La prima volta che Louis vede Harry,
lo trova spaventoso:
bello e accecante come il sole, occhi verdi da gatto e ricci sexy,
circondato
dai suoi amici Favoriti, mentre ride della goffaggine di un ragazzino
del 9
alla postazione di combattimento con la spada.
Louis pensa che tanta bellezza sia
sprecata per un ragazzo
cresciuto per uccidere.
Louis viene dal distretto 7, dove
l’aria profuma di bosco e,
sulle cime più alte degli alberi, di libertà.
Louis viene dal 7, dove ti
insegnano che raggiungere il proprio obbiettivo è bene, ma
che ci sono dei
limiti. Louis viene dal 7, è testardo come un mulo, dalla
parlantina facile e
incapace di rimanere al proprio posto.
Così Louis, che
è del 7 e porta negli occhi il cielo del suo
distretto, va ad aiutare il goffo ragazzino del 9, senza preoccuparsi
degli
sguardi minacciosi dei Favoriti.
Il ragazzino si chiama Niall, ha i
capelli biondi, le guance
rosse come mele e gli occhi di un timido azzurro.
- tanto piacere! – trilla
Louis, dandogli qualche pacca
amichevole sulla spalla, mentre lo aiuta a tirarsi in piedi.
L’istruttore fa
loro cenno di spostarsi dalla pedana, che non sono certo gli unici che
ne
devono usufruire.
E Louis, mentre si allontana con
Niall verso un’altra
postazione, sente lo sguardo di Harry puntato sulla sua schiena, ma non
gl’interessa: lui non ha paura.
Il ragazzo del 3 sa il fatto suo,
pensa Louis mentre lo
guarda sullo schermo dietro le quinte, dove stanno tutti aspettando di
essere
chiamati sul palco.
Louis sa di poter piacere alla gente:
è spiritoso, gli è
facile parlare di sé, ed è bello. Non ha paura
del palco, lui. Non ha paura e
basta. Non è come Niall che, questa mattina, l’ha
assillato con tutti i suoi
dubbi; Louis certe volte non lo capisce, perché essere
insicuro non fa parte
della sua natura.
Ma mentre guarda il tributo del 3
– Liam, forse? - che fa
applaudire il pubblico con quell’aria da bravo ragazzo
educato, si chiede se ne
valga la pena. Che senso ha, tentare di piacere a della gente che punta
scommesse sulla tua morte?
Louis scuote la testa, e
nell’altra stanza vede con la coda
dell’occhio il ragazzo dell’1, Zayn, che ride con
la sua compagna di distretto.
Stringe le labbra e si volta dall’altra parte,
perché Zayn gli sta antipatico
come pochi, perché è sempre dietro a guardarsi
allo specchio e a ridere degli
altri, e forse anche perché a lui è capitata una
compagna di distretto sicuramente
più carina della sua. Non che gl’interessi,
comunque.
Liam scende dal palco, e appare la
ragazza del 4. Harry è il
prossimo, si sistema con aria nervosa il papillon e si passa la mano
tra i
ricci. Louis lo guarda, non sa neanche perché, e pensa che
lo smoking blu mare
gli stia bene. Poi pensa di nuovo a quanto sia tutto sprecato: Harry
è un
Favorito, anche se in questo momento sembra un ragazzo qualsiasi.
Una volta sul palco, il riccio
incanta Capitol come solo
Zayn è riuscito a fare, e forse anche un po’ di
più. Louis non vuole essere
come loro, non vuole piacere alla gente perché è
bello o perché viene da un bel
distretto. Forse non vuole piacere e basta. Si morde
l’interno guancia, e
scaccia il pensiero che, in realtà, Harry ha incantato anche
lui.
Quando tocca a lui, Niall gli lancia
un grido
d’incoraggiamento e Louis si sente un po’ meno
avvilito dall’idea di dover
sorridere davanti ai suoi aguzzini.
Seduto sulla sua seggiola accanto a
Caesar Flickerman, Louis
stacca la spina che collega il cervello alla parte di lui che si
ribella a
tutto questo e ride, parla e scherza. Il pubblico lo adora e, quando
tutto
finisce, Louis li sente anche da dietro le quinte mentre gridano il suo
nome.
Fa un segno con la mano a Niall,
ancora in fila, che gli
risponde con un sorriso nervoso. Louis sa che andrà bene:
Niall è troppo dolce,
per non poter piacere. Lo adoreranno.
Il suo mentore gli parla
nell’orecchio, ma a Louis non
interessa molto quello che ha da dire. Gli dice che è stato
bravo, che gli
sponsor l’hanno sicuramente notato, anche perché
quel 7 agli allenamenti è
proprio una buona cosa. Ma Louis questo lo sa già,
così, quando la sua compagna
di distretto si ritira, lui rimane nella stanza a ciondolare,
aspettando Niall,
che scende dal palco con le guance in fiamme e l’aria
sconvolta.
Louis gli batte la mano sulla schiena
con fare
incoraggiante, e lo saluta.
Si vedranno domani. Forse.
No, non si vedranno mai
più, perché Louis sta già scappando
quando Niall viene colpito da qualche Favorito. Questa volta non
può tornare
indietro e salvarlo, era questo il loro patto: “scegliamo una
direzione e poi
si fila via, senza voltarsi indietro, senza recuperare
niente.”
( In realtà, Louis ha
già infranto il patto quando si è
chinato a raccogliere uno zaino, ma non può certo dire che
sia un male. )
Ma Louis lo sente, Niall che grida, e
si gira giusto in
tempo per vederlo cadere al suolo; dietro di lui, la compagna tanto
carina di
Zayn sta già preparandosi ad uccidere un altro tributo.
Louis la odia, non la
trova più così attraente, e si ripromette che
vendicherà Niall, anche se in
realtà non sono stati davvero amici. Infondo, non si
può essere amici agli Hunger
Games.
È terribile; Louis si
sente soffocare, come quando, in piedi
sulla pedana, si è reso conto che non c’era nessun
cielo sopra di loro, ma solo
un soffitto alto e buio. Come quando si è reso conto che non
avrebbe mai più
rivisto il sole.
Louis riprende a correre,
perché se si ferma adesso non
andrà avanti mai più. Si trova in un cunicolo che
gli ricorda le fogne, buio e
largo. Al centro, scorre un fiumiciattolo d’acqua scura, e
Louis spera tanto
che non sia l’unica fonte d’acqua
nell’arena.
Continua a correre, costeggiando il
fiumiciattolo, finchè
non sente che i polmoni stanno per scoppiargli. Si ferma, e tenta di
capire dov’è:
non ha mai avuto un buon senso dell’orientamento, ma ha
notato che l’acqua
scorre verso la Cornucopia, quindi pensa che proseguire nella direzione
opposta
possa essere una buona idea. Il buio non è così
fitto da impedirgli di
distinguere le cose intorno a sé, e raccogliere lo zaino
è stata una mossa
intelligente: dentro ci sono due scatole di biscotti, una borraccia
vuota, della
corda e un sacco a pelo. Nessun’arma, ma a Louis non piace
l’idea di dover
uccidere. Se è fortunato, magari riesce ad evitare gli
scontri.
Una lieve luce filtra tra le crepe
del soffitto, creando
strane trame sull’acqua che scorre veloce. Louis alza lo
sguardo, sperando di
intravedere qualcosa attraverso la crepa, ma sa di essere un illuso: le
fessure
servono solo a non lasciarli completamente al buio, il soffitto
è troppo in
alto e sicuramente impossibile da distruggere. Pensa a quando, alla
fine dell’Edizione,
verranno dei visitatori a vedere da vicino l’arena:
sicuramente metteranno
delle lampade, forse anche una piantina di emergenza per non perdersi;
ci
saranno ventitré iscrizioni ad indicare i luoghi dove ognuno
di loro è morto, e
una guida che racconterà tutto nei minimi dettagli.
Louis evita di chiedersi dove e come
morirà, e da bravo
illuso si dice che il suo nome non ci sarà su nessuna di
quelle iscrizioni: il
suo nome sarà scritto in caratteri grandi, nel punto in cui
vincerà i Giochi.
Ride, per scacciare l’ansia che gli è salita nel
petto, e riprende a camminare,
sentendosi più frastornato che mai, mentre anche il rumore
dei suoi passi viene
inghiottito dal buio del cunicolo.
È fregato. Louis lo sa con
matematica certezza, perché lui
ha in mano uno zaino, mentre Zayn ha in mano una spada lunga quanto il
suo
braccio. Lo sa,
perché alle sue spalle
c’è un fottutissimo muro. Solo lui riesce a
cacciarsi nei vicoli ciechi. Ma, in
questo labirinto di cunicoli, Louis non ha un solo punto di riferimento
che non
sia l’acqua che scorre, e come poteva sapere, lui, dove stava
andando?
Sapeva di non essere un mago del
travestimento, ma sperava
che il buio riuscisse a nasconderlo almeno un po’ agli occhi
dei Favoriti. E
per una settimana c’è anche riuscito; ma Louis non
ha un alleato che faccia i
turni di guardia mentre lui dorme. Ce l’avrebbe, se quella
zoccola che ora
sorride dietro a Zayn non avesse pensato bene di ucciderlo.
Ringhia qualche insulto e schiva
l’ennesimo colpo. In
qualche modo, si sente un idiota: sta ancora sperano che qualcosa lo
salvi.
Harry è infondo al gruppo, e lo guarda con quei suoi occhi
verdi da gatto; non
ride come il giorno in cui Louis ha aiutato Niall, non sembra trovare
la
situazione divertente come invece fanno i suoi compagni. Louis lo
guarda negli
occhi, giusto un attimo prima di ritrovarsi a terra con la spada
puntata alla
gola. Si è distratto, lo zaino si è strappato ed
i vestiti cominciano ad
inzupparsi d’acqua, anche se Louis proprio non riesce a
capire da dove
provenga. In qualche modo, si scopre sorpreso nel notare che i
pantaloni sono
impermeabili. È incredibile come la sua mente continui a
registrare anche le
cose più stupide, in un momento come questo.
Zayn gli sorride di un sorriso
storto.
- non si sfidano i Favoriti,
distretto 7 –
Louis sente le mattonelle fredde
premere sullo zaino,
schiacciato tra il muro ed il suo corpo. Sorride, perché
è la cosa che gli
viene meglio. Pensa all’epigrafe ridicola che sicuramente
scriveranno sul muro
dietro di lui: Louis Tomlinson, morto
sorridendo.
Scuote la testa lievemente.
- non si fanno i bulli sui ragazzini
indifesi, distretto 1 –
commenta, ironico, fissandolo negli occhi con aria di sfida. La luce
che filtra
da una crepa gli ferisce gli occhi, tanto da costringerlo a strizzarli.
E Zayn, che una replica non se
l’aspettava affatto, gli tira
un calcio che lo fa rantolare. Louis ride, perché altrimenti
dovrebbe piangere,
e proprio non vuole.
Harry ancora lo guarda, il volto
bianco come un lenzuolo. La
ragazza scuote i lunghi capelli biondi. Louis sa che ci sono altri
Favoriti, li
ha visti. Forse sono rimasti alla Cornucopia.
- che ci trovi, da ridere, eh?
– ringhia Zayn, abbassandosi
verso di lui, premendo la lama della spada sulla pelle sottile del suo
collo.
Louis lo guarda, e si chiede se
l’altro si è reso conto di
essere davvero il più patetico di tutti. Gli fa
pietà.
- eh? – grida Zayn,
rifilandogli un altro calcio, questa
volta dritto dello stomaco. Louis si accascia, la mano premuta
sull’addome come
a fermare del sangue che non c’è. Zayn ha la spada
alzata, e Louis lo sa che
sta per morire, e che probabilmente la sua testa rotolerà
per il vicolo come
quella di Maria Antonietta è rotolata giù dalla
ghigliottina. Il pensiero lo
raccapriccia, ma Louis comunque emette un gorgoglio che dovrebbe essere
risata,
perché davvero Zayn non si è reso conto di quanto
tutto questo sia stupido e
quasi gli salgono le lacrime agli occhi e il cuore gli si gonfia di
paura.
Stringe gli occhi, e si chiede se
pregare, in un momento
simile, possa servire a farlo sentire un po’ meglio.
Ma all’improvviso la
ragazza strilla, Zayn geme di dolore a
terra e Louis è di nuovo in piedi, mentre Harry lo trascina
via correndo.
Passano dieci minuti buoni, prima che
Louis si renda conto
che Harry lo sta davvero salvando. Tiene la sua mano grande stretta
attorno al
polso sottile di Louis, che inizia a non capirci più nulla.
Però un’improvvisa
adrenalina lo spinge a correre il più veloce che
può, fregandosene delle
domande che gli martellano il cervello, mentre Harry, davanti a lui,
continua a
muoversi agile tra i cunicoli, come se sapesse perfettamente dove
stanno
andando.
Quando si fermano, Louis gli va a
sbattere addosso. Ha gli
occhi traboccanti di lacrime, le dita che fremono nella smania di fare
a botte
con qualcuno per dimostrare di essere ancora vivo. Si rannicchia a
terra su se
stesso, ansimando, il volto nascosto dalle braccia per coprire le
lacrime calde
che gli scendono sulle guance. Harry non dice niente. Lo guarda per un
po’, poi
gli si siede accanto. Gli mette una mano sulla spalla.
- mi dispiace. – dice, con
la voce roca e affannata. Louis
lo sente che è sincero.
– mi
dispiace. -
Non gli ha chiesto perché.
Sono passati tre giorni, da quando Harry l’ha tirato fuori da
quella terribile
situazione, ma Louis non gli ha chiesto perché.
Louis non ha problemi a parlare, ad esprimere sempre quello
che pensa, ma
forse ha paura della risposta.
Così si è
limitato ad un “grazie” sincero come pochi,
fissando gli occhi azzurri in quelli verdi di Harry, che è
arrossito e ha
balbettato qualche parola senza senso. Louis ha riso, e ride anche
adesso
mentre Harry scivola goffamente su una mattonella bagnata, cadendo a
gambe
all’aria nell’acqua scura.
- ma allora sei una persona normale
anche tu! – esclama,
porgendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi. Harry grugnisce
scontento,
accettando l’aiuto che l’altro gli offre con un
sorriso spontaneo sul volto. Neanche
Harry sa perché ha salvato Louis, ma vorrebbe che
l’altro gliel’avesse chiesto:
almeno si sarebbe costretto a cercare una risposta più
sensata del “non potevo
lasciarglielo fare. Non a te.”
che gli ronza in mente.
Harry è stato cresciuto
come un Favorito, e certe volte si
comporta come tale, ma quello che Louis non sa è che Harry,
in realtà, non ha
mai voluto esserlo. Ma Harry sa che gli Hunger Games non sono veramente
un
gioco, e non poteva permettersi di essere debole. Si è reso
conto solo dopo che
sono i Favoriti ad essere deboli: si piegano alle regole come se fosse
giusto,
muoiono convinti di aver portato onore, vincono felici di aver
dimostrato la
propria forza.
Harry l’ha vista, la
pietà negli occhi di Louis, quando
guardava Zayn. Zayn no, non l’ha notata, ma Zayn è
sempre troppo impegnato a
guardare se stesso per guardare gli altri. Harry non riesce proprio, ad
essere
come lui.
L’acqua comincia ad
ingrossarsi: quello che il primo giorno
era solo un fiumiciattolo, ora è un vero e proprio fiume in
piena regola. Louis
e Harry ci sguazzano dentro, avanzando a fatica perché
camminano in senso
contrario alla corrente, ma intanto ridono della battuta poco felice
che Louis
ha appena fatto.
È bastato poco, a loro
due, per intendersi alla perfezione,
anche se i primi giorni ancora si guardavano con sospetto. Ma convivere
in
cunicoli bui con uno sconosciuto incredibilmente bello, mette Louis di
buon
umore. E forse è per questo che, da un paio di giorni a
questa parte, Louis sta
rivalutando un po’ quello che succede.
Louis non ha paura di mettersi in
gioco. Di solito Louis non
ha paura e basta, ma ha imparato a proprie spese che non avere paura
non sempre
è una buona cosa, così si limita a dirsi che si,
ha paura, ma che può anche
affrontarla. In qualsiasi caso, Louis non teme di rivalutare se stesso,
anche
se, agli Hunger Games, rivalutarsi non è particolarmente
utile. Il fatto è che
non riesce proprio a fare a meno di vedere Harry come una delle persone
più
belle che lui abbia mai conosciuto. E Louis non è scemo,
è già stato innamorato
e sa perfettamente perché la sua testa ogni tanto gli fa
fare delle figuracce
epiche.
Harry, invece, no. Ha solo 16 anni,
troppa voglia di
divertirsi e troppa poca gente di cui fidarsi sul serio. Ma Louis gli
piace, forse
un po’ troppo, e gli sembra quasi di non essere
nell’arena, quando parlano.
Louis lo fa sentire vivo come non gli è mai successo prima,
ed è una sensazione
che lo coglie ogni volta che lo sfiora. Ma Louis gli fa anche paura,
perché
quello che potrebbe essere qualcosa di meraviglioso potrebbe anche
essere uno
stupidissimo errore. Perché tutto
potrebbe finire male.
Louis s’aggrappa ad una
mattonella sporgente, e guardando
l’acqua gli porge una mano: - ‘sta attento,
è scivoloso –
Harry afferra la mano, sperando che
il buio nasconda al
mondo il rossore delle sue guance.
Camminano rasenti al muro, in fila
indiana, per aggrapparsi
nel caso scivolino.
La pancia di Louis gorgoglia, ma lui
si limita ad un
risolino nervoso, soffocato dal rumore scrosciante dell’acqua
che scorre. Nel
suo zaino, l’unico pacco mezzo vuoto di biscotti rumoreggia
ad ogni suo
movimento. Stamattina sono finite le scorte di cibo che Harry aveva
nello
zaino, e l’unica cosa rimasta sono i suoi biscotti. Louis
cerca di non
pensarci, e si dice di poter resistere tranquillamente: da qualche
parte ha
letto che il corpo umano può resistere fino a due settimane
senza cibo, e poi
lui è abituato a mangiare poco.
Perso nei suoi pensieri, Louis non si
accorge che Harry è
rimasto fermo, gli occhi spalancati e l’espressione
concentrata.
- Lou! – lo chiama,
sovrastando il rumore dell’acqua. –
Louis! –
Louis si volta, lo guarda con un
sopracciglio inarcato e
Harry fa una smorfia:
- non lo senti? – chiede,
con voce alta. Louis scuote la
testa, e i capelli sporchi gli cadono davanti agli occhi.
- che cosa? – strilla di
rimando. Harry gli fa segno di
ascoltare. Louis tende le orecchie, ma per un lungo istante non sente
niente se
non il rimbombo dell’acqua e il pulsare forte del suo cuore.
Poi lo sente. All’inizio
pensa di esserselo immaginato, ma
quando lo sente di nuovo si mette sull’attenti con fare
allarmato: qualcuno sta
strillando. Louis non sa calcolare quanto è lontano, ma
riesce a capire
chiaramente che è una voce femminile.
Ormai è due settimane che
è nell’Arena, e di cannoni ne ha
sentiti sparare tanti, ma non ha mai visto morire nessuno, a parte
Niall.
Rabbrividisce, improvvisamente teso.
Lui e Harry si lanciano uno sguardo.
Che fare? Louis non sa dire con
precisione da dove
provengano i suoni, ma è piuttosto sicuro che si tratti di
una persona sola. E
in punto di morte, perché solo qualcuno che sta per morire
può emettere dei
versi così disperati.
Con un sospiro pesante, Louis
riprende a camminare. Procede
piano, con cautela, scrutando il buio alla ricerca di indizi di
qualsiasi tipo,
mentre pian piano lo strillo diventa un gemito sempre più
impercettibile, che
finisce col perdersi nel rumore dell’acqua, per poi tornare
ad essere un urlo.
L’acqua gli batte
violentemente contro le ginocchia, quando
infine arrivano ad un bivio. Davanti a Louis c’è
un muro di mattonelle umide e
coperte di muschio, ma a destra e a sinistra si formano due cunicoli
bui.
Aguzzando le orecchie Louis capisce che le urla arrivano dal corridoio
di
sinistra, nonostante il suono riecheggi nel corridoio, rimbalzando
sulle pareti
e creando uno strano effetto.
Harry nota la luce curiosa negli
occhi di Louis, e continua
a fargli cenno di “no” con la testa, ma Louis
è testardo come un mulo e si
avvia titubante nel corridoio di sinistra.
- Louis! – sibila Harry
allarmato, trattenendolo per un
braccio; ma Louis si volta solo un attimo, distrattamente:
- voglio solo vedere –
dice, scrollandosi la mano di Harry
di dosso.
Louis lo sa che guardare qualcuno che
muore è davvero una
cosa brutta; ma ha bisogno di dimostrare a se stesso di non avere
paura, perché
ha la necessità di sentirsi coraggioso almeno per un
po’. Vuole smettere di
avere terrore della morte, e forse guardando quella di un altro
riuscirà anche
ad accettare la propria.
Il buio non è fitto, dalle
crepe sul soffitto arriva una
luce bianca che lancia riflessi opachi sull’acqua scura.
C’è una rete,
immersa per metà nell’acqua. È una rete
fatta
di fili di ferro appuntiti, realizza Louis, quando nota il luccichio
che fa
quando un raggio di luce la colpisce. Dentro, qualcuno si muove come un
animale
in gabbia, gemendo forte.
Harry è immobile, a
diversi metri di distanza, e l’unica
cosa che vede sono le punte acuminate di fil di ferro che spuntano
dall’intreccio.
Louis impallidisce, avanzando verso
la figura che continua a
strattonare, e a muoversi e a strillare. Non riesce a distinguere
niente, se
non un groviglio di arti sanguinanti e capelli; poi sobbalza, quando
due occhi
color del ghiaccio lo trapassano da parte a parte, inchiodandolo al suo
posto.
La ragazza dell’1 ringhia
un insulto quando vede Harry, che
in risposta fa una smorfia e un passo indietro.
I capelli di lei, che Louis ricordava
essere biondo platino,
sono tutti sporchi di sangue secco e le si appiccicano alla fronte .
è coperta
di ferite ovunque, ne ha una particolarmente brutta sul collo, che
sanguina
copiosamente, e numerosi tagli. Sul fianco sinistro, la maglia
è praticamente
carbonizzata e mostra quella che sembra una bruciatura. Louis si chiede
chi
possa essere mai stato a farle questo.
Zayn? No, erano alleati, e anche se
ultimamente è morta
molta gente non si è ancora arrivati agli ultimi scontri. A
Louis non viene in
mente nessun altro, forse perché non conosce gli altri
tributi.
Lei sta per morire. Un brivido gli
sale la spina
dorsale, e Louis
indietreggia,
sentendosi perforare dai suoi occhi crudeli: anche se in questo momento
è
spacciata, lei sa ancora come farlo sentire una preda che trema davanti
al
cacciatore.
Perché Louis sa di essere
la preda: non è forte, o
particolarmente furbo; ha solo una fortuna sfacciata, anche se
ultimamente
sembra essersi esaurita.
E forse è questa
consapevolezza che lo fa sentire più
arrabbiato di quanto non lo sia mai stato in vita sua. È
arrabbiato, perché sa
che se lei non fosse prigioniera della rete, a quest’ora lui
non sarebbe vivo.
Avrei voluto
ucciderla
io.
Lo pensa solo per un attimo, e
l’istante dopo la rabbia si è
improvvisamente sgonfiata di fronte alla consapevolezza di essersi
abbassato a
pensare come uno dei Favoriti. Stringe le labbra, tenta di convincersi
che è
per Niall, che avrebbe voluto vendicare Niall, che non l’ha
pensato per altri
motivi, ma in realtà sa di essere appena diventato quello
che non avrebbe mai
voluto essere.
Indietreggia, afferra il polso di
Harry e tenta di tirarlo
via di lì, pur sapendo che Harry è lì
a causa sua, ma il riccio è immobile, fissa
la ragazza come se avesse visto un fantasma; lei ricambia il suo
sguardo, poi
arriccia le labbra come se Harry fosse qualcosa di disgustoso. Ha
smesso di
gemere.
- traditore! – strilla, e
Harry spalanca gli occhi in modo
tale che il verde delle sue iridi risulti ancora di più sul
suo pallore.
- traditore! – ripete lei,
e Louis, con uno strattone, porta
via Harry di lì, nell’altro corridoio, fino a che
non sono abbastanza lontani
da non sentire più i suoi insulti, che si perdono nel rumore
dell’acqua.
Una volta fermi, Louis si volta verso
Harry.
- mi dispiace, è colpa
mia. – dice, tutto d’un fiato, gli
occhi stretti per non vedere l’espressione
dell’altro. – non sarei dovuto
andare a guardare –
- non fa niente – risponde
Harry, dopo un attimo di lungo silenzio.
Louis spalanca gli occhi in tempo per vedere le labbra
dell’altro stirarsi in
un sorriso stanco. Lo guarda negli occhi, e ci vede un misto di paura,
dolore e
disperazione. – non fa niente – ripete il riccio.
Ed è la cosa che fa più male
di tutte.
È un paio di giorni che
non mangiano niente.
Ma se Louis c’è
quasi abituato, e non fa troppa fatica a
combattere contro la corrente, Harry, che ha sempre avuto almeno un
pasto al
giorno, è sempre più stanco.
Louis sa che non potranno andare
avanti ancora per molto.
Un brivido gli serpeggia su per la
schiena, quando uno
schizzo particolarmente alto gli colpisce il collo scoperto:
l’acqua è
ghiacciata, è ormai da giorni che non si sente
più le gambe, anche se non ci fa
quasi più caso. Il problema è che, se i pantaloni
erano impermeabili, la sua
maglia non lo è di certo. E la giacca è
abbastanza leggera. Finiranno con il
morire assiderati ancora prima che l’acqua li anneghi. E non
ci vorrà certo
molto, considerando che gli arriva praticamente alla vita.
Si stringe nelle spalle, tentando di
cercare un calore
corporeo che sta pian piano scendendo.
C’è
un’unica soluzione, si dice: l’alto.
Ma quando guarda verso
l’alto, ci sono solo le crepe sul
soffitto ed il soffitto stesso. Le pareti sono compatte, una fila
infinita di
mattonelle messe una sopra l’altra.
Sospira tremulo, sperando in una
sottospecie di miracolo,
quando Harry inciampa. Louis lo afferra d’istinto,
tirandoselo addosso prima
che cada completamente in acqua.
- tutto bene? – ansima,
scostandosi subito dopo.
Harry annuisce, i ricci sporchi che
gli si appiccicano alla
fronte e gli occhi stanchi. Louis lo guarda apprensivo.
- vuoi che rimaniamo fermi per un
po’? – domanda, cercando
di suonare il più gentile possibile: non lo fa per
compassione, e non vorrebbe
mai che Harry la vedesse in questo modo.
- no – risponde secco
l’altro, la voce un po’ arrochita.
Louis lo guarda male, sbuffando il suo disappunto. Harry ride:
- e dove, Lou? Qui? Non possiamo
neanche sederci! –
- posso portarti in spalla
– suggerisce allora Louis. Harry
ride ancora più forte, prima di regalargli un sorriso e una
pacca sulla spalla.
- non sono una ragazzina –
ribadisce. – e tu non riusciresti
a fare neanche due metri: sono sicuramente più pesante di
te–
Louis arriccia le labbra, fingendosi
offeso nel vedere il
sorriso accondiscendente di Harry che, dopo una lieve scrollata ai
ricci, lo
supera e riprende a camminare.
Louis non sa per quanto vanno avanti.
Non sa più dare una
misura al tempo. Ormai ha perso perfino il conto dei giorni, anche se
all’inizio li contava sulle dita ogni volta che
l’inno di Capitol risuonava
nell’arena. Aveva anche iniziato a contare i morti ma, dopo
aver provato sulla
sua pelle cosa significa essere ad un passo dalla morte, aveva smesso.
È uno stupido, si dice.
È uno stupido perché, nonostante
tutto, ha ancora un barlume di speranza. Ma poi guarda Harry, la
schiena
leggermente curva in avanti, e si dice che, forse, di speranza non ne
vuole
più.
La luce gli ferisce gli occhi, quando
alza nuovamente lo
sguardo verso il soffitto. Guardare in alto, a casa, gli ha sempre dato
un
senso di tranquillità che non sa esprimere a parole; ma qui,
chiuso come in una
scatola e senza alcuna via di fuga, il soffitto lo fa solo sentire
più
soffocato e prigioniero. E, forse, un po’ di paura ce
l’ha.
C’è un altro
bivio, davanti a loro. Louis li odia, lo fanno
sentire stupido: tutte le volte che sceglie una direzione, ha come
l’impressione di aver imboccato la via sbagliata. Harry dice
che una strada
vale l’altra, che l’altezza dell’acqua
non cambia e nemmeno la luce, quindi è
uguale. Ma Louis detesta non sapere cosa c’è
nell’altra galleria.
Sporge la testa verso quello di
sinistra, cercando di
cogliere qualcosa attraverso il buio, ma l’unica cosa che
scorge è altra acqua
scura che scorre velocemente. Sbuffa, stizzito, e Harry fa un risolino
davvero
poco gentile che gli fa meritare una gomitata.
Quando, infine, decidono di imboccare
il corridoio di
destra, a Louis sembra quasi che l’acqua sia addirittura un
po’ più alta di
prima. Combattono contro la corrente ancora per un po’, e
Louis tenta di vedere
i suoi piedi attraverso l’acqua mentre cammina. Ed
è per questo che va a
sbattere contro Harry, quando non si accorge che si è
fermato.
- vicolo cieco – sospira il
riccio, stanco. – si torna
indietro. -
Louis segue con lo sguardo la grata
che si erge davanti a
loro. è alta, di ferro resistente e sicuramente impossibile
da smuovere. E
forse è perché Louis guarda sempre in alto, o
forse è solo fortuna, ma alla
fine della grata Louis nota qualcosa nel muro che prosegue verso il
soffitto.
Preso da uno strano istinto,
mischiato ad una buona dose di
pazzia, Louis supera Harry ancora fermo e, con mano tremante, comincia
ad arrampicarsi
lungo la grata.
Harry sbuffa, lo guarda scettico e: -
Lou – lo chiama,
stanco. – Louis, non è il momento di giocare
all’arrampicata –
Il più grande non gli
dà retta, continua ad arrampicarsi,
pensando solo a come appoggiarsi senza il rischio di cadere: in questo
è bravo,
a casa era uno dei migliori arrampicatori della scuola. Si domanda se
qualcuno
dei suoi amici lo stia guardando, adesso, mentre scala una grata di
ferro come
una volta faceva con gli alberi.
È abbastanza in alto,
adesso, ma non è ancora arrivato alla
sua meta, e Harry ha lo sguardo preoccupato mentre, da giù,
gli strilla di
smetterla.
Louis lo guarda: - è tutto
a posto, non preoccuparti! –
grida in risposta, un sorriso sincero ad arricciargli le labbra. Chiude
gli
occhi, prende un respiro profondo e prova ad immaginare di essere
sull’albero
di fronte a casa sua, con Stan che si arrampica su quello di fianco
sfidandolo
a chi arriva in cima più velocemente. È come
sentirsi di nuovo vivi dopo tanto
tempo.
Riapre gli occhi, più
determinato che mai ad arrivare fino
in cima, e riprende a scalare. Mano, piede, piede, mano. Lentamente,
Louis
arriva alla fine della grata. C’è ancora un pezzo
di muro, ma adesso Louis vede
chiaramente la rientranza che gli sembrava di aver notato: tenendo ben
salda la
presa sulla grata, Louis prova a sporgersi ancora un po’
verso l’alto.
Fa un paio di calcoli mentali, prende
un respiro profondo e
salta, afferrando subito il bordo del muro. Harry lancia uno strilletto
spaventato. Con un po’ d’impaccio, Louis riesce a
tirarsi su. C’è una
sottospecie di buco, nel muro, dove ci possono stare sicuramente
più di due
persone. Sorride, mentre si affaccia verso Harry che, qualche metro
più in
sotto, lo guarda sconvolto.
- dai, Harry! – lo incita,
facendogli segno con la mano. –
vieni su. Qui stiamo all’asciutto! –
- scherzi, vero?! – fa
Harry, gli spalancati in modo quasi
ridicolo. – io non sono capace! –
Louis scoppia a ridere per
quell’insospettabile confessione,
i denti ancora incredibilmente bianchi in mostra.
- non ci credo! – esclama,
tra le risate – un Favorito che
non sa fare qualcosa! –
Si sporge ancora un po’,
per guardarlo meglio, ma non nota
il lampo angosciato negli occhi verdi dell’altro.
- dai Harreh, - lo incita con tono
gentile, facendogli segno
con la mano – so che puoi farcela –
Harry fa una smorfia strana, e le
orecchie gli si colorano
di un adorabile rosso, anche se Lou, dall’alto, non
può vederlo bene.
Harry afferra con la mano la prima
sbarra, lancia uno
sguardo dubbioso verso Louis, che gli annuisce tutto contento, e si
tira su.
Con movimenti lenti e calcolati, Harry continua a tirarsi su, tentando
di non
tremare troppo al pensiero di essere a diversi metri dal suolo.
Poi, un piede gli scivola. Per un
attimo, si vede cadere
nell’acqua scura, il cuore che batte a mille e
l’aria che non entra più nei
polmoni. Invece rimane aggrappato con le mani, mentre tenta di
ritrovare
l’appoggio.
- Harry? – domanda Louis,
un filo di tensione nella voce. È
un suono lontano, che il riccio coglie appena, perché
sovrastato dal battito
furioso del suo cuore. Harry non alza lo sguardo verso di lui, ma
stringe gli
occhi e la presa sulla grata, annuendo forte. Regolarizza di nuovo il
respiro,
dicendosi che non è certo così che
morirà: sarebbe davvero troppo patetico.
Pensa
a come è salito
Louis prima, con movimenti sciolti e leggeri, come se fosse abituato a
farlo da
tutta la vita, come se potesse farlo anche senza guardare; una cosa
meccanica,
naturale, neanche l’altezza fosse dettaglio trascurabile.
Prende un respiro profondo, e tenta
di non pensare al vuoto
sotto i suoi piedi, tenta di imitare il più grande, e
riprende a scalare.
Quando arriva alla fine della grata
è quasi un sollievo. Quasi,
perché adesso gli tocca saltare
nel vuoto ed afferrare al volo uno stupido cornicione.
Louis è di poco sopra di
lui, gli occhi azzurri che lo
fissano fiduciosi. Harry non guarda sotto, ma sa esattamente cosa
c’è, quindi
non cambia molto. Scuote la testa.
- non ce la faccio –
mormora, la voce spezzata e il volto
pallido.
Louis si sporge pericolosamente oltre
il bordo, tendendo un
braccio nella sua direzione. Harry lo guarda sorpreso, guarda la mano
sottile e
calda che Louis gli offre, le unghie mangiucchiate fino
all’osso e le dita
graffiate.
- afferrala, su – lo
incoraggia, con un cenno del capo e le
labbra sottili stirate in un sorriso. – ti tiro su io
–
Harry sospira tremulo, chiude gli
occhi e si immagina
saltare. Afferra la mano di Louis, stringendola forte e in qualche modo
si dice
che può farcela. Prende un’altra boccata, chiude
gli occhi e, con la mano
incastrata in quella di Louis, si lancia.
Probabilmente, se Louis non
l’avesse tenuto stretto, Harry
avrebbe perso la presa il secondo dopo essere riuscito ad afferrare la
sporgenza. Invece, il più grande lo tira su in fretta,
ridendo per il sollievo.
Harry, i ricci scompigliati e
l’espressione sconvolta, gli
lancia un’occhiataccia.
- mai più, distretto 7
– lo minaccia, puntandogli contro un
dito. – mai più! –
Ed è solo dopo, quando
Louis smette di ridere come un
idiota, che si accorge di avere ancora la mano allacciata a quella
dell’altro.
Louis sta dormicchiando, quando
l’inno di Capitol parte a
tutto volume, facendogli fare un salto di mezzo metro. Harry ridacchia,
abbandonando il coltello con cui stava giochicchiando ed alza lo
sguardo al
soffitto dove, dopo lo stemma di Capitol, appaiono i morti del giorni.
Louis ricorda vagamente di aver
sentito un cannone sparare,
ma non ne è sicuro.
Appare una ragazza di 18 anni, i
capelli castani leggermente
tendenti al biondo ed un sorriso furbo a dipingerle le labbra
Louis di solito non fa troppo caso ai
morti, perché ormai
sono andati e non c’è più molto
più da fare, ma il distretto 4
che lampeggia sotto la ragazza attira il suo sguardo
come una calamita. Lui non sa come sentirsi, perché quando
la sua compagna è
morta si è limitato a guardare altrove; ma è
impossibile prevedere come reagirà
Harry, e quasi si sente triste per lui.
Quando il soffitto torna
definitivamente scuro, si volta
lentamente verso Harry, che ha ancora il viso alzato. Tiene le labbra
strette
in una linea, le sopracciglia corrucciate.
- mi dispiace – dice Louis.
Harry lo guarda con aria
assente.
- ci conoscevamo, sai? –
inizia, senza che Louis gli abbia
chiesto niente. Ma lui sa che Harry ha solo bisogno di sfogarsi un
po’, quindi
si avvicina e lo ascolta.
- me lo aveva detto, lei, che entrare
nei Favoriti una
pessima idea. – continua il riccio, gli occhi annebbiati da
delle lacrime che Louis
ha paura di vedere cadere. – non le ho dato retta, ho
preferito pensare che era
meglio fingere piuttosto
che morire –
- tu non sei con i Favoriti
– gli fa notare Louis,
poggiandogli una mano sulla spalla. Harry scuote la testa. –
e non sei nemmeno
morto – continua il più grande.
- l’hanno uccisa loro.
– mormora il riccio. – sicuramente.
Perché ha rifiutato l’alleanza. A loro non piace
essere sfidati –
- l’ho notato –
commenta ironico Louis, un sorriso un po’
amaro sul volto. Se si concentra, sente ancora la spada di Zayn puntata
sul suo
collo. Deglutisce.
Harry alza gli occhi verdi su di lui,
e Louis si sente tutto
scombussolato.
- sei stato coraggioso –
gli dice con fare convinto. – in
pochi si sarebbero avvicinarti a quel ragazzino con il rischio
d’inimicarsi i
Favoriti –
Louis si passa una mano tra i
capelli, imbarazzato.
- l’ho fatto
d’istinto – spiega. – ma sono contento
d’averlo
fatto: Niall era davvero speciale. Non meritava di finire qui
– continua,
con un pizzico d’amarezza al
ricordo del sorriso impacciato e sincero del biondo. Sospira.
- neanche tu – sussurra
Harry, continuando a fissarlo negli
occhi, senza mai abbassare lo sguardo.
- nessuno se lo merita –
aggiunge Louis, scompigliando i
ricci dell’altro con affetto.
- dico sul serio, Lou: tu sei molto
meglio di tutti noi
messi assieme –
Louis ride, passandogli un braccio
intorno alle spalle: - e
perché mai? – chiede, tirandoselo addosso.
- perché hai difeso Niall.
Perché non ti porti dietro
nemmeno un’arma. Perché sorridi sempre –
elenca Harry, sicuro.
- io mi definirei stupido,
più che altro – replica Louis. –o
illuso. Non certo migliore. –
Harry sembra trapassargli
l’anima con lo sguardo, facendolo
sentire molto più a disagio di quanto non si sia mai sentito
in vita sua.
- credi che io sia un Favorito, Lou? - domanda, cogliendolo di
sorpresa.
- n.. no – risponde Louis,
sperando sia la risposta giusta.
- però non sono meglio di
loro. Tu sì –
- mi hai salvato la vita, Harry. Come
puoi pensare di non
essere migliore? –
E a che cosa
è
servito? Vorrebbe dire Harry. In
questo gioco forse è meglio morire.
Louis si sente quasi male, di fronte
allo sguardo
insostenibile di Harry. Ha lo stomaco accartocciato come un foglio di
carta, e
si sente la gola graffiata da schegge di vetro. Si domanda quando, esattamente, tutta questa
faccenda abbia iniziato a
diventare così grave.
E probabilmente non è
molto lucido quando si china sulle
labbra dell’altro, così soffici contro le sue .
Le orecchie gli fischiano, e sa di
aver appena fatto una
cazzata in diretta TV, ma la scarica di adrenalina che gli risale lungo
la
schiena, quando Harry si spinge ancora di più contro di lui,
vale molto di più
di mille pregiudizi. Nonostante a Capitol essere gay sia
all’ordine del giorno,
nei distretti c’è ancora un po’ di
diffidenza mal nascosta, anche se la
politica comune è del “vivi e lascia
vivere”.
Louis ha gli occhi fissi in quelli di
Harry, mentre gli
ripassa il contorno delle labbra con la lingua, piano, titubante, per
non
spaventarlo e consentirgli di scappare se non vuole. Ma Harry chiude
gli occhi
e schiude le labbra, mentre artiglia la sua maglietta per sentirlo
ancora più
vicino a sé.
Louis sorriderebbe, se non avesse la
bocca troppo impegnata
per farlo. Chiude gli occhi anche lui, portando una mano a cingere la
vita di
Harry e l’altra ad accarezzargli in
cerchi distratti una guancia. Harry spinge la lingua
contro la sua, e
Louis ha davvero voglia di ridere, ma non può certo
staccarsi da Harry, che
mugola in modo così invitante.
La mano di Louis che ero sulla
guancia va ad infilarsi nei
ricci dell’altro, giocandoci e tirandoli, mentre una mano di
Harry scende a
giocare con il bordo della sua maglia.
- sfacciato – sussurra
Louis sulle labbra dell’altro, che in
risposta gli morde le labbra scherzoso. Louis ride, mentre si lascia
cadere
all’indietro, tirandoselo addosso.
Si stringono, ridono, e per un
po’ va bene così.
Louis, probabilmente, pensa di avere
le allucinazioni quando
vede un paracadute volteggiare verso di loro.
Harry, invece, si fionda ad
afferrarlo. Lo stringe tra le
mani quasi non ci credesse, con un sorriso che va da un orecchio
all’altro, gli
occhi verdi luminosissimi.
Louis l’ha guardato,
tentando di capire perché.
Avrebbero potuto mandarglielo molto prima. Louis sente
puzza di bruciato, ma non riesce a vedere il focolare. E lui odia avere dei sospetti e non poterli
dimostrare.
Ma quando Harry si gira verso di lui,
con un: - guarda, Lou!
– Louis gli sorride di rimando, fingendo alla perfezione.
Harry gli si siede di
fronte, a gambe incrociate, e apre il paracadute come un bambino che
scarta il
regalo di compleanno. C’è dentro un po’
di cibo, del pane e del formaggio.
Cosa tentano di fare? Di rabbonirli?
Ora che hanno “dato
spettacolo” possono avere dei doni? Louis vorrebbe quasi
gettarlo nell’acqua,
quel pane. Lui non ha baciato Harry per dare spettacolo. Neanche un
po’.
Poi Harry tira fuori un coltello.
Glielo porge senza
pensarci: - è per te – dice, più serio.
Louis lo fissa stretto nella mano di
Harry. Non vuole
prenderlo. Sul quel pugnale, a caratteri invisibili che solo Louis
può leggere,
c’è scritto “mostro” grande
quanto una casa.
Cosa stanno
tentando
di fare?
- chi lo manda? – chiede
Louis, senza prendere il coltello.
Harry lo appoggia, fruga ancora un po’
nel contenitore. C’è un biglietto di
carta stropicciata.
- presto
– legge
Harry. Louis inarca un sopracciglio.
- bhe? – fa –
tutto qui? –
Harry annuisce, ed alza le spalle.
Louis fissa il pugnale,
mentre Harry comincia a parlare di come, secondo lui, dovrebbero
dividere il
cibo.
Che
stanno tentando di fare?
Avvisarmi.
E Louis afferra il coltello.
Louis ha le mani letteralmente
ghiacciate, e sta tentando di
scaldarle sfregandole una contro l’altra. Ci soffia sopra, le
sfrega ancora, e
se le preme sotto le ascelle, anche se la cosa gli fa un po’
schifo ma, come
dice sua madre, a mali estremi estremi rimedi.
Harry mugola, rigirandosi nel sonno
accanto a lui. Ha il
volto di un angelo, rilassato e disteso, con le guancie rosse che
risaltano
sulla pelle chiara. Louis gli lancia un’occhiata furtiva, e
gli passa una mano
tra i ricci. Ci gioca con fare distratto, mentre il suo sguardo indugia
involontariamente sulla figura di Harry. Louis non sa bene cosa, ma percepisce che qualcosa
è cambiato. E vorrebbe tanto che
fosse solamente un cambiamento in positivo, ma lo occhiaie violacee che
Harry
ha anche quando dorme, le costole che sente se preme le mani contro il
suo
petto, le espressioni che il riccio fa, spingono le sue labbra ad
incurvarsi
inevitabilmente all’ingiù. E le labbra di Louis
non sono mai atteggiate in
qualcosa che non sia un sorriso.
Sospira, indeciso se tenere la mano
tra i ricci di Harry o
tornare a nasconderla contro il proprio corpo. Il pane ed il formaggio
li hanno
finiti la sera prima, ma Louis sa che gli Strateghi hanno in mente
qualcosa,
quindi gli sta bene anche così.
Pensa a quel “presto”
e si chiede cosa voglia dire.
Presto. Presto che cosa?
Un’inondazione? Presto moriranno?
Presto cosa, che diavolo!
Louis vorrebbe delle risposte che
nessuno potrà mai dargli,
se non gli eventi, ma, in qualsiasi caso, attende. Non sa bene che
cosa, ma ci
sono un sacco di situazioni in cui si attendono cose sconosciute, ed
anche se
Louis non è una persona particolarmente paziente, in questo
caso preferisce
aspettare.
Quindi non è troppo
sorpreso, quando: -attenzione,
attenzione – tossicchia la voce di Claudius Templesmith,
rimbombando per tutta
l’arena. Harry spalanca gli occhi di scatto.
- che succede? – domanda
allarmato, ancora intontito dal
sonno.
- shhh – fa Louis,
poggiandogli un dito sulle labbra
carnose.
- congratulazioni! –
gracchia ancora il presentatore –
congratulazioni per essere arrivati fino a qui, Tributi. Capitol ammira
la
vostra forza e il vostro coraggio –
Louis sbuffa, roteando gli occhi al
cielo. Harry alza le
sopracciglia con fare scettico.
- e per dimostrarvi la nostra
solidarietà, all’alba di
domani ci sarà un festino! – fa una pausa, come a
saggiare l’effetto che le sue
parole fanno sui Tributi ancora in gara – ognuno di voi ha
bisogno di qualcosa,
e noi saremo ben contenti di accontentarvi. L’acqua
defluirà tutta verso il
luogo del festino, quindi state ben attenti a seguirla! –
Con un ultimo crepitio la
comunicazione s’interrompe.
Lo sguardo di Louis saetta
automaticamente verso il
paracadute vuoto.
- no – dice Harry, intuendo
i suoi pensieri, mentre scuote i
ricci.
- perché no? –
fa Louis, sentendosi stupido. Lo sa anche
lui, perché non dovrebbero andarci, ma sentirselo dire forse
scaccerà dalla sua
testa l’insana idea di suicidarsi.
- ci saranno i Favoriti, Lou. E siamo
solo in 7, non ci
lasceranno scappare –
- e noi non ci lasceremo prendere
– ribatte prontamente
Louis, il cuore che batte all’impazzata contro lo sterno. Si
chiede come faccia
l’altro a sapere in quanti sono rimasti. Li ha contati?
Si domanda se anche lui sarebbe stato
solo un numero sulle
dita di Harry, se Zayn non avesse deciso di prenderlo di mira.
- abbiamo degli sponsor –
tenta ancora Harry, mettendosi più
comodo. Louis scuote la testa.
- che non ci manderanno niente
perché c’è il festino –
Louis sa che ha ragione, lo sa, quando dice:
- non morirò di fame,
Harry. E non morirò senza nemmeno
averci provato: sarebbe troppo patetico anche per me –
Harry lo fissa negli occhi, ma anche
lui sa che non hanno
altra scelta.
Moriranno entrambi in qualsiasi caso,
Zayn li ucciderà
personalmente anche a costo di resuscitare. Non hanno speranze, ma
questo Louis
non lo dice. Non lo dice, perché pronunciarlo renderebbe il
pensiero reale, e
le parole gli cadrebbero in testa come macigni, a lui, il re della
parlantina
vuota e senza senso.
Louis ha paura di morire. Vorrebbe
non averne, ma crede che
chiunque sarebbe spaventato dalla propria imminente ed inevitabile
morte,
quindi in qualche modo può accettarlo. Ammetterlo no, certo,
ma accettarlo si.
Però, c’è una cosa che lo spaventa
ancora di più: la morte di Harry.
Louis non è sicuro di come
potrebbe reagire, e non gli piace
fermarsi troppo a pensarci, ma sa per certo che chiunque tenti di
fargli del
male, prima dovrà passare sul suo cadavere. E, contando dove
si trovano, la
cosa non suona più così inverosimile.
Gli viene in mente una canzone. La
cantava sempre a casa per
far addormentare le sue sorelle, ma si sente così estraniato
dal proprio mondo
che non riesce più ad afferrarne le parole. In qualsiasi
caso, sa che vorrebbe
cantarla a Harry, che sarebbe perfetta, ma non riesce. Boccheggia,
quasi, alla
ricerca delle parole, ma non riesce proprio a ricordarsele.
- va bene – cede allora il
riccio, sbalzando Louis fuori dai
propri pensieri. Per questo il più grande è
sicuro di non star pensando quando:
- non ti preoccupare, baby, ti proteggo io – dice.
E forse, la canzone, faceva proprio
così.
Louis guarda Harry calarsi impacciato
giù dalla grata,
legato alla fune che, tra l’altro, si era pure dimenticato di
avere, visto
quanto si è rivelata utile nelle ultime settimane
– come del suo sacco a pelo,
d’altronde.
In qualsiasi caso, ha deciso di
provarla almeno una volta,
per evitare che Harry si spappoli al suolo mentre tenta di scendere dal
loro
rifugio. Lui è ancora appollaiato sul bordo del buco, tiene
stretta la corda
cui Harry è legato, e ridacchia sotto i baffi. Mancano pochi
metri al suolo, e
Harry ancora non si decide a mollare la presa.
- dai, Harry, salta! – lo
incita ridendo. Harry gli lancia
un’occhiata di fuoco, che probabilmente lo incenerirebbe sul
posto, se lui non
fosse troppo impegnato a ridere. Il riccio continua a scendere piano, e
quando
appoggia un piede per terra tira un notevole sospiro di sollievo.
L’acqua si è
abbassata, tornata al livello dei polpacci e
scorre molto più lentamente di quanto non facesse prima.
Louis ride, e lancia la corda a
Harry, che lo guarda
stupito: - e tu come scendi? – domanda.
Il più grande si limita ad
un sorriso sghembo, mentre si lascia
scivolare giù, pancia contro muro e mani ben salde sul
cornicione.
- Louis! – esclama Harry
preoccupato. Louis prende un
respiro profondo, allunga un piede e lo appoggia sulla grata. Guarda la
distanza, e si dice che probabilmente prenderà una bella
botta, ma ormai è un
pensiero cui abituato.
La prima cosa che ti insegnano al 7,
quando impari a scalare
un albero, è che probabilmente scendere nello stesso modo in
cui sei salito non
sarà facile: devi rischiare, prendere bene la mira e
lanciarti, non aver paura
del vuoto ed essere sicuro di potercela fare. Louis, che è
sempre stato molto
bravo a non pensare
troppo, non ha mai
avuto problemi con questo genere di tecnica.
Non chiude gli occhi quando si lancia
di lato. Guarda la
grata scorrere sotto i suoi occhi, prima che le sue mani si ancorino
all’inferriata e lui rimanga a penzoloni. I palmi gli
bruciano, ed è più o meno
sicuro di aver sbattuto la guancia destra, ma la soddisfazione di
essere ancora
una volta riuscito a non cadere, supera di gran lunga il bruciore.
Dopo, scendere si rivela
incredibilmente facile e agevole.
Scivola giù dalla grata con leggerezza, schivando appena in
tempo lo schiaffo
di Harry.
- idiota! – gli ringhia
contro. Louis ride, un po’ perché
gli fa piacere che Harry si sia preoccupato per lui, un po’
perché non sa
cos’altro fare. Gli sorride, alza le spalle e: - sono il
migliore, in queste
cose, sai? –
- ti odio – borbotta Harry
con astio, sistemandosi i ricci.
Louis lo guarda negli occhi, continuando a sorridere come un ebete.
Hanno passato la sera prima a
baciarsi rannicchiati in un
angolo, a stringersi come se fosse l’ultima volta. Louis si
è addirittura ricordato
le parole da cantare a Harry. Se non fosse che stanno andando a morire,
Louis
potrebbe assicurare la mondo intero che è questa,
la felicità.
Gli porge una mano.
- andiamo? – fa,
incoraggiandolo con lo sguardo. Harry la
afferra senza pensarci, e annuisce: - andiamo. –
Camminano mano nella mano, seguendo
il defluire dell’acqua
lungo i cunicoli.
Per un po’, ci sono solo
corridoi bui, acqua
e sgocciolii inquietanti ad
accompagnare i loro passi; poi il rumore dell’acqua comincia
a diventare più
forte, uno scroscio continuo, che pian piano diventa assordante ed
impedisce la
conversazione.
- cascate! – grida Harry,
sopra il rumore, la mano libera a
coppa intorno alla bocca.
- come? – grida Louis di
rimando, voltandosi verso di lui.
- ci devono essere delle cascate!
– strilla di nuovo Harry
e: -aaah! – fa Louis, mentre pensa a quanto sia impossibile
che ci siano delle
cascate in una sottospecie di fogna.
Poi, in lontananza, scorge un
bagliore. Non è esattamente la
luce bianca che si pensa ci sia alla fine di un tunnel, ma è
luce, quindi Louis
si accontenta.
Accelera il passo, trascinando Harry
con sé.
Pian piano vanno a formarsi ombre
più definite, contorni e
quello che Louis vede lo lascia sbalordito: sono sul bordo di una
parete a
strapiombo; la stanza è grande, circolare, e al centro
c’è una piazzola rotonda
circondata da un fiume. Alle pareti sono appese diverse fiaccole, che
creano
effetti surreali di luci ed ombre. L’acqua che hanno seguito
fino ad adesso
scende a cascata lungo la parete, finendo nel fiume. Ci sono altre
quattro
entrate simili alla loro, altre quattro cascate che fanno un rumore
assordante.
- che ti avevo detto? –
commenta soddisfatto Harry, ad alta
voce, appoggiandosi contro di lui. – cascate –
Louis sbuffa, leggermente divertito,
mentre scruta la sala.
Al centro della piattaforma c’è un lungo tavolo di
metallo; sopra ci sono due
sacche: una, presumibilmente è per loro.
Ce n’è una
terza, che galleggia nell’acqua circondata da un
ammasso scuro. È solo aguzzando la vista che Louis si rende
conto che la sacca galleggia
nel sangue, e che poco distante da lì galleggia anche il
corpo del
proprietario. Rabbrividisce, distogliendo lo sguardo. Si chiede quando
sia
morto: il rumore dell’acqua deve aver coperto lo sparo del
cannone.
- com’è
possibile? – domanda Harry con un fil di voce.
- che cosa?- fa Louis, troppo preso
ad esaminare quanti
metri li separano dal suolo.
- dove sono i Favoriti? se ne sono
andati? –
Louis alza lo sguardo. Scandaglia la
sala con lo sguardo,
controlla che non ci sia gente alle altre entrate e cerca di trovarne
altre.
Poi alza lo spalle.
- forse si sono stancati di uccidere.
– fa, scuotendo la
testa. – piuttosto, come scendiamo di qui? –
continua, scostandosi i capelli
dagli occhi e tentando di trovare un modo veloce e semplice per
scendere.
Perché gli Strateghi non hanno pensato anche a questo, che
diamine?
Harry alza le spalle, si guarda
indietro ansioso e: - usiamo
la corda – propone – la leghiamo a qualche
sporgenza e speriamo che resista. –
Louis annuisce. Ha un pessimo
presentimento, non sa se
riguardo la corda o la situazione in generale, ma non si
tirerà certo indietro,
perché è stanco di avere paura, di nascondersi
come un topo. Che lo uccidano
pure, se ne hanno voglia: Louis è stanco di giocare a
nascondino. Non ha più
voglia di scappare, forse.
Legano la corda ad una sporgenza
nella parete. Louis la
strattona un po’, per vedere se tiene, poi fa un cenno a
Harry.
- prima tu – gli dice.
- perché? –
ribatte il riccio.
- perché da qui posso
afferrarla in tempo se si rompe –
- si, così cadiamo in due
– commenta sarcastico Harry,
incrociando le braccia al petto. Louis ride.
- hai davvero così poca
fiducia in me? – domanda,
sorridendo. Harry lo fissa imbronciato.
- e se si rompe mentre scendi tu?
– domanda allora, con fare
ansioso.
- scalo alberi da quando ho tre anni,
Harry. Cadere nel
vuoto è l’ultima cosa che mi spaventa. –
lo spinge gentilmente verso la corda.
– ma andrà tutto bene, vedrai –
In un silenzio quasi surreale, aiuta
Harry a calarsi con la
corda, gli spiega come non mollare la presa e qual è il modo
migliore per
scivolare giù.
Dopo qualche minuto di lotta con la
corda, in cui Harry
riesce addirittura ad attorcigliarcisi dentro, scatenando dei risolini
isterici
da parte di Louis, il più piccolo, con un balzo, tocca
terra.
- tocca te – gli dice dal
basso. Louis strattona la corda.
Guarda Harry.
- se cado mi prendi al volo come una
principessa? – ride,
facendo diventare Harry rosso come un pomodoro.
- piantala, idiota! –
Louis ride ancora, poi prende un
respiro profondo e, con la
corda ben stretta tra le mani, comincia a lasciarsi scivolare
giù.
Il lato positivo, pensa Louis,
è che lui è molto più leggero
di Harry. E se la corda ha sopportato bene il peso
dell’altro, sicuramente
reggerà il suo. Purtroppo, però, la cascata di
fianco a lui non fa altro che
mandargli schizzi congelati sulla pelle, che riescono solo a distrarlo,
facendogli rischiare di perdere la presa.
La corda finisce ad un paio di metri
dall’acqua, e Louis
molla la presa senza neanche pensare, cadendo con un tonfo sonoro
dentro
l’acqua.
Harry ride, guardandolo seduto
nell’acqua, con i capelli
bagnati tutti appiccicati alla fronte.
Louis alza lo sguardo verso di lui.
Si sente come se non
l’avesse mai guardato seriamente prima d’ora,
bellissimo anche così, con i
ricci bagnati, le occhiaie e la pelle pallida. Vorrebbe
dirgli mille cose, chiedergliene
altrettante e sentirlo respirare piano sulla sua pelle, come
l’altra sera.
Vorrebbe potergli assicurare che andrà tutto bene,
garantirgli che tornerà a
casa, che sarà felice, che sorriderà sempre,
perché Harry è piccolo, Harry è
dolce, e se lo merita.
Perché si accorge di tutte
queste cose proprio adesso?
Louis trova il suo subconscio
particolarmente fastidioso ed
irritante: ha avuto intere giornate per pensarci, eppure si ritrova
adesso, con
il culo in acqua e probabilmente prossimo alla morte, a voler
stringerlo forte
per cantargli piano nell’orecchio, proteggerlo da tutto,
dirgli “ti amo”.
E forse Louis lo ama davvero, ma non
può, perché sa che non
durerà molto, che moriranno a breve; sa che Harry
è solamente un ragazzino, e
che sarebbe troppo e troppo poco allo stesso tempo.
Così si alza lentamente,
sbatte le palpebre mentre Harry gli
stringe una spalla.
Louis si sporge piano e gli sfiora la
bocca con la propria,
perché forse non può dirgli di amo, ma
sicuramente può baciarlo; perché
Harry, per questi
quindici giorni, è
stato suo, suo, suo.
Si stacca con un sospiro, chinandosi
a cercare il coltello
nello zaino.
Poi attraversano il fiume, ed
arrivano sulla piazzola.
Camminano verso il centro, le braccia che si sfiorano ad ogni passo.
Louis ha
un nodo alla gola, se lo sente sulla pelle che qualcosa
andrà storto, quasi si
aspetta di esplodere da un momento all’altro.
Harry gioca nervoso con il suo
coltello, lanciando occhiate
ansiose intorno a sé. Louis sta quasi per dirgli:
“fa niente, Harreh, torniamo
indietro”, quando con la coda dell’occhio coglie un
movimento; si abbassa
d’istinto, trascinando Harry giù con
sé, proprio mentre una freccia sibila
passando sopra le loro teste.
- merda – impreca, quando
vede sbucare Zayn da sotto una
delle cascate. Accanto a lui, un ragazzo sui quindici anni, robusto e
con dei bei
capelli color carota, stringe in mano un arco. Louis ammette di esser
stato
stupido a non pensarci, ma ad un primo sguardo la parete dietro la
cascata non
sembrava cava.
- merda – sputa ancora,
spingendo Harry di lato. Harry, che
trema, forse di rabbia, o di paura, Louis non lo sa.
Il più grande si maledice:
solo un illuso come lui poteva
pensare che l’avrebbero scampata.
Guarda il proprio coltello,
così piccolo e inutile in
confronto alla spada che Zayn tiene in mano, mentre avanza verso di
loro,
attraversando il fiume. Il rosso incocca un’altra freccia, e
dietro ai due
Favoriti spunta una ragazza. Ha un occhio bendato in malo modo, e la
coscia
destra zuppa di sangue.
Louis evita la freccia.
- ma che bello – mastica,
amareggiato. – siamo praticamente
al completo –
Harry non dice niente, guarda i
Favoriti mentre tenta di
riacquistare il controllo sulle proprie emozioni impazzite.
Per un attimo, tutto si ferma: Zayn a
spada sguainata che
sale sulla piazzola, il rosso con l’arco teso, la ragazza che
stringe un
accetta, e poi lui e Harry, accovacciati a terra con i coltelli in
pugno. Louis
quasi sente i capitolini fremere d’attesa, i mormorii
concitati, l’eccitazione
che li spinge ad attaccarsi ad uno schermo TV. Se li immagina in
piazza, davanti
ad uno schermo gigante, mentre dietro di loro i tabelloni delle
scommesse
impazziscono. Gli fanno schifo, non può pensare a loro come
esseri umani: sono
dei mostri, mostri sorridenti e colorati, pieni di soldi e di cibo, che
giocano
che le loro vite come se non contassero niente; sono peggio di Zayn,
che forse
è cattivo perché anche lui vuole tornare a casa,
e questo è l’unico modo che
conosce.
Ma non c’è
più tempo per pensare, perché l’attimo
che
sembrava infinito si scioglie e il tempo torna a scorrere. Zayn carica,
lanciando un urlo terribile, nello stesso istante in cui Louis, con uno
scatto,
si lancia verso il tavolo di metallo.
- L..Louis! – balbetta
Harry, tentando di trattenerlo, prima
di doversi abbassare per schivare un’altra freccia.
Zayn cambia traiettoria, insegue
Louis, fendendo l’aria con
la spada.
Louis afferra la sacca e
s’infila sotto il tavolo
esattamente l’istante prima che la spada di Zayn gli si
pianti nella schiena.
L’arma rimbalza contro il metallo, e Zayn è
costretto ad indietreggiare di
rimando. Da sotto il tavolo, Louis fa una risatina di scherno.
Si sente incredibilmente leggero,
probabilmente a causa
dell’adrenalina. Sapeva che avrebbe dovuto combattere, prima
o poi. L’idea non
gli piace, ma non può fare altro che stare al gioco.
Zayn s’accovaccia, caccia
la spada sotto il tavolo con
movimenti bruschi, nel tentativo di colpire Louis; tuttavia,
l’altro rotola
prontamente all’indietro, uscendo dall’altro lato
del tavolo, salta su di esso
e poi sulla schiena ancora incurvata del moro, cogliendolo di sorpresa.
Non si
aspettava di certo che fosse così veloce.
Louis balza giù, la testa
che grida: Harry! Harry! Harry! Perché
il più piccolo è appena stato attaccato dalla
ragazza che, seppur zoppicante,
mena degli ottimi fendenti, con la sua accetta.
E forse la mente di Louis ha
già rimosso Zayn, ma
quest’ultimo è di tutt’altro avviso: lo
afferra per il bordo della giacca,
sbattendolo con forza contro il bordo del tavolo. Louis geme, la spina
dorsale
che picchia contro il metallo, e l’urlo di Harry nelle
orecchie:
fortunatamente, è appena riuscito a piantare il coltello
nello stomaco di lei,
che si accascia al suolo senza un suono.
Bum! Fa
il cannone
e il rosso molla a terra l’arco.
Zayn
spinge Louis
seduto.
- ti sono mancato, distretto 7?
– ringhia divertito,
premendo nuovamente il filo della lama contro la sua gola. La sacca gli
scivola
di mano. Louis si sente come in un déjà-vu, ma
questa volta Harry non correrà a
salvarlo: è troppo impegnato a fronteggiare il rosso.
- da morire – ribatte
Louis, deciso a farsi valere, tirando
all’altro un calcio nel basso ventre. Zayn indietreggia,
colto di sorpresa, e
Louis fa per sgusciare via, quando l’altro, con uno scatto
repentino, gli
afferra il collo. La spada cade a terra, con un suono metallico.
Zayn gli stringe la base del collo,
Louis boccheggia e: -
Louis! – grida Harry, distraendosi e facendosi colpire dal
rosso.
Louis graffia le mani di Zayn, prova
a spingerlo lontano,
senza alcun risultato. Gli affonda le unghie nel polso, e Zayn grida di
rabbia.
Ed è con rabbia che, tenendo ben salda la stretta sul collo
di Louis, sbatte la
testa dell’altro contro il tavolo una, due, tre, quattro
volte.
Zayn molla la presa. Il corpo del
ragazzo scivola
scompostamente a terra. Il cannone spara.
Ci sono molte cose che Louis non sa.
Prima tra queste, Louis non sa di
essere morto.
Probabilmente, non sa nemmeno di essere stato vivo, forse non ricorda
neanche
cosa voglia dire. Semplicemente, un attimo prima era lì..
l’attimo dopo, non
più.
Se Louis sapesse di essere stato vivo
e si ricordasse come
fare, rabbrividirebbe all’idea.
Ma ci sono altre cose che Louis non
sa.
Per esempio, non sa che suono abbia
l’urlo che Harry ha
lanciato quando ha sentito il cannone sparare. Zayn ha guardato il suo
corpo,
poi s’è voltato verso Harry. Ed è
scoppiato a ridere. Harry gli si sarebbe
fiondato addosso, se solo il rosso non l’avesse afferrato e
tenuto fermo. Zayn
ha continuato a ridere, ha raccolto la sua spada e, passandosela da una
mano
all’altra, si è avvicinato agli altri due.
- allora, distretto 4 – ha
detto a Harry, che lo guardava
con odio, lo sguardo offuscato dalle lacrime che tentava in tutti i
modi di
trattenere. – come vuoi morire? –
Harry si è dimenato, ha
strillato, è riuscito addirittura a
tirare una gomitata in faccia al rosso rompendogli il naso, ma nulla ha
impedito che Zayn lo trafiggesse da parte a parte con la spada. Harry
è
crollato in ginocchio, le mani premute sull’addome come se
potessero fermare la
fuoriuscita di sangue e: - buona morte, Harry – gli ha
augurato Zayn, con il
sorriso sulle labbra, facendo poi cenno all’altro di
seguirlo.
Louis non sa che Harry nemmeno li ha
sentiti scalare la
parete. Non sa che l’ultima cosa che ha fatto è
stata trascinarsi fino al suo
corpo, lasciando una scia di sangue dietro di sé. Gli si
è accasciato contro,
guardando i suoi occhi spalancati verso il nulla, per poi chiuderglieli
con le
dita sporche di sangue. Ha singhiozzato piano contro la sua spalla,
sentendo il
dolore sempre di meno, le mani appiccicose.
Louis non sa che, se fosse stato
vivo, l’avrebbe
abbracciato, stretto contro di sé per non lasciarlo mai
andare. Non sa che gli
avrebbe detto cose rassicuranti all’orecchio. Louis non sa
che, quando il
cannone ha sparato per la terza volta, le dita di Harry erano
artigliate alla
sua maglia.
Il ragazzo del 2, quello con i
capelli rossi e l’arco, è
morto il giorno dopo. Zayn l’ha soffocato nel sonno. Non
è stato molto onesto,
da parte sua, ma se Louis si ricordasse di Zayn saprebbe che un
Favorito come
lui non bada ai mezzi che deve utilizzare per raggiungere il proprio
scopo.
Due giorni dopo, Zayn è
finalmente riuscito a trovare
l’altro Tributo rimasto, Liam, il ragazzo tutto educazione
del distretto 3.
Hanno sguazzato un po’ nell’acqua tornata al
livello del bacino, si sono
rincorsi e scambiati colpi, ma alla fine Zayn ha vinto.
Quando qualcuno ti spinge la testa
sotto l’acqua con forza,
essere furbi come lo era Liam non è abbastanza.
Louis non lo sa, ma le sue sorelle
piangevano quando hanno
riportato il suo cadavere al distretto 7. Ed insieme a loro piangeva
anche il
resto del distretto, perché nel 7, alla fine, ci si conosce
più o meno tutti.
Louis sarebbe anche un po’ orgoglioso nel sapere che sono
fieri di lui.
Louis non saprà mai come
cresceranno le sue sorelle, con chi
farà a gara Stan, chi verrà estratto
l’anno dopo. Non saprà mai come sarebbe
stata la sua vita se non fosse stato il suo nome, ad essere scritto sul
quel
biglietto, il giorno della Mietitura; come sarebbe diventato? Cosa
avrebbe
fatto? Si sarebbe innamorato di qualcuno come si è
innamorato di Harry? Non lo
sa.
Forse, se Louis sapesse, vorrebbe
conoscere anche come
sarebbe stata la vita di Harry fuori dall’arena, se sarebbe
stato felice, là,
nel suo distretto che Louis non avrebbe mai visto.
Ci sono
un’infinità di possibilità a questo
mondo, un
milione di cose che Louis non vedrà mai più,
gente di Capitol che presto di
dimenticherà del nome di quel ragazzo che rideva sempre,
quello del distretto
7.
Ma Louis è morto, e non
ricorda nulla di tutto questo,
niente.
Sono tutte le cose che non sa.
NdA
Salve!
Primo aggiornamento nel fandom e,
vista la fatica che ho
fatto per scrivere questa roba,
direi
anche ultimo. Ma
intanto sono riuscita ad espandermi anche qui buahahahaha
Tornando a noi.
21 pagine di word di assoluto Angst.
Spero di non aver
scritto troppe schifezze e, se ho perso pezzi o lasciato lacune, vi
prego di
farmelo notare, perché su questa FF ho sclerato talmente
tanto che adesso
voglio che sia bella. Ecco.
(anche se ammetto che, da
più o meno metà in poi, non ho
corretto niente: era davvero troppo)
Umh, cos’altro dire.
Per chi non l’avesse
notato, è ambientata negli HG (maddai).
L’idea di cacciarli nell’arena mi è
venuta grazie a qualche altra FF sempre
Larry, in cui parlavano di una possibile estrazione di Harry. Ecco,
purtroppo
non la trovo più, quindi non so citarvela, ma, beh,
cercatela. Spezza il cuore.
(e se tu, autrice di questa famosa FF stai leggendo, ti prego di
passarmi il
link in modo che io possa farti pubblicità ♥
)
In qualsiasi caso, a parte Harry che
è del Distretto 4, il
resto è tutto mio, giurin giurello. (cioè,
più o
meno. Se i 1D fossero miei, ma nel senso di mieimiei, probabilmente non li costringerei
a sgozzarsi in una fogna).
Durante la fase di scrittura sono quasi arrivata ad
odiarli, loro due e il loro fottuttissimo ship che mi manda fuori di
testa. Perchè diavolo non fanno coming out e mi lasciano in
pace?!
Si ringraziano la Lily ( Lils_)
per la collaborazione, i banners e il lavoro di allegro betaggio (♥)
e la Chia ( _ChiaHum_)
che ci tiene sempre a precisare quanto io le spezzi il cuore uccidendo
gente a
destra e a manca. E che ci tiene a farvi sapere che la prima frase di
Zayn
vincitore fu SPACO BOTILIA AMAZO FAMILIA (♥).
Sono sicura che dovrei scrivere anche
altro, ma credo che
sia abbastanza. Nel caso, modifico lol.
Messaggio di servizio: si fa notare
che gli unici ortaggi
possibili da lanciare sono alla vostra destra, e sono carote. Nel caso
in cui
doveste sentire il bisogno di usufruirne, si prega di mirare a quel
simpatico
bersaglio davanti a voi. Si, quello con su un piccione. Grazie per
l’attenzione.
_ L a l a
|