Titolo:
Ave atque vale – Ci abbracciavamo attraverso i nostri nomi
Fandom:
Supernatural
Personaggi:
Dean Winchester, Sam Winchester, Castiel
Rating:
Verde
Avvertimenti:
One-shot
Set/Prompt:
Sesso - Bagno
Disclaimer:
i personaggi presenti in questa fanfiction non mi appartengono e il
copyright è degli autori della serie. Lo scopo dell'autrice
non è
di lucro.
Note:
questa breve one-shot è ambientata agli inizi della settima
stagione, qualche tempo dopo la morte di Castiel e la conseguente
liberazione dei Leviatani.
Sono
presenti accenni Destiel non esplicitamente espressi.
Infine,
la storia partecipa alla challenge Think
Angst e il titolo è frutto di un mix tra il
carmina di Catullo Presso
la tomba del fratello e L'amicizia di
Montaigne.
Buona
lettura.
Ave
atque vale
Ci
abbracciavamo attraverso i nostri nomi
Si
era svegliato nel cuore della notte, esausto e madido di sudore, lo
sguardo perso nella notte sembrava quasi non appartenergli, non aveva
nulla di umano.
Con
un sospiro si liberò dalle lenzuola di Bobby e vi
scivolò fuori
appoggiando i piedi nudi sul pavimento scuro, con altrettanta
insicurezza fece qualche passo in avanti fino a trovarsi al centro
della stanza.
Tutto
un sogno, un' illusione.
La
realtà sembrava non appartenere più alle sue
facoltà mentali, era
sfuggita via insieme a quel briciolo di senno che gli era rimasto e,
sempre più spaesato, continuava a chiedersi se forse quella
in cui
si trovava non era solo una stupida farsa di Zaccaria, e se da un
momento all'altro ogni cosa tornasse al suo posto o almeno, nel posto
in cui lui stesso aveva lasciato tutto.
O
forse era tornato solo per lui, voleva starsene accoccolato nei suoi
sogni a fargli compagnia e presto sarebbe tornato al suo fianco ed
anche a quello di Sam.
Ma
non era possibile, era morto.
Dopo
aver lanciato uno sguardo a suo fratello che dormiva con un braccio
penzoloni fuori dalle coperte, si diresse in bagno con passi pesanti,
quasi come se non avesse dormito affatto ma che anzi, non dormisse
dal giorno in cui Castiel era sparito tra le acque.
Non
appena chiudeva gli occhi gli pareva di vederselo, il suo angelo del
Paradiso, affogare con le braccia alzate e con la melma nera che gli
usciva dalla bocca mentre, nell'istante in cui i suoi occhi
sparivano, cercava aiuto con lo sguardo; non era arrivato in tempo,
non aveva corso quanto avrebbe dovuto, non ce l'aveva messa davvero
tutta ed infine l'orologio aveva fatto scoccare tutte le lancette,
lasciandolo con i rimorsi e i sensi di colpa, con la consapevolezza
di non essere abbastanza.
L'uomo
che lo specchio incrostato agli angoli gli presentava, non
assomigliava nemmeno lontanamente al Dean di qualche mese prima, al
Dean di Lisa e Ben, all'uomo che aveva evitato l'Apocalisse e aveva
riavuto l'anima di suo fratello indietro, mentre Castiel non si era
spostato nemmeno per un secondo dal suo fianco. Si nascondeva certo,
ma non avrebbe mai potuto smettere di sentire la sua presenza, seppur
si trovasse in qualche remota nuvola del Paradiso che adesso
sicuramente non sarebbe più stato lo stesso, non dopo aver
perso il
suo soldato più valoroso.
L'acqua
gli bagnava appena le dita quando si chiese dove si trovasse Castiel,
dove finissero gli angeli quando muoiono. Che poi, questa storia
della morte degli angeli non l'aveva mai capita molto bene. Anche le
bestie avevano un posto per le loro anime, il Purgatorio, non era
possibile che ai guerrieri delle sfere celesti non fosse concesso
sbagliare.
“E
poi papà decise di dare vita a voi, agli umani, gli esseri
più
imperfetti del creato. Perché?”
Le
parole di Lucifero incresparono il suo volto in una smorfia non di
dolore, solo di rammarico e sconforto. Sin dal primo errore gli
angeli venivano semplicemente cancellati, non erano stati creati per
sbagliare. Forse solo in quel momento Dean si rese conto del
perché
Castiel trovasse gli umani tanto affascinanti, e perché ci
tenesse a
salvare lui e tutto il pianeta da quel disastro.
Infondo però il
Diavolo aveva vinto, anche se in parte, vinto dal momento in cui il
cacciatore aveva iniziato a vivere la sua, di Apocalisse.
Sam
spaccato in due e con le rotelle fuori posto era un conto, ma Castiel
era decisamente un altro discorso.
Totalmente.
Immerso
nei suoi pensieri, e forse anche nel ricordo degli occhi blu del suo
amico, diede un calcio al piccolo cestino posto sotto il lavandino,
per poi decidere di chiudere l'acqua e asciugarsi. Non poteva essere
morto, doveva esserci un'altra spiegazione a quel rebus così
intricato.
Gli
angeli non affogano, gli angeli non hanno bisogno di polmoni o di un
corpo, gli angeli devono solo esistere. E poi Dio l'aveva sempre
riportato indietro, non gli aveva mai permesso di vivere lontano da
quella rottura di palle... perché adesso doveva essere
diverso?
Gli
stava sfuggendo qualcosa, senz'ombra di dubbio.
“Dean...”
La
voce assonnata di suo fratello lo distolse dal filo dei suoi
pensieri, facendolo precipitare di nuovo sui suoi occhi stanchi e
sulle sue rughe che solo da poco si era reso conto di avere.
“Che
c'è?” rispose, la voce era roca e bassa.
“Stai
bene?”
Dean
uscì dal bagno annuendo per poi infilarsi di nuovo sotto le
coperte
per non far insospettire Sam più del dovuto. Con tutto
quello che
doveva passargli per la testa non aveva intenzione di raccontargli le
sue turbe riguardo la perdita di Castiel.
Mentre
l'altro si riaddormentava, lui continuava a tenere gli occhi scuri
spalancati e puntati dinanzi a sé, sperando di ricostruire
nella sua
mente il sogno che tanto bruscamente lo aveva svegliato.
Una
panchina ed un parco, Ben che correva con una palla da football in
mano e Lisa che da lontano li osservava con un largo sorriso, il
ricordo di un pomeriggio primaverile come tanti altri, se non era per
Castiel che li osservava proprio da quella panchina con il suo
sorriso enigmatico ma sereno, con lo sguardo di chi ammira
soddisfatto il risultato di lunghe fatiche.
“Non
è questa la mia vita.” aveva detto Dean non appena
aveva notato il
suo impermeabile, per poi riconoscerlo. “Non è
questo che voglio,
Cass.”
“Ma
è quello che voglio io.” aveva risposto, placido,
come se la
preoccupazione di Dean non lo sfiorasse minimamente.
Nel
frattempo Ben cercava di attirare la sua attenzione per riprendere a
giocare, ma il ragazzo tentava di allontanarlo con le braccia per
avvicinarsi a Castiel, il quale sembrava sempre più lontano.
“Dove
sei?” chiese.
Voleva
tenere duro, doveva sapere perché l'angelo era lì
prima che si
svegliasse, prima che fosse di nuovo troppo tardi.
“Sono
proprio qui Dean, nella tua testa, solo ed esclusivamente nei tuoi
ricordi.”
L'altro
non capiva, scuoteva la testa.
Per
comunicare gli si era sempre presentato in sogno, durante i momenti
più belli del suo sonno appariva per confidargli segreti che
al di
fuori non avrebbe mai potuto svelare e anche quella volta sarebbe
stato lo stesso. Dean voleva crederci con tutte le sue forze.
“Mostrati
Castiel, mostrati nella vita vera. Io e Sam siamo così
preoccupati
e-”
“Io
non esisto più, Dean.”
E
così si era svegliato, spaurito e preoccupato, con molta
più
angoscia di quanto il suo corpo potesse contenere.
Si
sarebbe imbottito di sonniferi, se qualcuno gli avesse assicurato che
avrebbe continuato quel sogno, tanto tremendo quanto reale. Lo aveva
visto e aveva sentito la sua voce di nuovo, dopo chissà
quanti
giorni di assenza e silenzio.
Alla
fine si decise ad alzarsi, infondo standosene a letto non avrebbe
trovato alcuna risposta alle sue domande e, una volta arrivato in
cucina, stappò una birra ghiacciata da bere alla scrivania
di Bobby.
Adagiandosi sullo schienale, alzò lo sguardo facendo quasi
una
panoramica della stanza per poi chiedersi quanti libri potessero
essere ammucchiati sugli scaffali.
Decisamente
troppi per contarli ma, onestamente, sentiva di avere abbastanza da
vivere per consultarli tutti.
Sembrava
quasi stupido per uno come Dean affidarsi ad un sogno qualunque, ma
non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione -soprattutto dal suo
cuore- che Cass fosse in pericolo da qualche parte.
“Riporterò
il tuo culo a casa Cass, fosse anche l'ultima cosa che
faccio.”
mormorò a se stesso -sperando anche che l'angelo in qualche
modo
potesse sentirlo- prima di prendere un libro e appoggiarlo sul
tavolo.
Nonostante
fosse un soldato, Castiel, per Dean, era soprattutto un uomo, un uomo
che nonostante i suoi errori era migliore di lui e di Sam, che se
avesse avuto più tempo avrebbe potuto fare molto per tutti:
soprattutto per lui.
Era
quasi l'alba quando il cacciatore si decise ad alzare gli occhi dalle
pagine, prima di strofinarli con vigore, per poi riabbassarli e
proseguire la sua ricerca.
Dean
sapeva che prima o poi lo avrebbe trovato, che gli angeli non
potevano semplicemente smettere di esistere perché il suo
guerriero
non lo avrebbe mai lasciato solo, in questo momento più di
prima.
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