a guardarla da lontano.
Con snervante lentezza
tornò in piedi lasciando cadere a terra la sottoveste zuppa
d’acqua.
Un attimo dopo stava
baciando il ragazzo che le aveva ridato la vita perduta. Fosse stato
anche solo
per una notte, o solo per qualche ora poco importava. Ma Draco Malfoy
non aveva
intenzione di lasciarla andare. Era rimasto su quella poltrona anche
troppo a
lungo invidiando ogni singola goccia che lesta accarezzava quella pelle
morbida. Con pazienza aveva liberato la marionetta dagli invisibili
fili, e il
risultato era stato molto più soddisfacente di quanto si
sarebbe mai aspettato.
“Dillo”
mormorò il ragazzo
scendendo a baciarle il collo umido di pioggia “dillo che
ballerai solo per me”
“Solo per
te” bisbigliò
Ginevra prima di unire le labbra a quelle di Draco ancora una volta.
Sapeva che
non sarebbe più stata capace di danzare al Red Illusion, la
sua danza ora
apparteneva a questo ragazzo di cui non sapeva neppure il nome.
Draco strinse a
sé quel
piccolo corpo che aveva davanti, così fragile in apparenza,
ma capace di aprire
le porte dell’inferno davanti a lui. La desiderava e non solo
per una sera, in
mezzora era diventato drogato di lei. Dipendente da quella sua energia
di vita.
“Dimmi che sei
mia”
sussurrò piano lasciando una scia di baci dove prima
c’era stata una spallina
del reggiseno.
La sentì
irrigidirsi un
poco e poi due calde mani portarono il suo viso verso quei limpidi
occhi verdi.
“Sempre e
mai” sentenziò
con dolcezza Ginevra prima di lasciarsi cadere sul divano poco distante.
Draco Malfoy fu svegliato
dal freddo vento della mattina. La leggera coperta che si era gettato
addosso
poco prima di addormentarsi non era di alcuna utilità.
Grattandosi la testa con
le dita fra i capelli arruffati, cercò con gli occhi la
bella danzatrice rossa.
Nessun segno di vita, se non per un debole bagliore bianco fuori sul
terrazzo.
Per terra, al centro del balcone, Ginevra aveva piegato con cura la
sottoveste
bianca e lasciato un piccolo foglio di carta sopra, fermato da un sasso
perché
non volasse via con il vento.
Se
chiudi in trappola un animale selvatico
puoi
star certo che morirà.
Ma
se lo lasci libero
nove
volte su dieci tornerà a casa.
Draco tornò in
casa con un
ghigno sulle labbra e di lì a poco sarebbe scoppiato in una
sonora risata. Quella
sera lasciò la porta finestra del piano inferiore aperta.
Stava aspettando una
gatta e sapeva che stava già arrivando. Avrebbe ballato solo
per lui, su un
terrazzo, bagnata da una finta pioggia, illuminata da milioni di stelle
e da
una bianca luna.
Ciao a tutti! Sono tornata
con una nuova storia! Cosa ne dite vi piace? So che forse il tema non
è dei più
originali ma mi sono tolta uno sfizio scrivendola. Spero di avere reso
al
meglio le emozioni dei personaggi, se così non fosse vi
prego di dirmelo! Ad
ogni modo sarei felicissima se la storia risultasse bella e leggibile!
Mi scuso
in anticipo per i sicuri errori di grammatica o sintassi.
Volevo aggiungere che la
frase sul biglietto lasciato da Ginevra non è di mia
invenzione, ma è tratta
dal libro ‘Pomodori verdi fritti al caffè di
Whistle Stop’ di Fannie Flagg che
fra l’altro consiglio a tutti. Ho preferito non inserire le
dovute spiegazioni
sotto la frase perché sembrava che spezzasse il racconto.
Ringrazio in anticipo tutti
coloro che vorranno lasciare un piccolo commento. Grazie mille!
A presto un bacio! Giulia.
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