nick
Avvertenze: AU!, Possessione demoniaca
Pairing: Sam/Lucifer (Nick)
Non chiedetemi perché l'ho scritto. Non lo so nemmeno io. So
solo di adorare Jared e Mark...
Motivazioni più che sufficienti, no?
1. Baby come home (BUSH)
- Quando vieni a casa?
C'era apprensione nella voce di Sam. Tutte le volte che Nick faceva il
turno di notte non riusciva a dormire.Temeva che gli succedesse
qualcosa, anche se era bravo nel suo lavoro. Tra l'altro, era proprio
grazie a quello che si erano conosciuti: Sam aveva portato la sua
scolaresca - rumorosi bimbi di terza elementare - in visita alla
stazione di polizia, e non c'era stato nessuno disposto a prendersi la
briga di fare due chiacchiere con i bambini, rispondendo alle loro
domande e portandoli in giro per gli uffici, tranne Nick, corso in
aiuto del giovane maestro impacciato e inesperto, messo alle strette
dall'esplosiva vivacità degli studenti. Nick aveva ovviato alla
remissività di Sam sorridendo e dandosi in pasto ai ragazzini
con fermezza e pazienza, per tutto il tempo necessario. Alla fine, Sam
lo aveva ringraziato, spiegandogli che era la prima volta che portava
in gita una classe e non era ancora così bravo a tenerli a bada.
Nick sapeva di buono e di metallo. Sam trovò che avesse qualcosa
di familiare, e fece un passo indietro, sorpreso, dopo aver fissato per
un secondo di troppo il suo sguardo cupo, che lo spaventava ma lo
attirava allo stesso tempo; la stessa sensazione doveva averla avuta
Nick, che si sentì avvampare. Tuttavia, si erano piaciuti. E
così, una cosa via l'altra... Si amavano. E, da qualche mese,
vivevano insieme.
- Non lo so... Devo sostituire un collega. Non credo prima di domattina - disse Nick.
- D'accordo - rispose Sam, cercando di mascherare la preoccupazione. - Sta' attento.
- Ci provo. Ti amo.
- Ti amo anch'io.
Click.
Sam si lasciò andare sul divano gettando via il
cellulare, che rotolò da qualche parte sul pavimento. Bene.
Un'altra notte insonne. O, se fosse riuscito a chiudere occhio, piena
di incubi. Non riusciva proprio a stare sereno, se non lo sentiva
accanto a sé. Soprattutto, gli piaceva quando dormivano
appiccicati l'uno all'altro. Nick lo abbracciava da dietro e i loro
corpi aderivano perfettamente, un'armoniosa combinazione di
concavità e convessità, di pieni e vuoti che si
completavano. Oppure, ma più raramente, era Sam a farlo. Adorava
il contatto fisico col suo compagno. Che, fatto singolare, aveva una
temperatura corporea inferiore alla media. A volte era gelato.
All'inizio a Sam sembrava strano, e questo, insieme ad altre piccole
cose, spesso gli dava l'impressione che ci fosse qualcosa di molto
importante che non riusciva a ricordare. Una sensazione di
deja-vù. Mah. Tutte cose che passavano in secondo piano, quando
erano insieme. A letto, dopo l'amore, Nick lo ricopriva di baci. Era il
suo modo di dargli la buonanotte. Era la persona più dolce che
Sam avesse mai incontrato, il resto non contava. Non contavano i
brividi rapidi che a volte Sam sentiva, quando aveva l'impressione che
Nick non fosse Nick. Non sapeva bene come spiegarlo; ne aveva parlato a
suo fratello, che a volte provava lo stesso con Jimmy:
- Tu almeno sei fortunato. Voglio dire, non si sveglia di notte
parlando una lingua sconosciuta e asserendo di chiamarsi Castiel -
commentò Dean.
- L'ha fatto ancora? - chiese Sam.
- Sì... Ma ultimamente sembra più tranquillo. Non so bene
cosa gli sia preso, ma è una cosa strana, davvero. E poi, che
razza di nome è Castiel???
Suo fratello e Jimmy stavano insieme da un anno. Non potevano essere
più diversi: Dean, duro, testardo, occhi verdi e ben piazzato,
faceva il meccanico in un grosso garage che preparava auto e moto custom; Jimmy,
sereno, comprensivo, occhi azzurri e quasi esile sotto il trench che
portava sempre, invece, faceva il pediatra, e Sam aveva sempre pensato
che fosse il mestiere più adatto per una persona così
gentile come lui.
Era immerso in questo tipo di pensieri, quando il campanello
suonò. Sam si alzò ed andò ad aprire. Non
aspettava nessuno, chi poteva essere? Nick no di certo, era ancora in
servizio e ci aveva appena parlato...
Quando aprì, fu investito dal profumo buonissimo e intenso di un
cespuglio di rose rosse. Erano così tante che non si vedeva chi
ci fosse dietro. Soltanto quando le posò nell'ingresso, Sam vide
che era Nick.
- Ma non eri in servizio? - chiese Sam, perplesso ma felice.
- Piccola bugia - disse Nick, sorridendo. Non si era ancora cambiato, e
il blu notte della divisa creava un bel contrasto con i suoi capelli
biondi: - Che giorno è oggi? - domandò.
- Oggi è il 2 giugno... È il mio compleanno! - esclamò Sam, battendosi una mano sulla fronte.
- Già. Tanti auguri, signor maestro! - esclamò Nick,
gettando via il cappello e baciandolo come se non ci fosse un domani.
2. Darkness within (MACHINE HEAD)
Era cominciato
all'improvviso... Un mal di testa lancinante, il respiro che andava via
e la vista che si annebbiava. Era caduto a terra senza neanche
accorgersene; aveva qualcosa di così doloroso e insistente,
dentro, che scoppiò a piangere in silenzio, senza riuscire a
controllarsi. Stava male ma non voleva svegliare Sam. Non voleva che si
preoccupasse, perciò a fatica cercò di rialzarsi da solo.
Una fitta improvvisa lo fece cadere di nuovo, però, e
involontariamente sbatté contro la porta chiusa del bagno, dove
era andato a bere un po' d'acqua sperando che passasse. Rumore che
aveva svegliato Sam, che proprio in quel momento aveva allungato una
mano tra le coperte, in cerca del suo compagno. Non trovandolo, si
alzò a sedere.
- Nick? - chiamò, nell'oscurità.
Nessuna risposta.
- Nick?
Niente.
Si alzò. Vide la luce accesa nel bagno filtrare da sotto la
porta. Quando aprì, si spaventò: Nick era pallido, seduto
a terra con la schiena appoggiata alla parete, sudato e con espressione
sofferente. Sam s'inginocchiò accanto a lui, terrorizzato,
perché non lo aveva mai visto così male:
- Nick! Nick, cos'hai? Ehi... Rispondimi - disse, scuotendolo
leggermente e scostandogli i capelli dalla fronte con una carezza. Scottava. Un
debole sorriso si allargò sulle labbra di Nick, che gli
posò una mano sulla spalla.
- Non è niente... Sto bene... Non ti preoccupare... - mormorò, sfinito dal dolore.
- No, non stai bene. Adesso vieni, tieniti a me, ti aiuto ad alzarti -
disse, circondandolo con un braccio e sollevandolo, facendo attenzione
a non fargli male. Lo fece distendere a letto. Si lamentava
sommessamente.
- Ti porto all'ospedale - decise Sam, che non aveva smesso un attimo di accarezzarlo.
- No... Ci sono già stato, dicono che non ho niente... - ribatté Nick, con un filo di voce.
- Quando ci sei andato? ... Perché non mi hai detto niente? -
chiese Sam, confuso. Nick gli prese la mano, lo guardò negli
occhi:
- La settimana scorsa... Non ti ho detto niente perché credevo
di essere malato, non volevo che ti preoccupassi inutilmente... -
ammise. Sam si chinò su di lui per posargli un bacio sulla
fronte, mentre con una mano gli accarezzava un fianco. Nick
chiuse gli occhi. Aveva paura. Paura di sé stesso. Paura di
quello che quel mostro che aveva dentro avrebbe potuto fare a Sam. Non
avrebbe potuto perdonarselo, se avesse fatto del male a Sam in qualche
modo... Stava diventando qualcos'altro, qualcosa di cattivo e
terribile... Qualcosa che lo stava straziando e violentando pur di
prendere il sopravvento.
- Sam... - lo chiamò. Doveva dirglielo. Doveva proteggerlo.
Doveva-- Si sforzò per soffocare un urlo. Sentiva dolore in ogni
singola cellula del proprio corpo, era insopportabile... Fece uno
sforzo sovrumano per riuscire a parlare:
- Sam... Io... Credo di avere un problema... Forse sono solo matto... O
forse c'è davvero qualcosa di cattivo, in me... Ho paura...-
dovette lottare anche per non mettersi a piangere. Un nodo maledetto
gli si stringeva in gola, gli impediva di respirare.
- Che intendi? Di che stai parlando? ... Sono qui con te, non ti
lascio, non avere paura... - disse Sam, allarmato. Non aveva idea di
cosa stesse dicendo, se si trattasse del delirio indotto dalla febbre o
se fosse ancora in sé. Nick tossì; uno spasmo improvviso
lo fece contorcere, sentì il sapore del sangue che non riusciva
a trattenere, il suo stesso sangue, che gli macchiò le labbra.
Sam lo abbracciò, tenendolo leggermente sollevato per farlo
respirare meglio:
- Nick! Nick, stai male! DOBBIAMO ANDARE ALL'OSPEDALE! - urlò
Sam, nel panico, pronto a prenderlo in braccio per caricarlo in
macchina. Nick tossì ancora; quando riprese il controllo di
sé, rispose, flebilmente:
- No! ... Starò meglio... Puoi fare soltanto una cosa per me...
- Cosa? - chiese Sam, profondamente addolorato nel vederlo così
sofferente. Nick fece un respiro profondo, chiuse gli occhi,
deglutì.
- C'è un libro, nel comodino. Prendilo.
Sam fece come richiesto. Aprì il cassetto del comodino, e dentro
trovò un libro grande più o meno come un elenco del
telefono, rilegato in cuoio con una spessa copertina marrone e pagine
ingiallite,
simboli sacri incisi lungo il bordo. Lo aprì. Non lo aveva mai
visto e non sapeva cosa fosse, ma avrebbe fatto qualunque cosa, pur di
guarire il suo compagno.
Nick si passò il dorso della mano sulla guancia, per raccogliere quelle lacrime che ancora gli uscivano, spontaneamente:
- L'ultima pagina... Ti prego, leggi quello che c'è scritto... Fa' in fretta, Sam! - lo implorò.
Sam non se lo fece ripetere e incominciò a leggere:
- "Exorcizamus te, omnis immunde spiritus, omnis satanica potestas, omnis incursio infernalis adversarii..." - si interruppe: - Cos'è, un esorcismo?
Nick lo interruppe: - Non fermarti, Sam, continua! ... Ti spiegherò--
Si premette una mano sullo stomaco, sputò sangue. Sam riprese a leggere:
- "... Omnis legio, omnis congregatio et secta diabolica..."
Arrivò alla fine. Dovette montargli sopra per tenerlo
fermo, sembrava avesse le convulsioni. Ebbe un sussulto, poi si
calmò. Si abbandonò sul cuscino, il respiro irregolare,
gli occhi stanchi. Sam non sapeva cosa fosse successo, anche se
qualcosa nei recessi della sua mente gli sembrava di ricordare, ma
tutto quello che voleva era assicurarsi che Nick stesse bene.
Perciò lo chiamò una, due, tre volte. Lo prese di nuovo
tra le braccia, lo accarezzò. In un gesto istintivo e protettivo
gli accarezzò il torace, come per calmare il battito impazzito
che la sua mano percepiva sotto. La mano di Nick si posò sulla
sua.
- ... Ce l'hai fatta, Sam... L'hai rimandato indietro...
I suoi occhi chiari erano tornati limpidi, sotto un lucido velo di lacrime.
- Che cosa? - chiese Sam, inquieto, come se conoscesse già la risposta.
- Il diavolo... Il diavolo, Sam.
3. Here and Now (SEETHER)
Nick
si era addormentato, poi. Aveva smesso di stare male. Sam si era
sdraiato accanto a lui, abbracciandolo stretto contro di sé, ma
non aveva chiuso occhio fino alla mattina successiva. Avrebbe voluto
chiedergli, fargli delle domande, ma era distrutto e decise di
lasciarlo stare finché non si fosse rimesso. Dormiva sereno,
anche se si leggeva sul suo volto tutta la sofferenza provata poco
prima. Era sporco di sangue, anche. Sam era preoccupato e nervoso, si
chiedeva come mai non gliel'avesse detto prima. Non si sentiva proprio
tradito, ma quasi. Insomma, non si erano mai nascosti niente. Capiva
però che non dovesse essere facile per Nick parlarne. Intuiva
inoltre che forse il suo compagno volesse farcela da solo, senza
coinvolgerlo; questo spiegava la presenza del libro di esorcismi nel
cassetto. Mentre Nick riposava, Sam lo sfogliò. Era pieno di
sottolineature, di foglietti che rimandavano ad altri libri, ad altre
citazioni, ad altre preghiere. Si chiese da quanto tempo Nick avesse a
che fare con quella... Cosa, e si ripromise di aiutarlo, in qualche modo.
Nonostante fosse ancora agitato, verso l'alba si addormentò, con
Nick appoggiato sulla sua spalla e una mano stretta attorno alla sua.
La mattina, fu Sam il primo ad aprire gli occhi. Accarezzò Nick fino a svegliarlo.
- Come ti senti? - gli domandò, mentre gli passava una mano tra i capelli biondi, arruffati.
Nick si stropicciò gli occhi.
- Non so... Immagino di doverti delle spiegazioni - mormorò,
abbassando lo sguardo. Si sollevò appena, puntellandosi sui
gomiti, e rimase in silenzio a guardare Sam, a disagio. Sam si
chinò su di lui e depose un bacio sulle sue labbra,
accarezzandogli una spalla.
- Sam, io... - cominciò Nick, ma Sam lo interruppe.
- Ascolta, - disse, - non sei tenuto a parlarmene. Se ti mette in
difficoltà farlo... Aspetterò. Quando sarai pronto,
quando troverai le parole... Sarà più facile. Tutto
quello che voglio sapere, adesso... - lo guardò negli occhi e
Nick si sentì tremare dentro - ... È cosa posso fare per
aiutarti. Qualunque cosa, ti prego, dimmelo.
Nick cominciava a sentire le lacrime premere di nuovo per uscire, ma si
trattenne. Non se l'aspettava. Si aspettava orrore, paura, magari
rabbia, perché aveva tenuto per sé una cosa del genere.
Ma comprensione... Quella no. Lo stupore passò presto, comunque.
La dolcezza di Sam era una delle cose che lo avevano colpito fin
dall'inizio. Era quello di cui aveva bisogno in quel momento,
perché si sentiva stremato, debole, vulnerabile. Gli occhi gli
si inumidirono, ma non pianse.
- Sam... Voglio dirtelo, adesso - disse, accarezzando il dorso della
sua mano, che ancora gli stava sfiorando una guancia, con delicatezza.
Si alzò a sedere, Sam fece lo stesso.
Passò qualche secondo durante il quale Nick valutò da dove cominciare. Prese un lungo sospiro, e cominciò.
- Ho sempre avuto questo... Problema. Voglio
dire... Da piccolo spesso stavo male, ma nessuno sapeva spiegarsi
perché. Ho passato tutti i reparti possibili e immaginabili,
fino a finire in psichiatria - fece una pausa. Il maledetto nodo in
gola non accennava a sciogliersi. Sam gli prese una mano, in un timido
gesto di incoraggiamento.
- Sono stato ricoverato per un po'. E be', sai come sono gli ospedali,
no? La mattina passava un prete... Non tutte le mattine, ma
spesso. E insomma... Ecco, non appena l'ho visto, gli sono saltato
addosso - altro respiro lungo.
- Volevo ucciderlo. Ci sono voluti quattro infermieri per rimettermi a
letto. Mi hanno sedato, e sembrava fosse finita così. Invece il
prete è tornato. Ero lucido, quella volta, e mi ha parlato. Ha
detto che non ero pazzo, ma che avevo i sintomi di una brutta possessione demoniaca - si fermò per scrutare la reazione di Sam, che ascoltava attento e in silenzio.
- Va' avanti - disse soltanto, serio, senza lasciargli andare la mano imprigionata tra le sue.
- Mi hanno dimesso. E un paio di settimane dopo, come d'accordo, mi
sono presentato in chiesa, da questo prete. E... - deglutì. -
... Mi ha esorcizzato. Per la prima volta, il primo esorcismo di una
lunga serie. Non avevo nessun disturbo clinico, non avevo nulla che si
potesse curare in ospedale, per questo i medici non sapevano spiegarsi
che cosa avessi. Ero... Ero solo posseduto - concluse,
soffiando rapido le ultime parole. Bene, la parte più difficile
era passata. Adesso non doveva che rimettersi al giudizio di Sam,
sperando che lo perdonasse per non avergli raccontato una parte della
propria vita.
- Mi dispiace. Avrei dovuto dirtelo prima, Sam. Scusami.
Abbassò di nuovo lo sguardo. Sam lo guardò in silenzio.
Poi gli cinse le spalle con un braccio, lo tirò a sé, lo
accarezzò. Nick lo guardava e lo lasciava fare, con gli occhi
spalancati e umidi; nessuno lo aveva mai amato così tanto e
ricoperto d'attenzioni, perdonato. In effetti, tutto quello che gli era
mancato nelle vita era l'amore di qualcuno. Persino la sua famiglia lo
aveva abbandonato. Sua madre, come se non esistesse. E suo padre... Suo
padre l'aveva scaricato non appena si erano presentate le prime
difficoltà. Ma tutto il risentimento che provava nei loro
confronti, e nei confronti di tutti quelli che lo avevano fatto sentire
un mostro, stava sparendo. Trovava pace, pace vera, tra le braccia di Sam.
- Nick... - disse il suo nome con dolcezza. - Nick... Non importa. Non
devi scusarti. È una faccenda delicata, è chiaro che non
sia stato proprio facile parlarne... Non ce l'ho con te per questo. Ma
adesso che ti sei tolto questo peso, voglio che tu tenga a mente una
cosa. Io sarò sempre al tuo fianco, sempre, qualunque cosa
accada. Qualsiasi problema, lo risolveremo insieme. È il
vantaggio di essere in due, no? - sorrise, per sdrammatizzare. - Devi
promettermi una cosa, però.
-Cosa?
- Non farlo mai più. Non tenerti i problemi per te. E non avere
mai paura di farlo. Io non ti giudicherò mai, qualunque cosa tu
faccia o dica. Perché so come sei... - fece una pausa.
- ... Ed è per questo che ti amo.
Nick si sentiva bene, finalmente. Non aveva parole, per esprimere la sua gratitudine.
Glielo fece capire con un bacio che spiegava tutto, anche quello che non si erano detti.
|